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Autore: AdhoMu    29/05/2018    5 recensioni
Spaccato del settimo anno di Roger Davies, il simpatico Capitano del Corvonero alle prese con un amore decisamente... impossibile.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Barone Sanguinario, Corvonero, Helena Corvonero, Lisa Turpin, Nuovo personaggio, Roger Davies
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Profumo di Nebbia.
ovvero
Dei delitti e delle pene (d'amore) di un Capitano Corvonero.
 
Es inmoral, sentirse mal
Por haber querido tanto
Debería estar prohibido
Haber vivido
Y no haber amado...
(Andrés Calamaro – Jugar con fuego)
 
- Ottimo ragionamento - decretò il batacchio di bronzo a forma di aquila. - Passa pure.
La serratura scattò e la porta si aprì. 
Il ragazzo alto e magro scivolò all'interno della Sala Comune, strisciando i piedi sulla moquette ricamata con motivi di costellazioni che riproducevano quelli disegnati sulla volta a calotta. Il viso pallido era segnato da occhiaie profonde, risultato delle troppe ore di studio ausiliate dall'assunzione di mille erbe e funghi magici dagli effetti stimolanti. Al di sopra della sua testa bruna e spettinata levitavano un paio di tomi polverosi e tanto voluminosi da schiantare un Mezzogigante. 
All'interno della Sala circolare del Corvonero, la confusione regnava sovrana.
Gruppi di studenti intavolavano discussioni di alto livello con le figurine delle Cioccorane. Luna Lovegood declamava a gran voce brani dell'ultimo numero del Cavillo, rivolgendosi ad un pubblico apparentemente inesistente, ma che lei sembrava scorgere distintamente attraverso le lenti bicolore dei suoi Spettrocoli. In un angolo della stanza era addirittura in atto un mini-torneo di Lotta delle Mascotte: in quel momento, un ben pasciuto e proboscidato Ganesha, pilotato dall'impietosa bacchetta di Padma Patil, stava letteralmente spalmando al suolo lo sventurato Golem di Anthony Goldstein (1).
Il ragazzo fece scorrere lo sguardo sui compagni di casa finché, alla fine, non individuò la persona che cercava. Roger Davies, i lunghi capelli castani raccolti a crocchia sulla nuca, se ne stava seduto in disparte, intento a lucidare meticolosamente il suo prezioso manico di scopa nuovo di zecca. Sembrava molto concentrato: dall'angolo della bocca, proprio sopra l'anellino metallico che gli adornava il labbro inferiore, spuntava la punta della lingua; e poco importava - fatto stranissimo! - che quella gattamorta di Cho Chang si trovasse a pochi passi da lui, impegnata a scrollare la lucida chioma corvina nel vano tentativo di richiamare la sua attenzione. 
Il Capitano non la degnava di uno sguardo.
Mentre gli si avvicinava lentamente, il magro Corvonero appena entrato in sala ebbe l'impressione di udirlo canticchiare a mezza voce:
"Lei è bella dentro, lei è sensibile... Più dolce di uno zuccottino..." (2)
Elliott Johansson (3) rimase di sasso e si arrestò, rischiando di farsi travolgere dai suoi stessi libri. Stentava a credere alle proprie orecchie. 
Roger Davies stava canticchiando apprezzamenti di stampo morale indirizzati ad un non meglio definito soggetto di sesso femminile. 
Non era tanto la questione dell'apprezzamento in sé a generare perplessità, beninteso. Se ne avesse avuto la possibilità (e quando non si trovava impegnato sul lato pratico), Davies sarebbe stato capace di parlare di ragazze e di Quidditch per tutto il santo giorno (4).
Era il taglio morale, a sconvolgere lo stupito Johansson. Davies parlava costantemente di femmine, e questo era universalmente risaputo. 
Di solito, però, si esprimeva in ben altri termini.
 
