Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: pattydcm    05/06/2018    4 recensioni
Un cucciolo giunge a stravolgere il 221B di Baker Street e le vite dei suoi abitanti. Si scoprirà essere un valido aiutante, tanto capace al punto da aiutare Sherlock e John a salvare una coppia di coniugi e il loro bambino dalla follia di una donna decisa a porre fine alle loro vite.
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Lestrade, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciao a tutti
Il 12 giugno festeggerò il mio primo anno di convivenza con Sherlock. No, non il nostro Sherlock, quello nato dalla fantastica penna di Sir Doyle, né quello trasposto in chiave moderna da Moffatt e Gatiss. Il mio Sherlock, setter inglese di un anno e 4 mesi. Questa One Shot vuole essere un regalo a questo cucciolo che mi ha totalmente stravolto la vita. All’inizio voleva essere una storia brevissima, che si concludeva al primo stacco. Poi, però, ha preso una piega diversa. Ci ho messo dentro qualche spunto da ‘La soluzione sette per cento’ di Meyer, mio mito indiscusso tra gli apocrifi Sherlockiani, soprattutto per gli accenni all’infanzia di Sherlock. Qualcosa di King e persino Harley Quinn. Insomma, la situazione si è fatta interessante e non ho potuto fare a meno di portare avanti l’indagine. Spero vi piaccia.
Ovviamente questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Sir Arthur Conan Doyle e la BBC nella trasposizione realizzata da Steven Moffat e Mark Gatiss. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, ma per il puro piacere di scrivere e di raccontare. Mi farà piacere leggere le vostre recensioni e spero la storia vi piaccia
Buona lettura
Patty
 
Mater misericordiae
 
<< Non se ne parla nemmeno! >>.
<< Certo, non se ne parla perché non serve parlarne: è deciso! >>.
<< Sherlock, vivo anche io in questa casa, non pensi mi spetti dire la mia a tal proposito? >>.
<< Lo penso, sì, e mi aspetto che anche tu sia d’accordo >>.
John porta la mano a coprire gli occhi e cerca di respirare lentamente. Molto lentamente. Così lentamente da sembrare quasi in apnea.
L’ultimo caso li ha tenuti impegnati per un’intera settimana. Settimana nella quale ha dormito poco, mangiato male, urlato tanto e corso come un matto per stare dietro le lunghe gambe instancabili del suo coinquilino. Ha usato molte volte la sua fedele pistola, anche troppe per i suoi gusti, e avrebbe voluto solo poter tornare al 221B, fare una doccia calda e gettarsi nel letto.
Invece, proprio mentre stavano levando le tende, stanchi, sporchi e ammaccati, Sherlock ha drizzato le orecchie ed è partito verso una rigogliosa macchia verde molto simile a tante altre in quella campagna sperduta dove le indagini li hanno portati. John si è mosso nella stessa direzione solo quando ha visto che ci metteva troppo tempo a tornare. Lo ha chiamato più volte senza ricevere risposta e quando lo ha visto sbucare tra l’erba alta a intimargli di smetterla di fare tanto baccano, poco ci è mancato gli saltasse al collo. Quando si è voltato verso di lui la rabbia si è sciolta in sorpresa.
<< Con quella voce imperiosa che ti ritrovi lo spaventi, John >> .
Una cosetta dal colore indecifrabile e occhi grandi tremava avvolta nella sua sciarpa. La stessa che adesso gironzola per il soggiorno scodinzolando.
<< Sherlock, cristo, ragiona! Con i ritmi che abbiamo non possiamo tenere un cane >>.
<< Perché no? Lo addestrerò e ci aiuterà nelle indagini. Un naso di scorta fa sempre comodo, dal momento che il tuo non funziona >>.
<< Anche il suo potrebbe non funzionare, caro il mio segugio >> ribatte acido e stanco. << Non si capisce neppure quale sia il davanti e quale il dietro >>.
<< Davanti c’è il naso e dietro la coda, come puoi non capirlo? E’ così evidente >>.
<< Era un modo di dire, genio >> ringhia facendo guaire il cucciolo che corre a nascondersi tra le gambe di Sherlock, inginocchiato per terra.
<< Vedi? Lo spaventi >> dice il consulente scoccando un’occhiataccia al dottore.
<< Ok. Ok, basta. Ne ho passate troppe questa settimana e voglio solo andare a dormire. Per almeno due giorni dimenticati della mia esistenza. Questo vuol dire che dovrai badare tu, mio caro, alla creatura che hai trovato >>.
<< Pensi non ne sia capace, John? >>.
<< A malapena ti ricordi di badare a te stesso, Sherlock, certo che lo penso! >> dice chiudendosi la porta dell’appartamento alle spalle per salire alla sua stanza. Non ha fatto la doccia, ma al momento non è un problema grave come quello di riuscire a mettere un piede davanti all’altro senza cadere. Getta i vestiti per terra spogliandosi mentre giunge al letto sul quale si butta, addormentandosi ancor prima di toccare il cuscino.
 
