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Autore: sasaneki    04/06/2018    1 recensioni
Lo aveva sempre trovato bello, in qualche modo. Pervertito, certo, un idiota che pensava per tre quarti del tempo al sesso e alle belle donne – a lei –, ma era innegabile il suo bell’aspetto. Tsunade si era sempre ben guardata dal farglielo presente, onde evitare scocciature e non dargli false speranze. Anche se lui non demordeva. Mai.
JIRATSU | CANONVERSE
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jiraya, Tsunade | Coppie: Jiraya/Tsunade
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Not today


 
Era trascorso quasi un anno dalla fine della guerra che le aveva portato via Dan. Un anno in cui aveva inevitabilmente intrapreso un processo di autodistruzione che le aveva fatto perdere se stessa, trasformandola radicalmente in un’altra persona.
Da quel tragico momento si era sentita così svuotata. Ogni sua certezza era crollata, ogni suo sogno, ogni sua speranza si era tramutata in cenere e lei non aveva potuto fare niente se non assistere alla sua disfatta, inizialmente troppo incapace di reagire, come se un torpore si fosse impossessato del suo corpo e della sua mente.
Aveva cercato di riempire quella voragine in modi piuttosto discutibili, portando la gente a stentare a credere che quella fosse davvero la stessa kunoichi facente parte dei sannin. Ma a Tsunade i commenti moralisti erano inesorabilmente scivolati addosso.
Dopo quel periodo in cui aveva perso se stessa, ci aveva provato a rimettere insieme i pezzi, a ricostruirsi una vita e un minimo di dignità fra le mura di Konoha, a riprendere col lavoro di medico, ma quel luogo pieno di ricordi e orrori e l’emofobia fuori controllo non glielo avevano permesso. Per quanto il dolore per la perdita di Dan si fosse ormai attenuato, quel villaggio che un tempo considerava come casa sua ormai le stava stretto. Così aveva deciso che avrebbe abbandonato Konoha, nella speranza di lenire i suoi tormenti e risanare il suo animo.
Voleva fuggire? Forse sì. Ma ormai non le interessava più niente, ogni cosa le scivolava addosso, tutto sembrava aver perso di significato.
Aveva deciso che se ne sarebbe andata, lasciandosi ogni cosa alle spalle, senza dire niente a nessuno.
Ingollò l’ennesima tazzina di sakè, mentre avvertì le gote andargli a fuoco e l’alcol bruciarle la gola. Quella sensazione fu in grado di darle quasi sollievo.
Avrebbe dovuto salire in camera. Quella camera un po’ spoglia che aveva affittato per la notte in quella locanda da quattro soldi situata nella periferia sud di Konoha. Ma un sorso tirava l’altro e quindi le risultò difficile se non impossibile alzarsi da quell’angolino del locale.
Nonostante l’ora tarda, vi erano ancora alcuni tavoli occupati: qualche gruppo di tre ninja – probabilmente appena tornati da una missione –, coppie di amici che avevano deciso di concedersi un po’ di divertimento in quel periodo in cui i conflitti fra i paesi esterni sembravano essersi attenuati. E lei… beh, Tsunade aveva deciso di concedersi un’ultima bevuta dopo essere stata in una delle sale giochi del quartiere. L’indomani se ne sarebbe andata con la speranza di lasciarsi Konoha alle spalle. Chissà, magari un giorno sarebbe anche potuta tornare.
I suoi piani di mollare tutto in silenzio vennero rovinati quando la kunoichi riuscì a scorgere all’entrata una zazzera bianca familiare.
Avrebbe potuto riconoscere quei capelli lunghi e candidi tra mille. A facilitarle il compito di riconoscimento di quell’individuo furono due piccole linee rosse che si protraevano verso gli zigomi dalle estremità degli occhi.

Jiraiya si guardò attorno, cercando un posto in cui sedere, ma prima che potesse accomodarsi in uno dei tanti tavolini vuoti, il suo sguardo si posò su una figura a lui fin troppo familiare. Sgranò impercettibilmente gli occhi e abbozzò un sorriso. Della sua solita baldanza non vi era nemmeno l’ombra.