Il risvolto inedito della personalità dell'amico incuriosì molto Johansson che, di solito, era un tipo riservato e sulle sue, assai poco incline alla sorpresa e, definitivamente, poco propenso ad interessarsi di questioni inerenti l'umana sensibilità. Con un colpo di bacchetta, il ragazzo fece posare i libroni su di un tavolinetto dalle zampe esili, facendole flettere leggermente, e prese posto accanto a Davies, ancora assorbito dalla sua scrupolosa lucidatura accompagnata da colonna sonora autoprodotta.
- Ehilà, Roger.
Quello alzò gli occhi  e sul suo viso abbronzato si stagliò il caratteristico brillìo-candido-alla-Davies, indiscusso vincitore del premio di Mister Sorriso Hogwarts da ormai quattro lunghi anni a quella parte. 
- Ells! Ma da dove sbuchi? Sono giorni che non ti si vede in giro.
- Indovina, genio.
- Hum. Da quel ricettacolo di acari, anche detto Caverna della Rinite, che voialtri secchioni chiamate 'biblioteca'?
- Dieci punti a Corvonero per la tua perspicacia, vän.
Davies non se la prese affatto, limitandosi a mordicchiarsi il piercing con aria furbetta.
- Ti sei guardato in faccia, ultimamente? Sei traslucido. Ti ci vuole un po' di sole!
- E a te, ogni tanto, non farebbe male far funzionare un po' parti del corpo diverse da quelle che usi di solito.
- Come per esempio?
- Il cervello, tanto per citarne una.
- Suvvia, Johansson. Lo sai anche tu qual è, secondo me, l'unico vero vantaggio del rintanarsi a studiare nell'antro della Pince...
- No, non mi sovviene - rispose Elliott, senza sapere bene se voleva davvero esserne messo al corrente. Ma tanto, Roger glielo avrebbe detto comunque. 
Non c'era scampo, e quindi decise di non prolungare oltre l'agonia:
- Vabbè, sentiamo...
Davies assunse un'inconfondibile espressione alla 'elementare, Johansson' ed esclamò:
- Le tope da biblioteca, no?!
Lisa Turpin, che si trovava lì accanto (incredibile come le ragazze, anche senza premeditazioni, finissero inevitabilmente per orbitare intorno all'avvenente Capitano, osservò Elliott inarcando un sopracciglio), proruppe in un Ehi! e lo fissò con un'espressione scandalizzata.
- Che c'è, Lisetta? - l'apostrofò scherzosamente Davies, rivolgendole un candido sorriso. - Scommetto che non metti su sto musetto contrariato quando ti incontri 'per caso' su alla Guferia con l'esimio Johansson.. - e sottolineò il 'per caso' svirgolettando l'aria.
- Idiota! - sibilò la ragazza, allontanandosi irritata.
- Davvero carina la tua Turpin, amico - commentò lui con fare competente, girandosi verso Elliott. - Con tutto rispetto, eh. Sai che, per me, l'amicizia viene prima della...
- Quindi concludo - lo interruppe bruscamente l'altro, per evitare di doversi sorbire uteriori castronerie - che non è a lei che ti riferivi, prima, quando canticchiavi frasette da babbeo.
 
Elliott ebbe la netta sensazione che la temperatura dell'aria si fosse abbassata all'istante di una decina di gradi. Davies lo prese bruscamente per il braccio e lo tirò verso di sé, fissandolo con inedita serietà.
- Che...che cosa hai detto??
- Quando sono arrivato, stavi borbottando qualcosa sulla bellezza interiore e sulla sensibilità di una non meglio definita "lei".
- Oh, cazzo! Mi hai sentito?!
Elliott aggrottò la fronte.
- Che cazzo ti prende, Davies?
Quello mollò la presa, tirandosi precipitosamente indietro.
- Niente.
- Ah, certo.
- Niente, ti dico.
- Come no...
- Sono cose private.
- Quindi qualcosa c'è.
- No, non c'è niente!...
- Ma figuriamoci. E mi domando: da quando in qua non vai in giro a sbandierare ai quattro venti informazioni succulente sulla tua ultima conquista?
- Abbassa la voce!... Lei... Lei non approverebbe, ecco.
- Haa! Quindi c'è una lei...
- Ma...oh! Ma cazzo, Johansson! Fatti i cazzi tuoi!
Roger Davies saltò in piedi, raccolse in tutta fretta la scopa e il kit di manutenzione e si dileguò, sparendo su per la scala a chiocciola che portava ai dormitori.
Accertatasi che Davies se ne fosse andato e che non sarebbe tornato, Lisa Turpin tornò sui suoi passi e, dopo aver salutato Elliott con un sorridente Hallå (gliel'aveva insegnato lui), gli si sedette accanto sul divanetto.
- Quel Davies sa essere proprio indisponente...
- Mi risulta che, in un paio di occasioni, il suo atteggiamento ti sia stato tutt'altro che sgradito - commentò lui, gelido.
- Prima era prima.
- E adesso, è...?
- Adesso è diverso. Completamente diverso. Mi piaci tu - rispose lei, ruotando leggermente su se stessa per accostare la schiena al petto magro del ragazzo. - E parecchio, fra parentesi.
Elliott non disse nulla, ma le fece passare il braccio attorno al collo e lasciò che i suoi capelli biondi gli solleticassero soavemente il mento, mentre gli ingranaggi del suo encefalo particolarmente acuto cominciavano a girare vorticosamente.
 