Quando John riapre gli occhi la luce del giorno fatto invade la stanza. La schiena gli fa male e la pancia brontola talmente forte da dare l’idea che abbia ingoiato qualcosa di vivo che ora strilla invocando di essere liberato.
Si mette a sedere lentamente e stropiccia il viso. Storce il naso all’odore forte del suo stesso sudore. Il motivo che lo ha indotto ad andare a letto senza passare dalla doccia ha lo stesso effetto di una secchiata d’acqua gelida in pieno viso. Si alza in piedi forse un po’ troppo velocemente e barcollando raggiunge la porta. Scende cauto le scale e posa l’orecchio sul portone restando in ascolto. Nessun rumore. Nessun guaito. Apre cauto la porta e vi fa capolino.
Il salotto è deserto. Anche abbastanza in ordine, se ordine si può definire il caos nel quale è solito aggirarsi Sherlock.
La cucina è come l’ha lasciata il giorno in cui Greg è corso da loro con un faldone carico di indizi sull’incidente ferroviario sul quale si stava rompendo la testa. Dovrebbe, anzi, gettare via qualche ampolla dalla quale provengono odori allucinanti. Il frigo ha persino paura ad aprirlo.
Entra in bagno e libera la vescica. L’unica novità sono gli asciugamani con i quali Sherlock deve aver asciugato il cucciolo dopo averlo lavato, stesi ad asciugare sul termosifone. Mossa già di per sè insolita per lui, che lascia tutto in giro senza badarci.
John porge l’orecchio alla porta del bagno che si collega alla stanza di Sherlock. La apre piano e scorge un cuscino messo per terra con accanto una ciotola d’acqua e un’altra che ha ospitato del cibo ormai consumato. Si arrischia a sbirciare nella penombra illuminata dalle falci di luce che penetrano dalla serranda abbassata. Sherlock dorme sul fianco destro coperto dalla vita in giù dal lenzuolo. Abbandonato contro il suo petto nudo e protetto dal suo abbraccio, il cucciolo dorme beato il sonno dei giusti.
“Figurarsi se non gli permetteva di stare sul letto” pensa scuotendo il capo. Non può però fare a meno di sorridere beato dinanzi a quella scena. Il volto di Sherlock, rapito dal sonno, appare rilassato, ringiovanito, e sembra godere anche lui, come il cucciolo, di quella vicinanza rassicurante. John muove un altro passo e il cane drizza le orecchie. Sherlock si scuote appena senza però svegliarti.
<< Sta buono >> sussurra John e per tutta risposta il cucciolo sguscia dalle braccia del consulente per correre verso di lui.
“Bene, già gli somiglia: fa l’esatto opposto di ciò che gli dico, proprio come lui” pensa John avvicinandosi alla pallottola di pelo che tende verso di lui le zampe. Lo accarezza sorridendo al suo veloce leccargli le mani. Sherlock lo ha lavato con uno dei suoi preziosi shampoo, a giudicare da quanto profuma, e il pelo, nonostante la penombra della stanza, sembra aver assunto un piacevole tono cioccolata. Nonostante il lavaggio, però, la razza continua ad essere sconosciuta.
<< Devi aver avuto una mamma e forse anche una nonna molto allegre, eh? >> sussurra grattandogli le orecchie. Il cucciolo abbaia e lui cerca di zittirlo.
<< Sitz und still[1] >> borbotta Sherlock stropicciando gli occhi. Il cucciolo si ammutolisce e si siede. John lo osserva stupito.
<< Lo hai addestrato? Di già? >>.
<< Cosa credi abbia fatto negli ultimi due giorni? >> dice sbadigliando.
<< Due giorni? >>. John guarda il datario sulla radio sveglia e non riesce a credere di aver dormito così tanto. << Ti sei appena messo a letto, immagino >>.
<< Giusta deduzione. Anche lui sta imparando, vero piccolino? >> dice al cucciolo afferrandogli la coda. Questo gli corre incontro e prende a leccargli il viso come un matto. Sherlock lo lascia fare, opponendo una minima resistenza e ride come un bambino. John non crede ai suoi occhi: un batuffolo di nemmeno un paio di chili domina e sottomette il famoso consulente investigativo. Ride a sua volta sinceramente divertito, sedendosi sul letto.
<< Gli hai dato un nome? >> gli chiede. Il peluche vivente corre nuovamente verso di lui alla ricerca di coccole.
<< No. Volevo un tuo parere >>.
<< Davvero? >> chiede sorpreso.
<< Beh, vivi anche tu qui e, benchè me ne occupi io, un po’ tra i piedi te lo troverai e ho pensato che richiamarlo con un nome che aggrada anche te potrebbe aiutarti a sopportarlo >>.
<< Sherlock, io amo i cani, non ho nulla contro di loro. Dico solo che con la vita che conduciamo vedo difficile poterci prendere cura di lui come merita >>.
<< Basta organizzarsi, John >> dice sbadigliando. Il dottore ridacchia. Organizzato lo ha visto solo quando lavora ai casi e quando sistema i suoi faldoni.
<< Fatti una dormita adesso, stai morendo di sonno. Abbiamo del cibo da dargli? >>.
<< Gli ho comprato delle scatolette, sono nell’ultimo cassetto della cucina. Il guinzaglio, invece, e vicino al violino >>.
John è stupito di tutta questa organizzazione. Sherlock odia fare la spesa, eppure per il botolino senza nome ha dato un calcio alla sua pigrizia.
<< Bisognerà portarlo dal veterinario >>.
<< Già fatto >> borbotta Sherlock. << Ho fatto una rapida ricerca e sono andato da un dottore con un’ottima reputazione. Mi ha dato il vermifugo, che sta facendo un buon lavoro, e ha constatato dovrebbe avere all’incirca due mesi. Sulla razza mi ha detto che sarebbe stato un caso molto interessante per me scoprirla >> ridacchia e John, sempre più stupito, si unisce alla risata. << Sai portare a spasso un cane? >>.
<< Non sapevo bisognasse saperlo fare >>.
<< Va beh, per una volta dovreste sopravvivere entrambi. Poi ti insegnerò alcune cose. Occhio che non mangi schifezze, soprattutto la sua cacca o quella di altri cani. Ricordati che devi raccoglierla, ci sono i sacchetti attaccati al guinzaglio. Stai attento ai cani che incroci, se lo mordono ora che è piccolo potrebbero esserci danni comportamentali a lungo termine >>.
John non riesce a credere alle sue orecchie. Sherlock, il pigro, annoiato, comodo Sherlock gli sta dando lezioni di qualcosa che non comporti indagini e omicidi.
<< Ti piace proprio tanto questo cane, eh? >>.
<< Mi piaci tanto anche tu >> biascica assonnato. John sbatte più volte le palpebre e lo guarda, nuovamente caduto tra le braccia di Morfeo. Una mano tesa verso il cucciolo fermo vicino a lui, l’altra abbandonata sul ventre pallido che si muove al ritmo lento del suo respiro. I ricci neri scarmigliati e il volto rilassato come mai lo ha visto finora. Quella ruga d’espressione tra le due sopracciglia sembra essere scomparsa. Sospira perso nella contemplazione del suo bellissimo collega. Il cucciolo lo ridesta dai suoi sogni (non del tutto innocenti) ad occhi aperti mordicchiandogli le dita.
<< Credo sia il caso di fare amicizia, io e te >> gli dice grattandogli il musetto.
Si concede una delle sue docce lampo, si veste e torna in camera di Sherlock a recuperare il cucciolo.
<< Andiamo? >> gli domanda ma questo resta fermo sulla mano tesa del consulente. John gratta la testa chiedendosi come farsi capire e colto da illuminazione prende il guinzaglio e torna a mostrarglielo. Il cucciolo entusiasta salta giù dal letto e trotterella verso di lui. << Bravo piccolino >> lo incoraggia e per tutta risposta questi abbaia allegro.
<< Ehm… aspetta, com’è che era? Sitz und still >> dice con il tono del capitano. Il cucciolo si mette subito a sedere ammutolito. << Meglio di molti soldati >> gli dice carezzandogli la testa.
Scende i diciassette gradini e esce dal portone proprio mentre la signora Hudson sta per entrare.
<< Oh, John, buongiorno >> trilla la signora. << Ciao piccolino >> dice carezzando il cucciolo che sembra conoscerla bene.
<< Quanti biscotti gli ha dato per farselo così amico? >> le domanda John divertito.
<< Neppure uno, Sherlock è stato categorico! Non vuole possa stare male. Resti tra noi, ma uno sottobanco gliel’ho passato >> dice la donna facendogli l’occhiolino.
<< Fossi in lei non lo farei arrabbiare >> dice indicando con un gesto del capo la sommità delle scale. << Lo ha preso davvero a cuore. Non lo avrei mai detto >>.
<< E perché? >> gli chiede la donna sbattendo stupita le ciglia. La signora Hudson è, a conti fatti, l’unica che consideri Sherlock un normale essere umano, forse solo un po’ eccentrico.
<< Beh… non è molto espansivo, diciamo così >> .
<< Oh, John, creature così indifese sono capaci di tirare fuori il meglio anche dalla persona più chiusa >> dice la donna accarezzando il cagnetto. << Ora è meglio che lo porti a spasso, prima che debba prendere secchio e ramazza. Ha ancora qualche problemino nel capire dove deve farla >>.
John la saluta e si tira dietro la porta. Entra allo Speedy, dove scopre che il cucciolo è conosciuto.
<< Sherlock lo ha portato qui per abituarlo alla gente >> gli dice la barista. << Senti, posso dargli un pezzo di pane? >> gli sussurra come fosse un segreto di stato. John guarda il cucciolo che inclina la testa di lato incuriosito.
<< Ehi, sei d’accordo? >> gli chiede e questo abbaia. La ragazza ride divertita e gli da un pezzo di pane che il piccolo fa fuori in un secondo.
<< Meno male, piccolino, che hai anche un papà permissivo >> dice la ragazza riempiendo di coccole il piccolo che spera nel bis.
<< Papà permissivo? >> le chiede John .
<< Sì, John. Sherlock mi ha fulminata con gli occhi quando gli ho chiesto la stessa cosa. Vi converrà mettervi d’accordo su come educarlo, altrimenti si confonderà e sarà tutto più difficile >>.
John annuisce più per un automatismo inconscio che per una logica consequenzialità di quanto ha appena sentito. Da una parte è stupito da queste continue prove di come Sherlock sia in grado di prendersi cura di un essere vivente; dall’altro è senza parole per essere stato riconosciuto come papà permissivo. Fa colazione in silenzio (anche se più corretto sarebbe dire pranzo, data l’ora), rimuginando su questa etichetta, mentre il cucciolo attira l’attenzione di tutti gli avventori del bar. Ognuno di loro si offre di dargli qualcosa e dopo un po’ John si trova costretto a dire loro di no. In effetti lo stomaco di un cane e delicato e, tenuto conto che deve raccogliere i suoi escrementi, meno danno fanno con l’alimentazione meglio è.
Escono dal bar e si immettono nel traffico urbano. Il cucciolo corre qua e là come un matto e da confidenza a chiunque gli si avvicini risultando irresistibile. A John basta poco per capire che portare a spasso un cane può avere i suoi lati positivi. È in giro con lui da neppure mezz’ora e ha già scambiato quattro chiacchiere con tre ragazze davvero carine. Quando la prima di queste gli ha chiesto se fosse maschio o femmina ha dovuto lanciare una rapida occhiata prima di rispondere veloce ‘maschio’. Alla domanda: ‘come si chiama?’, ha, invece, dato a ognuna di loro un nome diverso (Shock. Logan. Jan), a ognuno dei quali il cucciolo si è visto bene dal rispondere.
<< Ok, abbiamo capito che questi nomi non ti piacciono >> gli dice mentre entrano nel parco. Qui John scopre che anche il padrone di un cane ha il suo bel da fare in quanto a preoccupazioni. Da una parte quelle che possono portare multe salate, dall’altra quelle che possono far correre dal veterinario. Tra una cacca raccolta, una pietra fatta sputare dopo innumerevoli ordini e l’assalto di cani più grandi, John esce dal parco stravolto come dopo un giro di ricognizione a Kandahar.
Il tempo è volato e sull’imbrunire si dirige da Angelo, deciso a cenare lì per permettere a Sherlock di dormire tranquillo ancora per un po’. Anche qui il cucciolo è molto conosciuto.
<< Gli ho messo da parte un bell’osso >> dice a gran voce Angelo.
<< Ehi, aspetta non so se… >>.
<< Tranquillo, Sherlock è d’accordo. Digli, però, di prendere fiato: è un po’ troppo rigido >>.
<< Me lo hanno detto già in molti, sì >>.
<< Eh, ma quello è come è stato cresciuto lui. Con gli animali è come con i figli, John, si usano i metodi educativi che i genitori hanno usato su di noi. Per fortuna tu hai John, piccolino >> dice accucciandosi a dare il gigantesco osso al cucciolo che tutto felice prende a rosicchiarlo.
<< E perché è così fortunato? >> chiede John un po’ infastidito.
<< Perché così ha anche l’altro punto di vista. Sherlock la regola severa e decisa e tu la coccola rassicurante >>.
<< Pensi che lui non sia in grado di coccolarlo? >>.
<< Non dico questo, no. L’ho visto persino sorridere e giocarci, e ti assicuro che è stato un bel vedere. Quel ragazzo ha bisogno di scongelarsi un po’ e dire che è già parecchio cambiato da quando sta con te >>.
<< Angelo, senti… >> sbotta deciso a chiarire le cose.
<< Lo so, lo so, non state insieme >> dice facendo l’occhiolino. << Ti porto il piatto del giorno? >>.
John vorrebbe dirgli che potrebbe prendere il piatto del giorno e andare a quel paese, ma alla fine desiste e annuisce sconsolato. Ai suoi piedi il cucciolo rosicchia beato godendosi anche lui la sua cena.
Dopo il classico tira e molla sul conto che Angelo si ostina sempre a non voler far loro pagare, John esce in strada nella sera frizzante di questo inizio di primavera. Una pioggerella fastidiosa ha inumidito le strade e il cucciolo annusa tutto ciò che gli capita a tiro prima di benedirlo accucciandosi accanto a fare pipì. John decide di allungare il giro giusto per passeggiare e agevolare la digestione. Fa colpo su un altro paio di ragazze alle quali presenta il cucciolo prima come Iron e poi come Thor, ma a entrambi i nomi il piccolo resta indifferente.
<< Uffa, aiutami un po’ anche tu >> sbotta verso di lui che in tutta risposta abbaia come un matto. John riceve un messaggio e prende il cellulare convinto sia Sherlock preoccupato del fatto che sono fuori praticamente da tutto il giorno. Invece è Greg che gli scrive. Il consulente deve essere ancora tra le braccai di Morfeo.
‘Se sei resuscitato e ti va una birra mi trovi al solito pub’.
<< Che ne dici ce la facciamo stare una birra? >> chiede al cucciolo che lo guarda curioso per poi grattare un orecchio con la zampa posteriore. << Lo prendo per un sì >>.
Entrano nel pub affollato e John si chiede se abbia fatto la cosa giusta. Il cucciolo saltella come un matto, irrequieto e si addossa alle sue gambe ad ogni complimento che riceve.
<< Ok, ok, mi sa che ho avuto una cattiva idea, scusami >> gli dice rincuorandolo.
<< E questo chi è? >>. John alza la testa a incontrare lo sguardo stupito di Greg. Gli occhi del detective viaggiano dal cucciolo spaurito al dottore, cercando di capire come possano essere collegati i due elementi.
<< L’ultima trovata di Sherlock >> dice John facendo spallucce. Greg ride forte accucciandosi a sua volta.
<< Vuoi dirmi che è per questo che non mi ha risposto al telefono in questi giorni? >> chiede il detective porgendo la mano al muso del cucciolo che le concede appena un’annusata.
<< Sherlock non ha risposto ai tuoi messaggi? >> chiede stupito John.
<< Sì, volevo sapere quando potevate venire per la deposizione, ma non ho ottenuto risposta. Ho pensato foste in coma, come sempre accade dopo la fine di un caso >>.
<< Io lo sono stato, in effetti. Lui ha dedicato il tempo a questo piccolino ed è entrato in coma solo ora >>.
<< E da dove viene questa pulce? >>.
<< L’ha trovato dietro ad un cespuglio a Bristol, mentre tornavamo in qua ad indagine conclusa. Non mi chiedere come ha fatto a sentirlo perchè me lo sto chiedendo anche io. L’ho visto partire in quarta e quando sono andato a cercarlo aveva questo esserino tra le mani >>.
<< Se non li porta la cicogna ci pensano i cespugli >>.
<< Oh, non ti ci mettere anche tu, ti prego >>.
Greg ride e gli da una poderosa pacca sulla spalla.
<< Congratulazioni papà. Ti offrirei una sigaretta ma tu non fumi e io ho smesso >>.
<< Non hai smesso, Greg >>.
<< Stai diventando simpatico come lui, sai John >> lo sfotte rimettendosi in piedi per stiracchiare la schiena. << Quindi adesso vi vedrò arrivare teneramente in tre sulla scena del crimine? Sarà meglio prepari Donovan, altrimenti chi la sente >>.
<< Ti ho chiesto di smetterla >> dice seguendolo al bancone, il cucciolo in grembo.
<< Ma che problemi ti fai? Vivila come viene >>.
Viverla come viene. Già. Viene sulle punte delle zampette pelose di un cucciolo ancora senza nome.
<< Senti, Greg, seriamente: sembriamo davvero due che stanno insieme io e Sherlock? >> gli pone la domanda rimasta molte volte in bilico tra una bevuta e l’altra. Greg quasi si fa andare di traverso la birra. Lo guarda indeciso se prenderlo sul serio o meno e opta per la prima opzione.
<< Sì >> risponde secco.
<< Grazie per averci girato attorno >> sbotta John.
<< Tu hai fatto una domanda e io ti ho dato una risposta >>.
<< Certo, certo. Quindi ora con questo cosetto arriveranno altre battute >> dice e il cosetto volge a lui lo sguardo sentendosi chiamato in causa.
<< Guarda che non rischiate più i lavori forzati, John >> lo rincuora Greg ricevendone un’occhiataccia. << Vuoi dirmi che lui ti è del tutto indifferente? >>.
John fatica a sostenere lo sguardo risoluto del detective. Posa il mento sulla testa morbida del cucciolo che ciondola dal sonno.
<< Come può uno come lui lasciare chicchessia indifferente? >> sospira.
<< Beh, c’è modo e modo, John. Mi affascina la sua intelligenza, ma non andrei a letto con lui. E neppure con te. Né con nessun altro uomo. Sarò banale ma preferisco le donne >>.
<< Sei banale >> conferma John. << Perché limitarsi a metà del cielo quando lo si può avere del tutto? >>.
Greg strabuzza gli occhi. Si scambiano una lunga occhiata e poi ridono di gusto svegliando il cucciolo, che, contrariato, guaisce per poi coprirsi le orecchie con le zampette.
<< Questa è la ‘confessione davanti a una birra’ più strana che mi sia mai capitata >> ammette Greg.
<< Che birre banali hai bevuto, amico mio >> ride John vuotando il suo bicchiere. << Non sbandierarlo ai quattro venti, ok? Non sono ancora pronto per gli outing ufficiali. Quando lo fece mia sorella mia madre per poco non ebbe un infarto e benchè ora sia morta sono rimasto traumatizzato dagli effetti collaterali della verità >>.
<< Sono abituato a farmi i fatti miei, John. Poco mi interessa chi va a letto con chi e perché, a meno che non ci scappi il morto. Andateci piano, quindi, ok? >>.
<< Idiota! >> esclama ironico colpendogli la spalla. << Porto il pupo a casa. Grazie della birra e della chiacchiera >>.
Esce dal pub seguito dal cucciolo mezzo insonnolito. Passeggia piano, godendosi la sera fredda ma piacevole. Quando giunge al 221B tutto è ancora avvolto nel silenzio. Il televisore davanti al quale la signora Hudson si sarà addormentata gli arriva appena alle orecchie mentre sale i 17 gradini tenendo in braccio il cucciolo.
<< Su, ti riporto da papà >> gli dice entrando piano nella stanza. Sherlock dorme a pancia in giù, la testa sotto il cuscino e il lenzuolo a coprirlo dalla vita in giù. Pare proprio essere nudo, cosa che gli fa esplodere una bolla di calore nella pancia. John posa il cucciolo nel cuscino adibito a cuccia ma questo salta sul letto.
<< No, resta qui >> sussurra rimettendolo giù. Manco a dirlo questo salta nuovamente sul letto e John, stanco dai tanti giri che hanno fatto, porta la mano agli occhi, proprio come è solito fare davanti alle follie di Sherlock.
“E siete insieme da soli due giorni. Cosa mai mi aspetterà?” si chiede vedendo il cucciolo raggiungere il fianco di Sherlock e accucciarsi. Il consulente si scuote, alza la testa e si volta verso il cucciolo
<< Ehi, piccolino, ciao >> gli dice e questi risponde al saluto leccandogli il naso. << Ciao John >> lo saluta mentre stringe a sè il cucciolo.
<< Dovrebbe stare nella sua cuccia, no? >> gli domanda cercando di essere serio, ma è talmente nuova quella versione di Sherlock che fatica a non bearsene.
<< E’ l’unica cosa che non sono riuscito a insegnargli. Forse perché infondo mi piace stia qui >> ammette affondando il viso nel pelo morbido del cane. << Da bambino avevo un setter irlandese e dormivamo sempre insieme. Il letto così sembrava meno grande e più caldo >>.
John si siede sul letto incuriosito da quell’accenno di infanzia che gli ha appena regalato.
<< Come si chiamava? >>.
<< Barbarossa >>.
<< Barbarossa? Cos’è, il nome di un pirata? >>.
<< Sì. Era il mio gioco preferito. Mi ero costruito un cappello a tricorno e una spada di legno e correvamo insieme nel giardino di Musgrave, la casa dove sono cresciuto. Abbiamo giocato insieme per cinque anni, poi purtroppo è morto. I cani vivono troppo poco, John. O forse siamo noi esseri umani a vivere troppo a lungo >>.
Quel discorso inaspettatamente triste mette a disagio John. Il dottore si sdraia accanto a Sherlock posando la testa sul cuscino che è messo lì più per figura che per altro. Accarezza il muso del cucciolo già profondamente addormentato, sfiorando appena le lunghe dita affusolate del consulente.
<< Ehi, dato che ti piacciono i pirati che ne dici di chiamarlo Morgan >> propone John. Sherlock resta in silenzio soppesando al proposta.
<< Mi piace >> dice annuendo.
<< Dobbiamo vedere se piace a lui >>.
<< Come conti di capirlo? >>.
<< Oggi ne abbiamo provati un paio ma non si girava a nessuno di questi >>.
<< Molto probabilmente non si girerà neppure a questo John, non è così che funziona >>.
<< E tu che ne sai? Mica sei un cane >> ribatte accomodandosi più vicino a lui. Sherlock ride sbadigliando e si avvicina a sua volta.
<< Ti sei dato da fare in questi due giorni: lo conoscono tutti nel quartiere! Angelo gli ha dato un osso gigante e ti manda a dire di non essere troppo rigido >>.
<< Voglio solo che non vada in dissenteria, John. E’ piccolo. Tutti lì a dargli roba da mangiare, nemmeno fosse un inceneritore. Per non parlare delle carezze. ‘Posso toccarlo? E’ così carino’, lo ripetono di continuo. Vorrei vedere come reagirebbero se la stessa cosa la si chiedesse davanti al loro bambino oppure a loro stessi. Immagina se si andasse lì a dirgli ‘Posso toccarti? Sei così carino’ >>.
John ride e il cucciolo borbotta infastidito. Il dottore porta la mano alla bocca continuando a sghignazzare in silenzio.
“Non posso credere di stare bisbigliando per non dare fastidio a un cane” pensa scuotendo la testa rassegnato.
<< Non hanno reagito così quando ho fatto loro questo ragionamento >>.
<< No, aspetta, mi stai dicendo che a chiunque ha chiesto di poter accarezzare il cane tu hai risposto così? >>.
<< Certo >> risponde risoluto.
<< Oddio, Sherlock. E se avessimo un figlio cosa mai faresti? >> ride portando la mano agli occhi. Il consulente si tira su sorretto dal gomito e lo guarda stupito.
<< Ti sei reso conto di cosa hai appena detto, John? >> gli chiede, gli occhi sgranati che brillano nel buio come quelli di un gatto.
<< Sono stanco, Sherlock. Temo di stare sragionando >> dice sbadigliando.
<< Sì, lo temo anche io >> sussurra restando lì a guardarlo. << C’è qualcosa di… diverso in te stasera >>.
<< Tipo cosa? >>.
<< Tipo che sei qui, accanto a me nel mio letto anziché di sopra nel tuo >>.
<< Oh, se ti da fastidio posso… >>.
<< No, non intendevo quello. È insolito >>.
<< I casi insoliti sono quelli che preferisci, no? >> gli chiede forse con un po’ troppa malizia. Sherlock torna a posare la testa sul cuscino senza distogliere lo sguardo da lui.
<< Hai bevuto? >>.
<< Una birra con Greg al pub, come ogni venerdì. Lo sapevi che è venerdì? Anzi che lo era? >>.
<< No >> ammette. << Non è la birra, però. Tu l’alcool lo reggi bene >>.
<< Mi sta facendo il terzo grado, detective? >> gli chiede avvicinandosi a lui. I loro nasi quasi si sfiorano mentre l’un l’altro osservano il brillio dei loro sguardi.
<< Consulente investigativo >> non riesce a fare a meno di precisare Sherlock. << Non è un terzo grado è solo che… sei… diverso >>.
John sorride e lascia scorrere le dita dalla testa morbida del cucciolo alla mano fredda di Sherlock.
<< Queste mani sempre così fredde >> sussurra vedendo i suoi occhi brillare ancora di più.
<< I cani hanno la pelle molto dura, non penso gli dia fastidio >> dice nervoso Sherlock mentre John accarezza le sue dita, il dorso della mano, l’incavo del polso.
<< Qualcosa di diverso c’è, in effetti >> ammette John. << A quanto pare siamo diventati i papà di questo cucciolo >>.
<< Oh >> sussurra Sherlock. << Sì, l’hanno fatta anche a me questa battuta. Speravo che almeno con te evitassero >>.
<< Perché? >>.
<< Perché… potrebbe diventare un problema per le tue relazioni intime >>.
<< Sherlock, ci sei già tu a mettere i bastoni tra le ruote alle mie relazioni intime. Non ci serve prendere un cane >> .
<< Io non metto i bast… >>.
<< Sta zitto >> dice premendo le labbra contro le sue. << Parli sempre troppo. Troppo >> dice accarezzando col naso quello di lui, stupito dal suo gesto.
<< Forse la birra aveva una gradazione più elevata >> borbotta Sherlock.
<< O forse ho deciso che non me ne frega più niente, Sherlock. Di quel che pensa la gente, intendo, e di quello che pensa mia madre >>.
<< Che c’entra tua madre? >>.
<< Oh, lascia perdere, sto sragionando >> ride carezzandogli di nuovo il naso col suo. << A te va bene? >>.
<< Certo >> sussurra sorridendo. << Ti ci voleva un cane per capirlo? >>.
<< Un cane fa famiglia. Io e te da soli facciamo solo casino e confusione. O meglio tu fai casino e confusione e io tento di tenere in piedi tutto quanto >>.
<< Non è un complimento nei miei confronti questo >>.
<< No, infatti, è la cruda realtà, mio caro. Scusa ma non riesco più a tenere gli occhi aperti >> dice intrecciando la mano alla sua ora più calda. Morgan si muove appena sotto le loro mani.
<< Chiudili, allora, che a tenerli aperti ci penso io >>.
<< E perché? Non hai più sonno? >>.
<< Un po’, ma voglio restare sveglio a guardarti dormire >>.
<< Non credo di essere interessante >> biascica.
<< Zitto e dormi >> sussurra posandogli un bacio sulla fronte.
 
<< Oddio, ma che succede? >>.
Morgan salta loro addosso abbaiando come un matto. È cresciuto notevolmente in questi tre mesi e le sue zampette ora non sono più dei batuffoli tanto carini, ma delle vere e proprie armi incontrollate. La mina impazzita che è il loro cane mordicchia loro i gomiti e tira via il lenzuolo lasciando intendere, neppure tanto velatamente, che è giunta l’ora di alzarsi.
<< Sta arrivando Lestrade! >> esclama Sherlock schizzando in piedi. << Ha un caso interessante. Almeno un otto, vero Morgan? >>. Il cane abbaia saltando da una parte all’altra, felice di vedere il suo padrone indossare la vestaglia.
John si stiracchia e con calma scende dal letto. Si è ormai abituato ad avere un cane in grado di riconoscere un caso interessante semplicemente fiutando gli alti livelli di adrenalina e paura in coloro che suonano alla loro porta.
Esce dalla stanza nello stesso momento in cui Greg entra dalla porta trafelato.
<< Non sei qui per un omicidio. Non avrebbe senso correre, se lo fosse. Ha tutta l’aria di essere un rapimento >> constata Sherlock e Greg annuisce, tergendo il sudore dalla fronte.
<< Ci hai preso, si tratta di rapimento. Albert Ford, sua moglie Margaret e il figlio di otto anni sono stati rapiti questa notte. Non è stato portato via nulla dall’abitazione e non è stato ancora richiesto alcun riscatto. Ho il commissario capo alle costole, Sherlock, e nessun indizio utile >>.
<< Chi sarebbe questo Ford? >> chiede John.
<< Una brutta gatta da pelare, ecco cos’è >> sospira il detective stropicciando il viso. << Ha la nomea di essere un uomo dal pessimo carattere, uno di quelli che è meglio non inimicarsi se non si vuole rischiare di ritrovarsi chiuse in faccia molte porte. Cosa faccia di preciso non l’ho capito, ma è socio di maggioranza in un notevole numero di grandi colossi dell’economia inglese. Abbiamo controllato tutto ciò che gli riguarda e non abbiamo trovato una virgola fuori posto >>.
<< Che è già di per sè sospetto >> constata John.
<< Va bene, dimmi dove sta di casa questo Ford >>.
<< Non porterete anche lui, vero? >> chiede Greg indicando Morgan che guaisce stupito.
<< E perché non dovremmo? >> ribatte Sherlock contrariato, le braccia incrociate al petto.
<< Il commissario capo non gradirebbe la sua presenza. È già tanto se mi ha concesso di chiedere la vostra consulenza >>.
<< Bene, allora potrà farne benissimo a meno >> dice accomodandosi alla sua poltrona. Morgan gli si accuccia ai piedi dando le spalle al detective.
<< Sherlock, è un rapimento. C’è pure un bambino coinvolto >> tenta di farlo ragionare John.
<< Il mese scorso è stato anche grazie a Morgan se abbiamo catturato quei geniali ladri di diamanti. Due settimane fa’ mi ha dato una notevole mano trovando ancora prima di me la pista giusta che ha permesso agli artificieri di disinnescare la bomba che quell’aspirante kamikaze si portava addosso. Se il commissario capo vuole il mio aiuto deve accettare il pacchetto completo che comprende te e Morgan, mio caro >> dice e il cucciolo sbuffa a conferma delle sue parole.
<< Ok, ok, portalo con te, tanto peggio di così non mi può trattare >> dice Greg massaggiando le tempie. << Vi aspetto a Cardiff a questo indirizzo >> dice dando loro un biglietto. << Non metteteci un’eternità, abbiate pietà di me >> aggiunge prendendo la porta. Lo ascoltano scendere i gradini tanto velocemente quanto li ha saliti.
Sherlock balza in piedi e fa scorrere il dito sui suoi faldoni fino alla lettera F.
<< Eccolo qui >> dice aprendo il fascicolo dedicato ad Albert Ford.
<< Conosci questo tipo? >>.
<< Andiamo, John, pensi che un uomo così potente non abbia un posto tra i miei vip degni di essere tenuti d’occhio? >> chiede scoccandogli un’occhiataccia. Il dottore la ignora e si accomoda sulla poltrona sorseggiando il suo the. Morgan gli si accuccia ai piedi e fissa attento ogni mossa del consulente. << Mio caro, stiamo per avere a che fare con un autentico bastardo >>.
<< Ma non mi dire >> sbuffa John addentando un biscotto.
<< Una ex domestica ha rilasciato un’intervista al ‘The Sun’ dopo essere stata, a suo dire, ingiustamente licenziata. Pare che il nostro Ford non sia propriamente né un buon marito, né tantomeno un buon padre di famiglia. A detta della donna sottopone i familiari e chiunque abbia a che fare con lui ad una costante violenza psicologica fatta di svalutazioni, recriminazioni e ricatti psicologici. Ha cercato di ostacolare in ogni modo la carriera letteraria della moglie, che dev’essere un tipino tenace se è riuscita a pubblicare comunque il suo best seller. La conosci, hai letto il suo libro l’anno scorso: ‘Mather misericordiae’ >>.
<< No! Margaret O’Hara sarebbe la moglie di questo Ford? Beh, se è vero che gli scrittori prendono spunto per le loro opere dalla loro vita, quella di questa donna non deve essere uno  spasso >>.
<< A quanto pare no >> concorda rimettendo a posto il fascicolo. << Avessero rapito solo lui non muoverei un dito, ma dal momento che una delle autrici preferite del mio uomo è stata tirata in mezzo a questa storia col suo bambino… >>.
<< Oh, dai, non fare il consulente freddo e privo di emozioni >> gli dice pizzicandogli la coscia magra. << Ormai non ci credo più. E poi hai letto anche tu qualche pagina del suo romanzo >>.
<< Capendo come andava a finire dopo il secondo capoverso >>.
<< Tu non fai testo, amore mio >> sospira John alzando gli occhi al cielo. << Direi di darci una mossa, altrimenti Greg non ce lo perdonerà >> aggiunge e Morgan concorda abbaiando e si dirige alla porta d’ingresso davanti alla quale si siede, attendendo paziente che i suoi umani siano pronti a cominciare questo nuovo gioco.
 
