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Autore: Harry Fine    30/05/2018    3 recensioni
[Anime/manga fantasy]
Al mondo ci sono tantissimi ragazzi che soffrono. Oppressi dai bulli, soggetti a violenze e che annegano nella loro disperazione. E in cambio tutti loro ottengono qualcosa di molto speciale. Gli Stick. Oggetti venduti da uno strano sito che dona poteri che gli concederanno la loro vendetta. Almeno fino al giorno dell'arrivo di Tempest, il cataclisma che distruggerà e ricostruirà il mondo da zero. Riusciranno i protagonisti a svelare il mistero dietro il sito per maghi prima che ciò accada?
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: OC
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Nella periferia di Tokyo, in Giappone, poco distante dalla grande città, sorgeva una struttura di larghe dimensioni cintato da un muro e un tempo doveva essere stata una tenuta elegante; ormai però era leggermente decadente.
L'intonaco bianco era ormai screpolato dal trascorrere del tempo e la struttura e il tetto a pagoda sembravano molto antichi e in parte mal ridotti. Sulla soglia c'era la grande scritta che recitava “Orfanotrofio Zawa”.

Lì dentro, infatti, nessuno dei giovani che ci abitava sapeva da dove venisse o chi li avesse messi al mondo, dato che erano nati e vissuti lì da sempre. Erano ragazzi e ragazze perfettamente normali che vivevano, studiavano, dormivano e mangiavano lì da quando avevano poco più di qualche mese.

Tutti conducevano una vita perfettamente comune, sperando che un giorno qualche coppia gentile li portasse a casa con sé per dare loro una vera famiglia. E tra di loro ce n'era una in particolare che saltava subito all'occhio.

Una ragazza molto graziosa di sedici anni dai lunghissimi capelli candidi, come la sua pelle, in parte  raccolti in due treccine sulla nuca, lineamenti delicati e un fisico sottile, alto e poco formoso.
Anche lei era una persona ordinaria nei modi di fare: passava le giornate tra lo studio e lo svago nella sua stanzetta. Aveva una tracolla in spalla che conteneva i suoi libri e la classica divisa blu delle scuole superiori giapponesi addosso. 
Ma la cosa che davvero sconvolgeva di lei erano gli occhi. Grandi, verdissimi e… tristi. Mancavano infatti dell’allegria e della vitalità che traspiravano da quelli di qualsiasi altra giovane donna della stessa età.

Solo che nessuno ci faceva caso. I ragazzi le passavano vicini, ma era come se lei fosse stata trasparente. 
Ma alla giovane non pesava più di tanto, anzi era quasi un sollievo. Non essere notata era una vera benedizione a volte. Si limitava a camminare silenziosa per i corridoi fino alla sua classe.

Lì, rispose quando il suo nome, ovvero Midori Imai, venne chiamato all'appello e si sedette al suo banco. Solo che la sua attenzione non era puntata sulla lezione da poco iniziata, ma su un gruppo di ragazzi proprio dietro di lei.
Erano tre, tutti di bell'aspetto: i capelli scuri elegantemente spettinati, un bel fisico e lineamenti mascolini. E le incutevano una paura terribile. 
Gli occhi azzurri del loro leader, un certo Subaru, percorrevano la sua figura in modo famelico, facendole sentire brividi di terrore scendere lungo la schiena.
Loro erano gli unici a notarla sul serio, dedicandole anche lunghe occhiate, ma la cosa non le faceva affatto piacere. Quello sguardo la faceva sentire in trappola, con le spalle al muro.

Ma cercò di mantenere la calma. Erano in classe, davanti al prof, lui e i suoi amici non potevano farle nulla. Andava tutto bene, era al sicuro.... almeno per ora. Non doveva avere paura
Il suo cuore rallentò un poco, diventando un po' più leggero, e lei tornò ad ascoltare il professore. Ma quella calma non durò molto.

Col trascorrere delle ore, la morsa del panico tornò a stringerle lo stomaco. Le lezioni sarebbero presto finite e questo significava che lei non sarebbe più stata al sicuro. E ancora sentiva quegli occhi puntati sul suo corpo.
Sapeva cosa sarebbe successo se non fosse stata abbastanza svelta da tornare nella sicurezza della sua stanza. E non poteva permettere che succedesse ancora, non poteva!

