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Autore: Chiccagraph    01/06/2018    0 recensioni
Questa raccolta conterrà diverse drabble, un insieme di istantanee nate delle parole più disparate, rievocando i momenti più significativi dei nostri incredibili dottori.
Dal testo:
«Stiamo studiando?»
«Sì, anatomia. Qualcosa del genere».
Avrebbe dovuto saperlo. Era difficile prestare attenzione a quello di cui avrebbero dovuto parlare quando era così vicina, quando poteva semplicemente piegarsi in avanti e baciarla.
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Addison Montgomery Sheperd, Altri, Derek Sheperd, Mark Sloan, Meredith Grey
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
Capitoli:
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9. Segreti
(Meredith e Izzie)

 
«Mer?» Izzie disse lentamente, i primi segnali di bruciore nella sua voce. «Posso farti una domanda?»

Lei la guardò con un rapido guizzo degli occhi, troppo pigra per muovere la testa e ottenere una visione adeguata. «Certo,» borbottò, «vai avanti». 

«Sei... stai bene?» lei chiese. «Voglio dire, tu e Derek... c'è qualcosa di strano lì, giusto? Non lo sto immaginando, vero?» 

Meredith chiuse gli occhi e cercò di bloccare il mondo, ma come sempre era impossibile ignorarlo. «Non è niente, Iz. È solo uno stronzo». 

«Lui è.…»

«Per favore, Izzie, credimi, non c'è un grande segreto qui, non c'è niente, solo... lascia perdere, okay?»

Le dita calmanti smisero di accarezzarle i capelli, ritirandosi a passo lento e attento. Quando Izzie rispose, fu con una sola parola tronca: «Ok».
 
La stanza improvvisamente sembrava più fredda di quanto lo fosse stata in precedenza, ma Meredith teneva le sue labbra chiuse e nascondeva i suoi segreti.
 
 
 

 
10. La scatola
(Alex e Izzie)
 

C'è una scatola sotto il letto di Alex. Lui non la guarda e la polvere si è accumulata sul coperchio, ma è lì. Come ricordo, come promemoria, come avvertimento. L'etichetta in alto è tutta in maiuscolo – IZZIE -, è scritta con inchiostro nero spesso. 
Ha annodato un nastro intorno ai lati e sul coperchio, sigillandolo, oltre un anno fa, e da allora non l'ha più toccato. 
Non è un ragazzo sentimentale, va bene? Lui non lo è. È solo che... quando Izzie ha fatto le valigie ed è andata via, Alex non ha potuto buttare via tutti quei ricordi di lei. 
Fotografie. Lettere. Un vecchio spazzolino da denti. Quegli stupidi boxer di Superman che amava indossare dentro casa quando erano solo loro due. Un frammento del proiettile che gli avevano estratto dal petto e che avrebbe dovuto buttare nel momento in cui aveva lasciato il suo corpo. 
Invece, aveva recuperato una vecchia scatola di scarpe e lentamente ci aveva riposto tutto dentro.
C'è una fitta pila di post-it colorati; tutti i messaggi che Izzie amava scarabocchiare e attaccare sul frigo della cucina. La maggior parte di loro erano sciocchezze, i loro nomi circondati da un cuore, o una richiesta di prendere il latte prima di tornare a casa, o persino scarabocchi casuali, senza significato per chiunque altro, tranne che per loro. 
Alex ama quegli scarabocchi più di ogni altra cosa. Il suo preferito è il disegno stilizzato di un ranocchio con una corona in testa. Si divertiva a prenderla in giro per tutte quelle note che amava attaccare ovunque. Ogni superficie piana della casa portava almeno una prova del suo passaggio.
Alex la prendeva in giro per via di quei post-it colorati e si divertiva a staccarli e attaccarseli sulla fronte. Ora gli mancano. Ora gli manca svegliarsi al mattino e trovare una nota blu a forma di nuvola che lo aspetta sul frigo.   
Fa male, si rende conto. Quella scatola, tutto ciò che contiene, tutto quello che ha perso. 
Fa male. 
E quando l’ha vista in ospedale a salutare tutti i loro amici avrebbe voluto urlarle contro e gettarle la scatola addosso; voleva liberarsene, perché senza di lei tutti quei ricordi non avevano più senso.
Quando stringe la scatola tra le mani sente lo stomaco rivoltarsi.
Non lo ammetterà, nemmeno a sé stesso, ma Izzie gli ha tolto una pallottola dal petto per conficcargliela direttamente nel cuore. 

