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Autore: StrongerH    02/06/2018    1 recensioni
Red Hamilton è una classica liceale diciassettenne. Orfana di padre, vive da sola con sua madre a Ventura. Tutto fila liscio, fin quando sua madre non si innamora di Craig Parker, brillante avvocato di Los Angeles, che dopo soli sei mesi decide di chiedere a sua madre di trasferirsi da lui, Red compresa.
Red non impazzisce all'idea, ma è costretta a farlo. E così, rivoluziona la sua vita. Nuova casa, nuova scuola, nuovi amici. Fin qui, tutto sembra essere nella norma, a parte un piccolo problema: I tre figli di Craig, che hanno passato l'estate a New York dalla madre, dopo aver inizialmente deciso di restare a vivere lì, fanno marcia indietro, e nel bel mezzo di una cena, si presentano, per niente emozionati della nuova arrivata.
Più di tutti, Easton Parker, soprannominato lo "Spezzacuori" non sopporta Red, anzi, la detesta. Eppure, nonostante l'odio reciproco, e le battute sarcastiche, man mano che il tempo passa i due sembrano avvicinarsi sempre di più. Easton soprattutto, dovrà ricredersi, quando incomincerà a provare sentimenti contrastanti verso Red. Sentimenti che lo "Spezzacuori" non ha mai provato per nessuno. Ma Red è sicura, non sarà l'ennesima vittima di Easton.
Presente anche su Wattpad. #StrongerH
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Scolastico
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Capitolo uno: Tripla E

 

«Smettila di lamentarti Red.» urla mia madre dalla cucina, mentre chiude i restanti scatoloni. Automaticamente alzo gli occhi al cielo.

«Mi spieghi perché sono costretta a fare questa cosa?» urlo a mia volta. Prendo il laptop e lo ficco nello zaino. Oggi è il giorno più brutto della mia vita, signore e signori. E voi sarete spettatori della mia disfatta. 

«Te l'ho già spiegato, io e Craig ci amiamo, e abbiamo deciso di fare il grande passo.»

«Okay madre, lo accetto. Ma non sono io ad amare Craig, sei tu. Perché devo venire pure io a vivere con voi?» alzo gli occhi al cielo, okay lo ammetto. Forse sono un po' esagerata, e forse il mio alzare gli occhi al cielo è un tic nervoso. Craig è il nuovo compagno di mia madre, stanno assieme da circa sei mesi, e soltanto due settimane fa hanno deciso di convivere. Craig è abbastanza simpatico, forse un po' lineare. È un avvocato, e la prima parola che mi verrebbe per definirlo è “barboso”. È il classico uomo da giacca e cravatta, pieno di soldi e monotono. Totalmente il contrario di mia madre, spirito libero e appariscente. Così tanto appariscente da aver avuto la brillante idea di chiamarmi Red. Sono agli antipodi, e questo mi scombussola un po'. Non odio Craig, per carità, se rende felice la mamma non è mio nemico, ma non impazzisco all'idea di dover convivere con lui in una nuova casa. «Perché ovunque io vada, tu vieni con me.» conclude mia madre.

«Continuerò ad appormi, madre.» sibilo, ma lei coglie anche solo il minimo accenno della frase, come se avesse dei ripetitori attaccati alle orecchie e mi urla un «Smettila, Red, e preparati. Abbiamo un treno per Los Angeles da prendere.»

