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Autore: carachiel    04/06/2018    4 recensioni
E' noto che fare patti con qualsivoglia creatura non umana porta solo che a grandi macelli.
Ma se proprio bisogna aprire il Vaso di Pandora delle recriminazioni, beh...
“Non è attestato quanta energia contenga in totale il corpo umano, ma dalle nostre indagini è venuto alla luce che sarebbero comunque livelli altissimi.”
“Quindi sarebbe possibile?”
“Sì. Il sacrificio volontario permetterebbe in passaggio tra le due energie, essendo esse di matrici opposte. Inoltre, ma credo che tu lo sappia, è necessaria una buona intesa fra donatore e ricevente.”
“…Sulla Terra lo chiamiamo trapianto.”
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Byron Arclight/Tron, Christopher Arclight/ Five, Michael Arclight/ Three, Thomas Arclight/ Four
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'Impulso–verse'
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San Giuda: Fui l’unico a sostenere

“Ma dammi la mano e torna vicino
Può nascere un fiore nel nostro giardino
Che neanche l’inverno potrà mai gelare
Può crescere un fiore da questo mio amore per te”
Rino Gaetano, A mano a mano
 
 
Era ironico, anche dopo tutto quello che aveva fatto, non riuscire a riallacciare la propria famiglia, si ritrovò a pensare V mentre guardava il sole sorgere dalla finestra del soggiorno.
O meglio, immaginando di farlo, dato che la radiosveglia l’aveva informato con voce gracchiante che erano le cinque e trentanove minuti e, di conseguenza, era l’alba. Diamine, non aveva mai apprezzato tanto quanto in quel frangente quel vecchio regalo di Three, quando aveva compiuto diciassette anni.
Loro padre non voleva più vendetta… anche se a conti fatti era difficile stabilire cosa volesse davvero. Non era mai stato facile ad aprirsi, e senza dubbio anche lo scontrarsi con l’aperto astio di Four non ne avrebbe semplificato un possibile chiarimento.
E più che mai, in quel momento le parole “L’ho riportato per voi” suonavano come “Vi odio e per questo vi ho portato una persona che dovete odiare, ma che non vi odia perché non farebbe paura nemmeno a un pezzo di pane.”
A conti fatti una piccola parte di lui pensava ancora che quell’uomo dovesse pagare per tutto il male che aveva causato alla sua famiglia, indipendentemente da Tron.
 
“Ne devo parlare con Three.” si appuntò mentalmente. Suo fratello era l’unico pacato a sufficienza da riuscire a parlarne serenamente. Anche se questo avrebbe comportato riaprire vecchie ferite, non importava.
Tastando le pareti e le superfici riusciva ad orientarsi piuttosto beme, ammise a sé stesso mentre tornava nella propria stanza, prima di svegliare Three.
La radiosveglia lo informò che erano le sette e cinque, quindi poteva svegliarlo.
Tuttavia appena giunto sulla porta si rese conto che non era solo.
“Chi c’è?”
“Io.” mormorò Four in tono secco.
“Lo sai, Four, che ‘io’ non significa niente se non ti vedo?”
“Beh, allora meglio che non ti hanno tolto pure l’udito!”
Five sospirò. Era seccante.
 
“Comunque, che ci fai sveglio?” domandò. Era inusuale che si alzasse di propria iniziativa anche solo per mezzogiorno, figurarsi a quell’ora.
“Non lo so” ammise in tono ruvido “Ma la colazione non è pronta e la pulce, qui, ronfa della grossa, non si sveglia.”
“Cosa?”
“Ti ho detto che non si sveglia.”
Five, allarmato, a tastoni si avvicinò al letto del fratello e e gli tastò il polso. Batteva, per fortuna.
“Raperonzolo…” lo chiamò Four dal bagno adiacente “qui ci sono delle pillole di benzo… benopiadepine?”
“Benzodiazepina” lo corresse seccamente “E’ un ipnoinducente.”
“E allora?”
“Un sonnifero. Non sapevo che Three soffrisse di insonnia, tuttavia…”
“Ha iniziato a soffrirne quando siamo arrivati all’orfanofrofio. Dormiva male, spesso piangeva.”
 
Quelle poche parole, nel suo cuore, furono peggio di una pallottola.
Non sapeva quando aveva iniziato a perdere Four, ma era sufficiente poco per capire che il suo legame con Three fosse infinitamente più forte del proprio, ormai definitivamente compromesso.
Forse era cominciato tutto proprio da quando lui e Thomas avevano smesso di essere migliori amici e Michael l’aveva rimpiazzato.
Ma del resto doveva ammetterlo a sé stesso, lui aveva permesso ciò, di nuovo, quando Tron aveva iniziato la suo opera di manipolazione su Four. Non poteva essere geloso, poteva solo rimproverarsi di non aver fatto qualcosa quando ancora poteva.
 