Un anno dopo, pensa ancora che nessuno meriti i post-it di Izzie, se non lui.
 
 

 
 
11. Mi dispiace
(Derek e Addison)
 
 
Non è sicuro di quale, tra il suono del suo cuore che batte forte, deciso, nel petto, o la corsa rapida dei suoi passi, sia il più forte. 
Alberi di pino e distese di erba passano veloci da una parte e dall'altra, mentre corre, corre e corre, calpestando con i piedi i ciottoli della terra; un nodo di dolore si radica nel suo petto e spinge aghi a forma di spillo attraverso il tessuto del suo corpo. È difficile trovare l’aria, la ingoia ferocemente, ma non riempie i suoi polmoni abbastanza velocemente, per non far appannare la testa, con il disperato bisogno di ossigeno. 
Non può continuare, ma sa che non può fermarsi. 
Con un ultimo slancio raggiunge il portico e slaccia la porta dal muro con un unico gesto.
Si passa la lingua sul labbro inferiore, trovando così difficile costringersi a dire quelle parole ma sa che deve farlo. Deglutisce ancora una volta il suo orgoglio, quasi soffocandosi, e si costringe a incontrare i suoi occhi. 
 
«Mi dispiace» dice, un sussurro ansimante e imbarazzato. 
 
Stringe i denti e guarda giù sul terreno umido e ruvido sotto i suoi piedi. Le pozzanghere della pioggia di quel giorno si sono accumulate nel terreno e hanno lasciato uno strato di fango sulle suole delle sue scarpe.
Il petricore della pioggia ha un sapore forte e un odore tutto suo, vorrebbe allontanarsi ma non riesce a respirare.
 
«Ho detto che mi dispiace» ripete, sperando solo che il suono non sembri amaro.
 
Ci vuole un grande sforzo per lei per non allontanarsi quando fa un grande passo nella sua direzione.
Le prende il polso tra le mani liberando il tessuto di pizzo nero dal pugno.
Lo guarda mentre una lacrima scivola sulla pelle della sua guancia: non avrà mai il suo perdono.
 
 
 
 
12. Perdere il controllo
(Meredith)
 
 
Meredith chiuse la porta della sua stanza dietro di lei e fissò dritto davanti a sé, con il cuore che le batteva forte e pesante nel petto, completamente impossibile da ignorare; eppure anche quel suono tonante non poteva cancellare la frenetica ondata di pensieri della sua mente. 
Non avrebbe voluto farlo
Si lasciò cadere sul pavimento con le spalle appoggiate alla porta, le gambe tirate verso il petto in un modo aggrovigliato e imbarazzante. I suoi muscoli si sarebbero lamentati in pochi istanti e lei avrebbe dovuto spostarsi per cercare di mettersi a proprio agio, ma per il momento avvolse le braccia intorno alle ginocchia, stringendo forte la pelle nuda delle braccia, e tenne gli occhi chiusi, tenendo a bada il mondo. 

"Dannazione" sussurrò, incapace di pensare al modo migliore per controllare il danno fatto.
 
 
 
 
13. La stanza medica
(Addison e Derek)
 
 
Addison chiuse di nuovo gli occhi per qualche secondo per cercare di riprendere il controllo di sé: c'era qualcosa di incontrollabilmente erotico nel guardare Derek in ginocchio, anche se indossava un camice da laboratorio e i pantaloni della divisa ospedaliera e sembrava stanco e i suoi capelli erano un disastro. 

Era ancora Derek. Il suo Derek.

«Potresti volerti aggrappare a qualcosa, non ti prenderò se le tue ginocchia dovessero cedere». 

Quello fu l'unico avvertimento che ricevette prima che i suoi pantaloni venissero tirati attorno alle caviglie. L'aria fresca della stanza la colpì, ma non ebbe il tempo di adattarsi al cambiamento di temperatura: nel giro di pochi secondi, il caldo respiro di Derek stava sommergendo il suo corpo, la saliva lasciava una scia sulla sua pelle, mentre una mano s’incuneava tra le cosce. 

