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Autore: StrongerH    31/05/2018    0 recensioni
La storia di Kat Evergreen comincia a San Francisco. Dopo essersi allontanata da New York e dalla famiglia, decide di ricominciare da capo, senza pensare al passato. Frequenta la San Francisco State, e nel frattempo lavora part-time in una biblioteca. Dopo che il suo migliore amico, Mash l'ha convinta ad andare ad una festa, tutto cambia. Kat incontra, in un modo quasi imbarazzante ed irripetibile, Jayden West: donnaiolo, tatuato, bello e impossibile. Nonostante per Kat sia lo stereotipo del "bad boy", qualcosa in lui la attrae. Le coincidenze non giovano poi, mettendolo sempre sul suo cammino, in un modo o nell'altro. Kat però non vuole cascarci. Vuole pensare a se stessa. Ha un passato oscuro da cui scappare, e da dimenticare, e un futuro pieno di speranza.
Ma come se il destino avesse già deciso, Kat sembra avere le mani legate. Dovrà sorbirsi quel sexy e dannato Jayden West, ma croce sul cuore, non se ne innamorerà... O almeno spera.
Alla fine cosa può farci, se è vittima di Un pazzo Amore a San Francisco?
Tutti i diritti riservati. ©
StrongerH
Genere: Commedia, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo | Contesto: Universitario
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Capitolo uno:

 

Un mese dopo…

 

Mi chiudo il portone dietro le spalle e comincio a correre verso la mia macchina. Sono abbondantemente, stupidamente ed inevitabilmente in ritardo, Mash mi ucciderà. Mi catapulto in macchina e guido fino al negozio, riesco fortunatamente a trovare parcheggio lì vicino e sotto la pioggia corro fino all’entrata. 

Mi chiudo la porta alle spalle con un forte rumore provocando uno sguardo stranito da tutti i presenti. Prendo un respiro e mi avvicino alla scrivania. Sono riuscita a trovare un lavoro tranquillo e abbastanza vicino a casa mia. Lavoro nella biblioteca più vicina all’Università, quindi è lecito che ci siano un sacco di ragazzi che incrocio anche per i corridoi del campus. 

«Ciao.» biascico a Mash mentre continuo a riprendere fiato. 

«Di nuovo in ritardo, Kat.» mi ammonisce. Alzo gli occhi al cielo. Tra tutti i miei difetti, quello che spunta quasi sempre fuori è che sono sempre, e dico sempre, in ritardo. Non che io lo faccia apposta, ovviamente. 

«Ciao anche a te Kat, com’è andata la tua giornata?» gli faccio il verso. Lui sorride impercettibilmente e si volta a riporre dei libri a posto. Mash è una delle prime persone che ho conosciuto a San Francisco, è al secondo anno di giornalismo, e più che lavorare qui, cerca solo di ottenere crediti extra. È dolce, simpatico, sensibile e ovviamente gay. 

«Stavo per spararmi in bocca mentre l’ennesimo secchione di giurisprudenza mi ha chiesto il manuale di Diritto Civile.» 

«Immagino, quanto sconforto deve averti creato.» lo prendo irrimediabilmente in giro. 

«Stavo per venirti a prendere per capelli dal tuo appartamento.» 

Ridacchio all’idea e incomincio a catalogare i libri che sono stati riportati indietro. 

In poco più di un mese che sono qui, mi sento quasi a casa. È come se mi sentissi più me stessa qui, che a New York, ma di questo non mi stupisco. È ovvio che mi senta più me stessa qui, dato che a New York fingevo un giorno sì e l’altro pure. Continuo a pensare a tutti gli anni sprecati nell’essere perfetta per la mia famiglia… 

Non tenere i capelli così Kat… Non accavallare le gambe Kat, tienile su un lato… Sorridi e annuisci Kat. Scuoto la testa. Ho perso così tanto fingendo di essere chi non ero, e me ne pentirò ogni giorno della mia vita.

«Sento le rotelle del tuo cervello macchinare fino a qui.» cantilena Mash. Sbatto più volte le palpebre cercando di riprendermi. 

«Perché non la smetti di rimuginare su qualsiasi cosa tu stia rimuginando e non vieni con me stasera alla festa?»