Appunto, appena suonò l'ultima campanella, Midori prese le sue cose e corse letteralmente fuori dalla classe. Il cuore batteva come un tamburo nel suo petto e aveva il respiro pesante.
La stavano inseguendo, lo sapeva. Sentiva i loro passi dietro di lei. Tanto lenti ed inesorabili da farle mancare il respiro. Doveva andare più veloce. Doveva assolutamente salvarsi!
Attraversò i corridoi scuri, che sembravano pronti ad inghiottirla, passò oltre le porte e raggiunse il dormitorio femminile più veloce che potè.

Ormai i suoi battiti assomigliavano a cannonate contro le sue costole, ma forse sarebbe andato tutto bene. Non sentiva più i loro passi e nemmeno il loro sguardo su di sé. E Nei corridoi non si vedeva anima viva.
Forse sarebbe andato tutto bene, si ripetè. Magari quel giorno avrebbe trovato un minimo di pace.
Arrivò alla porta della sua camera, gettandosi all'interno e sprangando l’entrata, per poi restare immobile di fronte alla superficie di legno, in attesa. 

Sentendo che non bussava nessuno e che non sembravano esserci passi fuori dalla stanza, il respiro tornò lieve e le labbra rosee si piegarono in un piccolo sorriso.
Almeno finché non sentì una mano grande e ruvida poggiarsi sulla sua spalla e una voce roca vicino all'orecchio. 
《Benvenuta.》 Disse Subaru.

Lei, se possibile, divenne ancor più bianca di quanto già non fosse di solito, voltandosi lentamente con gli occhi iniettati di terrore.
Lui era lì, davanti a lei, al centro della sua camera, e i suoi due amici stavano seduti sul suo letto con un sorrisetto soddisfatto. L'avevano preceduta in qualche modo, e adesso lei era in trappol!

L'ennesima morsa di terrore la stritolò del tutto, mentre si appiattiva contro la porta con i sudori freddi. Quegli sguardi famelici puntati sul suo seno e sul suo inguine lasciavano intendere tutto quello che avevano intenzione di farle e la stavano schiacciando. Doveva fuggire! 
Solo che la presa ferrea del moro la trattenne per le spalle.
《Avanti, stai con noi. Vedrai come ci divertiremo tutti insieme.》 Disse con un sorriso, che a lei parve una smorfia repellente.
《N-no. Vi… vi prego. Non…》

《Oh, andiamo, non fare la difficile. Lo sappiamo che in realtà ti piace.》 La canzonò uno degli altri due ragazzi, venendole fin troppo vicino, facendole sentire il puzzo di sigarette nel suo fiato.
Lei tentò di sottrarsi alla loro stretta, ma sapeva che era inutile. Ormai era stata di nuovo catturata.
Si sentì tirare di colpo sul suo letto, venendo sollevata come un fuscello, e Subaru le bloccò i polsi e il bacino col suo peso, sedendosi sopra di lei. E questo la riscosse.

No, non poteva permettere che succedesse ancora. Non voleva sprofondare di nuovo in quel maledetto incubo!
《Lasciatemi andare! Vi… vi prego!》 Implorò, tentando di divincolarsi senza successo.
Gli altri due ragazzi si stesero con loro sulle lenzuola, contribuendo a tenerla ferma per le gambe.
Ma lei non smise di dimenarsi e scalciare in preda al panico. Doveva scappare. Non poteva lasciare che accadesse ancora! 

《No… no… no… no… no… NO! AIUT…!》
Una mano le tappò la bocca, togliendole l'unica possibilità di essere salvata.
Sentì subito dopo le altre mani avventarsi sui suoi vestiti. Non importava quanto si muovesse o scalciasse, i bottoni della sua camicia saltavano uno ad uno, la gonna era svanita nel nulla e ormai anche le gambe erano nude.

Colta nuovamente dal panico, Midori provò nuovamente a chiedere aiuto, ma un ceffone la colpì in pieno viso, facendole scattare la testa di lato e lasciandole cinque segni rossi in faccia. 
《Stai zitta, ragazzina. Dovresti essere orgogliosa di avere questa opportunità con tre dei ragazzi più belli di questa topaia.》 Le intimò Subaru, senza più niente addosso.
A quel punto, anche l'intimo di Midori non c'era più. E lei non aveva più scampo. Stava succedendo di nuovo.
Quelle mani… lei le sentiva ovunque. Cercava di coprirsi, di tenere lontane le dita appiccicose e invadenti, ma era tutto inutile. Lasciavano sulla sua pelle impronte di sporcizia immaginaria che lei non avrebbe potuto rimuovere.
Odiava quella maledetta sensazione e odiava quel corpo, troppo sporco e maltrattato per essere il suo.