Si avvicinò per prendere posto di fronte alla sua ex compagna di team.
- Che diavolo ci fai qui? – domandò la donna, senza nemmeno lasciare il tempo all’altro di sedersi.
Il ninja si accomodò.
- Gentile come al solito, Tsunade – le fece notare.
Alla kunoichi parve quasi di sentire una nota esasperata nella sua voce. E, ora che lo guardava meglio, poté scorgergli sul volto un’espressione piuttosto stanca, leggermente sciupata. Cercò di sondarlo più a fondo, rimarcando con gli occhi i lineamenti del viso, lo sguardo un po’ spento e fiacco e il profilo duro della mascella, non più quello del ragazzino impertinente di un tempo, ma quello di un uomo che è dovuto crescere troppo in fretta per non farsi annientare dal mondo.
Tsunade lo sapeva bene come funzionavano le cose a quel tempo. Dovevi crescere se non volevi rimanere schiacciato dalle illusioni e dagli orrori che la guerra portava con sé. Lei lo aveva fatto, eppure era rimasta spezzata comunque. E di certo non era la sola.
Anche Jiraiya nel corso della sua vita aveva perso i propri genitori in guerra, così come aveva visto perire diversi compagni. Se c’era qualcuno che poteva capirla, quello era sicuramente lui. Lui che si portava appresso dai tempi dell’accademia e col quale, nonostante tutto, aveva condiviso gran parte della sua vita: le vittorie ma anche le sconfitte, le bevute e i festeggiamenti dopo aver concluso con successo le missioni, le prime sbronze. Lui che l’aveva stretta fra le braccia e si era lasciato inzuppare la divisa dalle sue lacrime quando Nawaki era morto.
Gli occhi nocciola continuarono a scrutarlo.
Lo aveva sempre trovato bello, in qualche modo. Pervertito, certo, un idiota che pensava per tre quarti del tempo al sesso e alle belle donne – a lei –, ma era innegabile il suo bell’aspetto. Tsunade si era sempre ben guardata dal farglielo presente, onde evitare scocciature e non dargli false speranze. Anche se lui non demordeva. Mai. Ormai lo sapevano anche i muri del suo interesse per lei. Non si era mai preoccupato di nasconderlo. Lei non poteva certo dire di essere innamorata di lui, perché per diverso tempo il suo cuore era appartenuto a qualcun altro. Eppure c’era stato un momento, in passato, prima che arrivasse Dan, in cui ci aveva pensato, in cui si era ritrovata a constatare che Jiraiya era un pezzo essenziale della sua vita e con il quale aveva condiviso molto.
Jiraiya le piaceva. Le era sempre piaciuta come persona, perché aveva un cuore grande, forse troppo; perché alla fine dei conti era sempre stato lui a prestarle una spalla su cui reggersi. Non aveva mai realmente capito se il proprio interesse per lui fosse davvero solo pura e genuina amicizia o se dietro ci fosse qualcosa di più romantico. Probabilmente a quel tempo era ancora troppo ingenua per capire. Il che le aveva fatto credere che la sua era stata solo una stupida cotta, qualcosa di acerbo che non sarebbe mai potuto sbocciare. Aveva ignorato quel sentimento ambiguo, relegandolo in un angolo del suo cuore. Ma c’era. Era lì, sopito, anche se lei molto spesso sembrava scordarsene.
Chiamò il cameriere, chiedendogli di portarle un’altra tazzina di sakè, la quale le venne consegnata pochi istanti dopo. Vi versò dentro dell’alcol e lo porse a Jiraiya.
- Stasera offro io – gli disse.
- A cosa devo questo onore? – domandò retorico, quasi incredulo.
Tsunade abbozzò un sorriso, incassando la frecciatina.
- Tsk. Bevi e fammi compagnia.
Jiraiya afferrò la tazzina, puntò gli occhi in quelli di Tsunade e accennò un brindisi silenzioso senza realmente sapere a cosa fosse rivolto.
Tsunade ricambiò il gesto, si portò il sakè alle labbra, mandandolo giù a goccia, e versandosene poi dell’altro.