 

 

Arrivate nell'enorme casa di Craig mi sento più a disagio che mai. È tutto così pulito, ordinato, la casa rispecchia esattamente il suo padrone. È tutto di un bianco quasi nauseante e molti dei muri in realtà sono stati abbattuti per creare un open space lussuoso ed elegante. Esattamente tutto il contrario della nostra vecchia casa a Ventura. In confronto a questa poteva considerarsi una vera e propria bettola. «Spero ti piaccia, Red.» si rivolge a me, dato che mia madre è stata più di una volta qui. Sorride e corre ad abbracciare mia madre. «Sono felice di essere qui.» gli sussurra lei, e lui le scocca un sonoro bacio sulla guancia. Gli sussurra qualcosa all'orecchio «Oh sì caro, a tempo debito.» risponde lei. Mi acciglio per così tanta segretezza, ma mia madre mi sorride, e io faccio finta di nulla. È il suo giorno, lei è radiosa nel suo vestito di lino bianco smanicato e i suoi sandali. I capelli biondo rame sono raccolti in uno chignon disordinato, ma è bella da mozzare il fiato. Da lei non ho preso praticamente nulla, a parte gli occhi verdi. Sin da quand’ero uno scricciolo chiunque mi ripeteva che assomigliavo assurdamente a mio padre, e il mio naso all’insù, i capelli bruni e il sorriso ne erano la dimostrazione. Dopo la morte di papà, a volte sorprendevo la mamma a guardarmi assolta nei suoi pensieri, dopo averle chiesto il perché mi spiegò che ogni volta che posava lo sguardo su di me, era come se guardasse lui. Piansi una notte intera per quell’affermazione. Non passa giorno in cui io non senta la mancanza di mio padre, delle sue barzellette imbarazzanti, del suo modo di camminare da bradipo appena sveglio la mattina. Della sua irascibilità dovuta alla mancanza di caffè. Sono passati sette lunghi anni ormai, e la bambina di un tempo non c’è più, ma i miei ricordi con lui sono un pilastro fondamentale della mia esistenza. Non sarà mai più come prima, come quando c’era lui, e nessuno potrà mai prendere il suo posto nel mio cuore. È per questo che mamma ha aspettato quattro mesi prima di presentarmi Craig. Credeva che non l’avrei accettato. Non potrei mai essere così egoista da negarle di essere felice di nuovo, se lo merita, dopo tutti gli anni che ha passato da sola a pensare solo ed esclusivamente a me, ma ho chiarito fin da subito con lei che papà sarebbe sempre rimasto papà, anche se non c’era bisogno di specificarlo. Craig dal canto suo, non ha mai esagerato. Non ha mai preteso nulla da me, ha solo pazientemente aspettato che mi abituassi all’idea di vedere mia madre di nuovo innamorata, e così è stato. 

 

 

Sono nella mia "nuova stanza", e detesto il colore delle pareti. È un rosa antico, con alcuni particolari dipinti in argento, e una parte di me vorrebbe urlare e cavarsi via gli occhi con un cucchiaio. Se è qui che dovrò vivere, mi toccherà ridipingere, perché questo rosa mi fa venire il vomito. Esco dagli scatoloni le diverse foto nelle cornici, due con mio padre, una con mia madre e le restanti con i miei amici, mi conforta l'idea che siano solo ad un ora di macchina da qui. Mi mancherà Ventura, mi mancherà la mia casa, e sto esagerando perché dico che mi mancherà perfino la scuola. Come ultimo esco il quadro che ritrae me e mio padre quando ero piccola, e esco dalla busta il chiodo per poterlo appendere e il piccolo martello da viaggio. Dopo quindici minuti buoni, non sono ancora riuscita a mettere il quadro dritto. In un attacco d'ira, tolgo il quadro di getto, ma senza ricordarmi del chiodo. Parte dell'intonaco cade, lasciando un foro nel muro. 

«Oh cazzo!» urlo, rendendomi conto del buco, per poi portarmi una mano sulla bocca.

«Tutto okay Red?» urla madre dal corridoio. Bene, se adesso entra e vede il buco, mi ucciderà. Faccio un buco veloce poco sopra, e ficco il quadro, storto. Mamma spalanca la porta. 

«Che succede?» chiede guardandosi intorno. Poggio un piede sul pezzettino d'intonaco e mi massaggio la caviglia. «No niente, ho sbattuto.» farfuglio. Si dà un'ultima occhiata intorno, e richiude la porta. Mi butto con un salto sul letto e espiro, ci mancava poco...

