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Autore: StrongerH    31/05/2018    1 recensioni
La storia di Kat Evergreen comincia a San Francisco. Dopo essersi allontanata da New York e dalla famiglia, decide di ricominciare da capo, senza pensare al passato. Frequenta la San Francisco State, e nel frattempo lavora part-time in una biblioteca. Dopo che il suo migliore amico, Mash l'ha convinta ad andare ad una festa, tutto cambia. Kat incontra, in un modo quasi imbarazzante ed irripetibile, Jayden West: donnaiolo, tatuato, bello e impossibile. Nonostante per Kat sia lo stereotipo del "bad boy", qualcosa in lui la attrae. Le coincidenze non giovano poi, mettendolo sempre sul suo cammino, in un modo o nell'altro. Kat però non vuole cascarci. Vuole pensare a se stessa. Ha un passato oscuro da cui scappare, e da dimenticare, e un futuro pieno di speranza.
Ma come se il destino avesse già deciso, Kat sembra avere le mani legate. Dovrà sorbirsi quel sexy e dannato Jayden West, ma croce sul cuore, non se ne innamorerà... O almeno spera.
Alla fine cosa può farci, se è vittima di Un pazzo Amore a San Francisco?
Tutti i diritti riservati. ©
StrongerH
Genere: Commedia, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Capitolo tre:

 

La sveglia suona ma io sono già sveglia, e sto preparando il caffè. Sono ancora stordita per la serata di ieri, e ora come ora il caffè è l’unica cosa che potrebbe farmi riprendere. Il telefono squilla e io alzo gli occhi al cielo.

«Mash?» 

«Kitty Kat! Buongiorno!» 

«Sei fin troppo felice stamattina…» ammetto. Lo sento ridacchiare.

«Non mi ricordo niente di ieri sera…» 

«Questo perché ho guidato io, ti ho accompagnato a casa, e da casa tua sono tornata a piedi.» 

«Dici sul serio? Sei un angelo Kitty Kat!» Ridacchio e lo sento fare lo stesso. 

«Ci vediamo dopo al campus?» 

«Si ovvio, sarò il bello e impossibile che tutte guardano, ma che verrà solo da te.» so che sta ammiccando anche se non posso vederlo.

«Li senti da lì i conati?» chiedo beffarda. 

Chiudo la telefonata e sorseggio una tazza di caffè bollente. Finalmente riesco a svegliarmi e finita la tazza, mi fiondo in doccia. 

Alle nove in punto sono al campus, ed entro nella classe di Letteratura Inglese come un uragano. Mi fiondo sulle ultime file e appena poggio il sedere sulla panca espiro. Ho ancora sonno, nonostante la tazza enorme di caffè, e vorrei solo poggiare la testa sul banco e dormire, se non fosse che questo corso vale la metà dei miei crediti di quest’anno. Qualcuno si siede accanto a me e sobbalzo. 

«Ti ho spaventata?» una voce roca… Oh no, aspettate. È la voce roca. È lui. Mi volto di scatto e i miei occhi si incatenano ai suoi. 

«Si, no… non… non fa niente.» balbetto. Sembro un’idiota assurda. Lui mi sorride e si posiziona, lasciando lo zaino accanto a lui. Poggia i gomiti sul banco. 

«Baby, mi stai fissando.» dice impassibile. Divento rossa in un nano secondo e mi volto. 

«Non ti stavo fissando.» 

«Si invece.»

«No.» sbuffo accigliata. 

Lo sento ridacchiare e alzo gli occhi al cielo. Guardo verso le altre file e noto delle ragazze. Ci stanno fissando, e sembrano palesemente arrabbiate. Abbasso lo sguardo e il professore entra. 

Lui si poggia allo schienale e si porta le mani dietro la nuca. 

«Ti ricordi qualcosa di ieri sera?» chiede dopo un po’. Avvampo e non mi volto verso di lui. So che se mi voltassi in questo momento sverrei per l’imbarazzo.