La villa dei Ford è grande e fin troppo perfetta. Morgan precede John e Sherlock scorrazzando libero ad annusare i cespugli di rose rosse del giardino, cacciando insetti tra le rocce decorative e scoccando occhiatacce a chiunque gli sorrida o si atteggi nei suoi confronti come un idiota.
<< Morgan vieni qui! Siamo sulla scena del crimine, non lasciare tracce >> lo richiama Sherlock e il cane schizza subito al suo fianco tenendo il passo. << Richiama i tuoi uomini e dammi cinque minuti, Lestrade >> ordina giungendo al fianco del detective spossato.
<< Non vuoi prima parlare con i domestici? >> gli chiede Greg.
<< Voglio prima vedere la scena e capire come si è svolta. Poi, se lo riterrò, necessario parlerò con loro >>.
<< Come preferisci >> ribatte Greg che gli cede il passo. Richiama i suoi uomini e il capo della sessione scientifica borbotta qualche imprecazione in direzione del consulente e soprattutto del suo cane.
<< Sempre molto più intelligente di te, Anderson >> ribatte a gran voce il consulente, scomparendo al di là della porta d’ingresso.
La stanza è immacolata e con tutte le sue suppellettili e il mobilio in perfetto ordine. Solo poche sedie sono divelte e alcuni ninnoli giacciono rotti per terra. Una serie di impronte ben visibili sul pavimento lucidato a cera indicano la presenza inattesa di un solo individuo.
<< Siamo di fronte a un unico rapitore. E’ entrato dalla porta d’ingresso. Non c’è presenza di effrazione, quindi sono stati i Ford ad aprirgli la porta. È possibile che lo conoscessero, perché fino a qui i suoi passi sono stati tranquilli >> dice indicando i segni sul pavimento. John, Greg e Morgan lo seguono attenti. << A questo punto deve essere successo qualcosa >> dice fermandosi vicino alle impronte dei piedi del rapitore, distanti l’una dall’altra e più marcate, come avesse voluto ancorarsi meglio al suolo. Si guarda attorno, abbracciando con lo sguardo tutta la stanza ad analizzarne ogni angolo. << Eccolo! >> dice indicando il soffitto.
<< Cosa? >> chiede John che strizza gli occhi nella direzione da lui indicata.
<< L’intonaco alla base del lampadario è scheggiato e lì per terra ci sono i pezzi di uno dei cristalli decorativi andato in frantumi prima che la pallottola si conficcasse nel soffitto. A giudicare dal segno che ha lasciato, il proiettile sembra piccolo… una scacciacani >> dice e Morgan guaisce contrariato.
<< Un’arma insolita in un rapimento >> nota Greg.
<< Soprattutto se parliamo di persone benestanti. Molto interessante >> borbotta tra sè Sherlock, colpito da questo particolare, come da molti altri che sempre più numerosi gli saltano all’occhio.
<< Il nostro rapitore è piccolo di statura, a giudicare dalla distanza tra un passo e l’altro, e magro, data la leggerezza dell’impronta. Dopo aver sparato la situazione si è movimentata >> dice tornando ad analizzare la scena. << Il rapitore ha dato un pugno a Ford e questi è caduto qui, dove il tavolino e la sedia sono rovesciati a terra. Ci sono delle macchie di sangue, dall’analisi risulteranno sicuramente sue. Questi soprammobili andati distrutti qui a destra ci indicano la fuga della signora Ford. Cosa c’è da quella parte? >>.
<< La scala che conduce alle camere da letto al piano di sopra >> risponde Greg. Sherlock segue il percorso disseminato di ninnoli e suppellettili distrutte al suolo e si ferma davanti alla scala.
<< La signora Ford è corsa su per le scale inseguita dal rapitore >> dice indicando le due serie di impronte presenti una sull’altra, ma ben visibili, impresse sulla moquette della scala. << Non è riuscita, però, a raggiungere la sommità delle scale. Il rapitore l’ha presa per i capelli e tirata giù >> dice indicando una ciocca di lunghi capelli castani caduta su uno scalino. << A questo punto posso ipotizzare che Ford si sia ripreso e il rapitore lo abbia messo a bada tenendo la donna sotto il tiro dell’arma. L’uomo ha ceduto al ricatto e deve aver barcollato per qualche passo, come ci indicano quell’altra sedia inclinata contro la parete e il quadro storto. Il rapitore ha trascinato la donna. Le impronte lasciate sulla cera qui diventano più scomposte e marcate, segno che la signora Ford ha tentato di opporre resistenza. Le impronte e la scia di oggetti rotti ci conducono da quella parte >>.
<< C’è una porta che da sul retro. Abbiamo trovato segni di pneumatici. La domestica ci ha confermato che l’auto di Ford manca dal garage, sono andati via con quella >> lo anticipa Greg. << È stata ritrovata a soli quattro chilometri da qui, in una zona isolata e fuori dalla sorveglianza di telecamere a circuito chiuso. Devono essere saliti su un’altra auto e dio solo sa dove sono finiti >>.
 Sherlock, seguito dal gruppetto, si dirige alla porta, la apre e resta fermo a osservare il giardino sul retro.
<< Abbiamo un rapitore conosciuto dai Ford, che giunge armato di scaccia cani alla loro porta. Dopo un diverbio spara un colpo per intimidirli ma ottiene l’effetto contrario. Si vede costretto a colpire lui e inseguire lei, tenerla poi sotto la minaccia della scaccia cani per convincere lui a raggiungere questo posto e mettersi al posto di guida >> riassume John dubbioso.
<< Un modus operandi abbastanza insolito per un rapitore >> dice Sherlock, le mani giunte sotto il mento. << E anche per uno come Ford. Non ce lo vedo a sottostare al ricatto di uno sconosciuto solo perché tiene sotto tiro la moglie >>.
<< Dai, Sherlock, non può essere carogna fino a questo punto >>.
<< A quanto dicono le domestiche io non gli darei poi così torto, John >> fa notare Greg.
Morgan abbaia attirando l’attenzione dei tre uomini. Sherlock lo cerca e lo trova ai piedi delle scale, il musetto rivolto verso l’alto.
<< Cosa c’è, Morgan? >> gli chiede e il cucciolo si volta a guardarlo abbaiando una sola volta.    << Cerca! >> gli ordina e questo scatta sulle scale. Sherlock, John e Greg si precipitano dietro di lui. Morgan graffia la porta di una delle stanze posta al fondo del corridoio. Sherlock la apre e il cane si fionda dentro. Il consulente lo segue facendo segno a John e Greg di restare sulla soglia.
Morgan li ha condotti nella cameretta del piccolo Ford. Lo sguardo acuto di Sherlock viene subito catturato da un bellissimo veliero a due alberi posto su una mensola in una posizione in cui è impossibile non vederlo subito. Il letto è sfatto e alcuni giocattoli giacciono sul pavimento. Giocattoli ben tenuti e quindi molto amati, se si pensa che il bambino ha soli otto anni. Sherlock si guarda attorno e si stupisce nel rivedere se stesso con indosso quello stupido cappello. La foto che lo ritrae fa capolino da una serie di articoli di giornale che riguardano i suoi casi, appiccicati con le puntine ad una lavagnetta di sughero. Sul comodino un libro giallo con un segnalibro diligentemente posizionato, indica il genere di lettura preferita dal bambino. Nella piccola ma fornita libreria ne campeggiano altri, di autori più o meno famosi dello stesso genere letterario.
Morgan richiama l’attenzione del consulente abbaiando. Si è seduto diligentemente davanti all’armadio e guarda il suo padrone scodinzolando. Sherlock annuisce e gli si fa vicino.
<< Non siamo stati gli unici a dimenticarci di te >> dice il consulente lasciando a bocca aperta John e Greg. << Per fortuna a Morgan non sfugge mai nulla >> sorride dando una carezza al cane che felice gli lecca la mano.
<< Il bambino >> esclama Greg.
<< Ma certo! >> gli fa eco John. << Hai trovato le impronte di Ford, quelle della moglie ma non c’erano quelle del bambino >>.
Sherlock li zittisce portando l’indice alla bocca.
<< Sono Sherlock Holmes e credo tu abbia sentito parlare di me >> gli dice. Dall’interno dell’armadio si avverte un rumore.
<< Dimmi la parola d’ordine >> dice una vocetta piccola piccola che cerca di farsi sentire sicura.
Sherlock annuisce soddisfatto e sorride a Morgan, che scodinzola ancora di più.
<< Adventure[2] >> dice sicuro di sé. Il rumore nell’armadio aumenta e piano piano una delle ante si apre. Ne sbuca fuori il visetto curioso e circospetto di un bambino pallido dai capelli neri, folti e scompigliati. Una perfetta O di stupore gli si disegna sulle labbra mentre lo guarda sbattendo più volte le palpebre.
<< Sei davvero Sherlock Holmes! >> esclama. Sherlock annuisce e si inginocchia davanti a lui. Il cane gli si avvicina e il suo sguardo viaggia dal padrone al bambino.
<< Lui è Morgan. È stato lui a trovarti >> dice e il cane abbaia soddisfatto. Il bambino sorride e  Sherlock con un gesto del capo autorizza il cucciolo a fargli le feste. Morgan non se lo fa ripetere due volte e subito salta addosso al bambino leccandogli il viso tutto felice. Questi ride allegro opponendo una blanda difesa.   
<< Mi fai il solletico! >> dice tra una risata e l’altra.
<< Credo che voglia sapere come ti chiami >> sussurra Sherlock e il cane abbaia. Il bambino sgrana gli occhi stupito.
<< Capisci cosa dice? >> gli chiede.
<< No, è lui che sa essere molto chiaro >> ammette Sherlock e Morgan concorda abbaiando.
<< Sono William >> dice guardando il cagnolino.
<< Come il capitano Kidd[3]? >>.
<< Esatto! E lui è Morgan come Henry Morgan[4] >>.
<< Certo. Pirata e governatore della Giamaica. Il nostro Morgan è solo governatore del 221B di Baker Street, vero John? >>.
<< Assolutamente sì. Governatore indiscusso >> dice John avvicinandosi a loro seguito da Greg.
<< Il dottor Watson! Ho letto il tuo blog, mi piace tanto. Scriverai una storia anche su di me? >>.
<< Beh, dipende da cosa è successo >>.
Il bambino morde il labbro inferiore e si stringe un po’ di più al cucciolo.
<< E’ da quando è morto Silver che le cose vanno male >> sussurra il bambino, talmente piano che anche Greg è costretto a inginocchiarsi vicino a John e Sherlock per sentirlo.
<< Chi è silver? >> chiede il dottore.
<< Silver era il mio cane. Siamo nati lo stesso giorno, ma lui è morto il 15 marzo. Dopo la colazione sono uscito per portargli la pappa e lui, invece di corrermi incontro felice, era sdraiato per terra. Papà ha detto che è morto di vecchiaia. Io e Kelly, la mia tata, lo abbiamo sepolto in giardino, ho fatto una grande croce e gli ho messo attorno tutti i suoi giocattoli. Mi manca tanto >> sussurra e una lacrima rotola giù dai suoi occhioni. Prontamente Morgan la lecca via e il bambino sorride accettando di buon grado le coccole del cucciolo.
<< Tu, però non pensi sia morto di vecchiaia, vero >> gli chiede Sherlock e il bambino scuote il capo divenendo serio.
<< No. Silver non era vecchio, aveva solo otto anni e anche se era un molosso avrebbe potuto vivere benissimo per altri 4 anni. Qualcuno deve avergli dato qualcosa che gli ha fatto male. Papà, però, non mi ha ascoltato e allora io ho provato a indagare come fai tu, per portargli le prove. La sera prima aveva piovuto e ho trovato delle impronte attorno alla cuccia >> dice aggrottando le sopracciglia sottili. << Ho fatto delle foto di quelle impronte, vuoi vederle? >>.
<< Certamente, saranno molto utili per la nostra indagine >> risponde Sherlock.
Il bambino si illumina e schizza in piedi seguito da Morgan. Salta sulla sedia della scrivania e accende il pc. Il consulente si alza in piedi e resta fermo a osservarlo, intento nel recupero dei preziosi reperti.
<< Sherlock, capisco la situazione ma non possiamo stare dietro al bambino. Dobbiamo cercare di salvare i suoi genitori >>.
<< E’ quello che stiamo facendo, Gawin >> ribatte infastidito dalla leggerezza del detective.
<< Pensi che la morte del cane c’entri qualcosa? >> gli chiede John.
<< William è il nostro unico testimone e per nostra fortuna è un tipetto sveglio >>.
<< Non lo metto in dubbio. Io però sono obbligato ad avvisare l’assistenza sociale quando ci sono minori coinvolti in un caso >>.
<< Oh, ti prego Lestrade, non puoi evitarglielo? >> sbotta Sherlock. << Ci sono i domestici, hai detto, potranno prendersi cura loro di lui e poi avrà anche qualche altro parente, no? >>.
<< Non devo chiamarli per farlo condurre in una struttura di accoglienza provvisoria, ma per tutelarlo. Una psicologa parlerà con lui e le assistenti sociali contatteranno gli altri familiari… >>.
<< Lui non ha bisogno di essere tutelato, ha bisogno di sentirsi coinvolto nelle indagini >>.
<< E tu come lo sai? >>.
<< E’ evidente, Giles, guardalo! >> gli dice indicando il bambino col naso a un palmo dallo schermo.
<< Signor Holmes, signor Holmes, eccole qui! >> grida scattando in piedi sulla sedia, il piccolo indice rivolto allo schermo. Sherlock si allontana da John e Greg, che si scambiano un’occhiata stupita, e si avvicina al bambino. << Andavano dalla staccionata fino alla cuccia >> dice William facendo scorrere le foto davvero ben fatte delle impronte e del luogo in cui le ha trovate. << Poi tornavano indietro e c’era pure questo sulla staccionata >> aggiunge mostrando una serie di foto del particolare per lui così importante. Sherlock le osserva con attenzione, porta la mano al mouse e le guarda da capo. Il bambino lo fissa trattenendo il fiato e lo sguardo vispo di Morgan viaggia dall’uno all’altro, curioso.
<< E’ un pezzo di stoffa >> sussurra.
<< Sì, l’ho recuperato e tenuto qui >> dice William aprendo il primo cassetto della scrivania. Ci fruga dentro e tira fuori una bustina sigillata con dentro il reperto. << L’ho visto fare nei film. La bustina era della mamma, ci teneva della naftalina da scarpe, spero non abbia contaminato la    prova >>.
<< Davvero molto bravo, capitano Kidd, i miei complimenti >> gli dice Sherlock sorridendogli.
<< Sono importanti? Davvero? >> chiede eccitato il bambino.
<< Importantissime >> annuisce strizzandogli l’occhio.
<< Lo sapevo! Papà diceva che avevo perso tempo in uno stupido gioco e che dovevo farmene una ragione della morte di Silver >>.
<< Tuo padre è un idiota e la cosa pericolosa è che è in buona compagnia, purtroppo. Lestrade >>, chiama a sè il detective con un cenno del capo, << queste impronte sono le stesse che ci sono di sotto. Di ai tuoi uomini di prenderne il calco e di confrontarle con queste, giusto per avere un riscontro tecnico per tenere a bada il commissario capo. Dovremo anche riesumare il cane e fare un’autopsia che confermi sia stato avvelenato >>.
<< E a cosa può servirci saperlo? >>.
<< Non è ovvio? >>.
<< No, Sherlock, per me non lo è >> sbuffa Greg come sempre infastidito.
Il consulente alza gli occhi al cielo e li posa poi su John.
<< Pensi che il rapitore abbia tentato già tre mesi fa di penetrare in casa e che qualcosa sia andato storto? >>.
Sherlock sospira scuotendo il capo sconsolato. Volge poi lo sguardo a William.
<< Posso? Davvero? >>.
<< Certo >> gli sorride.
<< Le impronte sono quelle tipiche di chi cammina. Ho letto la spiegazione sul tuo sito e se uno corre lascia solo l’impronta delle punte delle dita. Queste invece sono ben marcate, sia quando va dalla staccionata alla cuccia, sia quando torna indietro. Non è scappato via dopo aver fatto male a Silver, ma se ne è andato tranquillo >>.
<< Vuoi dire che è andato lì solo per uccidere il cane? >> domanda incredulo Greg. Sherlock e William annuiscono all’unisono accompagnati dall’abbaiare di Morgan.
<< Ma questo non ha senso >> borbotta John.
<< E’ un dispetto >> dice William cercando subito l’approvazione di Sherlock che arriva immediata. << Quando ho fatto vedere le foto alla mamma lei mi ha ascoltato, non ha fatto come papà. Voleva bene anche lei a Silver e sapeva che stava bene e non poteva essere morto di vecchiaia. Anche lei pensava fosse stato avvelenato e ho sentito che ne parlava con papà, ma lui continuava a dire che era una scemenza, perché Silver avrebbe abbaiato se qualcuno avesse provato ad entrare >>.
<< Beh, un cane lo si compra facilmente, basta offrirgli vedere del cibo e se lo si fa amico >> dice Greg ricevendone in cambio un’occhiataccia da parte del bambino.
<< Silver non era così stupido! Lui non lo fregavi con questi stupidi trucchetti! Lui era buonissimo con chi conosceva, ma abbaiava come un matto agli sconosciuti >>.
Sherlock scocca un’occhiata a Greg che si illumina di immenso.
<< Hai detto che i Ford hanno aperto al loro rapitore, che lo conoscevano >> dice John.
<< Cos’altro è successo dopo la morte di Silver? >> chiede Greg a William, che ora vede davvero come un valido collaboratore nelle indagini.
<< Mamma era nervosa. Quando papà si arrabbia siamo tutti più tesi, ma così nervosa non l’ho mai vista. Saltava ad ogni minimo rumore e ha tentato di convincere papà a chiamare la polizia, ma lui le ha dato della stupida >> sussurra rammaricato.
<< Per fortuna l’intelligenza si eredita per via materna >> gli strizza l’occhio Sherlock e il bambino sorride. << Ti ha detto lei di chiuderti nell’armadio? >>. William annuisce.
<< Pochi giorni dopo la morte di Silver, mamma mi ha proposto di fare un gioco >>.
<< Che gioco ti ha proposto? >> chiede John.
<< Avremmo simulato un attacco da parte dei pirati. Io ero il capitano e lei il mio quartiermastro. Il piano di sotto era il ponte di coperta e la mia stanza gli alloggi del capitano. Lei avrebbe salito le scale urlando una parola magica che mi avrebbe fatto capire di essere in pericolo e io mi sarei dovuto chiudere nell’armadio e rimanerci finchè non sentivo la parola d’ordine >>.
<< E qual’era la parola magica? >> chiede Greg.
<< Silver >> risponde Sherlock al suo posto. Il bambino lo guarda con occhioni grandi, stupiti.
<< Come hai imparato a capire tutto così presto? >>.
<< Non ho imparato. Così ci sono nato >> risponde e John coglie un’insolita nota triste nella sua voce. Morgan si sporge a leccargli la mano ricevendone una carezza.
<< Ed è una brutta cosa? >> chiede il bambino.
<< No, brutta no. Ha i suoi vantaggi, altrimenti non avrei affinato le mie capacità facendone un metodo d’indagine. Vedere tutto, soprattutto quello che la gente non vuole vedere, però, può creare noie. Le persone tendono ad allontanarsi dalla verità >> ammette il consulente.
<< Io non sono bravo come te, ma gli altri mi lasciano solo lo stesso >> confessa il bambino, cogliendo il significato profondo di quanto detto da Sherlock. << Dicono che i pirati sono una cosa vecchia e fuori moda e tu una trovata pubblicitaria. A Silver piaceva sia giocare ai pirati che alle indagini >>. Un'altra lacrima rotola giù dai suoi occhi e Morgan la lecca via. << Ai cani piacciono le lacrime, signor Holmes? Perché anche Silver le leccava sempre >>.
<< Penso sia un modo per prendere su di loro i nostri dispiaceri e farci tornare il sorriso >>. Morgan abbaia confermando le parole del suo padrone e per tutta risposta lecca come un matto il viso del bambino che ride cercando rifugio da quell’attacco festoso tra le braccia del consulente. Sherlock resta stupito del gesto del bambino, che preme il viso contro il suo petto nel tentativo di sottrarlo al cane. Cerca lo sguardo di John e lo trova sorridente e commosso. No. Soddisfatto. Orgoglioso anche, sebbene non sappia il perché lo sia. Con un gesto del capo lo incoraggia ad andare avanti e porre la domanda più importante al bambino ora rincuorato.
<< William, Silver non ha abbaiato al suo assassino >>.
<< Lo conosceva! >> dice sicuro di sé. Sherlock annuisce.
<< Anche i tuoi genitori conoscevano chi li ha portati via. Gli hanno aperto la porta e credo che siano rimasti a parlare per un po’, prima che questi li conducesse all’auto. Tu hai sentito    qualcosa? >>.
Il bambino resta appoggiato a lui e stringe il cucciolo tra le braccia.
<< Io stavo giocando con i miei Lego Pirates e ho sentito il campanello suonare tante volte. Ho pensato fosse la cuoca, si dimentica sempre qualcosa e torna sempre indietro a prenderla. Ho sentito parlare ma non ci ho fatto caso. Poi le voci sono diventate più forti, soprattutto quella di papà. Credo sia esploso un petardo. Mi ha spaventato. Sono corso alla porta, ma poi ho sentito mamma urlare la parola magica e mi sono nascosto nell’armadio. Vedevo che nessuno arrivava ma avevo paura ad uscire. Poi mi sono addormentato e mi sono svegliato quando Morgan ha abbaiato >> il cucciolo, chiamato in causa, fa sentire la sua voce.
<< Ti ringrazio, William. Quando ritroveremo i tuoi genitori dirò loro che il tuo aiuto è stato molto importante ai fini dell’indagine >> dice Sherlock scompigliandogli i capelli con un gesto goffo.
<< Ora penso sia meglio tu vada a fare colazione. Sento il tuo stomaco borbottare fin qua >> dice John punzecchiando con l’indice la pancia del bambino. Morgan abbaia poggiando le zampette a sua volta sul ventre di William.
<< E’ meglio obbedire agli ordini del dottore, e poi anche Morgan sembra avere fame >> gli dice Sherlock.
<< Posso dargli un po’ delle crocchette di Silver? >>.
<< Va bene, ma poche. Lui è ancora un cucciolo e non gli fa bene mangiare troppo cibo diverso dal suo >>.
<< Ehi aspettate lì, voi due, non posso farvi scendere da soli, rischiate di inquinare le prove >> grida loro Greg e il bambino e il cane si immobilizzano a un passo dalla porta. Il detective li raggiunge, porge la mano a William che la prende con una smorfia e seguiti da Morgan abbandonano la stanza.
Sherlock volge lo sguardo alle foto ancora aperte sul pc. John gli si avvicina posando una mano sulla sua schiena.
<< Ehi, tutto bene? >>.
<< No >> ammette il consulente rilassandosi appena alle carezze del suo compagno.
<< Cosa c’è che non va? >>.
Sherlock però non gli risponde. Sospira affranto e scuote il capo. John capisce che è meglio non insistere. Lo segue fuori dalla porta, sul lungo corridoio e giù per le scale. Sente a pelle la tensione che da lui proviene. Non rabbia. Neppure la ben nota carica attivata da un caso che sta risultando essere molto interessante. Percepisce malinconia e tanta tristezza e intuisce che in qualche modo c’entra la presenza del bambino. Non gli sono sfuggite le caratteristiche che li accomunano e pensa siano proprio quelle che hanno ammutolito il consulente investigativo.
Raggiungono la cucina e trovano Morgan affondato con tutta la testa dentro una grandissima ciotola e William inginocchiato accanto a lui con un pugno di biscotti in mano. Al suo fianco una donna sulla cinquantina, dal seno abbondante e le forme morbide, gli porge un bicchiere colmo di latte. Gli occhi arrossati indicano un pianto recente.
Sherlock e John raggiungono Greg che sta parlando con una ragazza sulla trentina, i capelli biondi appuntati in un grande cignon, e il viso segnato da lacrime che ancora le strappano singhiozzi silenziosi. Il detective fa loro cenno con la mano e borbotta qualcosa alla donna.
<< Oh, signor Holmes, dottor Watson! Billy parla in continuazione di voi, è così felice che vi stiate occupando di questa brutta storia >> li accoglie la ragazza, stringendo loro le mani nella sua.    << Sono Kelly Jonson, la tata di William e lei è Ulrika Moresku, la cuoca >> dice presentando la donna, che stringe loro la mano con vigore. << Quando sono arrivata qui stamattina mi era stato detto che il rapitore aveva preso anche Billy, invece, è qui e sono così felice >> dice piangendo sincere lacrime di gioia. << Mi ha detto che si è chiuso nell’armadio. Mi aveva parlato di quel gioco propostogli dalla madre. Continuava a dirmi che secondo lui era preoccupata che qualcuno facesse loro del male >>.
<< E ha ragione >> conferma Sherlock. << Dopo la morte di Silver avete notato altre stranezze oltre questo gioco. Vi prego di non tralasciare nulla >>.
<< Una settimana dopo circa, un sasso è stato lanciato contro la finestra dello studio della   signora >> dice Ulrika. << Lei era seduta allo scrittoio ed è stata una vera fortuna non si sia fatta nulla. L’ho sentita gridare spaventata e sono corsa a vedere cosa fosse successo. Ho visto subito il grosso sacco avvolto in un foglio bianco tenuto fermo da un elastico. Ho fatto per prenderlo ma la signora me lo ha tolto dalle mani. Quando ha letto ciò che c’era scritto è impallidita. Per poco non sveniva >>.
<< Sa cosa c’era scritto sul foglio? >> domanda Greg.
<< No, la signora me lo ha tolto subito di mano e non sono riuscita a vedere nulla. Non l’ho mai vista così nervosa. Per fortuna Billy quel pomeriggio era fuori con Kelly e non ha assistito all’ennesima scenata di suo padre, quando è rincasato >>.
<< Perchè ha fatto una scenata? >> domanda John. Le due donne si scambiano un’occhiata facendosi coraggio l’un l’altra e si voltano a guardare il bambino ancora intento a consumare la sua colazione dividendola col cucciolo.
<< Resti tra noi, ma non ci è mai piaciuto come quell’uomo tratti la moglie e anche il figlio >> dice Kelly.
<< Non si rende conto dei tesori che ha accanto >> sospira affranta Ulrika. << La signora è corsa dal marito a mostrare il foglio. Ci si aspetta che un uomo consoli la moglie spaventata e prenda in considerazione un fatto serio come quello di un vetro di una finestra che si affaccia sul giardino interno, rotto da un sasso al quale è stato pure allegato un biglietto. Lui, invece, le ha dato della pazza visionaria. Io non ce l’ho fatta e ho sbirciato >> ammette la cuoca. << Troppe volte mi sono trattenuta dal correre in soccorso alla signora, ma, per quanto so non essere giusto, non posso permettermi di fare la fine di Amina >>.
<< Neppure io >> concorda Kelly. << Cerco, per quanto posso, di proteggere William, almeno quando sono qui >>.
<< Voi non alloggiate in casa? >> domanda John.
<< No. Prima che Amina fosse mandata via sì, ma poi il signor Ford ha preferito ci sistemassimo per nostro conto, venendo a lavorare dalle 7 alle 21 >> risponde Kelly.
<< Perché questa decisione? >>.
Le due donne si scambiano un’altra occhiata.