La testa di Addison scattò all'indietro, guardando direttamente il soffitto.
 
 
 

 
14. L’amore spacca il cuore – Laura Pausini
(Addison, Meredith e Derek)
 
 
Forse, solo forse, avrebbe dovuto aspettarsi una cosa del genere, ma vedere Derek e Meredith ridere insieme il giorno dopo il divorzio faceva male come se fosse stata fisicamente colpita da un pugno.
Gli aveva fatto perdere molto tempo nel tentativo di ricostruire il loro matrimonio e ora l’uomo si divertiva a farle a brandelli il cuore.
E come se tutto ciò non bastasse, come se guardarli insieme non fosse di per sè già abbastanza doloroso, si voltarono verso di lei a fissarla a loro volta. Niente era in confronto alla lama che la passò da parte a parte quando i loro sguardi si incontrarono.
Erano appoggiati con una spalla al muro dell'ospedale, le loro posizioni rispecchiavano il linguaggio del corpo di ciascuno mentre continuavano a parlare; i loro discorsi intervallati dalle sonore risate di Meredith e dalla risata più crudele di Derek. 
Addison non riusciva a distinguere le parole, ma non ne aveva davvero bisogno. Quando la vide, Derek, tacque, e la fissò imbarazzato, quindi non ci volle un genio per indovinare di cosa stessero parlando.
 
 


15. Che ci importa del mondo
(Addison e Mark)
 

Lo spogliatoio sembrava il posto ideale per nascondersi; tagliato fuori dal resto dell'ospedale, libero dagli sguardi indiscreti di pazienti ficcanaso, medici indaffarati e stagisti pettegoli. Doveva essere il posto perfetto per nascondersi dagli errori del suo passato e dal mondo esterno. 
Sfortunatamente, si rese conto, grazie al suono dell'apertura della porta che interrompeva i suoi silenziosi pensieri, i nascondigli erano molto più efficaci quando avevano una serratura.
«Perfetto» brontolò, quando vide Mark chiudersi la porta alle spalle. 

Cercò di spostarsi, cercò di scappare, ma Mark la bloccò con le spalle al muro. «Assolutamente no» disse Mark severamente. «Non puoi scappare questa volta». 
 
«Togliti di mezzo, Mark».

«No» incrociò le braccia - braccia che, Addison, era sicura, l’avrebbero facilmente convinta a rimanere se avesse continuato a fissarla in quel modo - sul petto, guardandola in un modo che quasi la sfidava a provare il contrario.
 
«Sono serio, dimmi che non mi vuoi» sorrise famelicamente, allungando la mano per sfiorarle la linea testarda della mascella. «Dillo».

Addison sapeva che avrebbe dovuto allontanarsi e non incoraggiare affatto Mark, in nessun modo immaginabile, ma con quegli occhi luminosi che la guardavano come se fosse la cosa più incantevole del pianeta, allontanarsi divenne un compito impossibile.
Un compito che divenne persino più difficile quando Mark si spostò per reclamare lentamente le sue labbra con le sue.
Anche se erano in uno spogliatoio dove chiunque poteva entrare, anche con la rabbia che pulsava nelle sue vene, anche con il palpito costante della vergogna mentre ripensava al vortice di notizie che circolavano per l’ospedale, Addison, non poteva fermarlo. Lasciò che Mark attaccasse la sua bocca con una fame che sembrava dovesse essere cresciuta per anni invece che dal solo breve periodo in cui erano stati insieme; si lasciò intrappolare, catturare e farsi strada dentro di lei. 
 
 
 
 
16. Capire
(Izzie e George)
 
 
«Non capisco» disse Izzie, tranquillamente. Si distese sul letto e fissò il soffitto, come se le sue risposte potessero essere dipinte lì; tutto ciò che riusciva a vedere, però, era una semplice parete bianca, tinta di nero dall'oscurità della stanza. George era accanto a lei e il suo respiro regolare la rilassava, come una ninnananna. 

Si spostò accanto a lei, girato su un fianco, in modo che potesse guardarla in faccia. «È Alex, Iz, non è un bravo ragazzo». 
 


 


   
 
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