«Ieri sera?» 

«Si, eri alla festa no?» chiede. Dio ti prego, se esisti, uccidimi adesso.

«Oh beh, si… non ricordo granché…» ridacchio dall’imbarazzo e me ne pento subito. Cosa diavolo mi prende. 

«Immaginavo.» ha un tono quasi saccente, e mi volto di scatto. 

«In che senso scusa?» mi acciglio. 

Mi sfoggia uno dei suoi migliori sorrisi, e quasi mi sciolgo. 

«Ti ho vagamente incontrata ieri alla festa, non eri ridotta molto bene.» Divento rossa all’istante e lui mi sorride di nuovo. 

«Non bevo spesso, non reggo bene l’alcol.» Non bevo mai! 

«Non fa niente, sei stata…» si blocca, come se ci stesse pensando «Divertente, sì… proprio divertente.» Vorrei schiaffeggiarlo per togliere dalla sua faccia quell’aria da saccente, come se lui fosse meglio di me da ubriaco. 

La lezione finisce e io mi fiondo fuori. Il ragazzo mi si avvicina e mi ferma. Mi scosta una ciocca di capelli mettendola dietro l’orecchio. «Ti volevo dire una cosa.» gli scocco un’occhiataccia. 

Si avvicina al mio orecchio. 

«La prossima volta, quando vuoi origliare qualcuno che scopa, dovresti recitare meglio.» mi sussurra all’orecchio, e poi scompare nella folla. 

 

 

All’ora di pranzo decido di mangiare qualcosa di veloce con Mash al bar, così ordiniamo un’insalata e una pepsi a testa. 

Mentre spilucchiamo le nostre insalate, il ragazzo dell’ora di Letteratura Inglese entra assieme ad un gruppetto di ragazzi. Ha addosso una camicia a quadri nera e grigia, una canotta bianca sotto e dei jeans skinny, ma così skinny che mi chiedo se riesca a respirare. 

Quasi come se mi perseguitasse, mi scocca un’occhiataccia, e va a sedersi su un divanetto. Sono cosciente che metà delle ragazze presenti lo sta fissando con aria sognante, ma mi stupisco quando vedo anche Mash farlo.

«Mash, stai sbavando.»

«Non posso farci niente… Quel ragazzo trasuda sesso da tutti i pori!»  A volte mi stupisco della sua sfacciataggine.

«A proposito di questo… ieri è successa una cosa.» 

«Te lo sei fatto?» mi scocca un’occhiata perversa e io arrossisco all’istante.

«Cosa? No! Come ti viene in mente!» gracchio. 

«Sarebbe stata la volta buona!» mi prende in giro come suo solito. La realtà dei fatti è che ora come ora non ho alcuna voglia di perdere tempo in una relazione, che quasi sicuramente finirebbe nel giro di un paio di settimane. Ho bisogno di pensare a me stessa, dopo aver pensato per così tanto tempo agli altri. Nonostante questo, Mash continua ad appiopparmi ragazzi che ha conosciuto e che secondo lui potrebbero piacermi. Una volta mi ha anche chiesto se fossi lesbica, dato che scartavo tutti i suoi prescelti. 

«Comunque.» continuo bevendo un sorso di Pepsi «Ieri sera un ragazzo mi ha urtato mentre bevevo una Diet Coke, e mi ha sporcata tutta.»

«No, ma dai? La fine del mondo insomma.» continua a prendermi in giro e io gli tiro uno schiaffo sul braccio.

«Fammi finire, idiota!» lui alza gli occhi al cielo e sventola la mano per farmi continuare. 

«Entro in una camera per pulirmi e trovo un bagno, così mi sciacquo con calma finché non sento la porta chiudersi e qualcuno amoreggiare sul letto…» 

In questo momento ho finalmente l’attenzione di Mash. Lui spalanca gli occhi e si avvicina di più, segno che è ufficialmente pronto a sentire la storia. 