Le cose stavano in termini assolutamente chiari e semplici. Detto a chiare lettere: Roger Davies se la faceva con tutte.
Dotato di un carattere naturalmente affabile e aperto, aveva sempre il sorriso sulle labbra e sapeva essere molto simpatico; le sue battute erano pronte e divertenti; aveva un ottimo senso dell'umorismo e, soprattutto, non commetteva il grave errore di prendersi troppo sul serio.
La verità, ovviamente, era che non aveva alcun bisogno di tirarsela, lui.
Unanimemente riconosciuto per il suo bell'aspetto dalle studentesse delle quattro Case di Hogwarts, dalla quasi totalità delle alunne di Beauxbatons (non si passa inosservati quando ci si porta una sventola del rango di Fleur Delacour al Ballo del Ceppo), nonché dalla componente gay-friendly di Durmstrang, Roger Davies era il risultato di una combinazione genetica particolarmente felice.
Dalla madre, una vivace strega uruguaiana di origine guaranì, il ragazzo aveva ereditato la pelle dal tono olivastro, gli intensi occhi scuri ed il bianco sorriso. Del padre, un nostalgico mago inglese appassionato di tango e di hierva mate che aveva lavorato per anni presso il Consolato Magico Britannico a Montevideo, il ragazzo riproduceva la corporatura alta e slanciata, che lui aveva poi rafforzato nel corso degli anni allenandosi diligentemente sul campo da Quidditch. Fra parentesi: il Quidditch gli piaceva, ma aveva cominciato a praticarlo con pimpante determinazione dopo essersi accorto che, in qualità di Capitano della squadra, avrebbe cuccato il doppio del normale.
Era sempre stato un bel bambino ("lo más hermoso del mundo todo" gli diceva sua madre nel suo castigliano dall'accento porteño, guardandolo con orgoglio e tenerezza) e, crescendo, era diventato un ragazzo molto, molto attraente.
Le sue compagne di scuola andavano matte per lui e cadevano ai suoi piedi: quando c'era in giro Davies era tutto un capitombolare di femmine che inciampavano miseramente. Insomma, le faceva letteralmente ammattire. E lui, che era sveglio, spigliato e, soprattutto, altamente caritatevole, ne approfittava spudoratamente e si dava da fare per accontentarle tutte.
I ragazzi, in generale, lo ritenevano simpatico ma, sotto sotto, lo invidiavano e detestavano, talvolta cordialmente, talvolta meno. Lui non era affatto geloso del suo ruolo. Tanto per fare un esempio, era stato un grande amico di Cedric Diggory, uno dei pochi che lo aveva quasi uguagliato in termini di popolarità. E una volta aveva anche tentato (invano) di trasmettere il suo talento ad un disperato Cormac McLaggen che, al contrario di lui, veniva costantemente bacchettato e sbeffeggiato dalle ragazze. Il biondo Grifondoro l'aveva cercato e scongiurato di dargli qualche lezione privata di seduzione. Roger, magnanimo, aveva accettato, ma i suoi sforzi erano caduti nel vuoto. McLaggen sembrava non avere speranze.
E così, Roger era andato avanti con la sua vita di sempre.
Nel corso degli anni gli erano stati attribuiti talmente tanti flirt (che lui non si sognava neanche di smentire, convinto del fatto che "la pubblicità è l'anima del commercio") da far perdere il conto anche al Comitato Pettegolezzi del Castello; alla fine, fra le alunne di Hogwarts, aveva preso a circolare la voce che baciare (minimo baciare, meglio se altro) Roger Davies costituisse una sorta di rito di iniziazione alla vita adulta.
Recentemente, il ragazzo aveva addirittura scoperto che le più sfrontate lo avevano soprannominato "l'usato garantito". Lungi dall'indispettirlo, tale nomignolo l'aveva anzi riempito di allegro orgoglio, cosa che spesso faceva scuotere la testa ad Elliott Johansson, che stentava a capacitarsi di cotanta frivola leggerezza.
- Ma tu proprio non ti sai valorizzare.
- Al contrario. Valorizzo moltissimo me stesso e i servigi che rendo al mondo femminile.
- Indiscriminatamente.
- Già - rispondeva lui, serafico, come a dire "che ci posso fare se mi vogliono". - È chiaro che preferisco le belle e le bellissime. Ma anche le bruttarelle hanno i loro diritti. Che poi, fra parentesi, son quelle che si impegnano di più.
Elliott storse il naso.
- Un minimo di selezione, comunque, potresti anche farlo.
- Ma quanto sei schizzinoso, Johansson-vän. Viste da un certo punto di vista sono tutte uguali, te l'assicuro.
- Risparmiami i dettagli sordidi, te ne prego.
Roger Davies scoppiava a ridere. Riusciva sempre ad essere di buon umore, lui. Elliott non l'aveva mai visto spazientito o inquieto. Fino a quella sera.
 