<< Perché, John, il padrone di casa torna molto tardi e sfoga le sue ire dopo cena >> dice Sherlock cogliendo di sorpresa le donne. << La domestica licenziata è stata molto ricca di particolari nell’intervista rilasciata. Il bambino mandato a letto senza cena al minimo errore commesso a tavola o umiliato per un voto che non fosse eccellente. La donna minacciata se solo tentava di difendere il figlio, minacce che immagino passassero anche ai fatti >> dice guardando le donne che abbassano svelte lo sguardo. << Ovviamente >> constata Sherlock. << Ha detto che ha sbirciato. Cos’ha visto? >> chiede alla donna più anziana.
<< Lui le ha strappato il foglio di mano, lo ha appallottolato e gettato nel fuoco. La signora si è messa a gridare e ha fatto per recuperarlo >> la donna si blocca, le labbra strette a disegnare una linea bianca.
<< E lui l’ha calciata via >> conclude per lei Sherlock. La donna annuisce e volge lo sguardo commosso al bambino.
<< Dalla morte di Silver i litigi erano aumentati >> dice Kelly. << William ha perso parecchi chili, non ne voleva più sapere di mangiare e ogni mattina trovavo il letto bagnato e ho fatto i salti mortali per non farlo sapere ai genitori. Sua madre lo avrebbe consolato, ma non potevo rischiare le sfuggisse qualcosa a riguardo durante uno dei litigi >>.
<< Perché, alza le mani anche sul figlio quel bastardo? >> sbotta John arrabbiato.
<< L’umiliazione ferisce più delle botte, John >> risponde Sherlock in tono greve. << Non è stupido, sa che lasciare segni su un bambino può far passare persino a un intoccabile come lui un brutto quarto d’ora >>.
 Sherlock si volta verso William, che ride allegro mentre Morgan lecca via i residui di latte e biscotti dal suo viso, e a John non sfugge il sospiro affranto che cerca di camuffare.
<< Poi ci sono state le telefonate >> continua Ulrika.
<< Quali telefonate? >> chiede Greg.
<< Oddio, non erano telefonate, solo squilli. Ad ogni ora del giorno e anche della notte, da quel che mi ha detto William >> dice Kelly.
<< Sì, è capitato anche a me di andare a rispondere e non sentire nulla dall’altra parte. Chiamavano e appena si rispondeva mettevano giù. Il signor Ford diceva essere solo uno scherzo di cattivo gusto da parte di qualche ragazzino. La signora, invece, era seriamente innervosita dalla cosa. E’ arrivata a staccare il telefono in una vera e propria crisi di nervi due settimane fa’, quando gli squilli venivano fatti ogni ora. Aveva implorato il marito di fare almeno una denuncia, ma lui non ne ha voluto sapere. Penso che se si è arrivati a tanto sia stato anche a causa del menefreghismo di quell’uomo. Non è bene parli male del mio datore di lavoro, ma se avessero preso solo lui vi direi tranquillamente che ben gli sta. La signora però… non se lo merita >> dice la cuoca commuovendosi e nuove lacrime vengono asciugate dal suo fazzoletto di stoffa. Sherlock le posa una mano sulla spalla e il gesto di conforto coglie di sorpresa John e Greg, che si scambiano un’occhiata stupita.
<< Pensa che siano morti, signor Holmes? >> gli chiede Kelly << William ha solo i nonni e non sono neppure i migliori nonni del pianeta, se mi è concesso dirlo. Mi si spezza il cuore all’idea di saperlo chiuso in chissà quale collegio >>.
Sherlock volge lo sguardo al bambino che li sta guardando attento, fingendo di coccolare Morgan. Sostiene il suo sguardo e il consulente lo chiama a sé. Si accoscia mettendosi alla sua altezza e Morgan non perde tempo a dimostrargli quanto gli sia mancato.
<< Non so come stia la tua mamma. Quello che so e che farò di tutto per scoprire cosa le è successo e anche per trovarla. Voglio tu sappia, però, che non sono infallibile. Darò il massimo, come sempre, potrei però anche non riuscire. Pensi di poterlo sopportare? >>.
John, Greg e le due donne non sono sicuri sia stato un discorso adatto ad un bambino di soli otto anni. William, però, prende in seria considerazione quanto detto dal consulente.
<< Papà dice che non si sbaglia mai e invece guarda che casino è successo a causa sua! Lui dice che tutto deve essere sempre perfetto e in ordine e la mamma, invece, che quella è prerogativa dei robot. Io non sono un robot e neppure tu, quindi possiamo anche sbagliare e non è colpa nostra. Kelly dice sempre che se ci si aiuta si sbaglia meno. Posso aiutarti, signor Holmes? >>.
<< Chiamami Sherlock >> .
<< Billy, sei troppo piccolo, cosa puoi fare tu? >>.
<< Non si è mai troppo piccoli per dire la verità e far sì che vengano puniti i malvagi e sia fatta giustizia >> dice Sherlock scoccando un’occhiataccia alla tata che arrossisce imbarazzata.<< William ci ha già aiutati e credo che abbia qualcosa di nuovo da dirci >>. Il bambino annuisce serio.
<< E perché non ce l’hai detto prima? >> domanda Greg impaziente.
<< Perché stavate facendo gli adulti misteriosi >> ribatte il bambino e Sherlock ride di gusto alle sue parole.
<< Misteriosi e idioti >> puntualizza e Morgan abbaia trovandosi d’accordo con lui. << Cos’hai scoperto? >>.
<< Non ho potuto verificare perchè questo signore mi ha obbligato ad andare in cucina >> dice indicando Greg.
<< Ragazzino, stanno facendo dei rilievi nel salotto non potevo farti scorrazzare a tuo    piacimento >>.
<< Fino a prova contraria questa è casa mia, lo sa? >> ribatte lui puntando i piedi, le mani ai fianchi e questa volta anche John si unisce alla risata spontanea di Sherlock. Il rimprovero di Kelly cade nel vuoto.
<< Beh non puoi dargli tutti i torni, Greg >> dice John, ricomponendosi all’occhiataccia del detective.
<< Ok, ok, io capisco che al momento il padrone di casa sia lui, ma ho un’indagine di rapimento in corso e ho già un bambino arrogante da sopportare, due sono decisamente troppi! Sherlock vado a tenere a bada il commissario capo, che, dopo la decima chiamata nel giro di venti minuti, ha visto bene di precipitarsi qui. Ti do dieci minuti, non uno di più, e conto di avere poi da te un quadro completo di quel che pensi stia succedendo. E’ un ordine! >>.
<< Contaci, Greg >> interviene John, tenendo la mano ben premuta sulla spalla del suo compagno, impedendogli di scattare in piedi e dare addosso al troppo nervoso detective.
<< Non una parola, Sherlock >> aggiunge quando questi si allontana a gran passi.
<< Volevo solo dirgli che non sono uno dei suoi uomini e che non prendo ordini da lui >>.
<< Al mio paese questo si chiama buttare benzina sul fuoco >> dice Ulrika.
<< Anche al mio >> ne conviene John, scoccando un’occhiataccia al suo uomo. << Il tempo passa, vogliamo muoverci? >> aggiunge invitando consulente e bambino a portare avanti le indagini. William annuisce, intimorito dalla serietà di John. Prende per mano Sherlock e lo trascina nell’ingresso. John e Morgan li seguono.
<< Ho visto una cosa che è strana >> dice fermandosi fuori dalla cucina, indeciso se procedere tra gli uomini della scientifica, vestiti con le loro buffe tute e le cuffiette persino ai piedi.
<< Dove l’hai vista? >> gli chiede Sherlock accosciandosi accanto a lui, Morgan subito dietro.
<< Lo vedi quel tavolino rovesciato? >> gli indica col dito. << Mamma lì ci tiene i compiti dei suoi allievi. E’ una pila altissima di racconti che corregge tutte le sere. Prima che andassi a dormire c’erano e mi aveva promesso che sarebbe venuta su a leggermene uno che secondo lei era davvero bello. Sa che mi piacciono i gialli e quando i suoi allievi li scrivono mi legge sempre quelli più belli. Io, però, scopro subito il colpevole >> dice orgoglioso. Sherlock gli scompiglia i capelli in modo più spontaneo rispetto a poco prima.
<< Finirà che mi ruberai il lavoro! >> dice facendo arrossire le piccole guance pallide di William. << Se la tua mamma è solita tenerli lì e tu li hai visti prima di salire in camera e ora non sono sparsi per terra… >>.
<< Vuol dire che il rapitore li ha portati con sè! >> conclude entusiasta il bambino.
<< E’ un’ipotesi plausibile che però va confermata >> dice portando le mani giunte sotto il mento. << La cuoca ha detto che tua madre ha uno studio qui a casa >>.
<< Oh, sì, è di là >> fa per correre, ma si ferma di colpo. << Per arrivarci, però, dobbiamo passare tra di loro >> sussurra indicando gli uomini della scientifica.
<< E che problema c’è? >> domanda Sherlock. Gli fa segno di salire sulla sua schiena e il bambino entusiasta si aggrappa alle sue spalle. Morgan abbaia a quel nuovo strano gioco.
<< Sherlock >> sospira John portando una mano agli occhi. Scuote il capo rassegnato mentre il compagno si alza in piedi pronto a infrangere le regole.
<< Non starai davvero per fare ciò che penso! >>.
<< E da quando pensi, Anderson? >> ribatte Sherlock muovendosi indisturbato verso lo studio della madre di William, posto al fondo del salotto. Morgan lo segue zampettando con la stessa sua noncuranza.
<< Tu e il tuo cane state contaminando la scena del crimine! >>.
<< E tu stai abbassando la media del QI di tutti i presenti >>. William trattiene una risata affondando il viso tra i ricci del consulente.
<< Farò rapporto al commissario capo >>.
<< E’ proprio lui che mi ha voluto qui, Anderson. Se poi vuoi alimentare le ire di Lestrade fa  pure >> ribatte Sherlock aprendo la porta dello studio di Margaret Ford.
Un intenso e dolciastro profumo di lavanda li investe. Proviene da dei vasetti di pot-pourri sparsi un po’ ovunque. Uno scrittoio in legno di rovere è collocato davanti alla grande finestra che da sul giardino, dalla quale è possibile vedere la cuccia che ha ospitato Silver. Ci sono molti libri accatastati in modo disordinato sullo scrittoio ma nessun manoscritto.
<< La mamma tiene le cose importanti qui >> dice il bambino scendendo dalla schiena di Sherlock per correre al primo cassetto dello scrittoio. Lo tira ma questo è chiuso a chiave               << Uffa! >> sbuffa.
Sherlock prende il suo astuccio dalla tasca interna del cappotto e si inginocchia davanti allo scrittoio. Osserva la serratura del cassetto e estrae gli attrezzi da scasso seguito dallo sguardo curioso del bambino, che si lascia sfuggire un ‘oh’ di stupore quando, dopo pochi tentativi, vede scattare la serratura. Sherlock porta il dito davanti alla bocca lasciandogli intendere di non raccontare in giro ciò che ha visto e lui annuisce portando a sua volta l’indice alle labbra.
Il cassetto contiene una cartellina rossa voluminosa e strapiena che il consulente estrae a fatica. La apre e lui, William e Morgan affondano il naso nel contenuto.
<< Sono schede di iscrizione >>.
<< Sì, al corso di scrittura creativa della mamma. Partecipano sempre in tanti, lei è davvero molto brava! >> dice William orgoglioso. << Di solito mette qui anche i manoscritti. Non ci sono, quindi li ha presi davvero il rapitore >>.
Sherlock annuisce e un sorriso gli si disegna sulle labbra. Volge lo sguardo a Morgan e questi abbaia felice, intuendo già quale sarà la prossima mossa.
<< Signor Holmes! >>.
Il vocione tonante del commissario capo fa trasalire il gruppetto raccolto davanti allo scrittoio. William si fionda tra le braccia di Sherlock e Morgan inizia a ringhiare verso l’uomo in giacca e cravatta che, le mani ai fianchi, li guarda furioso.
<< Dica al suo cane di smetterla! >> tuona alterato.
<< Lei ci aggredisce e lui parte in difesa, commissario capo, cosa si aspetta? >> ribatte Sherlock alzandosi in piedi, William attaccato alle gambe.
<< Io non ho aggredito nessuno! >> sbotta l’uomo incrociando le braccia al petto. Alle sue spalle Greg alza gli occhi al cielo e John scuote il capo rassegnato. << Le ho permesso di intervenire su uno dei nostri casi al momento più importanti e lei cosa fa? Contamina la scena del crimine attraversandola col suo cane nemmeno fosse al parco e si porta dietro persino suo figlio? >> grida indignato additando William.
<< Figlio? >> domanda Sherlock stupito.
<< La scena di un crimine non è il posto più adatto per un bambino! Mi meraviglio di lei, credevo fosse più assennato. Un uomo illustre della nostra scena economica è stato rapito con la moglie e il figlio e io non posso credere lei colga l’occasione per insegnare il mestiere al suo erede! >>.
<< Ehm, commissario capo, temo lei abbia frainteso… >>.
<< Non le permetto di interrompermi, Lestrade! Ero molto scettico all’idea che questo detective privato potesse davvero fare la differenza e ora ne sono più che convinto. Albert Ford è socio di maggioranza di una delle aziende della quale ho acquistato io stesso delle azioni. Ha idea di come coleranno a picco se il rapitore dovesse decidere di farlo fuori? >>.
<< Signore, non mi sembra il caso di parlare di queste cose dav… >>,
<< Io non permetto a lei di parlare! >> grida l’uomo interrompendo John. << Non so neppure chi lei sia e perché si trovi qui. Mi ritengo direttamente coinvolto in questo caso e non tollero si perda ulteriormente tempo. Lestrade, mi meraviglio di lei e della quantità di personaggi strani lei abbia condotto sulla scena d… >>.
<< Faccia silenzio! >> tuona John la cui voce rimbomba contro le pareti. << Sbraita ordini da che è arrivato e non sa neppure di cosa sta parlando. No, ora mi stia a sentire >> dice duro John, che interrompe, puntandogli contro la mano aperta, un’ennesima esplosione di sproloqui. << Questo bambino non è figlio nostro >> dice puntano il dito contro William, che, intimorito, si nasconde dietro Sherlock. << E’ figlio dell’imprenditore che tanto le sta a cuore e del quale ha declamato quanto rovinosa sarebbe la di lui morte per la sua economia privata. Il nostro cane lo ha trovato nascosto dentro l’armadio di camera sua e anche grazie a lui il signor Holmes sta portando avanti le indagini con successo. Per la cronaca >>, aggiunge andandogli a un palmo di naso, << io sono il capitano John Watson, ex quinto Fucilieri di Northumberland, tre anni in Afghanistan, veterano di Kandahar, Helmand e del maledetto ospedale Saint Bart, nonché blogger ufficiale del consulente investigativo Sherlock Holmes. Sarà per me un vero piacere scrivere sul mio prossimo articolo come il commissario capo di Scotland Yard dia priorità alle indagini non per salvare le vittime di un rapimento ma per salvaguardare il suo portafogli! >>.
L’uomo deglutisce vistosamente e muove appena un passo indietro dinanzi la foga del piccolo ma tosto ex Fuciliere. Sistema la cravatta e tossicchia nervoso prima di volgere lo sguardo al bambino.
<< Così tu sei il piccolo Ford >> dice cercando di addolcire la voce.
<< William Ford >> annuisce allontanandosi appena da Sherlock.
<< Ti chiedo di perdonarmi per ciò che ho detto. Non sono stato informato sul tuo ritrovamento e sono felice tu sia qui sano e salvo. Mi impegnerò affinchè tutti quanti diano il meglio per riportare a casa i tuoi genitori, voglio che questo ti sia chiaro >>.
<< Oh, sì, è chiaro >> dice il bambino prendendo coraggio. << Mi è chiaro che lei è uno di quelli che mio padre chiama ‘stronzo arrivista’ >>. Sherlock ride apertamente delle parole del bambino, mentre John e Greg sogghignano sotto i baffi.
<< Oh, ma allora anche tuo padre dice qualcosa di intelligente ogni tanto >> dice Sherlock tornando serio. << William, devi sapere che il mondo è costellato di individui talmente sicuri di sé da non rendersi conto di sguazzare nel fango, convinti come sono che si tratti di acqua di fonte. Mi raccomando, tieniti sempre sulla riva, guardali e passa oltre >> gli dice strizzandogli l’occhio. << Per quanto riguarda lei, commissario capo >>, dice mettendo enfasi alle ultime parole, << come diceva il mio compagno, sono giunto, proprio grazie all’aiuto di William, a un buon punto nell’indagine >>.
<< E’ in grado di dirci, dunque, chi ha rapito il signor Ford? >>.
<< No >> dice e tocca a lui stavolta sedare un’ennesima sciocca esplosione dell’uomo, piazzando la mano aperta davanti a lui. << Non lo sono perché non è lui l’oggetto delle mire del rapitore >>.
<< E allora chi sarebbe? >> domanda l’uomo incredulo.
<< La moglie >>.
<< La moglie? >> .
<< Certo, commissario capo, la moglie. Quella che si acquisisce con lo scambio di un anello e la firma di un contratto >>. William e John ridacchiano divertiti. << Il nome altisonante di Albert Ford ha spinto tutti quanti noi a concentrarci sul pezzo grosso, senza neppure dare un’occhiata a quello apparentemente più piccolo. Almeno finchè William non mi ci ha portato >> aggiunge carezzando i capelli del bambino.
<< Senza nulla togliere alla signora, dal momento che i molti soci di Ford sono in fibrillazione per la sua sorte e dato il gran numero di aziende che detiene, penso sia normale non averci     pensato >>.
<< Invece non lo è >> ribatte secco Sherlock. << Margaret O’Hara è laureata in letteratura     moderna >> dice indicando la laurea appesa in bella mostra alla parete. << E’ una scrittrice che ha al suo attivo un buon numero di vincite in concorsi letterari, nonché la pubblicazione di un best seller con una case editrice di successo >> dice indicando le targhette sparse un po’ ovunque e alcune copie dei suoi romanzi nella libreria. << Gestisce un circolo letterario dove insegna scrittura creativa e il rapitore, oltre lei e il marito, ha portato via anche un plico di racconti manoscritti dei suoi allievi. In questo cassetto abbiamo trovato le schede di iscrizioni al corso di scrittura creativa da lei tenuto e sono sicuro che tra questi si trova il nostro rapitore >>.
<< E lei crede davvero che un rapimento possa essere fatto ai danni di un’insegnate piuttosto che di un imprenditore danaroso? >> domanda scettico il sovrintendente.
<< Margaret O’Hara è una scrittrice di successo, non solo un’insegnante >> specifica serio. << Da lì, però, arriva il rapitore, dal momento che il nuovo corso è iniziato a gennaio e da marzo hanno avuto inizio episodi che potremmo definire di stolkeraggio, che sono stati del tutto ignorati dal signor Ford ma presi in gran considerazione dalla signora. Al punto da ingegnarsi per mettere in salvo suo figlio in caso lo stalker si introducesse in casa loro fisicamente, dopo averlo fatto in modo più, diciamo, indiretto: prima uccidendo il cane di famiglia, poi distruggendo le finestre con sassi avvolti in fogli di carta recanti messaggi a noi sconosciuti ma che hanno terrorizzato la donna e, infine, con continui squilli anonimi del telefono >>.
<< E perché non è stata fatta alcuna denuncia? >>.
<< Perché mio papà è un idiota >> sospira William. Morgan gli lecca il visetto triste e gli si struscia contro nel tentativo di tirarlo su, ma stavolta non sortisce effetto. << Lui la mamma non la ascolta mai e non ascolta mai nemmeno me. Pensa di sapere tutto e invece non sa niente. Ha solo tanti soldi e tante persone che gli consigliano come muoverli e questo gli fa credere di essere importante >>. Piange in silenzio stringendo i piccoli pugni. Morgan porta avanti il suo tentativo di consolazione. Vedendo, però, che non ci riesce inizia ad ululare e guaire a sua volta. John si avvicina ai due cuccioli e si inginocchia accanto a loro.
<< Ehi, Billy, penso che tu abbia ragione, sai? Gli adulti perdono di vista le priorità e a volte si dimenticano di essere dei semplici esseri umani. Forse questa storia servirà al tuo papà per imparare che è bene non sottovalutare gli altri >>.
<< O molto più probabilmente darà alla moglie la colpa di quanto accaduto obbligandola a porre fine al suo lavoro e alle sue passioni >> dice Sherlock senza mezze misure. William annuisce rassegnato e John scocca al compagno un’occhiata severa.
<< Meno male che sono io quello ad aver esagerato con le parole >> ribatte il commissario capo rivolgendo a John il suo sguardo sprezzante.
<< Non ho mai pensato, né detto che la verità vada nascosta ai bambini. Loro la conoscono e la riconoscono anche quando gli adulti idioti cercando di nasconderla >> ribatte rimettendo in riga l’uomo. Asciuga delicatamente con la sua mano grande il visetto umido del bambino. << Vuoi vedere come troveremo chi ha portato via la tua mamma da qui ieri sera? >> gli domanda prendendogli il naso tra indice e pollice. William annuisce eccitato.
<< Commissario capo, penso che lei possa pure tornare in ufficio. La contatteremo non appena avremo risolto il caso, in modo che possa salire agli onori della ribalta davanti alla stampa e al suo azionista di maggioranza >> dice passandogli accanto tenendo il bambino per mano, Morgan a scodinzolare subito dietro di loro.
<< Lestrade, i tuoi uomini hanno finito con i rilievi delle impronte? >>.
<< Sì, hanno già mandato i calchi in laboratorio insieme anche a… beh, hai capito >> dice, indicando col capo il retro della casa a far intendere che il corpo di Silver è stato disseppellito.
<< Bene, dì loro di non toccare nulla, ci metterò mano io appena finito questo piccolo esperimento >>.
<< Non mi pare il caso di perdere tempo con inutili esperimenti! >> sbotta il commissario capo, al quale non è piaciuto il suo suggerimento di uscire di scena. Sherlock si volta lentamente verso di lui imitato da William. In sincrono sospirano alzando gli occhi al cielo prima di uscire dallo studio di Margaret Ford.
<< John, tu e Morgan aspettate al fondo della stanza, per favore >>.
John chiama a sè il cane, aspettandosi già quale sia l’esperimento che Sherlock vuole provare e, seguito da Greg e da un commissario intenzionato a non farsi dare ordini, si sposta sul fondo della stanza. Un buon numero di agenti della scientifica, tra i quali lo scettico Anderson, si uniscono a loro curiosi.
<< Aiutami a mettere a terra queste schede di iscrizioni, William. A distanza di mezzo metro l’una dall’altra >> porge una parte delle schede al bambino e insieme le posano sul pavimento, coprendolo quasi del tutto. Quando le hanno finite Sherlock chiama a sè Morgan e lo porta verso le impronte lasciate dal rapitore.
<< Da bravo, Morgan, annusa bene >> gli chiede e il cucciolo esegue, passando il naso diligentemente su tutta la superficie dell’impronta. Quando ha raccolto tutti i dati che gli servono si siede sulla coda, rivolgendo gli occhioni al padrone. << Ora cerca >> gli dice Sherlock indicandogli i fogli. Il cagnolino si ferma su ognuna delle schede di iscrizione, le annusa e passa oltre. Zampetta veloce su cinque delle file che hanno creato prima di fermarsi più a lungo su una scheda. La annusa più volte girandoci attorno, lasciando col fiato sospeso i presenti. Si siede e inizia ad abbaiare rivolto al suo padrone. Sherlock con quatto grandi passi gli è accanto. Gli accarezza la testa dandogli un premietto che il cucciolo sgranocchia soddisfatto. Raccoglie la scheda e si alza in piedi.
<< Sharon Milton >> dice più tra sè e sè che ai presenti. Calpestando con non curanza le schede si avvicina a Greg, John e William seguito da Morgan. << Ecco la nostra vincitrice >> dice voltando la scheda verso di loro.
<< E questo sarebbe il tuo infallibile metodo scientifico? >> ridacchia Anderson.
<< Lo stesso che nel caso dei ladri di diamanti ci ha permesso di trovarne il covo nella metà del tempo che avremmo impiegato con metodi più tradizionali >>.
<< Non sprecare fiato con lui, John >> gli consiglia il consulente. << Giles, qui c’è l’indirizzo di questa donna. Non credo di dover essere io a dirti cosa devi fare adesso. Se il commissario capo non si fida del naso del mio cane potete far contattare tutti gli altri e mandare qualcuno a fare i sopralluoghi. Certo si perderà notevolmente tempo, ma se è per il bene dei metodi tradiz… >>.
<< Oh, la smetta! >> sbotta l’uomo. << Lestrade, faccia come dice. Sappia però, mio caro detective, che se si sta sbagliando le farò togliere la licenza e la sbatterò in galera a vita! >>.
<< Sono un consulente investigativo e non ho bisogno di una licenza per portare avanti il mio lavoro >> precisa Sherlock serio. << John, vai con Gawin e tienimi informato. Io andrò ad analizzare quelle impronte, in modo da risalire al luogo in cui è molto probabile abbia condotto i genitori di William >>.
<< Ok, John, seguimi. E comunque mi chiamo Greg! >> sottolinea il detective, dirigendosi alla porta d’ingresso seguito dal commissario e dal dottore. Sherlock afferra quest’ultimo per un braccio.
<< Hai con te la pistola? >> gli chiede preoccupato.
<< Certo, come sempre >> lo rassicura lui con un sorriso.
<< Bene. Stai attento >> gli raccomanda, carezzandogli la guancia ben rasata.
<< Anche tu >> dice lui baciando quelle dita sempre troppo fredde. << Ci vediamo presto    William >> saluta il bambino scompigliandogli i capelli. John si allontana a passo svelto per raggiungere Greg, seguito dallo sguardo adorante del suo consulente.
<< E’ forte il dottor Watson >> dice William e Morgan abbaia concorde.
<< Oh, sì che lo è. Forte e coraggioso >> sorride innamorato.
<< Siete una coppia arcobaleno? >>.
<< Sì, penso ci chiamino così, ma a noi le etichette non sono mai piaciute. Io devo andare alla scientifica e non posso portare Morgan con me lì. Che ne dici di tenerlo tu? Adora giocare a riportare legnetti e palline >>.
<< Allora prenderò quella grande che a Silver piaceva tanto! >> dice entusiasta il bambino e Morgan gli salta attorno felice.
<< Tu fai il bravo, ok? >> gli dice Sherlock carezzandogli la testa. Il cucciolo gli lecca il viso e poi segue il bambino che gli illustra già quale sarà il loro prossimo gioco. Sherlock prova una strana sensazione nel vedere quei due piccoli pirati correre assieme intendendosi alla perfezione, nonostante parlino lingue diverse.
<< Lei sarebbe un ottimo padre, sa? >> Kelly lo ruba ai suoi pensieri. << La ringrazio per avergli lasciato il cane. Billy ha tanto bisogno di un amico. Vada pure, ora. Ho mandato Ulrika a casa, è anziana e ha vissuto già troppe emozioni per oggi. Resterò io con loro, può stare tranquillo >> gli dice stringendogli appena il braccio in segno di saluto. Sherlock ci mette un attimo a muoversi da lì. Scuote la testa per riavviare il sistema e chiama un taxi.
 
