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Autore: JAPAN_LOVER    04/06/2018    2 recensioni
Misa fece spallucce e, inarcando maliziosamente un sopracciglio, punzecchiò il ragazzo rachitico che le era affianco:
“Non sarai mica gay, Ryuzaki?”
“No, Misa – rispose lui, con la solita voce priva di emozioni – non sono affatto gay!”
“Allora dimostramelo – lo incalzò, con tono di sfida – baciami!”



Sospettata di essere il secondo Kira, Misa era tenuta sotto stretta sorveglianza al Quartier generale. Questo, in fondo, le stava bene perché avere accanto un Light che sembrava non volerne sapere niente di lei, era più facile da riconquistare.
Se è vero che le migliori armi di seduzioni per una donna sono la bellezza e la gelosia, lei su queste cose era sicurissima di poter contare.

L era il più grande detective del mondo impegnato sul caso Kira. Lucido, freddo, razionale, era disposto a ricorre a ogni mezzo pur di catturare il suo nemico. Figuriamoci se si fosse fatto scrupoli ad approfittare di un’ingenua e innamoratissima modella, per raggiungere i suoi scopi.

Uniti da un tacito accordo, chi per primo tra i due verrá meno al patto?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Light/Raito, Misa Amane
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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TORTURA


Giorno 1
Dopo aver informato Light della cattura di Misa Amane in quanto sospettata di essere il secondo kira, L era tornato nella sua camera d’albergo. Lì, fu raggiunto dal signor Yagami, Aizawa e Matsuda.
“Missione compiuta!” esordì il giovane Matsuda.
“Ryuzaki, è andato tutto come previsto!” affermò il sovrintendente.
“Molto bene!” rispose atono L.
Il detective si rannicchiò comodamente sulla poltrona e accese il il computer, per mettersi in contatto con Watari. Quindi, sullo schermo completamente bianco, apparve una 'W' a carattere nero in stile old english.L’anziano signore aveva preso in custodia Misa e l’aveva portata in un luogo riservato, per sottoporla a quello che si sarebbe rivelato un lungo ed estenuante interrogatorio.
“Watari, la ragazza ha parlato?” domandò il detective, portandosi il microfono vicino alla bocca.
“No, da quando ha ripreso conoscenza non ha detto una parola – rispose Watari – neanche per lamentarsi di essere stata legata!”
“Capisco – rispose L, con tono privo di emozione – mandaci le immagini e il sonoro!”
“Sicuro?” domandò l’anziano signore, con un po’ di esitazione.
Probabilmente, la scena avrebbe turbato molto i poliziotti con cui stavano collaborando. L avrebbe potuto avere grane, per questo.
“Si. Sbrigati!” rispose perentorio, il giovane detective.
Senza che L premesse alcun tasto, sullo schermo del computer comparve l’immagine straziante di una giovane donna bendata, avvolta in un saio logoro e assicurata ad una lastra di metallo con dolorose e rigide fibbie di cuoio. Inoltre, i piedi erano immobilizzati alla lastra con anelli metallici.
Priva di ogni libertà di movimento, la ragazza bionda era visibilmente spaventata.
Come previsto, i poliziotti trasalirono inorriditi.
“M…ma Ryuzaki! – sussultò il sovrintendente, sconvolto – c…che cosa?”
“E’ troppo per una ragazza di vent’anni!” esclamò Aizawa.
“E’ una precauzione inevitabile – rispose impassibile il detective – l’ho arrestata con l’accusa di essere il secondo Kira, mi sembra ovvio!”
“C…certo – osservò Yagami, esitante – nel suo appartamento abbiamo trovato tracce che non lasciano dubbi sul fatto che lei sia il secondo Kira. Però…”
“Esatto! Quindi non ci sono dubbi! – lo incalzò L –ora non ci resta che scoprire come riesce ad uccidere, se conosce Kira e, in tal caso, qual è la sua vera identità! Dobbiamo farla confessare!”
Il detective premette un pulsante per attivare il microfono.
“Misa Amane, mi senti?” le parole di L giungevano robotiche alle orecchie di Misa.
Lei non rispose.
“Confessa, sei tu il secondo Kira!” disse quella voce con più insistenza.
Misa vedeva tutto nero, probabilmente per quel tessuto freddo e liscio che le era stato posto sugli occhi. Terribilmente spaventata, si impose di non parlare. Se davvero era stata catturata dalla polizia, qualsiasi parola fossero riusciti a scucirle, sarebbe stata usata contro di lei – o peggio ancora – contro di Light.
Il silenzio era, senz’altro, tutto ciò che doveva a Light e a sé stessa, per la sua incolumità.
“Guarda che se ti ostini a non parlare sarà peggio!” le disse L.
Ancora silenzio.
Così il detective fu costretto a rivolgersi al suo tutore:
“Watari, procedi. Prendi tutte le dovute precauzioni, ma mi raccomando non andare troppo per il sottile. Devi farla parlare!”
“Sì, subito!” rispose prontamente l’anziano.
A quelle parole, i poliziotti deglutirono ed L interruppe il collegamento. Qualsiasi mezzo Watari avesse ritenuto opportuno usare, era meglio che Yagami e i suoi uomini non ne fossero al corrente.