«Era lui.» dico indicandolo vagamente «Che si stava dando da fare con una. Ho dovuto fingere di essere ubriaca marcia per uscire.» 

«Ha fatto finalmente qualcosa di emozionante, Kitty Kat!» dice portandosi la forchetta alla bocca. 

«E oggi me lo ritrovo a lezione di Letteratura Inglese.» 

«La solita fortunata!» 

«Non direi di essere fortunata.» alzo gli occhi al cielo mentre lui mi interroga con lo sguardo. 

«Ha scoperto che mentivo, che non ero ubriaca, e ha pensato che lo stessi spiando.» Mash scoppia in una risata fragorosa e non ne vuole sapere di smettere. Sta attirando tutta l’attenzione su di noi. 

Alzo gli occhi al cielo. A volte fare dei discorsi con Mash è praticamente impossibile. 

Finiamo il nostro pranzo, e quando andiamo a pagare, noto con disappunto che ora è lui che sta fissando me. Ha un’espressione indecifrabile: gli occhi sono assottigliati e le labbra increspate. Gli scocco un’occhiata e pago velocemente, uscendo dal bar. 

 

Le lezioni finiscono velocemente, e oggi fortunatamente non sono di turno alla biblioteca, così decido di pulire accuratamente tutta casa, dato che c’è un caos non indifferente. Sono sicura che se in questo momento mia madre entrasse in questa casa, urlerebbe e poi stramazzerebbe sul suolo. Quasi quasi mi vien voglia di chiamarla. Mi guardo intorno e mi pento di aver preso una casa così grande. Nonostante avessi la possibilità di approfittare di una camera in dormitorio, ho preferito avere la mia privacy in una casa affittata, ma la megalomane che è in me ha preso il sopravvento e ora mi ritrovo con un’enorme appartamento da pulire, tutta da sola. Qualcuno bussa alla porta, così mi affretto ad aprire.

Una ragazza dai lunghi capelli biondi mi si presenta difronte. È bella da togliere il fiato, e quasi vorrei saltare alla gola per la gelosia. Spalanca i suoi grandi occhi marroni e le labbra carnose si aprono in un sorriso, e io faccio altrettanto, sorridendole a mia volta.

«Ciao… Scusami… Mi sono trasferita qui ieri e mi sono resa conto che non ho fatto la spesa… Avresti per caso un po’ di sale?» mi chiede arrossendo. 

«Certo, entra pure!» dico amichevolmente, anche se non è da me. Insomma… io non sono mai amichevole. Una parte di me però mi costringe ad essere più simpatica, devo comportarmi come una normalissima ragazza di diciannove anni. Non come una pazza reietta.

La bionda mi sorride contenta ed entra, chiudendosi la porta alle spalle. 

«Sono Beck, comunque.» dice allungandomi la mano. 

«Kat.» gliela stringo, poi mi volto verso lo scaffale. Mi maledico di non aver messo a posto prima, dato che Beck si sta guardando intorno, spero solo che non mi giudichi per le condizioni disastrose in cui versa questo appartamento. 

«Allora, sei del primo anno?» mi chiede Beck, e annuisco.

«Letteratura Inglese» Tiro fuori il barattolo del sale e lo poggio sulla mensola, mentre cerco qualcosa in cui travasarlo.

«Bello. Io ero indecisa tra Arte e Giornalismo. Poi ho scelto Arte. Sono al secondo anno.» si appoggia con i gomiti alla mensola e mi sorride. 

«Come mai ti sei appena trasferita? Non volevi più stare nel dormitorio?»

Lei scuote energicamente la testa, e sbuffa.

«Ho lavorato un’intero anno per potermi permettere di affittare un appartamento. Sai, ho una borsa di studio, i miei non potevano permettersi la retta, figuriamoci una casa in affitto.» 