 

 

L'ora di cena arriva prima del previsto, e ci ritroviamo io, mamma e Craig intorno ad un tavolo immenso. Una cameriera ci porge un piatto a tesa, con del pollo arrosto e delle patate al forno, e il mio stomaco brontola felice. Sto per infilzare il pollo con la forchetta, quando il campanello suona. Craig sorride e va ad aprire, mentre mia madre farfuglia un «Sono già arrivati?» 

Aspettate, aspettate un momento. Arrivati? Chi?

In meno di un nano secondo, l’enorme e asettica casa si riempie di urla. Craig rientra in sala da pranzo raggiante, e mia madre lo guarda sorridente. Cosa sta succedendo? 

È solo quando dal soggiorno fanno capolino tre teste bionde che mi rendo conto di cosa sta succedendo. I figli di Craig sono qui. I tre figli che avrebbero dovuto non esserci, sono qui. Dentro di me scatta un allarme rosso. Posso sopportare di vivere con Craig e la mamma, ma con loro… oh no. Santo dio, no. Mia madre mi aveva accennato alcune cose su di loro, i loro nomi ad esempio. Evan, Elias e Easton. Poco fissati con la E, comunque. Non sono del tutto pronta a conoscerli, a malapena mi sento a mio agio in camera mia. 

Il più piccolo dei tre, Evan prende posto poco più lontano da me, alla mia destra. Appena si accorge che lo sto guardando diventa rosso e mi fa un cenno con la mano, che ricambio. «Mi chiamo Evan.» dice in un sussurro. «Io sono Red.» gli sorrido. Il piccoletto non è un problema. 

Elias, che ha la mia stessa età, mi scocca un’occhiata che non riesco a decifrare, e si siede alla mia sinistra, ma non mi saluta, né si presenta. 

«Sei seduta al mio posto.» una voce roca gracchia dietro di me. Mi volto impercettibilmente a guardare da chi provenga e per un momento la mia vista si annebbia. Okay Red, sii onesta con te stessa, lui è il ragazzo più figo che tu abbia mai visto nella tua intera esistenza. I capelli mossi e biondissimi sono scompigliati,  portati più lunghi e gli coprono la fronte mentre alcuni ciuffi finiscono ribelli sugli occhi. Le labbra sono carnose e arricciate in una smorfia. E gli occhi… beh, quelli sono un problema. Sono di un colore indefinito, a guardarli meglio sono… grigi?! 

«Non penso sia un problema, Easton.» borbotta Craig dal suo posto al capotavola. 

«Per me è un problema.» sentenzia Easton, sfacciato. 

Okay questa non è casa mia, e io già mi sento a disagio dentro la mia stanza, figurarsi se sono seduta nel posto sbagliato. 

«Non c’è problema Craig, mi sposto.» annuisco, alzando e prendendo il mio piatto con annessa argenteria. 

«Già Craig, per lei non è un problema spostarsi.» mi fa il verso Easton, e io alzo gli occhi al cielo. Lancio un’occhiata accusatoria a mia madre, che mi fa un sorriso più falso del Made In China e istantaneamente abbassa lo sguardo. Lei lo sapeva! 

Poggio il piatto nel mio posto, ma sono troppo stizzita per mangiare. «Se non vi dispiace, vado in camera mia, non ho fame.» 

Mia madre rialza gli occhi, e noto la delusione con cui mi guarda. Sperava che stasera andasse bene, sperava che mi comportassi bene e che la prima cena da “famigliola felice” ci avrebbe uniti. Sei fuori strada, donna. Craig vorrebbe dire qualcosa, resta con la bocca spalancata come un pesce, senza però proferire parola. Mi allontano e sento la voce di Easton dire «Certo, sentiremo sicuramente la tua mancanza.» 

La battutina inutile fa ridacchiare Elias, bene, il mio unico alleato è Evan, e ha dodici anni. Fantastico. Sono spacciata.

   
 
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