Il cellulare suona in contemporanea con il monitor della scientifica. Mentre l’uno evidenzia la video chiamata di John, l’altro gli fa sapere l’origine dell’ennesimo tipo di terriccio ritrovato sotto la suola.
<< Dammi buone notizie >> risponde controllando velocemente la lista di sette elementi che ha compilato.
<< Il nostro cane ha un fiuto eccezionale e oso dire migliore del tuo >> dice John sorridendo orgoglioso.
<< Non ne avevo dubbi >>.
<< Abbiamo trovato dei manoscritti della Milton i cui temi centrali si rifanno a quanto accaduto in questi mesi in casa Ford: l’uccisione di un cane, un vandalo che rompe a sassate le vetrate delle ville, uno stalker incallito e un rapimento >>.
<< Come si conclude il rapimento? >>.
<< Non nel migliore dei modi, purtroppo. È molto violenta nello scrivere e temo anche   nell’agire.
<< Abbiamo anche trovato un paio di scarponi, presumibilmente gli stessi che ha indossato per uccidere il cane e rapire i Ford >> dice Greg comparendo nello schermo accanto a John. << Ah, ti confermo che sia tu che il bambino avevate ragione: l’autopsia sul cane conferma che è stato avvelenato >>.
 <<  Un’ulteriore conferma della mia tesi su chi sia il vero obiettivo di questo rapimento >> annuisce soddisfatto. << Tornando agli scarponi che mi dicevi avete trovato, no, non sono gli stessi. Non userebbe mai lo stesso paio di scarpe per commettere i suoi crimini, ha letto gialli a sufficienza da sentirsi un’esperta. Peccato non sia abbastanza intelligente, cosa che gioca a nostro favore. Ha usato scarpe dello stesso modello, quelle in dotazione al personale della Tesco, e troverete anche una divisa con uno strappo all’altezza della gamba sinistra >>.
<< Il tessuto trovato da William sulla staccionata? >>.
<< Proprio quello, John. Lestrade, contatta il distretto di Milton Keynes, allertali di quanto sta succedendo e manda una tua squadra da quelle parti. Vi raggiungo a casa della Milton >> dice chiudendo la chiamata lasciandoli con mille domande. Prende il plico di fogli dei rilievi che ha fatto e vola a cercare un taxi.
Raggiunge in fretta l’abitazione di Sharon Milton, un monolocale mansardato sito in un palazzo mal tenuto nel quartiere di White Chapel, nell’area orientale di Londra. Sale i cinque piani di scale che lo portano alle mansarde e trova ad attenderlo sulla soglia dell’appartamento John in compagnia di Greg e della scientifica. Gli uomini di Anderson non attendono neppure l’ordine e appena lo vedono escono dal piccolo ambiente per fermarsi a chiacchierare sulle scale.
<< Stanno imparando >> constata soddisfatto Sherlock alimentando gli sbuffi di Anderson.
<< Sherlock, io temo che la situazione sia piuttosto delicata >> sussurra John preoccupato andandogli incontro. << Questa donna è del tutto fuori di testa >> dice passandogli un plico di fogli dattiloscritti. << Il suo racconto sul rapimento. Di giallo o thriller ha ben poco. È puro splatter e mi auguro che non lo abbia ancora messo in atto >>.
<< I ragazzi hanno trovato la divisa con lo strappo, come hai detto. Stavano tentando di forzare la password del pc… >> gli dice Greg. Sherlock volge lo sguardo al cielo e lo scosta dalla porta per entrare nel monolocale. Si trova costretto a coprire naso e bocca colpiti da un intenso odore.
<< Muffa >> constata osservando i soffitti adornati delle verdi fioriture talmente tanto estese da scrostare l’intonaco.
<< Una vera e propria infestazione >> conferma John fermo sulla soglia.
<< Quali effetti ha sul corpo umano? >> gli chiede Sherlock restando a sua volta sulla soglia mentre osserva la stanza.
<< Dipende dal tipo di fungo. I più comuni sono problemi respiratori e asma, infiammazioni e problemi dermatologici, reazioni allergiche, affaticamento fisico, vertigini e mal di testa, sensibilità alla luce, ma anche problemi di concentrazione e della memoria, cambiamento di umore, ansia e depressione >>.
<< Pensi che in un soggetto predisposto possa scatenare la follia? >> domanda Greg.
<< E’ possibile, incide molto sull’umore e qui ce n’è abbastanza da fare impazzire chiunque >>.
Sherlock prende atto di quanto esposto da John e si avventura all’interno della piccola stanza sporca, malsana e disordinata. Il tetto spiovente non gli permette neppure di stare dritto, cosa che non deve essere però un problema per la donna di piccola statura. Le pareti sono cariche di libri tra i quali spiccano quelli di Margaret O’Hara. L’unico luogo ordinato e ben tenuto è la scrivania posta sotto la finestra. Sherlock si accomoda alla sedia e digita la password azzeccandola al prima tentativo.
<< Ma come cazzo fa! >> esclama uno dei tecnici che deve averci sbattuto a lungo la testa contro.
<< Voi guardate ma non osservate >> dice a gran voce Sherlock subito raggiunto da John e Greg. Il resto della squadra fa capannello, curiosi, sulla soglia. Solo Anderson borbotta tra sè indispettito, seduto sui gradini delle scale.
<< Sharon Milton è una giovane donna di 23 anni. Lavora come magazziniere alla Tesco nel turno notturno e passa il giorno in parte a dormire, immagino, e in parte a questo pc a scrivere i suoi deliri. La O’Hara è tra i suoi autori preferiti ed è una nota giallista. Il suo best seller più conosciuto è ‘Mater misericordiae’ e nella libreria ne sono presenti addirittura tre copie: quella economica, la prima che ha acquistato e la più consumata da innumerevoli e ripetitive letture; la ristampa per festeggiare il milione di copie vendute e quella gold che avrà sicuramente presentato alla sua beniamina per farsela autografare. Direi che è elementare dedurre che la password del pc di questa nostra folle scrittrice possa solo essere il titolo del suo libro preferito >>.
Uno dei ragazzi della scientifica controlla per scrupolo le tre copie e scuote la testa stupito dall’esattezza della descrizione fatta dal consulente. John osserva orgoglioso la scena ridendo sotto i baffi e posa possessivo la mano sulla spalla del suo uomo intento ad analizzare il contenuto del pc.
Sul desktop vi sono solo tre cartelle: il cestino, il collegamento a internet e una denominata ‘I miei libri’. Sherlock la apre e vi trova due sottocartelle. Apre la prima, ‘Concluse’, e scorre una notevole quantità di sottocartelle nominate con i titoli dei racconti e dei romanzi scritti dalla Milton. La chiude e la seconda, denominata ‘Laboratorio’ attira la sua attenzione.
<< Ecco qui i racconti che mi dicevi al telefono, John >>.
<< Sì, sono gli stessi che abbiamo trovato stampati >>.
<< Sono quelli che ha creato e presentato alla O’Hara durante il laboratorio di scrittura      creativa >>.
Apre il primo dal titolo ‘Il miglior amico dell’uomo’ e ne legge velocemente qualche passaggio facendosi un’idea della persona con la quale hanno a che fare.
<< Più che psichiatria c’è da allertare un esorcista >> borbotta Greg alle sue spalle, perso nella lettura dello stesso manoscritto.
<< Io direi piuttosto un disinfestatore, dato il luogo in cui ci troviamo, Lestrade. Il diavolo, così come il suo opposto, sono solo una creazione letteraria >>.
Sherlock chiude la cartella e apre la posta elettronica nella quale è presente solo lo scambio di e-mail, prima cordiale e poi sempre più animato, tra la Milton e la O’Hara.
<< Mio dio, puro delirio >> sussurra John.
<< Vedo sempre più difficile trovare vivi quei due >> sospira Greg stropicciando il viso stanco.  << Non ha chiesto riscatto, non ha dato nessuna comunicazione. Li ha presi per il puro piacere di ucciderli e vorrei capire il perché >>.
<< Per punire Margaret per non aver accettato le sue storie >> risponde Sherlock col suo tono ovvio e snervante. << Abbiamo a che fare con una ragazza visibilmente disturbata, una scrittrice in erba, speranzosa di riversare le sue opere creative sul mercato trasformandole in un best seller. È sola, priva di relazioni importanti e di una famiglia, conduce un lavoro che non la soddisfa, né le permette di trovarsi un posto migliore in cui vivere e riversa la sua rabbia, la sua disperazione e i suoi sogni nei suoi racconti. Finalmente incontra la sua scrittrice preferita, riesce a racimolare quanto le serve per iscriversi al suo corso di scrittura creativa e questa ha l’ardire di bocciare i suoi capolavori >>,
Sherlock legge un passaggio della e-mail dopo la quale i toni si fanno più accesi e deliranti.
 