Data la solida amicizia che, nonostante le abissali differenze esistenti fra loro, li legava da anni, Elliott Johansson si era convinto che Davies covasse qualcosa. Non era da lui mostrarsi contrito e nervoso: l'assenza della sua consueta disinvoltura sentimentale e l'innaturale riserbo dimostrati poco prima suonavano quantomeno sospetti.
- Uno zellino per i tuoi pensieri - mormorò Lisa, accortasi che lo sguardo del ragazzo vagava per la sala più aereo del solito.
- Roger - rispose lui, meditabondo. - Ha qualcosa che non va.
- Credo di sapere a cosa alludi - rivelò lei, voltandosi a guardarlo. - Ieri notte mi sono accorta di aver dimenticato il mio testo di Pozioni qui in Sala Comune e sono scesa a recuperarlo. E ho scoperto una cosa...
Lui la fissò con aria interrogativa.
- Fossi in te farei lo stesso, più tardi - disse Lisa, rifiutandosi di aggiungere altro.
 
Ovviamente, Elliott si guardò bene dal seguire il consiglio della ragazza. Non si sarebbe mai sognato di pedinare Roger Davies per carpire il suo segreto: punto primo, perché il Capitano era un mago adulto e vaccinato e ciò che combinava erano affari suoi, e punto secondo, perché gli pareva che agire in questo modo fosse di una meschinità poco compatibile con il suo personale modo di concepire l'amicizia.
Nei giorni successivi, tuttavia, accadde tutta una serie di fatti preoccupanti che finirono per fargli cambiare idea.
Il martedì Roger si beccò una punizione durissima dalla Umbridge, che temporeggiava nel concedere alla squadra del Corvonero il permesso per giocare. Invece di agire diplomaticamente come sempre, il ragazzo le urlò dietro che, con una racchia biliosa come lei, non ce l'avrebbe fatta neanche lui. Il risultato fu una profonda ferita alla mano: sulla bella pelle olivastra si videro incise le parole "devo imparare ad essere più galante" (il che, attribuito a Davies, monarca assoluto della galanteria, era un totale controsenso).
Il mercoledì il Capitano fu visto boccheggiare e smaniare, in preda ad una crisi di apnea claustrofobica. "La nebbia! La nebbia!" continuava ad ansimare, stringendosi la gola fra le mani e strabuzzando gli occhi. "Mi sta invadendo i polmoni..." Madama Chips lo visitò, infilandogli in gola uno stecchetto di palissandro fatato; non riuscì a diagnosticare nulla e, in compenso, ricevette in dono uno schizzo di vomito sull'orlo della veste immacolata.
La gravità dell'accaduto fece il giro della scuola. Ma ancora non si era visto niente.
Il giovedì Elliott, che era sceso a cercarlo sul campo da Quidditch, lo sorprese ad allenarsi in costume da bagno sotto ad un leggero nevischio.
- Ma cosa accidenti fai, Davies?! Sei impazzito - gli urlò, gettandogli addosso una spessa trapunta bluargento.
- Ho i bollori, amigo - rispose quello, sudando freddo. - Devo sfogarmi in qualche modo.
Porta la Chang da Madama Piediburro, piuttosto. Ma non fare stronzate.
- Macché Chang e Chang. 
- Portati la Signorina Misteriosa, allora.
- P-purtroppo la cosa è... impossibile - balbettò Davies, accalorato e addolorato. 
Il venerdì il povero Roger, che era sempre stato sano come un pesce, presentava un aspetto malaticcio ed era ormai più sfibrato di una mandragola spremuta dalla professoressa Sprite; scarmigliato e pallido, gli occhi spenti segnati da occhiaie violacee, si trascinava qua e là con il brio di un Vermicolo.
E per finire il sabato, durante la partita Corvonero-Serpeverde (Cho Chang era riuscita in qualche modo ad ottenere il permesso dalla Umbridge), Roger era stato talmente distratto da riuscire a subire uno dei peggiori falli della storia della Casa, perpetrato ai suoi danni da quella bestia di Kain (o come diavolo si chiamava) Montague, che lo aveva ribaltato come un calzino con un colpo di Pluffa dalla potenza pari ad una mezza dozzina di Bolidi. La Bumb aveva concesso loro un rigore ma Davies, che di solito non ne sbagliava uno, lo aveva fallito miseramente.
 