«Lo sai come la penso.» cerco di ricordargli. Odio le feste. Le detesto. Odio tutte le persone ubriache, odio l’odore di alcol, la musica a palla, la confusione. Forse perché al liceo non partecipavo quasi mai alle feste, perché preferivano invitare i miei cugini piuttosto che me, o forse perché l’unica festa a cui avevo partecipato non era finita nel migliore dei modi.

«Potresti fare uno sforzo, è sabato sera!» mi ricorda. Ma per me il sabato sera non è niente di che. Tornerò a casa, mi preparerò qualcosa da mangiare e poi mi abbufferò di popcorn davanti alla tv vedendo Netflix. 

«Penso che tornerò a casa e mi vedrò qualcosa su Netflix.» annuncio. 

Lo sento sbuffare dietro uno scaffale. 

«Hai diciotto anni!» mi rimprovera.

«Quasi diciannove.» gli ricordo.

«Appunto, sei giovane, bella e simpatica. Devi goderti di più la vita Kitty Kat!» 

Odio quel nomignolo, fa riaffiorare in me ricordi che ho cercato di reprimere per anni. Ma quando Mash mi chiama così, il mio cuore si riscalda un po’.

«Ci penso, okay?» Lui alza le braccia al cielo come segno di vittoria. 

«È un passo avanti rispetto al classico “No” secco.» si protrae verso di me e mi scocca un sonoro bacio sulla testa. 

Il turno finisce velocemente, e le sette arrivano quasi senza che me ne accorga. Come se fosse il nostro rituale, Mash si avvicina alla campanella appesa al muro e la suona con forza. 

«Si chiude!» urla ai ragazzi che sono rimasti, facendomi ridacchiare. 

Chiudiamo la biblioteca e mi dirigo verso la macchina. 

«Allora, ci vieni alla festa?» 

«Mash…» incomincio, ma lo vedo scuotere la testa. 

«Chiamami se cambi idea.» dice allontanandosi. 

So che il college è fatto anche di nuove esperienze, che bisogna crescere e cambiare, ma forse non sono ancora pronta. 

Arrivata a casa mi faccio una doccia veloce e mi fiondo sul divano con la mia enorme ciotola di popcorn, pronta a scegliere qualcosa da guardare. 

Scorro la home di Netflix, e niente mi attrae, il mio telefono vibra e lo prendo dal tavolino. 

Un messaggio in segreteria. Il numero non lo conosco. Porto il telefono all’orecchio e premo play. “Dovresti chiamare i tuoi genitori, sono in pensiero. Sei andata via senza nemmeno salutarli.” la voce di mia cugina risuona nell’altoparlante. Ho un groppo in gola. “Comunque fosse per me puoi anche non farti sentire oppure mandarli a cagare in giapponese. Hai fatto bene ad andare via, mi manchi. Fa la brava a San Francisco, e divertiti.” Cass è sempre stata l’unica della famiglia a capire come mi sentissi, anche perché pure lei è andata via per un periodo. È dovuta tornare a New York quando mio zio ha imposto ai suoi tre figli di incominciare a lavorare nell’azienda di famiglia per capire quale dei tre l’avrebbe ereditata un giorno. Per quanto orgogliosa possa essere Cass, non avrebbe mai rinunciato alla possibilità di sconvolgere l’azienda di famiglia con idee nuove, che molto probabilmente faranno venire un attacco di cuore a mio zio, ma detto francamente, se lo merita tutto. Cass è completamente diversa dai gemelli. Cedric e Charlotte sono esattamente come i miei zii vorrebbero. Spocchiosi, aggressivi, fin troppo agguerriti. Nonostante Cass sia qualche anno più grande di me e dei gemelli, per me è sempre stata la sorella che non ho mai avuto. Farei di tutto per lei, per vederla sorridere. Lei ha fatto così tanto per me… mi ha salvata quando non credevo che potesse accadere. E nonostante i chilometri che ci separano, ci sarà sempre un legame tra di noi. 

Mi guardo intorno e tutto d’un tratto mi rendo conto che forse dovrei provare a divertirmi, lo devo a me e a Cass, e se fosse qui con me sicuramente mi rimprovererebbe. 

Digito il numero di Mash e attendo che risponda.

«Non ci credo che mi stai chiamando.» 

«Credici, dov’è la festa?» 

«Ti passo a prendere tra quindici minuti. Se non sei giù me ne vado.» 

Ridacchio «Va bene, corro.»

   
 
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