“Mia cara, Sharon, i tuoi scritti sono interessanti, carichi di pathos e privi di alcun tipo di filtro. Descrivi con dovizia di particolari anche gli aspetti più macabri e truci e sicuramente troverai uno spazio editoriale favorevole. Non posso, però, permetterti di leggerli nello spazio lettura che teniamo una volta ogni mese nel circolo letterario, né pubblicarli sul nostro periodico perché sono molto lontani dallo stile che si è soliti leggere qui. Non è però mia intenzione tarparti le ali, nè tantomeno sminuire le tue opere. Sono disponibile per aiutarti a trovare la tua strada e editori disposti ad accoglierti”.
 
<< Beh, non è stata castrante, anzi, si è resa pure disponibile ad aiutarla >>.
<< Il punto è, Greg, che temo l’abbia vissuto comunque come un rifiuto >> dice John. << La O’Hara è la sua autrice preferita e doveva accettarla per quello che è senza fare storie, come fosse una mamma misericordiosa che antepone al benessere del figlio qualunque altra cosa >>.
<< Proprio così >> conferma Sherlock.
<< Di bene in meglio >> sospira Greg carezzando la barba ispida. << Perchè mi hai detto di mandare una squadra a Milton Keynes? Cosa hai scoperto dalle impronte? >> chiede e il consulente gli porge un plico di fogli.
<< Sette diversi tipi di terriccio >> dice tornando ad aprile la cartella ‘Laboratori’. << Come puoi vedere dall’ultima stampa, 4 di questi sono tipici della località di Milton Keynes. Dai rilievi deduco che il luogo si trovi nei pressi del Willen Lake >>.
<< Un po’ troppo generica come indicazione>> fa notare Greg.
<< Lo so >> sbotta Sherlock alzandosi nervoso dalla sedia.
<< Willen Lake… caspita un’ambientazione ideale per questo racconto dell’orrore >> dice John.
<< Ma certo! Che idiota che sono! >> esclama Sherlock battendosi una mano sulla fronte. Corre da John e gli stampa un bacio sulle labbra. << Il mio infallibile conduttore di luce! >> dice picchiettandogli le guance. << Abbiamo a che fare con una scrittrice! Una scrittrice >> grida, ma né John, né i presenti sembrano cogliere il perché del suo entusiasmo. Passa esasperato le mani sul volto e prende un profondo respiro. << Ha stalkerato la O’Hara mettendo in atto quanto ha scritto nei suoi racconti ed è lì che troveremo descritto anche il luogo in cui li tiene prigionieri >> dice indicando il pc.
<< Nel racconto del cane parla di un cottage in riva al lago >> dice John che entra subito in azione, sfogliando le pagine del manoscritto.
<< In questo del teppista il cottage diventa un appartamento ammobiliato, ma la descrizione di dove sia ubicato è più precisa >> si unisce a lui Greg. << Nel rapimento, invece, parla di una cantina interrata dove gli ostaggi possono sentire ‘i garriti delle gabbianelle e il vociare delle persone’ >>.
Sherlock digita frenetico sul suo smarthphone inserendo tutti i dati riportati e circoscrive la zona che però resta sempre troppo generica.
<< Non va bene, è troppo impreciso! >> sbotta Sherlock dando un pugno sulla scrivania.
<< Sei riuscito a risalire a un luogo dai resti di terriccio sotto una suola, Sherlock, e a circoscriverlo grazie a stralci di racconti >> tenta di calmarlo John.
<< Sì, ma non basta! >> insiste il consulente tornando a sedere al pc. << Forse scorrendo gli altri otterremo più indizi >>.
<< Sono centinaia ci metteremo una vita >> ribatte Greg.
Sherlock non lo ascolta e porta il cursore del mouse sulla x della cartella ‘Laboratorio’, ma si ferma poco prima di cliccarci su. Sbatte le palpebre sull’ultimo dei titoli presenti.
<< Mater misericordiae >> sussurra aprendo la cartella. John si avvicina a lui e insieme iniziano a leggere il racconto.
<< Oh, cristo! >> sussurra John divenendo pallido.
<< Lestrade! >> grida Sherlock, che si alza come una furia e, cogliendolo di sorpresa, afferra il detective per il bavero della giacca. << Non è stata data notizia del ritrovamento del figlio dei Ford, vero? >>.
<< No, non ho dato alcun ordine a riguardo >>.
<< E il commissario capo? >> lo incalza. Il detective sgrana gli occhi stupito.
<< Oddio! >>.
<< Lo sapevo! Quell’idiota per tenere a bada i soci di Ford ha messo a repentaglio la vita del figlio! >> sbotta Sherlock colpendo il muro con un pugno. << C’è un racconto, uno che la Milton non ha stampato e che ha lo stesso titolo del best seller di Margaret O’Hara >>.
<< L’ho trovato! >> esclama John saltando a sua volta in piedi. << Descrive nei minimi dettagli dove si trovi il vecchio casolare nel quale conduce il bambino per permettergli di assistere all’omicidio della madre >> dice John indicando lo schermo. << Dov’è William adesso, Sherlock? >>.
<< Con la tata. Gli ho lasciato Morgan >> aggiunge e i due si scambiano un lungo sguardo preoccupato. << Non c’è tempo da perdere! >> grida Sherlock e con John si precipita fuori dall’appartamento, mentre Greg comunica ai suoi uomini a Milton Keynes il luogo in cui è possibile siano tenuti prigionieri i coniugi Ford.
Salgono sul taxi, nervosi e tesi. Sherlock guarda fuori dal finestrino mordendo il labbro inferiore così forte da lasciare brutti segni rossi. John posa la mano sulla sua chiusa a pugno e il consulente la apre e lascia che la stringa forte.
<< Morgan è con lui, lo proteggerà >> gli dice sebbene sia preoccupato per il loro cagnolino.
<< Non mi aspettavo nulla di simile quando gliel’ho lasciato >> sussurra guardando la strada.
<< Cosa ti ha spinto a farlo? Non permetti a nessuno di tenerlo all’infuori di noi? >>.
Sherlock sospira e il suo volto si rattrista.
<< Quel bambino… è così solo >> sussurra. << Ha bisogno di un amico. Nessuno dovrebbe essere solo a quell’età >>.
John gli stringe la mano. Vorrebbe chiedergli della sua infanzia, se sia stata simile a quella di William, se si sia sentito solo, se, come il bambino, ha avuto almeno una tata e una cuoca a prendersi cura di lui. Sa solo di Barbarossa, il cane col quale per cinque anni ha giocato ai pirati. Proprio come staranno giocando William e Morgan adesso.
 