Alla luce di tutti questi infausti fatti, e seriamente preoccupato per l'integrità fisica e mentale del suo irriconoscibile amico, Elliott Johansson decise quindi di mettere temporaneamente da parte il suo spirito blasé e di seguire il consiglio di Lisa Turpin. Sentiva di doverglielo: in fin dei conti, era sempre Roger quello che lo faceva ripigliare dalle sbronze e dagli effetti collaterali delle sue troppo spesso eccessive assunzioni di erbe poco raccomandabili.
E così, quella notte, non andò a coricarsi nel dormitorio che condivideva con i compagni del sesto anno, ma rimase nascosto fra le poltroncine del salottino antistante le camerate maschili. Per evitare di appisolarsi, si cacciò giù una dose quasi letale di polvere di guaranà, inviatagli di contrabbando da un suo amico di piuma che studiava a Castelbrujo; era quindi bello sveglio e impegnato a risolvere mentalmente complicatissimi calcoli di Matemagica quando, all'incirca alle tre del mattino, vide Roger Davies che sgattaiolava fuori dal dormitorio degli studenti del settimo anno, diretto verso la scala che scendeva alla Sala Comune.
Elliott rimase nascosto nell'ombra; poi, lasciata passare una manciata di secondi, lo seguì di soppiatto.
 
