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Autore: _cryptic_    31/05/2018    1 recensioni
Due ragazzi, una mongolfiera dagli spicchi arcobaleno e una zattera in canne di bambù.
Buona lettura,
-Nemo
Genere: Angst, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'Inventore e la ragazza dagli occhi d’alabastro 

 

Sorvolando l’infinito oceano a bordo della mongolfiera dagli spicchi arcobaleno scorsi, tra le mille ed incantatorie onde blu, una sporca e spoglia zattera in canne di bambù la cui vela, un tempo fiera e pura, riposava stanca a ridosso dell'albero solitario piegato dalle ferite subite durante la lunga traversata; a sorreggere la sfinita vela solo lo spasmodico e disperato abbraccio della corda intrecciata.

Nessun capitano, nessun timoniere, nessun superstite sulla spoglia zattera notai, fin quando, da sotto un telo color della luna estiva, stravaccata svogliatamente sull’angolo nord est di quella che, secondo lo sfortunato, doveva rappresentare la salvezza, un’esile mano scivolava nelle fredde acque risvegliando in pochi attimi la minuta creatura.

Da sotto il telo mandarino sbucò la figura longilinea di una ragazza dalla pelle bruciata dal sole e dai capelli arruffati color del mogano; la tunica, una volta color avorio, quello pregiato derivante da quegli strani ed eleganti animali dalle lunghe zanne, ora di un bianco bruciato, le cadeva leggera e delicata sulle curve femminili ripresa solo all’altezza dei fianchi da una cintura in pelle scura, più scura dei suoi capelli che grazie alla luce del sole avevano assunto dei riflessi viola. Le maniche ormai non c'erano più: strappate crudelmente e abbandonate nell’ignoto.

Si guardò intorno spaesata la ragazza dalla pelle di caramello girando prima la testa a sinistra e poi subito a destra, ritornando infine a guardare il levante. Si coprì gli occhi con una mano: il sole aveva ormai lasciato da ore la linea dell’orizzonte pronto a raggiungere lo zenit. Si portò disperatamente le mani alla bocca e, iniziando a tremare, voltò lo sguardo al cielo intercettando dopo pochi attimi la mia mongolfiera dagli spicchi arcobaleno e, subito dopo, il mio sguardo curioso non rendendomi conto di stare, nel frattempo, scendendo di quota avvicinandomi a lei.

 

I suoi grandi occhi bianchi come l’alabastro si illuminarono e si ingrandirono oltre l’immaginabile, come il suo sorriso che si allungò da orecchio ad orecchio mostrando i brillanti e ordinati denti bianchi creando così  un forte contrasto con la pelle caramello.

Sì sbracciò per attirare la mia attenzione; lentamente scesi di quota fino ad arrivare al suo livello. Il suo sorriso si ridusse, ma non scomparve dal viso reso più innocente e bambinesco dalla presenza sugli zigomi di lentiggini color bronzo.

Non scesi dal pallone dagli spicchi arcobaleno, la piccola zattera malconcia non avrebbe retto.

Restammo in silenzio a guardarci. Voleva forse salire a bordo? Voleva che scendessi io invece? Lei fissò prima me e poi la piccola barca in listelli di legno. Il macchinario in ferro dietro di me non la smetteva di gorgogliare e ad emettere piccole e costanti nuvolette di vapore, era grazie a questo se la mongolfiera dagli spicchi arcobaleno poteva volare.

Riportò lo sguardo lattiginoso nel mio vermiglio. Recepito il suo pensiero aprii la porticina in legno che dava sulla zattera così da farla salire a bordo; ogni mia azione era seguita dal suo attento sguardo, ma solo quello: nonostante mi feci da parte da parte per farla salire, la dama caramello dagli occhi d’alabastro non si mosse, continuò a fissarmi. Il mio sguardo, ora confuso, non si distolse dalla ragazza nemmeno quando quest'ultima mosse un passo indietro unendo le mani minute dietro la schiena sorridendomi. Spazientito misi la mano tra i miei corti capelli biondi spettinandoli più del normale  pensando sul da farsi: cosa voleva quindi costei?

Le chiesi chi fosse, parlando piano, scandendo bene le parole e continuando a fissarla; quegli occhi bianchi erano come calamite. Fu allora che il suo sorriso scomparve lasciando posto ad un’espressione sorpresa, sembrò pensarci su e poi si avvicinò.

Rimasi immobile.

Lei mimò alcune parole con la bocca; delicatamente cercava di gesticolare qualcosa e ritmicamente si indicava prima il volto caramello, poi il petto coperto dalla tunica stropicciata ed infine le mani, ma dalle sue rosee labbra screpolate non uscì alcuna parola, nessun suono. Mi ritrovai deluso. Ero curioso, volevo sentire il suono della sua voce fin da quando l’avevo vista dalla mongolfiera dagli spicchi arcobaleno; sarebbe stata soave come la sua figura allegra e fresca, come il suo sguardo, o calda e dolce come la sua pelle di caramello? Domanda a cui non avrò mai risposta. Odiavo non sapere le cose, soprattutto non averne la possibilità. Tutti mi chiamano “l’Inventore”: se c’era qualche problema trovavo sempre la soluzione, niente poteva fermarmi.

Venni distolto dai miei pensieri sentendo le esili mani prendere la mia, al contrario di quanto mi aspettassi la sua mano era fredda ma morbida, una mano giovane che non aveva conosciuto la pesantezza e la durezza del lavoro, al contrario delle mie grandi e ruvide.

Con una mano reggeva la mia voltandola a palmo in sù, mentre l’altra cominciò a tracciare linee sul palmo aperto e ruvido.

La guardai curioso senza incontrare il suo sguardo stoicamente concentrato sui suoi gesti; mi resi presto conto della monotonia di quei segni: stava cercando di comunicare. Mi concentrai allora sui movimenti delle sue piccole dita affusolate sul mio palmo: un movimento a zig zag armonioso partendo dalla sua destra, una S; un movimento circolare, O; una conca, U; un angolo retto, L; unii le lettere: S O U L, soul, anima, si chiamava Anima? Ripetei il suo nome lentamente e con una punta di incertezza, lei sorrise. Da quanto tempo era che nessuno la chiamava con quel nome? Da quanto tempo aveva atteso l’arrivo di qualcuno che fosse in grado salvarla? Continuò a sorridere, la fanciulla dagli occhi d’alabastro, prendendomi entrambe le mani e trascinandosele sul petto coperto all’altezza del suo cuore.

Cercai il suo battito.

Non lo trovai.

Spostò subito le mie mani portandole sull’albero stanco della piccola zattera malconcia.

Sgranai gli occhi.

Dall’albero riuscivo a sentire il battito, quel battito che stavo inutilmente cercando nella dama dalla pelle di caramello; l'albero pareva vivo: lo sentivo, lo sentivo pompare liquido come un cuore vero.

Un'idea malsana mi passò per la testa. Con un gesto veloce graffiai il pezzo di legno e in quel preciso istante la ragazza dagli occhi d’alabastro gemette dal dolore portandosi le mani tremanti al cuore.

Lì capii: lei era connessa alla zattera malconcia, era l’anima della zattera di canne di bambù.

La ragazza dagli occhi d’alabastro non era nient’altro che un’altra innocente vittima della strega dagli occhi di giada.



-Nemo

   
 
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