“Capisco.” commentò piano passandosi la lingua sulle labbra secche “E… Lui?”
“Non lo so. Non ha importanza.”
“Resta con Three, per favore.”
Forse non era indispensabile, ma il suo sesto senso gli comunicava che quell’uomo c’entrava qualcosa.
Trovò rapidamente la porta ed entrò senza bussare, se era ancora così mattiniero come lo era anni prima sapeva che lo avrebbe trovato sveglio.
Il fattore cecità gli risparmiò un commento sullo stato pietoso dell’uomo, che ascoltò distrattamente il suo resoconto sulle condizioni di Three.
La verità era che al termine di esso avrebbe voluto mettersi a piangere, ma non lo fece sia per mantenere quel poco di contegno che gli rimaneva, sia perché conoscendo Five lo avrebbe preso come un’ammissione di colpevolezza, e bastavano già tutte le colpe che, a torto o a ragione, gli aveva affibbiato.
“Non so cosa sia successo ieri sera, ma parlagli. Tu sai che farebbe qualunque cosa per avere la tua approvazione.” gli suggerì Five
“D’accordo.”
 
 Tornando nella stanza di Three lo sentì parlare sottovoce con Four, azzittandosi non appena rientrò.
“Three, cos’è successo ieri sera?” chiese, mentre si sedeva sul suo letto. Ma, a giudicare dai sussurri spezzati, era palesemente a disagio.
“Io, ecco… Insomma…”
“Insomma cosa, pulce??” lo interruppe “Parla!”
“Four…”
“Eh no, Raperonzolo, ora lui parla!”
“Four, ti prego, esci.” pigolò Three accostandosi a Five.
“Ma certo, io esco e voi restate a fare comunella con quell’altro di là!” esclamò il suddetto uscendo, non prima di essersi premurato di aver parlato a voce molto alta.
Five sospirò. Quella con Four era una ferita che prima o poi avrebbe dovuto chiudere.
“Three, ti va di raccontarmi cos’è successo?”
Il suddetto mugugnò un flebile sì, stringendosi a lui.
 
“…E poi mi ha lasciato andare ed è ricaduto indietro. E io sono corso via. Ecco tutto.”
Five ammise a sé stesso che una cosa del genere non era poi così improbabile, visto il complesso gioco psicologico orchestrato da Tron sulle le loro menti.
“Three, ascoltami. Capisco perfettamente cosa possa averti fatto, ma ti chiedo di perdonarlo. Non è semplice, me ne rendo conto” fece una pausa “ma da una parte lui è l’unica persona al mondo che abbiamo.”
Il quindicenne sbuffò “Non puoi capire…”
L’esperienza recentissima e il breve dialogo con Four lo avevano persuaso che quell’uomo aveva qualcosa da nascondere con loro, e non poteva essere nulla di positivo..
E nemmeno le belle parole di Five lo avrebbero convinto del contrario.
Il ventenne scosse la testa e uscì, incrociandosi sulla porta con suo padre che gli strinse una spalla come per dirgli che sarebbe andato tutto bene.
Ed era qualcosa in cui tutti e due cercavano disperatamente di credere.
 
Quando suo padre lo raggiunse in salone, un’ora dopo, Four era già uscito adducendo un impegno improrogabile e di non aspettarlo per pranzo.
“Com’è andata?” chiese Five, seppur immaginando già la risposta.
Suo fratello era solitamente gentile e comprensivo, ma sapeva essere dannatamente terrificante quando era sotto stress.
“Bene, suppongo.”
Five non replicò ma si girò verso di lui come a chiedergli di continuare.
L’uomo tacque per un poco, poi chiese “Chris… Perché eri così determinato a riportarmi indietro?” tacque, passandosi una mano sul viso, per poi riprendere “Mi odiano. Indipendentemente da chi sono o chi sono stato. E come dargli torto…”
“Nothing brings people together more than mutual hatred*” rispose Five filosoficamente
“Odio reciproco… E’ scorretto. Io non vi odio.” replicò, guardandolo di sbieco.
Five scosse la testa “Ma odi quello che ci hai fatto. E prima? Sì, prima… non puoi negare di averci odiato, eravamo solo i tuoi burattini, da sacrificare al momento propizio!” rise, una lunga risata totalmente priva di felicità.
“Chris, per favore…”
“Non penso proprio, carissimo padre. Vedi, sono anni che mi tengo queste parole dentro, pur di passare sempre e solo come il figlio perfetto, sì, come il migliore. E per questo ho invidiato Four, non lo nego, perché almeno lui aveva la forza di rinfacciarti tutta la crudeltà che ci adoperavi! E ora… ora tu sei tornato, cercando di cancellare l’immagine che avevi.” si interruppe schiudendo appena le labbra in un sorriso ironico “Non posso farti sapere che sono vivo… O che sono vuoto dentro. Lo capisci? Io non ho più sogni, né obiettivi, nulla! Ho dato tutto per te. Tutto.
SONO VUOTO, RIESCI A CAPIRLO?”
Tacque, con un sospiro.
Ecco, finalmente la sua diga, il muro dietro cui aveva intrappolato tutti i propri sentimenti, era collassato. Si era macerato dentro, scavando fino in fondo alla propria sopportazione, finchè non era arrivato al limite ultimo.
 