- Hai finito di fare da balia ai piccoli orfani di guerra? – domandò, umettandosi le labbra, con una punta di cinismo mal celato.
- Ho insegnato loro a cavarsela. Qualcuno doveva pur farlo.
Lei sorrise debolmente.
- È proprio da te farti carico di imprese assurde e impossibili – gli disse guardandolo in volto, lo sguardo leggermente offuscato dall’alcol.
- Può essere – ammise – Ma cosa posso farci se sono un tipo che non si arrende? – domandò, rivolgendole un sorriso, una punta di malizia nel tono di voce.
Kami, sapeva bene come Jiraiya non si arrendesse mai. Soprattutto quando si trattava di lei. Non aveva mollato la presa nemmeno quando lo aveva quasi mandato all’altro mondo nel momento in cui lo aveva beccato a spiarla mentre si faceva un bagno alle terme.
- Non sai mai quando è il momento di mollare la presa, eh? – chiese, mandando poi giù un altro sorso di sakè.
Il sannin la guardò negli occhi, determinato.
- Mh, a dir la verità no.
A Tsunade iniziò a girare leggermente la testa. E per un momento si chiese se la causa di quel capogiro fosse l’alcol o il modo in cui l’altro la stava scrutando. C’era qualcosa di diverso in quello sguardo. Sembrava maledettamente serio, più intenso del solito, forse anche preoccupato.
- Piuttosto… Cosa ci fai qui? – le domandò – Una così bella donna tutta sola in una locanda… –  aggiunse, portando un braccio sullo schienale della sedia e accavallando le gambe, mentre con l’altra mano si portò la tazzina alle labbra.
- Smettila di farmi la paternale – tagliò corto – Non mi sto ubriacando per dimenticare il dolore e scordarmi del mio cuore infranto. Per lo meno… ho smesso di farlo. Ho affrontato la situazione e me ne sono fatta una ragione. Semplicemente avevo voglia di farmi una bevuta.
Nemmeno Tsunade sapeva quanto fosse vera quella frase. In un certo senso sembrava avesse accettato la perdita di Dan, ma Konoha continuava a starle comunque stretta.
Jiraiya la guardò. Non sembrava del tutto convinto. Come se in qualche modo riuscisse a leggerle dentro e a capire che no, non si era completamente scordata di quell’uomo; che, per quando se ne fosse fatta una ragione, in certi momenti in cui si ritrovava sola a pensare faceva ancora un po’ male. Jiraiya sembrava saperlo davvero e lei lo odiava ma al contempo amava quel lato di lui. Quella straordinaria capacità che aveva di leggerle dentro. Perché, nonostante tutto, era ormai l’unica persona che la conosceva davvero. E lei gli era infinitamente grata per tutto.
- Però hai deciso comunque di lasciare il villaggio – le fece presente, rilassandosi sullo schienale della sedia e distendendo le gambe.
Tsunade non si chiese nemmeno come facesse a saperlo.
- E allora? Ho deciso di concedermi un viaggio visti tutti i sacrifici fatti nella vita. Avrò pur il diritto di svagarmi un po’ – rispose, imbronciando leggermente il viso.
Continuarono a bere e a conversare. Rimembrarono il loro passato, quando erano ancora dei chunin inesperti e Jiraiya le raccontò di quel periodo trascorso assieme ai tre orfani.
- Toglimi una curiosità – esordì poi il sannin, bevendo l’ennesimo sorso – Fra me e te avrebbe mai potuto funzionare?
Tsunade sentì le proprie guance imporporarsi - e non certo per l’alcol - e distolse lo sguardo.
Era sempre così diretto da mettere in difficoltà persino lei.
- Chissà. Può darsi. Non è da escludere visto che… – disse a bassa voce, interrompendo la frase a metà.
Probabilmente era il sakè a farla parlare, perché altrimenti avrebbe continuato a tenere per sé quella considerazione. Come aveva sempre fatto da quando era una ragazzina.