Morgan drizza le orecchie e si guarda attorno lasciando rotolare oltre la pallina.
<< Ehi, perché non la prendi? >> gli chiede William stupito. Il cucciolo inizia a ringhiare, un suono profondo, gutturale appena udibile. Il bambino gli si avvicina guardandosi attorno.
<< Hai sentito qualcosa? >> gli chiede andando accanto a lui. Il cane abbaia una sola volta, afferra con i denti il bordo della maglietta del bambinoe lo trascina verso casa. William non fa ulteriori domande e si lascia trascinare.
<< Kelly! >> chiama a gran voce chiudendo la porta che da sul giardino. << Kelly, dove sei? >>. grida spaventato, mentre Morgan ringhia ora più forte.
<< Billy, cosa c’è? >> gli chiede la donna facendo capolino dalla cucina. Il bambino le corre incontro e la stringe forte alla vita.
<< Morgan ha sentito qualcosa, dobbiamo andarcene subito! >> le dice guardandola con occhi enormi. La ragazza è stupita. William non è un ragazzino che si agita facilmente, avvezzo com’è alle sfuriate del padre e a quel malsano clima familiare. Il cane di Sherlock Holmes, poi, ringhia guardando la porta dalla quale sono appena passati, le quattro zampe magre ben piantate al pavimento.
<< Prendo le chiavi dell’auto >> dice correndo in cucina. William guarda spaurito Morgan abbaiare a pieni polmoni. Il cane si sposta dalla porta e percorre il perimetro del salotto, abbaiando alle grandi vetrate dalle quali il bambino intravede un’ombra.
<< Kelly è qui! Sta arrivando! >> singhiozza, le ginocchia che tremano impazzite. La ragazza, armata di mattarello lo raggiunge. Vede il cane abbaiare alla porta d’ingresso, la bava alla bocca che gocciala ovunque a ogni latrato.
<< Usciremo dalla porta della cucina, salteremo la staccionata e raggiungeremo la mia auto parcheggiata sulla strada vicino la cassetta delle lettere, ok? >> sussurra Kelly e il bambino, aggrappato al suo braccio rassicurante, annuisce atterrito.
<< Morgan! >> chiama il cane che si volta verso di loro. Sembra intuire le intenzioni della donna e li segue. Vanno alla porta della cucina e William vede l’ombra di prima correre veloce nella loro direzione.
<< Non apri… >>.
Non riesce a ultimare la frase. Qualcosa colpisce alla testa Kelly, che ha solo il tempo di emettere un debole ‘ah’ prima di stramazzare al suolo. Il bambino fa appena a tempo a spostarsi prima che la tata gli rovini addosso. Morgan si frappone tra lui e la donna magrissima, armata di una mazza da baseball, ferma sulla soglia.
<< Ciao Billy >> lo saluta con voce calma e un sorriso cordiale sulle labbra.
<< Sharon? >> sussurra stupito il bambino.
<< Eh sì, proprio io >> ride lei allegra. << Mi spiace molto per Silver. Non volevo farlo, ma tua madre mi ha costretta >>.
L’anno prima erano dovuti andare via per un lungo periodo e avevano lasciato la casa ai domestici e Silver a una dogsitter. Suo padre aveva fatto molti colloqui prima di scegliere Sharon, risultata essere, nonostante l’apparenza eccentrica, l’unica senza troppe pretese. Per insegnarle le abitudini del cane, William aveva trascorso un’intera giornata con quella sorta di Harley Quinn dall’umorismo tagliente e la voce stridula, che non gli piaceva per nulla. Silver e il suo grande e grosso amico a quattro zampe dopo un’iniziale diffidenza l’aveva accettata come tata provvisoria e anche William si era sforzato di convincersi che potesse andare bene.
<< Lui ti considerava una sua amica e tu lo hai tradito >> sussurra il bambino dai cui occhi sgorgano calde lacrime incontrollate. Morgan abbaia impazzito alla ragazza, indietreggiando verso William.
<< Vedo che ne hai preso un altro. Me lo aspettavo. Tu e i tuoi genitori considerate gli altri esseri viventi semplici oggetti al vostro servizio. Ho giusto qualcosa per te piccolino! >> gli dice lanciando un pezzo di salsiccia che cade ai piedi del cucciolo.
<< No, Morgan, non toccarla! >> grida il bambino ma il cane non ha alcuna intenzione di accettare il dono non richiesto.
<< Oh, non me l’aspettavo >> sussurra la ragazza inclinando la testa di lato. << Vorrà dire che batterò un altro home run >> dice facendo roteare la mazza da baseball.
<< Morgan scappiamo! >>.
William corre via e il cane gli è subito dietro. La ragazza sbuffa e soffia via la frangetta dagli occhi. << Così mi farai solo perdere tempo, Billy >> sospira e, scavalcata la sagoma incosciente della tata, entra in casa.
<< Lo conosci, vero, il libro di tua madre? >> dice a gran voce, attraversando piano la cucina.     << Tu adori i gialli e sicuramente le avrai chiesto di leggertelo, anche se non è propriamente una lettura adatta a un bambino >>.
William corre in camera sua, chiude la porta e con Morgan si nasconde nell’armadio. Le parole della ragazza gli giungono appena dal piano di sotto.
<< Certo i miei testi sono più crudi, ma mi meraviglio lo stesso lei ti abbia letto il suo romanzo. Quelle scene di sesso e quelle di violenza non hanno turbato il tuo animo, né quello dei soci del circolo, evidentemente >> dice colpendo con forza un vaso con la mazza da baseball mandandolo in mille pezzi. William stringe al petto Morgan, teso e allerta.
<< E’ la storia di una donna ossessionata dalla religione, che diventa un serial killer dicendo di essere una madre misericordiosa mandata da dio a punire i peccatori. Trama banale, scontata. Il successo lo avrà ottenuto solo perché moglie di tuo padre, ne sono sicura >> dice salendo piano le scale.
William sente la sua voce ora più forte.
<< Pensa che è così banale, quel romanzo, che, mentre uccide, la donna canta una canzone. La vuoi sentire? >>.
William rabbrividisce al suono della sua voce dolce che stona in quel momento così carico di paura.
 
Salve Regina,
Mater misericòrdiae:
Vita, dulcédo,
et spes nostra, salve.
 
Sharon giunge alla sommità delle scale e con un calcio sfonda la prima porta che si trova davanti, quella della camera da letto dei coniugi Ford.
William rabbrividisce e Morgan tende le orecchie ringhiando piano.
La donna entra nella stanza e controlla sotto il letto e dietro le tende. Apre le ante degli armadi, ma non lo trova e rabbiosa distrugge il grande specchio decorato. Alcune schegge le colpiscono il viso, ma la lunga scia di sangue che le percorre la guancia non arresta la sua caccia.
 
Ad te clamàmus,
éxsules fìlii Hevae:
Ad te suspiràmus,
geméntes et fléntes
in hac lacrymàrum valle.
 
Distrugge con un colpo di mazza da baseball una delle applique e sfonda con un calcio la seconda porta, quella del bagno. Controlla nel box doccia e lo fa a pezzi, furente per l’ennesimo buco nell’acqua.
 
Eia, ergo,
advocàta nostra,
Illos tuos
misericòrdes òculos
ad nos convérte.
 
In preda alla rabbia distrugge l’altra applique e sfonda con un calcio la porta della cameretta di William. Controlla sotto il letto e un rumore che proviene dall’armadio cattura la sua attenzione. Sorride soddisfatta e appoggia la mazza da baseball alla spalla.
 
Et Iesum,
benedictum fructum ventris tui,
nobis,
post hoc exsìlium,
osténde.
 
Canta camminando piano verso l’armadio, scalciando con forza i giocattoli sparsi sul pavimento.
William rabbrividisce sentendola così vicina e capisce di essersi messo in trappola da solo.
 
O clémens,
O pia,
O dulcis
Virgo Maria
 
Conclude, battendo la mazza da baseball sul pavimento.
<< Ti è piaciuta, Billy? >> chiede dolcemente. << Su, vieni fuori da lì. Non voglio farti nulla, sai? Voglio solo portarti dai tuoi genitori. Non vuoi rivedere la tua mamma e il tuo papà? Manchi loro tanto, tanto >> tenta di convincerlo con voce suadente, ma il bambino non si lascia ingannare. Capisce che da un momento all’altro Sharon aprirà le ante e li troverà. Volge lo sguardo spaventato al cucciolo che gli lecca il naso per poi voltarsi verso le ante, ogni singolo muscolo del piccolo corpo teso.
<< Non farmi venire a prenderti, potrebbe non piacerti >> dice e una nota di rabbia sporca quella finta dolcezza. Furiosa Sharon apre le ante dell’armadio e Morgan con un balzo le si avventa al volto.
<< Maledetto bastardo! >> grida tentando di toglierselo di dosso, ma il cucciolo non molla la presa. William esce svelto dall’armadio e atterrito osserva la scena. La mazza da baseball caduta di mano a Sharon rotola verso di lui come un invito. Il bambino aggrotta le sopracciglia, la afferra e con un grido da vero pirata inizia a percuotere la donna.
<< Vi ammazzo, piccoli bastardi! Vi faccio a pezzi >> urla Sharon, il volto una maschera di sangue e il corpo che via via si copre di lividi. Riesce con un calcio a disarmare William che cade a terra, la mazza da baseball rotola lontana. Con uno sforzo ulteriore si libera del cane che vola verso la parete contro la quale si scontra, prima di cadere a terra emettendo un debole guaito.
<< Sei un bambino molto, molto cattivo, Billy >> dice tra i denti Sharon rimettendosi in piedi a fatica. William osserva quel volto insanguinato, dalle guance sbranate e gli occhi arrossati e grida disperato tutto il suo terrore.
<< Sta zitto! >> urla la donna, estraendo dalla tasca interna della giacchetta di pelle un coltello a scatto. La lama lucida compare emettendo un bagliore. << Cambio di programma >> ride isterica.    << Ti ci porto morto dai tuoi genitori. Ti sventro come un vitello e la stessa fine farò fare al tuo  cane >>.
William vorrebbe chiudere gli occhi ma non ci riesce. La vede piegare le gambe, pronta a balzargli addosso e resta senza fiato. Di colpo, però, Sharon grida e il coltello le scivola dalle mani.
<< Piccolo sacco di pulci >> strilla tentando di afferrare Morgan. Gira su se stessa, il cane appeso a una natica e intenzionato a non mollare. Lo afferra per la coda cercando di strapparlo via, ma una mano la prende per il collo e la porta a conoscere molto da vicino la stessa parete contro la quale ha lanciato il cucciolo poco prima.
<< Lasciala, Morgan! >> grida la voce profonda di Sherlock e il cucciolo obbedisce. << Dammi una buona ragione per non ucciderti qui, adesso >> sussurra alla donna piegandole in malo modo il braccio destro dietro la schiena.
<< Lasciami! >> ringhia questa ed è talmente piena di energia da rendergli difficile tenerla a bada.
<< Sharon Milton, la dichiaro in arresto per il rapimento dei coniugi Ford e per il tentato omicidio del loro figlio William >> recita Greg avvicinandosi a Sherlock. << Ok, ora lasciala a me, Sherlock, ci penso io >> dice al consulente che però non sembra minimamente intenzionato a liberare la donna.
<< Quale onore! Sherlock Holmes il consulente investigativo! Rompimelo pure il braccio, tanto non scoprirai mai dove li tengo nascosti >>.
<< Lo credi davvero? >> ride a sua volta Sherlock. << In questo momento la squadra inviata a Milton Keynes li sta traendo in salvo dalla cantina, umida e ammuffita come il buco che hai per casa, nella quale li hai nascosti. È stato un gioco da ragazzi forzare la password del pc e leggere il tuo ultimo inedito racconto. L’ho trovato avvincente e, a proposito, grazie per la descrizione dettagliata del cottage di tuo nonno sul Willen Lake >>.
La ragazza grida isterica e si muove come presa dalla scossa, allontanandosi e battendo nuovamente contro la parete.
<< Non doveva andare così! >>.
<< Invece è così’ che va >> ringhia Sherlock tenendola ferma. Uno schiocco forte annuncia la rottura del braccio che le ha rigirato dietro la schiena, evento che serve a metterla a bada facendola svenire.
<< Ok, Sherlock, ora puoi lasciarla >> dice John avvicinatosi al suo uomo. << William e Morgan stanno bene, i coniugi Ford anche e il caso è risolto. Lascia che Greg la porti via >> aggiunge posando la mano al centro della sua schiena contratta. A quel contatto sicuro Sherlock si rilassa. Si volta verso di lui come si accorgesse solo ora della sua presenza. Annuisce e lascia andare la presa. Subito cinque agenti prendono in consegna la donna, svenuta dal dolore della frattura, la ammanettano e la conducono via di peso. 
Morgan abbaia e richiama l’attenzione del suo padrone che si avvicina svelto a lui e William accucciati contro la parete.
<< Sherlock! >> grida il bambino volandogli tra le braccia. << Ho avuto tanta paura >> dice piangendo disperato. Sherlock lo stringe forte a sé e lo culla dolcemente carezzandogli i capelli scompigliati. Morgan si avvicina a leccare la mano del suo padrone cercando conforto a sua volta.
<< Sei stato molto bravo, piccolino, davvero molto bravo >> gli dice carezzandogli il musetto sporco del sangue di quella donna. Il cagnolino gli si accuccia contro e chiude gli occhietti sfinito.
<< Abbiamo trovato i tuoi genitori. Li stanno portando all’ospedale per i controlli, ma stanno bene >> dice John inginocchiandosi accanto a loro. Il bambino stringe ancor più forte Sherlock e del suo pianto restano ora solo sporadici singhiozzi.
<< Kelly sta bene. Avrà solo un brutto mal di testa per un bel po’. Anche lei sta andando all’ospedale e penso sia bene vada anche tu >> continua John carezzandogli i capelli.
<< Voglio restare con voi >> sussurra il bambino. Sherlock e John si scambiano un’occhiata stupita. << Mamma e papà hanno fatto un casino, con loro non ci voglio più stare. Avevo detto a papà che Sharon non mi piaceva e che non volevo stesse con Silver, ma lui non mi ha ascoltato. Ha detto che ero troppo piccolo e che quelle erano decisioni da grandi. Ed è colpa della mamma e del suo libro se lei è impazzita. Non li voglio più >> dice piangendo in silenzio nell’abbraccio caldo e rassicurante del consulente.
<< Ehi, Capitano Kidd, lo sai mantenere un segreto? >> gli chiede questi con un sussurro. Il bambino annuisce alzando gli occhietti a incontrare i suoi. << Anche i miei genitori erano due idioti. Mio padre era proprio come il tuo, violento con le parole e con le mani e freddo come il ghiaccio. L’unica cosa importante per lui erano la sua reputazione e la sua carriera. Il resto era un contorno che doveva essere perfetto e impeccabile. Mia madre subiva le sue sfuriate, ma, a differenza della tua, non mi leggeva liberi gialli prima di andare a dormire, né giocava con me ai pirati. Anche lei era distante, irraggiungibile. Ho imparato a non piangere più, a non sentire più niente e a usare solo la mia intelligenza, l’unica cosa che sembrava essere davvero importante. E nonostante tutto mi sono sentito dire a lungo di essere uno stupido >> dice asciugandogli le lacrime dal viso. << Allora ho provato a scappare da loro, dal loro ricordo. Ho rischiato di farmi molto male per scacciare la loro voce. Davvero molto male. Ho perso di vista me stesso nel tentativo di farmi accettare per quello che sono, di cambiarli. Solo che loro non cambiavano, restavano sempre freddi, severi, lontani e persi nelle loro priorità. Stavo cambiando io, invece. Diventavo come loro, perché purtroppo non potevo fare a meno di amarli e di volere il loro amore. Al punto da dimenticare di amare me stesso. Nonostante tutto questo, l’uomo che sono diventato lo devo anche a loro. Se fossero stati diversi non so se avrei perseguito il mio obiettivo e creato questa professione unica al mondo. Non so se sarei felice come lo sono ora. Non ho potuto scegliere i genitori, ma ho potuto scegliermi gli amici dai quali ho ottenuto l’amore e il riconoscimento di cui avevo bisogno e che merito. Sia da quelli a quattro zampe >>, dice carezzando Morgan che apre un occhio per poi richiuderlo borbottando infastidito, << che da quelli a due >> dice posando lo sguardo accorato in quello commosso di John. << Circondati di persone fidate in grado di ricordarti quanto vali e di amarti per ciò che sei e non per ciò che loro vogliono tu sia. Tu hai Kelly, che ti vuole bene come una madre, e la tua mamma, beh io credo che dopo quanto è accaduto sarà in grado di lottare per te, per la tua e la sua felicità >>.
<< Lo credi davvero? >>.
<< Sì. Sei tutto per lei, William, e tu lo sai quanto ti vuole bene >>.
<< Lei sì >> dice rintanandosi contro il suo petto.
<< Uno su due è già un successo >> dice posando un bacio sulla fronte sudata del bambino che gli getta le braccia al collo.
<< Ti voglio bene, Sherlock >> sussurra affondando la fronte nell’incavo del suo collo.
<< Non perderla questa spontaneità >> dice e una lacrima abbandona le sue ciglia. John la guarda stupito scendere lungo la guancia pallida. Posa la mano sul suo ginocchio e lo stringe appena regalandogli un sorriso quando incontra il suo sguardo. << Ora penso sia bene far vedere al dottore questo brutto livido, che ne dici? >>.
<< Uffa, te ne sei accorto >>.
<< Sì, anche io fatico a farmene una ragione del fatto che non gli sfugga mai niente >> dice John ridacchiando. << Vediamo le ferite di guerra, soldato >>.
<< Capitano Kidd >> lo corregge Sherlock.
<< Pirata >> puntualizza il bambino orgoglioso. Morgan dice la sua abbaiando.
John scuote la testa dandosi per vinto. Vede così simili i sorrisi del bambino e del suo uomo e una strana stretta al cuore lo riempie di commozione.
 