GIORNO 4
Misa era rinchiusa da appena quattro giorni, ma aveva già perso la cognizione del tempo.
Quelle giornate erano state scandite da dolori lancinanti e da una serie di domande, alle quali caparbiamente non dava risposta. Chiunque la stesse torturando doveva essere una persona abbastanza anziana con un forte accento inglese. Il suo tono di voce non era affatto minaccioso, anzi, era calmo e pacato. A tratti, le sue domande sembrano quasi suppliche. Quell’uomo sembrava gentile, salvo poi infliggerle dolorose torture. Tuttavia, lei non accennava a vuotare il sacco.
Quella sera, trovatosi solo nella camera d’albergo, L decise di raggiungere Watari.
L’anziano signore si stupì molto della visita del suo protetto.
Si trovavano nei sotterranei dell’enorme edificio a 23 piani che, a breve, sarebbe diventato il nuovo quartier generale della divisione anti-Kira.
“Ryuzaki, non mi aspettavo di vederti qui!” esclamò benevolo Watari.
Il giovane detective, affondando le mani nelle tasche, avanzò lentamente nella stanza.
L’anziano signore era davanti a un tavolo, sul quale erano stati disposti ordinatamente tutti gli strumenti di tortura del loro armamentario. Invece, la prigioniera era immobile, legata saldamente alla lastra metallica.
L si avvide che Misa, con il capo reclinato appena verso destra, non dava segni di vita. La sua carnagione rosea era diventata incredibilmente pallida. Le sue labbra, sempre piegate in un sorriso vitale, adesso erano distese in un’espressione piuttosto cupa. Della Misa che aveva conosciuta al campus dell’università, L riconosceva a mala pena i graziosi codini dorati, che saldamente avevano resistito al sonno, alla veglia e alle strazianti punizioni corporali.
“Sta dormendo?” domandò il ragazzo dai capelli corvini tutti disordinati.
“No, è svenuta poco fa!” rispose Watari, esibendo le pinze che aveva utilizzato e che, in quel momento, stava disinfettando con cotone intriso d’alcool.
Il detective non si scompose e si limitò ad annuire.
“Capisco – disse con voce priva di emozioni – dunque, continua a non parlare!”
“Già, ma parlerà – gli assicurò il tutore – ormai la poveretta è arrivata al limite!”
Watari aveva cominciato a lucidare uno schiacciadita di ferro, che avrebbe utilizzato il giorno successivo contro la prigioniera, se questa ancora una volta non avesse acconsentito a collaborare.
“Come hanno reagito il signor Yagami e i suoi uomini?” domandò placidamente il tutore.
“Ti lascio immaginare – rispose L, con un sorriso divertito – in Giappone non sono abituati a certi metodi, li trovano immorali!”
“Eppure tutte le organizzazione governative adottano questi sistemi, quando necessario!” osservò Watari, con una certa perplessità.
“Giusto…” rispose il ragazzo, osservando distrattamente quegli arnesi che non poche volte avevano utilizzato contro dei prigionieri.
Sul tavolo erano disposti i più svariati strumenti di dolore antichi e moderni, come ad esempio fruste, pinze, cesoie, bastoni elettrici. Con il dito, L percorse lentamente ciascuno di essi, finché non si soffermò su un utensile metallico che ben conosceva.
Il detective deglutì.