Jiraiya le lanciò un’occhiata incuriosita da sopra la tazzina e rizzò le orecchie sperando che continuasse quel discorso.
- Visto che…? – incalzò l’uomo.
- Tsk. Lascia perdere – tagliò corto – Sarà meglio che salga in camera.
Si alzò in piedi, forse troppo velocemente, perché l’ennesimo capogiro le appannò leggermente la vista, costringendola ad appoggiarsi al tavolo.
- Noto che continui a non reggere molto l’alcol – le fece notare sorridendo – Vieni, ti accompagno – le disse, facendosi passare un suo braccio attorno al collo e afferrandole il polso.
- Non sono così ubriaca – specificò.
- D’accordo, ma vorrei evitare di vederti cadere per le scale.
 

Jiraiya infilò la chiave nella toppa e aprì la porta della camera, mentre Tsunade si reggeva a lui circondandogli con un braccio le spalle larghe.
Forse era vero che aveva bevuto troppo. La testa le girava, le gote le andavano a fuoco e la pelle scottava.
Entrarono in camera, senza nemmeno accendere la luce, e il ninja si richiuse la porta alle spalle.
Tsunade si sentì avvolgere il fianco dalla mano di Jiraiya e per qualche assurdo motivo avvertì un brivido percorrerle la schiena. Riuscì a sentirlo nonostante i sensi attutiti dall’alcol. E non seppe nemmeno spiegarsi il perché di quella reazione, considerato che non era la prima volta che il suo compagno la sorreggeva a quel modo. Forse era colpa del sakè. O forse quel tocco le aveva suscitato quel fremito perché non si era mai davvero soffermata troppo sulla sensazione che la mano grande e calda di Jiraiya le dava quando si posava sul suo fianco morbido.
Inciampò sui propri piedi e si sentì stringere il polso da Jiraiya, che le evitò una caduta. Ma nello strattonarla appena, Tsunade si ritrovò il viso ad un palmo dal petto dell’altro, fasciato dalla maglietta reticolata. Il suo odore le investì inaspettatamente le narici, stordendola più di quanto non avesse fatto il sakè, provocandole un cortocircuito nella mente.
Quante volte era stata affianco a lui? Aveva sempre avuto un odore così buono, virile e… familiare? Tsunade in quel momento non ne aveva la minima idea, sapeva solo che quella fragranza naturale, per quanto le stesse dando alla testa, non le dava minimamente fastidio, né tanto meno la trovò estranea. E, forse per la prima volta dopo tanto tempo, sentì il cuore molto più leggero.
- Scusa – mormorò Jiraiya, cercando di rimetterla in piedi per condurla a letto – Certo che hai bevuto più del solito.
Tsunade lo ignorò totalmente.
Raggiunsero barcollando il letto, ma prima che l’altro potesse adagiarla sul materasso, la kunoichi inscenò una caduta, stringendo la maglia di Jiraiya e costringendolo a sedersi a terra.
Il sannin si ritrovò con la schiena premuta contro il legno e Tsunade seduta cavalcioni su di lui. Ma ciò che gli fece mozzare il respiro in gola furono le labbra della donna ad un soffio dalle proprie, sentire il suo fiato caldo solleticargli la bocca e una mano sottile sulla nuca, arpionata ai suoi capelli.
A Jiraiya sarebbe bastato un impercettibile movimento per baciarla, per prendersi quelle labbra come se fosse l’ultimo pezzo di carne rimasto. Eppure non azzardò a muoversi.
La penombra della stanza gli permetteva a stendo di scorgere i lineamenti di Tsunade. Non riusciva nemmeno a vederla negli occhi, sentiva solo la mano saldamente ancorata sui suoi capelli e quella bocca rosea pericolosamente vicina alla propria.
Kami, per quanto tempo aveva bramato un momento del genere? Eppure, non appena Tsunade lo aveva fatto capitolare a terra, le sue mani avevano immediatamente abbandonato i suoi fianchi. Le aveva ritratte come se si fosse scottato col fuoco.