Margaret O’Hara ha occhi grandi, umidi di lacrime e segnati dalla disavventura dalla quale è stata tratta in salvo. Corre verso il figlio incurante dei richiami delle marito. Si butta in ginocchio dinanzi a lui attirandolo a sé per stringerlo in un abbraccio da togliere il respiro. Piange ripetendo il suo nome come una litania. Si allontana da lui giusto il tempo per accarezzargli il viso a sincerarsi sia davvero lui, il suo bambino, per poi stringerlo nuovamente al seno.
Sherlock si fa più vicino a John, che silenzioso preme il gomito contro il suo. Non sono avvezzi alle manifestazioni pubbliche d’affetto e forse non lo diventeranno mai, entrambi troppo riservati e sotto sotto timidi. Quel contatto, però, ha lo stesso valore di un braccio attorno alle spalle e di un bacio, tutte cose che avverranno più tardi, nel calore privato del loro appartamento a Baker Street.
John non sa cosa stia passando per la pancia del suo compagno, sente però che questo caso è andato a toccare corde antiche e stonate. Quel che ha detto a William dopo l’arresto della Milton ha confermano questa sua ipotesi azzardata. Vorrebbe fargli tante domande, ma sa che non chiederà nulla. Aspetterà sia lui a voler parlare, se mai vorrà farlo, e se non lo farà andrà bene lo stesso.
Ai loro piedi Morgan scalpita per poter correre dal suo nuovo amichetto.
<< Non se ne parla nemmeno >> gli sussurra John tenendo saldo il guinzaglio. Sono stati già fortunati a poter entrare con lui facendolo passare come cane poliziotto e nonostante questo molte infermiere stanno loro scoccando sguardi poco gentili.
William si volta ad indicarli e la madre si alza in piedi e, mano nella mano, si dirigono verso di loro. Senza mezze misure la donna getta le braccia al collo di Sherlock e lo stringe forte inondando di nuove lacrime.
<< Oddio, non può immaginare quanto le sono grata, signor Holmes >> dice stampandogli sulla guancia un bacio umido, prima di scostarsi e stringersi questa volta a John. << Ci avete salvati, vi dobbiamo la vita, grazie >> aggiunge schioccando un bacio sulla guancia del dottore. << Anche tu piccolino, ti sei battuto come un leone >> dice scendendo ad accarezzare Morgan che può finalmente sfogare il suo desiderio di coccole e leccatine.
Alle loro spalle Albert Ford esce sul corridoio abbandonando la stanza che li ha ospitati. Ha la spalla fasciata, il braccio sorretto da un bendaggio e cammina a fatica.
<< Cosa è successo a suo marito? >> domanda John.
<< Ha trovato qualcuno in grado di tenergli testa, finalmente >> dice dura Margaret. Il marito la richiama a sé e lei lo ignora. William si volta appena verso il padre prima di volgere lo sguardo stupito alla madre che non ha mai visto così determinata.
<< Posso chiedervi di accompagnarci a casa, per favore >> domanda Margaret seria e cortese. Dinanzi al suo continuo ignorarlo l’uomo si muove verso di lei. Morgan scatta in avanti e inizia ad abbaiare come un matto contro di lui. John e Sherlock lo lasciano fare, per nulla intenzionati a richiamarlo.
<< Insomma, dite al vostro cane di farla finita! >> sbotta l’uomo tentando di avvicinarsi alla moglie, ma il cane ringhia ancora di più facendolo indietreggiare.
<< Non mi metterei contro di lui, sa? Ha ridotto ai minimi termini la donna che l’ha conciata     così >> lo avverte Sherlock, senza nascondere la piacevolezza che prova nel punzecchiarlo.
<< Margaret io esigo che tu… >>.
<< Tu non esigi più un bel niente! >> sbotta la donna con un tono che non lascia spazio a repliche, capace di mettere a tacere Morgan. << Io ne ho abbastanza, Albert, e questa storia mi ha fatto capire di aver perso anche troppo tempo. Qualunque cosa tu voglia dirmi potrai comunicarla al mio avvocato >>.
<< Avvocato? Ma di cosa diavolo stai parlando? >> ridacchia l’uomo. << Credi davvero di potercela fare senza di me? >>.
<< Non voglio che tu faccia altre scenate davanti a mio figlio, ne ha già viste troppe a causa tua! Dì ancora una parola e ognuna di queste persone sarà un testimone a mio favore >>.
<< Testimone? E a cosa ti servono dei testimoni? >>.
<< Per accelerare le pratiche di divorzio e affido esclusivo di mio figlio, Albert! >>.
Sherlock ridacchia soddisfatto e strizza l’occhio a William che appare confuso ma più sereno all’ombra di questa mamma battagliera e determinata.
<< Tu sei totalmente pazza! Tutto questo non sarebbe successo se non ti fossi incaponita a voler scrivere le tue cazzate. Credi davvero di poter… >>.
<< Oh, sì che lo credo, Albert! Me ne hai dato conferma quando hai detto a Sharon che non te ne fregava nulla e che mi sparasse pure in testa. Il grande Albert Ford, non si piega dinanzi a nessuno. Le hai fatto così schifo che persino nella sua follia non ha potuto fare a meno di spararti. Per non parlare del calcio che ti ha dato quando ci ha detto che intenzioni aveva per William e tu hai visto bene di dirle cosa pensavi del suo piano. Oddio, spero ti abbia fatto davvero male e causato anche qualche danno permanente perché te lo meriti, oh, sì che te lo meriti. Non sei degno di essere padre! E ora tornatene al sicuro tra le braccia dei tuoi soci se non vuoi che te ne dia uno ancora più forte del suo >>.
L’uomo diventa paonazzo e scatta verso di lei deciso a metterla a tacere, ma Morgan reagisce prima di ogni altro tornando a ringhiare e abbaiare. Sebbene l’istinto lo porterebbe a staccare con una sola mano la testa di quel cagnaccio, quando vede puntati su di sé gli occhi poco gentili di tutti i presenti fa un passo indietro.
<< Signori, rinnovo la mia richiesta: potete accompagnare me e mio figlio a casa del signor   Ford? >> chiede a Sherlock e John.
<< Molto volentieri, signora >> risponde Sherlock soddisfatto. << Penso lei stia facendo la cosa    giusta >> aggiunge strappando alla donna un singhiozzo al quale non fanno seguito, però, altre lacrime.
 
Casa Ford è silenziosa e il campanello rimbomba al suo interno come stesse suonando in una cripta. Margaret recupera la chiave da sotto una mattonella del porticato e un brivido la coglie, ora che rimette piede all’interno. William entusiasta le racconta di come Morgan abbia capito chi li aveva rapiti indicandole alcuni dei moduli d’iscrizione ancora presenti sul pavimento. La donna lo guarda con occhi amorevoli, lo chiama a sé e si inginocchia dinanzi a lui.
<< William, questa brutta storia mi ha fatto capire tante cose e ho preso una grande decisione >>.
<< Lasci papà >> annuisce il bambino. << Sherlock aveva detto lo avresti fatto >>.
La donna strabuzza gli occhi e li volge al consulente fermo col suo compagno sulla soglia.
<< Non ho proprio usato queste parole >> ammette Sherlock e John al suo fianco porta la mano a coprire gli occhi imbarazzato.
<< Capirai, quindi, che dobbiamo andarcene da qui >> dice la donna riprendendo le fila del discorso.
<< Dove andiamo? >>.
<< Ricordi la casa della nonna? Quella che papà ha messo in vendita perché dice che tanto non ci serve? >>. Il bambino annuisce. << Visto che a noi invece piace, ho deciso che io e te ce ne andremo lì. Domani contatterò l’agenzia e la solleverò dall’incarico. Kelly verrà a lavorare per noi e anche Ulrika. Ora voglio che tu prenda il tuo zaino da campeggio e lo riempia piegando bene all’interno i tuoi vestiti preferiti. In quello da scuola, invece, ci metterai qualche libro e alcuni dei tuoi giocattoli. Il resto manderò qualcun altro a prenderlo >>.
Il bambino non sa come prendere la notizia. Volge lo sguardo a Sherlock e John che all’unisono lo invitano ad obbedire.
<< Pensi che Morgan possa aiutarti? >> gli domanda John.
<< Sicuro! Andiamo capitan Morgan >> grida a gran voce e il cucciolo lo segue allegro su per le scale.
<< Scusatemi se vi rendo partecipi di questa cosa che non ha più nulla a che fare con le vostre indagini >> dice la donna asciugando una lacrima caduta a rigarle il viso.
<< Dalle cose peggiori si traggono gli insegnamenti più grandi >> le dice Sherlock porgendole un fazzoletto.
<< Oh, sì, signor Holmes >> ride piano. << Quando ho visto Sharon sparare ad Albert, gridargli ordini sicura di sé e priva di paura nei suoi confronti mi sono detta che anche io avrei potuto trovare la forza di reagire. E farlo richiede comunque una buona dose di follia, per quanto mi ritenga molto più in quadro di quella povera ragazza. Ne ho abbastanza dei suoi continui rimproveri, delle svalutazioni e del suo ego smisurato! So badare a me stessa e sono economicamente in grado di mantenere sia me che mio figlio. Cercherò, per quanto mi sarà possibile, di fare tutto in maniera civile. Non voglio dare un cattivo esempio a mio figlio ed Albert resta pur sempre suo padre >>.
<< Come le ho già detto, penso stia facendo la scelta giusta. Nel caso le maniere civili non dovessero sortire l’effetto desiderato, non esiti a contattarmi. Ho confermato la sentenza americana di morte del marito della nostra padrona di casa, sarà un gioco da ragazzi per me trovare gli scheletri nell’armadio di suo marito. Se vuole distruggerlo la aiuterò volentieri >>.
<< E’ una proposta allettante la sua, signor Holmes >> ridere di gusto la donna. << La userò, però, come ultima spiaggia. Sarà un vero piacere per me invitarvi a cena appena avrò sistemato casa >>.
<< Non mancheremo >> dice John.
<< Ovviamente l’invito è esteso anche al vostro adorabile cane. È stato un bene che ci fosse lui con Billy. Non riesco a immaginare come sarebbe finita, altrimenti >>.
Sherlock e John si scambiano una lunga occhiata. In quel silenzioso scambio di sguardi il discorso accennato in taxi trova un tacito accordo.
<< Signora, noi avremmo pensato, se lei è d’accordo, di lasciare il nostro Morgan a William >> dice John.
<< Ma… ne siete sicuri? Pensavo fosse non solo il vostro cane ma anche un collaboratore importante durante le indagini >>.
<< Sì, è vero, ma al momento pensiamo che sia meglio per William affrontare ciò che si prospetta con un valido amico accanto >> dice Sherlock.
<< Un divorzio non è mai una passeggiata per un bambino e temo che suo marito non mollerà la presa tanto facilmente >>.
<< Ha ragione, dottor Watson. Non sarà facile e sì, Sherlock, Billy si sentirà meno solo con Morgan accanto. Ha sofferto tanto la morte di Silver. Sono cresciuti insieme ed erano inseparabili. Non so come ringraziarvi >>.
<< Prendendosi cura di lui. Le stiamo affidando un pezzo importante della nostra vita insieme >> dice Sherlock prendendo la mano di John.
<< Stiamo però facendo i conti senza l’oste >> dice la donna. << Andiamo a vedere se i due sono d’accordo >> dice a confermare quanto possano stare tranquilli della loro scelta: il loro Morgan sarà in buone mani amorevoli.
Salgono le scale e raggiungono la stanzetta dove trovano William immerso quasi completamente nel grande zaino da campeggio e Morgan che lo guarda curioso, la testa pelosa inclinata da un lato. Appena vede Sherlock e John corre loro incontro posando le zampette anteriori sulle loro gambe e leccandone le mani. Si inginocchiano entrambi davanti a lui.
<< Ne sei sicuro? >> sussurra John a Sherlock, notando i suoi occhi lucidi.
<< Mi mancherà, ma so che qui starà bene. E tu? >>.
<< Non sarà facile tornare ai ritmi di prima. Ci hai stravolto la vita, piccoletto >> dice grattandogli la testa. << Ma qui c’è bisogno di lui e comunque potremo sempre venire a trovarlo >> dice e il suo compagno approva annuendo.
<< Billy, Sherlock e John hanno una proposta da fare a te e Morgan >> dice Margaret attirando l’attenzione del figlio che riemerge dal gigantesco zaino. Corre a sedersi accanto al consulente e al dottore e pure Morgan si siede composto accanto a lui. Sherlock volge lo sguardo a John e questi annuisce incoraggiandolo.
<< Morgan, ho un compito importante da affidarti, apri bene le orecchie, intesi? >> il cucciolo abbaia e si siede ancora più dritto. << La vita di William sta per cambiare e ci saranno alti e bassi. Io e John vogliamo che tu gli stia accanto e lo protegga, proprio come hai fatto oggi. Pensi di poterlo fare? >>. Il cane abbaia e posa una zampetta sul ginocchio del bambino.
<< William, tu che ne pensi? >> gli chiede John.
<< Volete dire che Morgan può rimanere qui con me? >> grida entusiasta il bambino guardando prima loro poi la madre.
<< Sì, tesoro >> conferma Margaret e William alza le braccia al cielo contento.
<< E’ fantastico! Casa della nonna ha un giardino enorme, ci divertiremo tanto, vedrai >> dice prendendo nelle mani le zampette del cane. << E poi se servirà il tuo aiuto per le indagini potremo andare insieme, vero Sherlock? >>.
<< Penso che questo non sia un problema >> annuisce il consulente. Morgan zampetta verso di lui e posa la testa contro la sua pancia. Sherlock lo accarezza a lungo sul collo, dove sa di fargli piacere. << Grazie per tutto quello che hai fatto per noi, piccolino >> gli sussurra posando la fronte contro la testa arruffata. Il cucciolo la solleva e gli lecca la faccia accettando di buon grado baci e carezze da entrambi.
<< Siete sicuri di volerlo lasciare a me? >> gli chiede il bambino commosso dinanzi a loro saluto.
<< Sì, perché sappiamo che come lui si prenderà cura di te, tu te ne prenderai di lui >> dice John. Il bambino annuisce e abbraccia entrambi affondando il viso tra le loro spalle vicine. Margaret piange commossa e Morgan sguscia da sotto William per avvicinarsi a lei e leccarle via le lacrime. La donna sorride accarezzando questo piccolo dono della nuova vita che li aspetta.
 
Il portone del 221 B si chiude alle loro spalle. Nel silenzio amplificato dall’assenza della signora Hudson, in visita alla sorella, salgono i 17 gradini uno accanto all’altro. In quei tre mesi lo scalpiccio delle zampette di Morgan aveva accompagnato ogni salita e ogni discesa ed era saltato loro addosso quando arrivavano dopo essersi assentati da soli o insieme. È strano non averlo tra loro, pronto ad accucciarsi alla sua cuccia ai piedi del letto per poi saltare ai loro piedi non appena si addormentano.
Sherlock prende una delle sue palline smangiucchiate abbandonata sulla sua poltrona e la rotea tra le mani accomodandosi. John lo imita prendendo posto alla propria.
Restano in silenzio per un lungo momento, ognuno perso nei propri pensieri legati a quella piccola grande assenza.
<< E pensare che all’inizio non lo volevo >> rompe il silenzio John sorridendo. << Invece ora… >>
<< …manca >> conclude Sherlock al suo posto. << Se non fosse stato per lui saremmo ancora qui a fingere di essere grandi amici e ottimi colleghi >> dice facendo rimbalzare la pallina sul pavimento per poi riprenderla al volo.
<< Già >> concorda John osservandone il movimento. << Forse era questo il suo compito. Farmi aprire gli occhi, metterci insieme e incontrare, grazie a noi, William >>.
<< Sempre romantico il mio dottore >> sorride Sherlock sfiorandogli la gamba con il piede nudo. << Kelly, la tata di William, ha detto che sarei un ottimo padre >> dice portando avanti quel lento sfioramento.
<< Se mi avessi detto una cosa simile prima che Morgan entrasse nelle nostre vite avrei riso e non poco >> sospira John. << Ora, invece, mi trovo d’accordo con lei >>.
<< Ci hai mai pensato, John? >>.
<< Alla paternità, dici? No. Non mi è mai interessato firmare quel contratto irrevocabile e a tempo indeterminato >> dice guardando di sottecchi il suo uomo. << Tu? >>.
<< Non avrei saputo dare risposta migliore. Solo che… ecco, un figlio forse no, ma un discepolo sì. Qualcuno a cui insegnare il mio metodo, affinchè sia portato avanti e mi sopravviva >>.
<< William è adatto e penso tu abbia rivisto tante così di te in lui >>.
<< Troppe >>.
<< Vuoi parlarmene? >>
<< Non adesso >> dice alzandosi in piedi. Posa le mani sui braccioli della poltrona. << Adesso voglio solo sprofondare tra le sue braccia, capitano >> dice avvicinando le labbra a quelle di lui.
La danza che è solita portarli a letto è sempre stata accompagnata dagli occhietti curiosi e imbarazzanti di Morgan, in questi loro primi tre mesi d’amore.
La sua piccola grande assenza la percepiscono, mentre, un bacio dopo l’altro, raggiungono la camera da letto. Si erano abituati ad abbandonare diligentemente i vestiti sullo schienale della poltrona, o sulle sedie, o sulle maniglie delle porte, dopo che tante camicie e calzini erano diventati preda del cagnolino, che le ha distrutte con i suoi dentini aguzzi. Ora, invece, gettano tutto dove capita ed è una dolce sensazione di libertà sebbene sia amara.
Hanno faticato a fargli capire che doveva restare nella sua cuccia quando erano particolarmente impegnati a letto. Che non doveva saltare loro addosso o abbaiare felice all’idea di un nuovo gioco. Morgan non aveva ancora imparato per bene quel tipo di ordini e la calma con la quale tutto sta ora avvenendo crea un’atmosfera da rinnovata prima volta, che li rende euforici e passionali.
I gemiti, prima soffocati per evitare che il cane prendesse ad abbaiare tenendo sveglio tutto il quartiere, ora possono trovare il giusto sfogo apportando una dose maggiore di piacere e soddisfazione.
Stretto tra le braccia di John, dopo il piacevole oblio che la vicinanza dei loro corpi sa dargli, Sherlock si aspetta di sentire da un momento all’altro Morgan arrampicarsi sul letto e accucciarsi tra le loro gambe intrecciate. Quando realizza quanto questo sia impossibile, il calore delle lacrime gli sale agli occhi. Affonda il viso contro il petto di John che di riflesso lo stringe ancor di più, forse perso negli stessi pensieri.
Al ritmo del battito del cuore regolare e tranquillizzante del suo uomo, Sherlock vede nella sua mente il bambino e il cucciolo correre felici a inseguire farfalle e chimere. Come era solito fare lui col suo fedele Barbarossa, amico, fratello e confidente e si scopre felice di aver permesso a William e Morgan, la nuova coppia di pirati, di partire all’arrembaggio verso nuove avventure.
 
 
 

[1] ‘Seduto e zitto’ in tedesco.
[2] Il nome della nave del pirata William Kidd
[3] William Kidd, corsaro e pirata scozzese vissuto nel 1796… o giù di lì.
[4] Henry Morgan, pirata gallese vissuto nel 1786… o giù di lì.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: pattydcm