La luce della luna filtrava attraverso i finestroni piombati e, lì per lì, Elliott non fu in grado di scorgere nulla. Un fitto mormorio sommesso, però, riempiva l'aria, confermando che nella sala circolare era presente qualcuno. Il ragazzo tese le orecchie.
- Anche a me... anche a me piacerebbe tanto... - stava dicendo una voce femminile dalla pronuncia morbida e un po' antiquata.
- Ho preso una decisione - rispose una voce maschile un po' tremante. Era la voce di Roger Davies. Elliott si sporse per vedere meglio e rimase di sasso.
Accanto al suo amico c'era una donna bellissima, inguainata in una veste celeste con un accenno di strascico. I capelli corvini, lunghi fin sotto la vita, rilucevano riflettendo le stelle che adornavano la volta della sala; la sua pelle era talmente candida da sembrare... trasparente. Anzi no: era trasparente.
Elliott la fissò per un lungo attimo, sbigottito. Sapeva molto bene di chi si trattava: quella era Helena Corvonero, la Dama Grigia (5). Ecco spiegato l'arcano: la tristezza, il grigiore, la frustrazione e l'aroma di nebbia. Roger, accidenti a lui, era andato ad impelagarsi con l'unica che, tecnicamente, non avrebbe mai potuto avere.
- La faccio finita! - dichiarò l'accorato Capitano, in tono melodrammatico. - Così, finalmente, potremo stare insieme.
La Dama Grigia spalancò gli occhi:
- Farla finita?! No! Non posso permettere una cosa del genere...
- Ma io ti amo...
In quel momento, un clangore assordante fece risuonare le pareti di pietra della Sala Comune.
- Che cosa diavolo sta succedendo, qui?
Elliott si sentì accapponare la pelle. Il Barone Sanguinario era apparso e scuoteva le catene, adirato e geloso. La veste macchiata di sangue argentato aveva davvero un aspetto raccapricciante. Roger, però, non si fece intimidire e lo fronteggiò.
- Che cosa ci fai, tu, qui? Tornatene nei tuoi sotterranei e non scocciare.
Roger! - urlò la Dama Grigia, spaventata.
- Stai bene attento a ciò che dici - il Barone era furibondo. - Ho ucciso una volta e posso farlo ancora...
- Ma quanto sei patetico. Al massimo puoi ucciderci di noia, pallosissimo Barone.
- Roger, non lo provocare...
- Se mi ammazza lui, tanto meglio! Così mi evita la fatica...
- Piantala, Roger!
- Helena, francamente. Tutto questo è assolutamente imbarazzante... Amoreggiare con un ragazzino presuntuoso... ma come sei messa?
- Non sono affari tuoi!
- L’altra volta, almeno – biascicò il Barone, sbuffando aria gelida – si trattava di un tipo di belle prospettive, uno della mia Casa, uno che è diventato Qualcuno... Ma questo moccioso coi capelli lunghi è a dir poco ridicolo!...
- Ridicolo sarai tu, con quelle catene arrugginite così demodè. Ci vuoi far venire il tetano, per caso? Leva le tende, o chiamo gli elfi domestici con l'aspirapolvere e ti faccio risucchiare.
- Ti farò pentire della tua sfrontatezza, sciocco ragazzo - lo minacciò lo spettro in un sibilo, socchiudendo gli occhi traslucidi.
 
Il Barone Sanguinario mantenne la parola data e non gli diede un minuto di tregua. 
Notte dopo notte, si impegnò meticolosamente a scuotere le sue dannate catene (ovviamente non oliate) ai piedi del letto di Roger, premurandosi di fare più baccano possibile.
Alla fine, i suoi compagni di dormitorio si scocciarono a tal punto che, sollevato il suo materasso senza troppe cerimonie, lo cacciarono fuori a dormire nel corridoio gelido.
La Dama Grigia, dal canto suo, evitò per qualche tempo di farsi vedere nella Torre del Corvonero, preferendo andarsene a fluttuare altrove. Roger Davies le piaceva; si era affezionata alla sua proprompente allegria, che le aveva fatto ricordare com'era bella la vita. E non voleva che il ragazzo, in preda a qualche raptus malsano, potesse commettere qualche sciocchezza per stare con lei. Era ancora così giovane, aveva tante cose da fare e baci da dare e letti da scaldare e tante ragazze in carne ed ossa da rendere felici; non era giusto, semplicemente, legarlo con lacci invisibili ma solidi ed implacabili come le catene del Barone. Quindi, rinunciò a quell'illusorio amore impossibile e, semplicemente, lasciò che vivesse la sua vita.
 
