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Autore: bustercall_9829    05/06/2018    1 recensioni
Salve a tutti! Ecco la mia prima FF fra una delle mie coppie preferite: MarronxTrunks. In amore si sa, non va mai tutto liscio. Spero vi piaccia! Buona lettura! :)
“Sono solo quattro giorni. Che vuoi che sia?” le aveva detto più volte quel pomeriggio. Ma per Marron quattro giorno sembravano eterni: si era da poco trasferita in un piccolo appartamento in città che divideva con una sua amica, compagna di studi. La vita in città non faceva per lei. Odiava il freddo e l’inverno, essendo cresciuta a ridosso del mare.
Genere: Drammatico, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bra, Goten, Marron, Pan, Trunks | Coppie: Marron/Trunks
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
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CAPITOLO 4 Che cazzo ci faceva quella troietta davanti casa mia? Per fortuna Sue era ancora dai suoi genitori per passare le feste, quindi potevo sbraitare quando volevo, sempre se il padrone di casa non mi dava il benservito. Indossava una costosissima pelliccia, unghie laccate di rosso e rossetto dello stesso colore: la sua borsetta costava un occhio della testa. Io che faticavo a trovare lavoro, volevo prendere a sberle quella figlia di papà: così maledettamente perfetta.
"Ciao, sono qui per..."
"Non mi interessa, e ora smamma" dissi inserendo le chiavi nella toppa. Nina si agitò cercando di in qualche modo di farsi notare e sentire.
"Ascolta, mi spiace per quello che è successo, ma è stato solo un bacio: fidati della mia parola!"
"Cosa dovrei fare io? Ma fammi un piacere, come minimo te lo sarai scopato sì e no due volte quel giorno...meglio che dimentichi cosa è successo, altrimenti di spacco quel bel faccino da angioletto!" ero nervosa, stavo perdendo la calma. "Non siamo andati a letto insieme, se è quello che vuoi sentire. Lui mi aveva detto che aveva già una ragazza, e dopo la sceneggiata del bar ho cominciato a fare due più due: Trunks ti ama davvero. Confesso di essere invidiosa di voi due...beh, credo di averti detto tutto. Io vado" Nina scese le scale, e il ticchettio dei suoi tacchi a spillo rieccheggiò fino all'androne principale. Poi chiuse il portone.

Dovevo ammettere che Marron mi mancava; mi mancavano i suoi sbalzi d'umore, le sue freddure, il suo sorriso dopo che abbiamo fatto l'amore; lei era un'eterna ragazzina. E a me piaceva proprio per questo. Vidi Nina uscire dal palazzo. Mi venne in contro in tutta fretta.
"Pare molto arrabbiata...io le ho detto tutto, che è stato solo un bacio in ufficio e fatalità lei si trovava lì in quel momento, e poi..." la zittii alzando una mano.
"Sai una cosa? Credo che tu possa andare. Non sai quanto mi sono sentito una merda quel giorno in ufficio. Quando ho visto la sua faccia, la terra sotto i miei piedi è scomparsa. Tieni i soldi per il taxi. Il tuo compito qui è finito, grazie".

Forse quel giorno non sarei mai dovuta andare in ufficio a trovarlo. Che stronzata immane. Nina in un bellissimo completo elegante che baciava Trunks tenendolo per la cravatta.
"Siete due emeriti strozi!" urlaii, buttando a terra le ciambelle al cioccolato che avevo portato: quelle preferite di Trunks. Il giorno dopo lo mollai.


Suonò il campanello: che cosa voleva ancora quell'oca giuliva?
"Vattene via!" urlaii senza accostarmi allo spioncino.
"Marron, sono io. Ho bisogno di parlarti" era Trunks. La sua voce aveva sempre avuto il potere di sciogliermi o rendermi completamente ebete "Pensi che Nina sia venuta a porgerti le scuse di sua spontanea volontà? Avanti, aprimi..." così era stato lui a convincere quella sciacquetta a porgermi le dovute scuse: non sapevo se aprire la porta e correre fra le sue braccia, oppure...optai per la secondo opzione.
Aprii la porta e lo sferrai un bel pugno assestao in pieno volto. Non che gli avessi fatto qualcosa, perchè mi ritrovai con la mia mano destra dolorante: pulsava in una maniera allucinante.
"Bel gancio destro. Fatta male?" mi domandò, ricomponendosi e scrutando il mio viso
"Hai pianto" disse. Il mio eye-liner e mascara non tradivano di certo.
"Cosa se venuto a fare qui?" dissi stringendomi la mano destra. Faceva un male cane.