E quando arrivò la parte peggiore, sentì gli occhi bagnarsi. Li chiuse all'istante, mentre percepiva quei mostri, perché di mostri si trattava, usarla come una bambola, spingendo con violenza contro il suo bacino e facendole sfuggire suoni disarticolati dalla bocca.
Ad un certo punto, sempre ad occhi serrati, arrivò a pregare chiunque di far finire quella tortura. Ma questa continuò per ore e ore, mentre loro ridevano e lei cercava di resistere al dolore e al disgusto che sentiva per se stessa.

E quando finalmente terminò, quei tre la lasciarono sul letto demolito, ricoperta di sostanze a cui nemmeno voleva pensare, con un sorriso soddisfatto.
《Ci vediamo domani, Midori.》 Commentarono, uscendo dalla porta.
Lei non li ascoltò. Le lacrime ormai scendevano senza controllo dai suoi occhi. Sentiva dolore ovunque e aveva un impellente bisogno di pulirsi. Doveva rimuovere quello sporco che le avevano lasciato addosso.
Si rivestì alla meglio, facendo del suo meglio per ingorare la biancheria a brandelli e i bottoni strappati della gonna, cercando di nascondere i marchi viola sul collo, il seno e le clavicole, e si precipitò nel bagno delle ragazze, per fortuna deserto.
Lì, si spogliò di nuovo e aprì l'acqua. Strofinò con una spugna ogni centimetro di pelle con furia. Doveva togliere tutta la sporcizia. Ma i segni rimanevano. Non importava quanto sfregasse, continuava comunque a vederli, sapeva che erano stati lì.
Ma doveva essere forte. Doveva cercare di non crollare. 

《Esatto. Non devo crollare. Non devo crollare. Non devo…》 ma la sua voce fu rotta dai singhiozzi, che lei decise, per una volta, di lasciar fluire a gran voce. Non ne poteva seriamente più.
Che cosa aveva fatto per meritarsi quella tortura!? Perché proprio lei tra tutte!? Non bastava il fatto che i suoi genitori l'avessero gettata via quando era nata o che fosse sempre sola!? Doveva per forza subire anche quel trattamento!?

Pensò con rammarico alla signora Meiko, l'unica amica che avesse mai avuto. 
Era una signora di ottant'anni davvero dolcissima che dirigeva l'orfanotrofio fino all'anno prima.
Era stata come una nonna per lei: la invitava spesso a prendere un thè con lei per parlare tra loro o mostrarle il suo hobby per la pittura e aiutandola ad aprirsi. Era l'unica persona che seriamente le avesse voluto bene e che rendeva allegre le sue giornate.

Lei aveva sempre mantenuto viva la sua speranza che sarebbe stata adottata da una meravigliosa famiglia e avrebbe avuto una vita stupenda. Ma adesso lei non c'era più.
La signora Meiko era stata seppellita nel cimitero e tutt'ora riposava lì.

La sua unica amica era morta per malattia un anno prima ed era stata sostituita dalla madre adottiva di Subaru, una donna di famiglia altolocata che aveva adottato il ragazzo e che aveva acquistato l'orfanotrofio per la sua compagnia di immobili e aveva iniziato a dirigerlo per seguire la carriera scolastica del figlio.
E da allora, la sua vita era diventata un incubo. Non poteva più parlare con nessuno. Non c'era più nessun sorriso dolce o una carezza ad accoglierla quando passava accanto all'ufficio della direttrice. 

Perfino il profumo non era più lo stesso. Non era più quella fragranza calda e accogliente di the e pittura, ma solo un anonimo odore di detersivo.
E questo faceva Midori sentire ancora più sola. Ma doveva cercare di andare avanti. Doveva trovare un modo per salvarsi e tornare libera, a costo di scappare da quel posto e mettersi a mendicare per strada. 
Si asciugò le lacrime dagli occhi, si rivestì e tornò nella sua stanza, guardando sempre con disgusto e paura la sporcizia che le era rimasta addosso.

Ma forse le avrebbe fatto più paura l’inquietante figura coi codini e l'eterno sorriso che la stava fissando da dietro l'edificio.
《Povera anima sventurata, povera anima sventurata. Midori Imai, sei stata scelta.》
   
 
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