Avvertì l’altra mano di Tsunade posarsi sul suo petto, il suono del suo respiro rimbombargli nelle orecchie, il suo odore invadergli le narici e la sua bocca indugiare ad un soffio dalla propria, sfiorarla impercettibilmente.
In altre circostanze non ci avrebbe pensato due volte a stringergli i fianchi e a baciarla senza ritegno. Ma, in quel momento, chi le stava seduta sulle gambe, non era solo la sua più cara amica per la quale aveva un interesse romantico da tempi immemori, ma la sua più cara amica, ubriaca e con le idee piuttosto confuse, per la quale aveva un interesse romantico da tempi immemori.
Non osò muoversi.
- Dovresti andare a dormire e smaltire la sbronza – mormorò rocamente, cercando di usare quanto più possibile un tono piatto e sforzandosi di risultare distaccato. Ma il suo tentativo sembrò fallire miseramente perché la kunoichi aumentò la stretta sui suoi capelli, inspirò sonoramente e mosse impercettibilmente il bacino in avanti.
Jiraiya avrebbe voluto non provarlo quel brivido lungo la schiena nel momento in cui Tsunade si strusciò appena su di lui e lasciò aderire leggermente i seni contro il proprio petto. Avrebbe voluto non ritrovarsi con una mezza erezione fra le gambe. Avrebbe voluto non provare quella scossa di piacere perché, in quel momento, si sentiva in colpa a provare quell’eccitazione pur sapendo le condizioni fisiche e psicologiche dell’altra.
- In questo momento l’ultima cosa che voglio è andare a dormire – rispose, sfiorandogli la punta del naso con la propria.
- Sei ubriaca e confusa. Non sei in te – cercò di fargli notare, nonostante sentisse la propria forza di volontà venir meno ad ogni parola, ad ogni respiro di Tsunade che si schiantava sulle proprie labbra.
- Puoi forse dire che sono ubriaca, ma non confusa – rispose decisa.
Jiraiya non fece nemmeno in tempo a ribattere perché Tsunade premette con urgenza le labbra contro le sue. Le sentì schiudersi lentamente e poi avvertì la sua lingua farsi strada e insinuarsi nella sua bocca e accarezzare la sua gemella.
Portò involontariamente le mani sui suoi fianchi, stringendoli saldamente, come se fosse stato attratto irrimediabilmente da quel corpo. Drizzò la schiena e, senza nemmeno rendersene conto, si ritrovò a rispondere a quel bacio con urgenza. Divorò le sue labbra come se non avesse aspettato altro per tutti quegli anni; lambì voracemente la sua lingua, senza nemmeno preoccuparsi di prendere fiato, e assaporò con le proprie labbra la consistenza morbida di quelle dell’altra. Si sentì stringere i capelli, avvertì un sospiro di Tsunade morire nella sua gola. Sentì nuovamente la sua femminilità strusciare sul suo basso ventre ormai del tutto eccitato, le sue cosce morbide stringersi attorno al suo bacino. E lui non poté fare a meno di spingere quei fianchi sinuosi verso di sé, seguendo i suoi movimenti lenti con le mani.
Tsunade era sempre stato un tipo che non cedeva facilmente il controllo. Jiraiya lo aveva sempre saputo e aveva sempre immaginato che anche in quelle circostanze non abbandonasse la sua indole. Non gli dava un attimo di tregua, era come se volesse sopraffarlo.
Eppure lui continuò a tenerle testa, divorandole le labbra, intrecciando la propria lingua con la sua, lasciando che quelle sensazioni gli annebbiassero la mente.
Si lasciò sfuggire un ansito roco quando la mano della kunoichi scese lentamente dal petto fino all’orlo dei suoi pantaloni.
L’ennesimo brivido gli percorse con prepotenza la spina dorsale quando avvertì le dita sottili di Tsunade infilarsi impudenti sotto il tessuto dei pantaloni, sotto quello dei boxer, sfiorargli i peli del pube e poi circondargli la base dell’erezione. Un ansito roco gli sfuggì dalle labbra nell’istante in cui Tsunade cominciò a vezzeggiargli la virilità.