Arrivammo al mio appartamento poco prima delle cinque; lei completamente sbronza, io mezzo ubriaco (l'alcol lo reggeva sempre meglio di lei, sia chiaro).
"Ho voglia di gelato..." disse buttandomi sul divano con le gambe all'aria: quando era ubriaca assumeva sempre delle pose piuttosto bambinesche. Mi misi a ridere.
Sapevamo entrambi che di gelato non ce n'era, ma Marron quando era ubriaca aveva sempre voglia di gelato; oppure quando era depressa, oppure quando aveva il ciclo.
"Quale gusto preferisce, madmoiselle?" chiesi aprendo il congelatore tanto per fare scena; non la smettavamo di ridere. "Tanto cioccolato, con tanta panna montata. Quantità sufficiente in cui ci possa fare il bagno" mugugnò rigirandosi su se stessa.
Era una bambina: sì, una bambina con la capacità di farmi arrapare di brutto. Il punto era che, quando si sbronzava, divetava di una schiettezza allarmante e cominciava a fare domande stupide, tipo da dove veniamo, chi siamo e come saremo. Stronzate del genere, ma quella volta se ne uscì con una domanda secca che mi lasciò senza replica diretta, il che era raro.
"Cosa ci trovi in me?" lo disse fissandomi quasi con tenerezza, e fu in quell'istante che mi venne in mente la Marron bambina, quella senza trucco, senza intimo sexy, con quel fare impacciato che mi aveva sempre fatto incazzare. Goten, mio migliore amico da sempre, lo consideravo come un fratello, ma lei: con il passare degli anni mi accorsi veramente di provare qualcosa per Marron, la ragazzina con le treccina che ci seguiva come un'ombra umana.
"Cioè, sei troppo perfetto; ho visto delle ragazze al Moody's che non ti toglievano gli occhi di dosso... insomma, Cristo Santo, facevamo il bagnetto insieme!"
"Se è per questo quando si è bambini, si fa quasi tutto insieme. Non ti piaceva?" risposi sarcastico.
"No! Neanche un po'. Eri piuttosto stronzetto; e Goten che cercava di copiare ogni tua parola senza riuscirci"
"Lo so..."
"E adesso sei ancora più stronzo, meno supponente però, questo devo riconoscerlo. Quando avevi nove anni mi ha fatto vedere il tuo pisello. Solo quando voi maschi crescete cominciate a venerlo come un Dio, non ne capisco il senso, io non venero la mia passera"
"Tu me l'hai chiesto, e io l'ho fatto..." mi sdraiai vicino a lei e incrociai le braccia dietro la testa: doveva confessarsi? Capii che la cosa poteva andare avani per molto. Interpratai la parte del comprensivo, quello che annuisce sempre. "Ciò dimostra che quando siamo bambini, siamo più spudorati. Praticamente non avevamo pudore" disse voltandosi, come per cercare conferma.
Ma che cosa aveva quella sera? Era molto meno passiva e più aggressiva delle altre volte: le avevo fatto qualcosa? Dovevo pagarla? Anche il fatto che avesse tirato fuori di nuovo il discorso di Seila, accettato la scommessa di Al, la dipingevano in maniera diversa: un suo lato che stavo cominciando ad apprezzare. Ok, Marron non era mai stata un agnellino, ma quella sera al Moody's mi sembrava diversa.
Ero stato via soltanto cinque giorni. Davveri bastava meno di una settimana di assenza perchè si lasciasse far fare un sega in pubblico e venirmi in mano? Allota bastavano solo un paio di giorni. Ero immerso nei miei pensieri, che nemmeno mi accorsi che mi stava fissando con quegli enormi occhioni da bambola.
Bastarano tre parole e un gesto a riportarmi con la coscienza là dove mi trovavo. Forse era l'alcol che rallentava i movimenti e perfino le parole.
"Mi sei mancato" poggiò la mano sul mio pisello, che tanto idolatravo stando alle sue parole.
"Te vuoi scherzare col fuoco..." cercai di ridere, ma non credo che le stesse giocando, almeno per come intendevo io. "Veramente è un gioco che mi ha spiegato una mia compagna di corso, non è la mia coinquilina, altrimenti si sarebbe già fatta mezzo palazzo..." disse posizionandosi sopra di me.
Perfetto: sapevo che la sua coinquilina era un poco zoccola, me lo aveva detto Marron in persona. Però un banalissimo movimento mi stava mandando fuori di testa "anche se questo gioco l'ha inventato la mia coinquilina, quindi alla fine è come se me l'avesse detto lei di persona, giusto?"
"Va bene, ma..." era una tortura. Sia metaforicamente che concretamente, mi aveva per le palle. Non era una sensazione tanto piacevole. Alla camera da letto io di certo di non ci arrivavo. Era da perdere la testa.
"In teoria, in questo gioco chi sta sotto, cioè in questo caso te, non potresti toccarmi. Ho io il controllo, perciò..." disse sgranando quegli occhi iniettati di malizia.
Che aveva fatto in quei cinque giorni? Il "in teoria" e il condizionale faticavano ad entrare nel mio dizionario, figurarsi quando la tua ragazza stava per farti una sega.
"Mi dai due secondi?" in un istantante la gudai verso la mia imminente erezione: d'altro canto, aveva fatto tutto da sola; ormai ero arrivvato al limite della sopportazione. La cosa strana, erano i ruoli: Marron che mi faceva un pompino? Ma quando mai. Le ragazze come lei appartenevano ad un altro rango, di sicuro non era la tipa che ti faceva un regalino nel vicolo sotto casa.
Oddio, mi pareva di toccare il cielo con un dito. D'accordo, non era nel mio stile, non ero così maschilista in fondo. Dopo qualche minuto le venni in bocca. Dopodiché nessuno dei due riusciva più a capire niente. Marron cominciò a spogliarsi con una lentezza pazzesca, e la vista era spettacolare. La mia Marron. Lei era soltanto MIA.