Roger Davies passò una settimana in preda allo sconforto, cercandola freneticamente fra le mura del castello e chiamandola a gran voce. Il profumo di nebbia della Dama Grigia ancora lo inebriava, riempiendogli i polmoni ad ogni respiro ed ammantando di desiderio il suo cuore spezzato.
Elliott gli teneva compagnia, cercando di tirargli su il morale come poteva (non essendo esattamente un comico, la cosa gli riusciva difficile, ma ci provava). Quando Lisa, la sera, gli chiedeva come andavano le cose con Roger, il ragazzo scuoteva la testa, un po' abbattuto. Al che toccava a lei tentare di tirare su il morale a lui e, va detto, la ragazza riusciva quasi sempre nell'intento. 
Dopo qualche giorno, Elliott decise di adottare misure di stampo più drastico e lo trascinò di peso su alla Guferia. Roger lo seguì senza fare commenti, completamente apatico. Una volta che si furono seduti fra i merli che orlavano la torre, Elliott tirò fuori un misterioso pacchettino che teneva da parte per le emergenze più serie: l'aveva commissionato in gran segreto a Lee Jordan, il quale trascorreva quasi tutte le estati in Giamaica a casa della bisnonna paterna.
Incendio! - esclamò, dopo aver confezionato con estrema diligenza una sigarettina lunga e sottile dall'aroma intenso e rassicurante.
- Io non fumo - biascicò Davies, contrariato. 
- E invece sì - gli rispose l'amico, con un tono che non ammetteva repliche. - Oggi fumi. E che il potente spirito delle divinità caraibiche faccia sloggiare quel triste aroma di nebbia che ti affligge da troppo tempo. Vai. 
Roger capì che Elliott non avrebbe ceduto.
Rassegnato, diede un timido tiro, che lo fece tossire per una decina di minuti. L'altro lo guardava preoccupato. Roger era fatto così: non beveva e non fumava, era un atleta, ci teneva alla salubrità fisica. Non era abituato a certe cose. Aveva forse esagerato?
Poi, però, Davies alzò gli occhi e gli rivolse uno sguardo vivace - un po'arrossato, certo, ma vagamente sorridente. 
- Accidenti, Johansson... che razza di bomba... ehi! Che cos'è questo aroma delizioso?
- Trattasi di un rarissimo esemplare di Cann...
- No, non sto parlando delle tue dannate erbe esotiche. Sembrerebbe più un profumo di sapone... - disse, quardandosi intorno incuriosito.
Una ragazza bionda e riccia aveva appena fatto il suo ingresso nella Guferia, reggendo fra le mani un grosso pacco. Vestiva la divisa della Casa del Grifondoro ed era molto carina.
Hola! Hai bisogno di aiuto con quel pacco? - le chiese Roger, sorridendole incantato. Il candore dei suoi denti era quasi abbagliante nella luce del mattino; Elliott sospirò, sollevato. Il piano era andato a buon fine.
- Beh, ti ringrazio.
- Ma ci mancherebbe. A proposito, io mi chiamo...
- ...Roger Davies. Lo so chi sei - lo anticipò lei, guardandolo di sottecchi.
- Ah. Certo. E tu, saresti...?
- Leanne. Piacere di conoscerti, Roger.
 
Nada es más simple
No hay otra norma
Nada se pierde
Todo se transforma
(Jorge Drexler – Todo se transforma)
 
Note a piè pagina:
(1) Torneo di Lotta delle Mascotte: evento di tipo "etnico", vede contrapporsi personaggi, animali o elementi simbolici delle rispettive culture di origine. Padma Patil, indiana, pilota un Ganesha, il dio-elefante; Anthony Goldstein che, dal nome, potrebbe avere origini ebraiche (questa osservazione, a onor del vero, la devo ad Ems) è invece alla guida di un Golem, una grossa statua antropomorfa di fango (per questo, la scelta del verbo spalmare).
(2) Citazione libera dell'incipit di Servi della Gleba di Elio e le Storie Tese.
(3) Elliott Johansson è un OC di proprietà di Brigett88, gentilmente cedutomi ai fini di questa storia. Figlio di librai babbani, ha origini svedesi (si rivolge a Davies chiamandolo vän, "amico", e a Lisa ha insegnato che Hallå significa "ciao"). Compare in alcuni capitoli di “Di Ghiaccio e Tempesta” di Brigett.
(4) Roger Davies. Cacciatore e Capitano della squadra di Quidditch del Corvonero, viene descritto dalla Rowling come assai piacente e sicuro di sé. Non dimentichiamo che riesce a portarsi Fleur Delacour al Ballo del Ceppo e che, in altre occasioni, viene visto sbaciucchiarsi con avvenenti sconosciute, oltre ad invitare Cho Chang ad uscire con lui.
Quanto all’aspetto del Capitano Corvonero, sul quale la Rowling non si sofferma, c’è da dire che Brigett mi ha riferito di immaginarselo “olivastro”. Ho quindi deciso di copiare i lineamenti di un calciatore uruguaiano (non faccio nomi) che ha giocato in Italia per un po’di tempo. Da qui l’idea di rendere Davies mezzo uruguaiano... nonché la citazione dell’eccellente Jorge Drexler a fine testo.

(5) La Dama Grigia, si sa, non disdegna i bei ragazzi di Hogwarts - lo prova il fatto che, ai tempi, Tom Riddle (al quale in Barone allude nel suo dialogo) sia riuscito ad intortarsela sulla questione del Diadema appartenuto a sua madre.

 
   
 
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