Dovette fare uno sforzo immane per abbandonare il fianco della kunoichi e afferrarle il polso per arrestare i suoi movimenti e costringerla a sfilare la mano.
Si staccò dalle sue labbra, riprendendo aria, mentre sentiva ancora il sapore di quella donna nella propria bocca.
- Kami! Sai meglio di me quanto mi piacerebbe, Tsunade – mormorò a fior di labbra, con voce roca e ansante – Ma non posso.
- Ti prego, sta’ zitto, Jiraiya – lo ammonì, tentando di riappropriarsi delle sue labbra. Ma il ninja frappose una mano fra le loro bocche.
- Spiegami cosa stai facendo – disse stizzita, togliendosi la sua mano dalla bocca.
- Sto evitando di farti fare qualcosa per cui domattina potresti pentirti – rispose.
- Sono certa di non pentirmene – ribatté, maledettamente seria.
- Allora vorrei che mentre mi baci pensassi solo a me… non anche ad un altro uomo. Perdonami, ma sono troppo egoista per condividere il tuo cuore con qualcun altro, Tsunade.
- Tsk. E con chi dovresti condividerlo, sentiamo? Dan è morto. Andato. Come metà della gente che amavo – sputò, rendendosi conto che, probabilmente, certe ferite non si erano ancora del tutto rimarginate – Ma ormai non mi importa. Sono stanca di rimpiangere il passato. Tu almeno sei ancora qui – disse, in un soffio, stringendo la stoffa della maglia reticolata.
- Non è vero che non ti interessa.
- E tu che ne sai, Jiraiya, eh? – domandò aspramente, gli occhi ormai umidi.
- Lo so perché credo di conoscerti abbastanza bene. E so che se davvero non ti importasse più, non ti saresti ridotta così, non parleresti in questo modo e, soprattutto, non mi avresti usato come palliativo. Io non sono lui, né tanto meno un suo sostituto.
- Credi davvero che ti stia usando come suo sostituto?! – domandò, la voce ora colma di risentimento – E poi che ti importa? È quello che vuoi da una vita, no? Ce l’hai proprio sopra di te – aggiunse, piegando le labbra in un sorriso freddo.
Jiraiya non poté scorgere quel ghigno ma avvertì ugualmente il tono aspro e di scherno.
- Mi importa, invece! – rispose duramente, aumentando leggermente la pressione sul polso della kunoichi – Se sono queste le condizioni per averti, preferisco rinunciare.
- Oh, ma che gentiluomo – lo schernì – Sei proprio cambiato, a quanto sembra.
- L’unica ad essere cambiata qui sei tu – le fece notare.
- Ti prego, risparmiatelo, Jiraiya. Ora non venirmi a dire le solite frasi di circostanza. Non sono cambiata. Ho semplicemente aperto gli occhi.
- E allora usali per guardare meglio. Per guardarti. Tsunade, nessuno ti biasima per come ti senti. Per lo meno, non io. Ed è proprio perché ti rispetto che non ho la minima intenzione di farmi usare. Perché non me ne fregherebbe un cazzo se mi usassi per una semplice scopata. Probabilmente lo accetterei. Ma non quando saprei che lo stai facendo per dimenticarti di qualcun altro. So che non te lo perdoneresti… – gli disse – Soprattutto perché se provi davvero qualcosa per me, sai che rovineresti tutto.
Tsunade contrasse la mascella, aprì bocca per ribattere ma ogni singola parola le morì in gola prima ancora che potesse riuscire a formulare una frase.
Capì che, in fondo, Jiraiya aveva esattamente centrato il punto.
Si era comportata come la più grande egoista del mondo, senza rendersi conto che, non soltanto stava ingannando se stessa, ma stava anche approfittandosi di Jiraiya e dei suoi sentimenti. E lui di certo non si meritava un trattamento del genere. Non dopo tutto quello che aveva fatto per lei in tutti quegli anni.