“Te lo ricordi? – domandò Watari – quello lo comprasti come souvenir alla mostra medievale a Londra, quando avevi 13 anni!”
“Sì, me lo ricordo!” rispose.
L afferrò la pera. Il nome deriva dalla forma del frutto ed era uno degli strumenti di sevizie più terribili, utilizzati in Occidente durante il medioevo. Il detective girò la leva che governava una vite, posta alla parte terminale, e automaticamente la pera si spalancò in tre segmenti acuminati.
Con sgomento, L deglutì e richiuse l'ingranaggio. Quell'affare, fatto apposta per essere infilato nelle cavità più delicate, rischiava di lederle irrimediabilmente.
“Non credo che Amane resisterà a lungo – continuò a dire l’anziano signore, passando a lucidare altri utensili, tutto indaffarato nel suo lavoro – spero che tu riesca a tenere a bada quei poliziotti. Sarebbe un vero peccato se ci fermassimo proprio adesso che abbiamo tra le mani il secondo Kira!”
“Già, lo penso anche io!” rispose L, infilandosi furtivamente quell’oggetto di ferro nella tasca posteriore dei jeans.
In quel momento, Misa mosse la testa con un movimento quasi impercettibile. Si era svegliata o quanto meno stava per farlo. Difficile dirlo, dato che aveva gli occhi completamente bendati visto che il secondo Kira era in grado di uccidere conoscendo solo il volto delle vittime.
La ragazza iniziò a respirare affannosamente. Adesso si era decisamente svegliata.
“Allora, vado!” disse il detective.
Poteva andare, visto che si era assicurato dello stato di salute della prigioniera.
Una volta che il giovane detective giunse alla porta, Watari notò sporgere dalla tasca del ragazzo un oggetto tondeggiante. Facile capire di cosa si trattasse.
“Ryuzaki, qull'affare te lo porti via come ricordo?” domandò l’anziano.
L si fermò e spalancò occhi per un attimo. Certo che nascondere qualcosa a Watari era quasi impossibile Il ragazzo si voltò verso il suo tutore e, estraendo la pera di ferro dalla tasca, l’agitò con noncuranza.
“Esatto! – rispose lui impassibile – è un ricordo. Pensavo di tenerlo fra le mie cose!”
L’uomo annuì placidamente. Per qualche attimo, i loro sguardi inespressivi si incrociarono e, di solito, quando questo avveniva, era come se il mentore riuscisse a scrutare nell’animo del suo protetto, e viceversa. Come se, più che uno scambio di sguardi, si trattasse di una comunione di anime. Se c’era una persona al mondo con la quale L si trova in perfetta sintonia, quella era Watari.
"Lo sai che non l’avrei mai usata su di lei, vero?” domandò l’anziano.
“Naturalmente! – scandì L, simulando più che poté un tono di ovvietà – buonanotte, Watari!”
“Buonanotte, L!” rispose il tutore, sopprimendo un sorriso compiaciuto.
***
***
***
CIAOO!
SPERO CHE QUESTO CAPITOLO VI SIA PIACIUTO, PERCHE’ FINALMENTE MI RITENGO SODDISFATTA.
NON CREDO CHE LE ORGANIZZAZIONI GOVERNATIVE DEI PAESI CIVILIZZATI USINO TORTURE (ANZI, SPERO PROPRIO DI NO). PERO’ NELL’UNIVERSO DI DEATH NOTE E’ UNA PRASSI …QUINDI PERDONATEMI L’INESATTEZZA :’D
COSA NE PENSATE DI L? VOLEVA DAVVERO PORTARSI QUEL SIMPATICO OGGETTO COME SOUVENIR? :P
VI RINGRAZIO COME SEMPRE!!
A PRESTO : ) : ) : )
JAPAN_LOVER < 3
   
 
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