In questi casi mi sento a disagio. Io non ho dovuto sgobbare così tanto per riuscire a pagare sia la retta sia l’affitto, e mi dispiace che lei stia avendo tutti questi problemi. 

«Come mai hai deciso di lasciare il dormitorio?» chiedo curiosa. Lei si accomoda su una sedia e si porta una mano tra i capelli setosi. Poi do un’occhiata ai miei, che assomigliano su per giù ad un pagliaio. 

«Avevo una compagna di stanza, Avery. Era simpatica all’inizio. Siamo diventate amiche in pochi giorni, le ho confidato tutto. Anche che con il mio ragazzo le cose non stavano andando poi così bene. Lei mi capiva, in un certo senso. Era come se fosse la sorella che non ho mai avuto.» fa una pausa. Le porgo un bicchiere con dell’acqua e lei mi ringrazia sorridendo. Mi accomodo accanto a lei.

«Beh, dopo sei mesi eravamo praticamente inseparabili. In qualsiasi posto fosse Avery, c’ero anch’io e viceversa. Stavamo anche pensando di affittare un appartamento insieme. Fino a un mese fa.» scuote la testa nuovamente, e vedo che ha gli occhi lucidi. 

«Se non vuoi parlarne…» comincio ma lei fa cenno di sì con la testa. 

«L’ho trovata a letto con il mio ragazzo, era venuto per farmi una sorpresa. Solo che in camera mia non ha trovato me, ma Avery. E hanno avuto la geniale idea di scopare. Diciamo che di essere venuto è venuto, e la sorpresa c’è stata, ma solo quando li ho visti con i miei occhi.»

Sussulto e mi copro una mano con la bocca. 

«Che stronzi!» dico istintivamente. Lei annuisce. 

«Non immagini che dolore è stato per me. Avery era la mia unica amica qui, e Brad era il mio ragazzo da ben tre anni. Ho dovuto convivere un mese con Avery che mi chiedeva scusa ogni secondo, convinta che potessi perdonarla. Avrei potuto anche farlo, se solo non l’avessi sentita ogni notte ridacchiare al telefono con Brad.» Spalanco gli occhi per la sorpresa. Non solo la sua migliore amica è andata a letto con il suo ragazzo, ma ha continuato anche a sentirlo?

«Mi dispiace così tanto Beck…» Sono sincera. Lei mi sorride. 

«Ora sto un po’ meglio, non so quanto potrò ancora tenere l’appartamento, ma di sicuro non tornerò lì.» 

Annuisco. È strano parlare con una ragazza dopo aver passato molto tempo con Mash. Non che la sua compagnia sia brutta, però mi mancava una figura femminile. Mi avvicino a lei e le poggio una mano sulla spalla. Odora di fragola e muschio. 

«Ti va di mangiare assieme stasera? Sono da sola.» 

Lei spalanca gli occhi, quasi stordita. «Dici sul serio?» mi chiede con una vocina. Annuisco. La sua bocca si apre in un sorriso raggiante e annuisce. 

Prepariamo parlando del più e del meno, e ci sediamo a tavola. 

Mentre ci rimpinziamo di pollo con le patate, lei prende il telefono e le scintillano gli occhi.

«Beck?» 

«Scusami, mi è arrivato un invito ad una festa. E ci sarà un ragazzo per cui ho una cotta…» ammette. Le sorrido e controllo il mio telefono. È arrivato anche a me. 

«Vuoi andarci?» le chiedo. E immediatamente me ne pento. La sera scorsa è stato un puro caso. Mi sono sentita a disagio, ma così tanto a disagio che niente mi farà venir voglia di tornarci. 

«Vorrei… ma non è il mio ambiente. Non vado alle feste o cose del genere… sarà per quello che sono una sfigata.» abbassa lo sguardo sul suo piatto, e quasi mi viene voglia di abbracciarla.

«Non sei una sfigata Beck. Sei una bellissima giovane donna, simpatica e intelligente. E noi andremo a quella festa.» Dannata me.

   
 
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