Avvertì la presa sul polso allentarsi e farsi più delicata e solo poco dopo si rese conto di avere ancora una mano di Jiraiya posata sul fianco. Era estremamente calda, delicata; si adattava perfettamente al suo corpo. E la cosa in qualche modo le trasmetteva una strana quanto nuova sensazione di conforto, leggermente diversa da quella che aveva provato in passato ogni volta in cui Jiraiya la sosteneva, stremata dalle missioni. Ma al contempo si sentì anche quasi a disagio, e si diede della stupida, considerato che fino a pochi attimi prima era stata lei a ficcargli la lingua in bocca e una mano nelle mutande.
Diamine, solitamente era lui il pervertito.
Eppure Jiraiya non aveva approfittato della situazione. Certo, aveva continuato a baciarla, ma Tsunade non se la sentiva proprio di incolparlo. Era pur vero che però l’aveva fermata prima che avesse potuto fare qualche stronzata. Come se fosse stato l’unico a conoscerla così bene da sapere come si sarebbe sentita una volta combinato il danno.
Era incredibile come quell’uomo riuscisse sempre a leggerle dentro. A volte meglio di quanto riusciva a fare lei stessa.
Non voleva approfittarsi di lui sperando di scrollarsi di dosso, una volta per tutte, i sentimenti che provava per Dan. Avrebbe voluto baciare Jiraiya a cuor leggero, con la consapevolezza di non starlo facendo per sopperire ad una mancanza. Avrebbe voluto che le circostanze fossero state diverse, perché ormai si era resa conto di provare qualcosa per il sannin, ma probabilmente il suo cuore era ancora troppo instabile.
Si morse il labbro inferiore, mentre il senso di colpa si faceva strada in lei, facendole credere di non meritarsi tutto quello.
- Mi dispiace – mormorò la kunoichi, poggiando la fronte sul petto dell’altro, la voce bassa e carica di rammarico per qualcosa che avrebbe potuto esserci, ma che non poteva ancora nascere perché aveva scelto di presentarsi nel momento sbagliato.
Jiraiya le insinuò delicatamente una mano fra i capelli e poggiò la guancia sul suo capo, lasciando che il suo odore dolce gli invadesse le narici.
- Va bene, Tsunade. Non pretendo che dimentichi tutto. Lo capisco. E non sarebbe nemmeno giusto – disse con tono leggermente più disteso e abbozzando un sorriso comprensivo.
Continuò ad avvolgerla in quello che aveva tutta l’aria di essere un abbraccio, ripensando alle volte in cui in passato l’aveva stretta in quel modo; pensando a quanto gli sarebbe piaciuto andare oltre a quel bacio.
– Abbiamo solo… scelto il momento sbagliato – sussurrò poi, il tono che celava a stento una punta di rammarico.
Ma per quanto Jiraiya potesse dispiacersi per quell’occasione che gli si era presentata, non l’avrebbe mai costretta o forzata in alcun modo. Teneva davvero a lei e la rispettava troppo per poter infischiarsene delle sue ferite non ancora rimarginate. Non aveva la presunzione di prendere il posto di quell’uomo. Né tanto meno di rattopparle il cuore.
Tsunade si morse nuovamente il labbro inferiore. Avvertì il cuore farsi un po’ più leggero e gli occhi le si inumidirono nuovamente. Ma questa volta solo perché si sentì estremamente fortunata, perché la consapevolezza di poter fare affidamento su di lui e trovare conforto fra quelle braccia, nonostante tutto, le faceva esplodere il cuore di una gratitudine immensa.
Avrebbe voluto davvero ricambiare quei sentimenti. In un certo senso ormai si era arresa all’idea di provare qualcosa per lui. Ma si era anche resa conto di essere ancora troppo vulnerabile.
- Sì – mugugnò Tsunade, la fronte ancora poggiata sul suo petto – È solo il momento sbagliato.

 
*


- Quindi hai deciso di partire? – le domandò dinnanzi alle porte di Konoha, mentre le prime luci dell’alba iniziavano a spazzar via la notte.
Jiraiya la scrutò attentamente, lo sguardo fisso su di lei e che mal celava un’ombra di malinconia ma anche di comprensione. Ringraziò mentalmente che Tsunade gli stesso dando le spalle in quel momento e non potesse vederlo.
