CAPITOLO UNDICI
“Noi conosciamo le basi
antiche, cristiane e germaniche della cultura occidentale.
Ma nella misura in cui
gli elementi di queste derivazioni compaiono
in forma
particolarmente intricata influenzandosi reciprocamente,
esse si modificano
dando vita ad un qualcosa di nuovo,
che non si può
suddividere in quei singoli elementi,
allo stesso modo di un
tessuto intrecciato con fili multicolori”.
Otto Brunner, Il
medioevo delle libertà germaniche.
Dormirono entrambi in soffici giacigli, appositamente
preparati dalle serve del Duca.
Per una notte, il monaco e il Vescovo condivisero la stanza,
com’era usanza presso i Longobardi.
Le guardie greche e romane restarono a vigilare a turno sul
loro sonno, poco distanti. Eppure, prima di addormentarsi, Flavio Massimo
scelse di abbandonare lo stoico silenzio in cui era scivolato dopo l’incontro
con Adalberto.
“Amico mio”, disse, infatti, “in nome del legame che ci
unisce, torna con me presso Ravenna, dove ancora soggiornano i tuoi fratelli; a
loro farebbe piacere rivederti. Poi, potrai accompagnarmi anche a Roma, se lo
vorrai”.
Rufillo sorrise, avvolto dal buio. Sapeva che quella era
un’avventura che stava per finire; all’alba del mattino successivo, il Vescovo
se ne sarebbe andato, per tornare a rendere conto della sua missione
diplomatica e della rispettiva buona riuscita. E sapeva anche che non l’avrebbe
rivisto mai più.
Il libro sacro della Bibbia aveva fatto sì che si
rincontrassero, e che le loro vite tornassero a camminare, seppur per un breve
periodo, l’una a fianco dell’altra. Ma nell’esistenza del Vescovo ben sapeva
che non ci sarebbe più stato spazio per lui.
Flavio Massimo si era soltanto lasciato suggestionare da
quell’avventura, che forse l’aveva anche cambiato un po’, eppure non appena
fosse tornato tra i Romani e gli ecclesiastici avrebbe perso in fretta
l’interesse riposto in quell’amicizia lunghissima.
Il semplice monaco non voleva farlo vergognare di fronte ai
ricchi prelati, che l’avrebbero visto solo come un reietto appena tornato dalle
terre dei barbari, e non come un semplice evangelizzatore.
Il suo posto era quindi con i Winnili, a fianco del suo
Adalberto, con il quale ricambiava stima e profonda fiducia. Lì, a Mutina,
avrebbe trascorso gli ultimi anni della sua vita, dimenticato dal mondo
civilizzato, ma in pace con sé stesso e con Dio.
Poi, ora che un tomo sacro e benedetto, reso luminoso dalle
parole di Dio, era giunto fin in quelle regioni relativamente remote, si
sentiva molto meno solo. I Longobardi erano illuminati ormai dalla vera fede,
vestivano copiando i Romani e parlavano la lingua bastarda del volgo autoctono;
ben presto, sarebbero stati loro i successori dei latini. Era in quelle terre
che si stava creando il futuro dell’Italia intera.
Non avrebbe mai abbandonato l’ultima parte della sua
missione.
Strinse quindi forte il suo crocefisso tra le mani, prima di
rispondere.
“Il mio posto è qui, non tornerò indietro”.
Massimo sbuffò, ma parve accettare la risposta.
“Sono insoddisfatto di tutto questo. Mi aspettavo di vedere
la Regina…”, aggiunse poco dopo.
Rufillo tornò a sorridere.
“Mio caro amico, colei che chiamano Teodolinda non l’ha mai
vista nessuno, qui, e il viaggio fino a Pavia ci è precluso, per forza di
cose(1). Lascia che il tuo animo ceda alla pace del Signore e si lasci andare
ad un sonno ristoratore, poiché sono sicuro che il dono di Roma e Ravenna farà
felice la Regina… così come la presenza dell’uomo che le consegnerà il regalo”.
Lasciò che le sue parole cadessero in un paradossale silenzio
divertito, che il Vescovo non interruppe. D’altronde, pareva che il suo Duca
ormai non fosse più il suo protetto, bensì quello della Regina stessa.
NOTE
(1)il viaggio fino a Pavia sarebbe risultato di certo
rischiosissimo per i nostri personaggi, e non solo per via della loro età.
L’Italia settentrionale era ormai ricoperta di boschi e foreste, le strade
erano ormai state spazzate via dalla vegetazione, tranne alcune principali e
meglio costruite. Inoltre, non tutte le fare erano amichevoli ed affidabili;
quindi si sarebbe corso il serio rischio di dover affrontare gruppi armati
ostili. Meglio quindi che ci pensi il nostro amato Adalberto, assieme al
gastaldo.
NOTA DELL’AUTORE
Amici, amiche, manca solo l’epilogo.
Grazie per essere giunti fin qui. La mia gratitudine nei
vostri confronti è pressoché infinita.