Suo padre rimase taciturno tanto a lungo che gli parve quasi se ne fosse andato. Poi, gentilmente si sedette accanto a lui, in una vicinanza non richiesta, ma comunque accettata.
“Sono comunque felice che tu me l’abbia detto. Ma cosa rimane delle rovine? Chris…  Non posso ricucire le ferite che hai, posso solo dirti che se devi ricominciare devi farlo da te stesso.”
“…Grazie.” mormorò
 
E quel grazie, quel semplice grazie, era abbastanza a ricompensarlo. Non poteva perdonare sé stesso per quello che gli aveva fatto, ma almeno poteva aiutarli a perdonare loro stessi.
 
“Aspetta. Ti riaccompagno in camera” disse, prendendogli la mano e riaccompagnandolo nella propria stanza. Dopo pranzo rimase con lui tutto il pomeriggio, stupendosi di quanto anche un gesto semplice come fargli compagnia o leggere con lui fosse così apprezzato e rimproverandosi di non averlo fatto già molto prima.
Quando la scelta non era dettata dal dover riparare a qualcosa.
 
____________________________________
 
Cenarono in relativa pace, senza urlarsi contro, per la prima volta.
Dopo cena Byron si concesse un po’ di pausa sul divano, accompagnato da una pila di riviste scientifiche.
Quando Four tornò, a notte fonda, lo trovò ancora lì, mezzo addormentato.
Pagò velocemente la ragazza di quella sera e cercò di liquidarla in fretta.
“Thomas…”
Oh merda. Sì Celine, ci vedremo anche domani, c’è quel torneo. Ora ti conviene affrettarti, perdi l’autobus dell’una!” e senza troppe cerimonie sbattè la porta in faccia alla ragazza interdetta.
“Thomas, chi era quella ragazza?” lo incalzò suo padre improvvisamente sveglio.
“Tu che ci fai qui? Mi controlli per caso??”
“Non ha importanza” ribattè secco, per poi avvicinarglisi. “Odori di disperazione. E te lo dico io chi era quella… come l’hai chiamata, Celine? Beh, la vedevo sempre all’angolo.”
“Beh, e allora?” sbuffò irritato da quella ramanzina “Tu non hai il diritto di dirmi alcunchè! Tu legamente sei morto, morto, capisci? Taci!”
“Thomas!” soffiò l’uomo, una mano alzata a minacciarlo
“Che c’è, vuoi schiaffeggiarmi? Provaci! Potrai imbambolare Three con le tue belle parole, pure Five, ma non me! Io non ti crederò mai! Ti odio!”
“Sei sicuro che non sia l’alcol a parlare? Vieni, forza.” lo prese per un polso e lo trascinò in cucina, costringendolo a bere e bere ancora, per reidratarsi.
Una volta evaporati i fumi dell’alcol gli fece ingollare, per precauzione un Maalox.
“Mi sembra esagerato, insomma…”
“Vedrai che domani mi ringrazierai.” Lo interruppe l’uomo, guardandolo di sbieco.
Non poteva dire che quella situazione non gli giungesse inaspettata, del resto anche lui in gioventù aveva alzato un po’ il gomito ma con lui… Dannazione, a volte doveva ricordare a sé stesso che quel ragazzo non aveva più dodici anni, ma ciò non bastava a rassicurarlo.
Ma del resto, stava espiando un peccato ben peggiore.
 
Four docilmente si lasciò condurre in camera, dove ricadde pesantemente sul letto, senza la forza di fare più alcunché.
Ma come diamine faceva a rilassarsi con quell’uomo che lo fissava a qualche metro di distanza?
“Vorrei dormire, grazie.”
“Ed io vorrei che tu smettessi di cacciarti in situazioni così disastrose… Non si può avere tutto dalla vita, non credi?” replicò, la voce che sembrava una lametta da barba ricoperta di miele
“Oh per favore, risparmiami i moralismi… E poi, carissimo, vorrei ricordarti che due volte su tre è stata colpa tua!”
“Abbassa la voce. E’ notte fonda.” replicò secco l’uomo
“Sai una cosa? A me non importa più chi sei stato, o con quale rito hai salvato te stesso e sei tornato…”
“Allora se non ti importa puoi solo che scendere a patti con la mia presenza.” e detto ciò uscì dalla stanza, lasciandolo.
 
 
*Henry Rollins
 
 
 
Angolo Autrice: Per una volta, non ho nulla da dire. Il capitolo è abbastanza auto esplicativo. Il titolo prende spunto da san Giuda, non quello del bacio, ma il suo omonimo, santo patrono delle cause perse.
E nonostante avessi giurato e spergiurato che i capitoli dovevano essere solo tre, credo proprio che non sarà cosi, ma saranno almeno sei. E io intanto sto esaurendo i santi. Aiuto.
Spero che vi piaccia questa fic, e che qualcuno mi fermi dallo scrivere ancora Angst su sti quattro derelitti!
   
 
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