"In frigo ho solo coca. Sue ci va giù pesante con gli alcolici durante i fine settimana" disse Marron prendendo dal frigo due bottiglie di coca "che poi non sono nemmeno freddissime; più che altro tiepide".
"Ma che razza di coinquilina ti ritrovi?" Trunks abbozzò un sorriso. Alla domanda di Marron, lui aveva risposto con un bacio interminabile. Vorace, aggressivo. E poi erano finiti a fare sesso sul divano, ma non come l'ultima volta.
Perchè ogni volta che vedeva quel maledetto sguardo, non sapeva mandarlo al caldo? Marron ci aveva provato ad oppore resistenza, tipo per tre, quattro secondo massimo.
La ragazza gli porse la lattina, quando una lacrima le rigò la guancia. Piangeva di rado, in pochissime occasioni. Non aveva mai pianto davanti a Trunks e la cosa la mise in totale imbarazzo, che cercò di riccacciare indietro le lacrime che ormai scendevano copiose.
"Ti chiedo scusa..." riuscì a dire fra un singhiozzo e l'altro "forse dovevo mandarti a fare in culo, e invece ci ricasco sempre. Sono una merda!" Trunks le si avvicinò e le prese il mento fra le dita.
"Allora perchè non l'hai fatto? In fondo, questa è casa tua" Marron incrociò i suoi occhi, che al buoi sembravano grigi. Non era felice nemmeno lui. Lo riusciva a capire dagli occhi: gli occhi di Trunks parlavano da soli, lo aveva imparato a conoscere questo suo lato. Come poteva mandarla a fare in culo?
Lui era tornato per scusarsi, e lei aveva accettato le sue scuse. Ora stava nudo, solo avvolto da una coperta sul divano del suo appartamento.
"Non avevo notato che ti sono cresciuti i capelli..." osservò Marron scostando un ciuffo lilla "...non ti stanno male" cercò di sorridere.
"Vorrà dire che mi li farò crescere. Ci tengo a precisare che non sei una merda, e se devi piangere, piangi. So che ad entrambi non piace troppo esternare le emozioni, ma sono sicuro che poi ti sentirai meglio".
"E invece è giusto che io mi senta una merda... tu non puoi capire" si alzò di scatto rivestendosi, ma Trunks la prese per un braccio. Non riusciva a capire il perchè di quella reazione; se non trovava un motivo logico e valido non si dava pace. Era fatto così, alle volte troppo razionale.
"Perchè non posso capire? Ho sbagliato a venire qui? Vuoi dire questo?".
"No...no! Ti prego, non possiamo litigare un'altra volta. Forse è meglio se vai, adesso...credo sia la cosa migliore" Marron si liberò dalla presa e guardò l'ora: le sette meno un quarto. Da lì a mezz'ora sarebbe arrivato.
Doveva vestirsi, darsi una sistemata e farsi una doccia: soprattutto farsi una doccia per eliminare ogni traccia di quel rapporto, che era stato qualcosa di sublime. Ma non voleva cancellare il suo odore dal suo corpo. Il modo in cui la toccava, con cui entrava in lei...
NO. Non doveva più pensarci.
"Quello a cui piace dormire sono io. Ho già capito tutto: aspetti qualcuno" il modo con cui lo disse la spiazzò: neutro e pacato. Troppo neutro. Trunks era un genio nel mascherare ciò che provava, era bravo a recitare, ma con lei non recitava mai.
Marron face di sì con la testa. Non aveva la minima idea di come avrebbe reagito, nel momento in cui, Al, suo collega e amico, sarebbe entrato da quella porta con la colazione.
COMPLIMENTI MARRON, BEL CASINO HAI FATTO, pensò mentre si buttava sotto il getto di acqua calda.
   
 
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