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Autore: alessandroago_94    30/05/2018    9 recensioni
603 d.C, Italia Settentrionale.
Rufillo ben sapeva che esistevano due realtà quasi contrapposte, due mondi distinti. Ciò che c’era al di là del Limes Tiberiacus, l’ultimo baluardo a difesa di quello che restava della romanità, era qualcosa di travolgente, nella sua immensa barbarie.
O, almeno, così era stato fin all’avvento della regina Teodolinda, prima sovrana cattolica dei Longobardi. Si diceva che ella amasse dedicarsi alla lettura.
Allora, l’ultima missione di una vita lunghissima e resa però resistente dalle continue e tanto desiderate privazioni, sarà quella di far giungere tra le mani di una regnante barbara un preziosissimo testo sacro, così che i suoi occhi così dotti potessero essere per sempre illuminati e guidati dalle parole che avrebbero influenzato per secoli la vita di milioni di persone.
Racconto classificato secondo (a pari merito con FatSalad, Le due cetre) al Contest In Medio Stat Virtus indetto da mystery_koopa sul forum di Efp.
Racconto vincitore di due premi speciali; Rivelazione maschile (miglior personaggio maschile) e Verità o Menzogna (miglior storia di genere giallo/thriller).
Genere: Avventura, Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Medioevo
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Capitolo undici

CAPITOLO UNDICI

 

 

 

 

 

 

 

 

“Noi conosciamo le basi antiche, cristiane e germaniche della cultura occidentale.

Ma nella misura in cui gli elementi di queste derivazioni compaiono

in forma particolarmente intricata influenzandosi reciprocamente,

esse si modificano dando vita ad un qualcosa di nuovo,

che non si può suddividere in quei singoli elementi,

allo stesso modo di un tessuto intrecciato con fili multicolori”.

Otto Brunner, Il medioevo delle libertà germaniche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dormirono entrambi in soffici giacigli, appositamente preparati dalle serve del Duca.

Per una notte, il monaco e il Vescovo condivisero la stanza, com’era usanza presso i Longobardi.

Le guardie greche e romane restarono a vigilare a turno sul loro sonno, poco distanti. Eppure, prima di addormentarsi, Flavio Massimo scelse di abbandonare lo stoico silenzio in cui era scivolato dopo l’incontro con Adalberto.

“Amico mio”, disse, infatti, “in nome del legame che ci unisce, torna con me presso Ravenna, dove ancora soggiornano i tuoi fratelli; a loro farebbe piacere rivederti. Poi, potrai accompagnarmi anche a Roma, se lo vorrai”.

Rufillo sorrise, avvolto dal buio. Sapeva che quella era un’avventura che stava per finire; all’alba del mattino successivo, il Vescovo se ne sarebbe andato, per tornare a rendere conto della sua missione diplomatica e della rispettiva buona riuscita. E sapeva anche che non l’avrebbe rivisto mai più.

Il libro sacro della Bibbia aveva fatto sì che si rincontrassero, e che le loro vite tornassero a camminare, seppur per un breve periodo, l’una a fianco dell’altra. Ma nell’esistenza del Vescovo ben sapeva che non ci sarebbe più stato spazio per lui.

Flavio Massimo si era soltanto lasciato suggestionare da quell’avventura, che forse l’aveva anche cambiato un po’, eppure non appena fosse tornato tra i Romani e gli ecclesiastici avrebbe perso in fretta l’interesse riposto in quell’amicizia lunghissima.

Il semplice monaco non voleva farlo vergognare di fronte ai ricchi prelati, che l’avrebbero visto solo come un reietto appena tornato dalle terre dei barbari, e non come un semplice evangelizzatore.

Il suo posto era quindi con i Winnili, a fianco del suo Adalberto, con il quale ricambiava stima e profonda fiducia. Lì, a Mutina, avrebbe trascorso gli ultimi anni della sua vita, dimenticato dal mondo civilizzato, ma in pace con sé stesso e con Dio.

Poi, ora che un tomo sacro e benedetto, reso luminoso dalle parole di Dio, era giunto fin in quelle regioni relativamente remote, si sentiva molto meno solo. I Longobardi erano illuminati ormai dalla vera fede, vestivano copiando i Romani e parlavano la lingua bastarda del volgo autoctono; ben presto, sarebbero stati loro i successori dei latini. Era in quelle terre che si stava creando il futuro dell’Italia intera.

Non avrebbe mai abbandonato l’ultima parte della sua missione.

Strinse quindi forte il suo crocefisso tra le mani, prima di rispondere.

“Il mio posto è qui, non tornerò indietro”.

Massimo sbuffò, ma parve accettare la risposta.

“Sono insoddisfatto di tutto questo. Mi aspettavo di vedere la Regina…”, aggiunse poco dopo.

Rufillo tornò a sorridere.

“Mio caro amico, colei che chiamano Teodolinda non l’ha mai vista nessuno, qui, e il viaggio fino a Pavia ci è precluso, per forza di cose(1). Lascia che il tuo animo ceda alla pace del Signore e si lasci andare ad un sonno ristoratore, poiché sono sicuro che il dono di Roma e Ravenna farà felice la Regina… così come la presenza dell’uomo che le consegnerà il regalo”.

Lasciò che le sue parole cadessero in un paradossale silenzio divertito, che il Vescovo non interruppe. D’altronde, pareva che il suo Duca ormai non fosse più il suo protetto, bensì quello della Regina stessa.

 

 

 

 

 

 

 

NOTE

 

 

 

 

(1)il viaggio fino a Pavia sarebbe risultato di certo rischiosissimo per i nostri personaggi, e non solo per via della loro età. L’Italia settentrionale era ormai ricoperta di boschi e foreste, le strade erano ormai state spazzate via dalla vegetazione, tranne alcune principali e meglio costruite. Inoltre, non tutte le fare erano amichevoli ed affidabili; quindi si sarebbe corso il serio rischio di dover affrontare gruppi armati ostili. Meglio quindi che ci pensi il nostro amato Adalberto, assieme al gastaldo.

 

 

 

 

 

 

NOTA DELL’AUTORE

 

 

Amici, amiche, manca solo l’epilogo.

Grazie per essere giunti fin qui. La mia gratitudine nei vostri confronti è pressoché infinita.

 

   
 
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