La kunoichi non si voltò, ma avvertì ugualmente quello sguardo trafiggerle la schiena. Si morse il labbro inferiore e strinse i pugni.
- Sì. Ho capito che per ora non posso rimanere. Era una scelta che avevo già preso e… – si interruppe, leggermente imbarazzata – …beh, diciamo che ieri sera ne ho avuta la conferma.
Jiraiya non disse nulla e continuò a scrutarla. Avrebbe voluto afferrarle un polso, costringerla a voltarsi, divorarle quelle labbra come aveva fatto la notte precedente e darle una buona ragione per restare. Gli sarebbe solo bastato allungare il braccio, però per quanto ci pensasse non ci riusciva e non poteva.
Non sopportava l’idea di vedersela scivolare dalle mani, ma non sopportava nemmeno l’idea di spartirla con qualcun altro.
- Tsunade – la chiamò, facendo un passo verso di lei. Ma prima che potesse anche solo pensare a cosa dirle, la vide voltarsi.
Gli occhi color nocciola riflettevano i primi raggi del sole nonostante un’ombra di tristezza sembrava velare il suo sguardo.
Tsunade azzerò l’esigua distanza fra sé e Jiraiya, sfiorandogli con le labbra l’angolo della bocca. Indugiò qualche istante su quella estremità e poi premette con un po’ più di vigore.
Il ninja sentì quelle labbra morbide carezzargli l’estremità della bocca con incertezza. Le sentì diminuire la pressione e poi aumentarla di nuovo, come se stessero acquistando a poco a poco maggior sicurezza.
Senza realmente rendersene conto, Tsunade aprì ancor di più le labbra, ormai incapace di arrestarsi, fino ad incontrare quelle del sannin, che schiuse le proprie in risposta.
Avvertì la lingua umida e calda della kunoichi insinuarsi lentamente nella propria bocca, carezzare languidamente la sua gemella, mentre una mano di Tsunade si aggrappava al lembo del kimono, stringendolo spasmodicamente, come se avesse avuto paura di lasciarlo andare.
Le posò una mano sul fianco, attirandola di più a sé, mentre con l’altra le circondò delicatamente il collo, poggiando il pollice sullo zigomo. Le leccò lascivamente il labbro inferiore, lo morse appena saggiandone la consistenza morbida, e poi tornò a lambire quella lingua, ricambiando quel bacio dal sapore agrodolce, fino ad udire i sospiri di lei morire nella propria bocca.
Tsunade si staccò da quelle labbra quasi bruscamente, allontanando appena da sé Jiraiya e dandogli nuovamente le spalle.
Il sannin non disse niente. Non protestò né tentò di fermarla. La vide incamminarsi e poi arrestare nuovamente i suoi passi.
- Devo ammetterlo, Jiraiya… non ti facevo un così gentiluomo – disse, voltandosi appena e guardandolo da sopra la spalla, tentando di assumere una nota scherzosa ma senza realmente riuscire a mascherare un tono malinconico.
Poi la kunoichi gli diede definitivamente le spalle e oltrepassò la soglia di Konoha, mentre Jiraiya osservava la sua schiena rimpicciolirsi sempre di più.








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NdA: Salve gente! Parto col dire che è la seconda JiraTsu che scrivo, ma differisce molto dalla prima visto che era una AU ed era una raccolta di sentences. Per cui non so quanto i personaggi possano risultare IC. Spero comunque lo siano. Più che altro ho cercato di renderli coerenti all'interno della storia. Sicuramente differiscono molto da come siamo abituati a vederli, soprattutto Tsunade. Però ho voluto ipotizzare una sua reazione e quindi niente... questo è il risultato.
Specifico inoltre che questa sarà una RACCOLTA DI ONESHOT più o meno indipendenti tra loro. Non so ancora quante, ma penso ne inserirò altre una o due - si spera più tranquille e con del porn, perché anche 'sti due si meritano di scopare un po' - quindi il rating salirà sicuramente.
Credo di non avere altro da aggiungere. Spero che la lettura sia stata di vostro gradimento.
Alla prossima!
   
 
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