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Autore: inzaghina    05/06/2018    19 recensioni
A pochi giorni dal fatidico 2 maggio 1998 Harry, Ron, Hermione e Ginny s'interrogano su quale sia il modo giusto per ricominciare a vivere, lasciandosi alle spalle i brutti ricordi, ma senza dimenticare le persone che si sono sacrificate per un mondo migliore. Al contempo, George dovrà affrontare per la prima volta un mondo senza il suo gemello, ritrovando la capacità di ridere; Percy dimostrerà che ha sbagliato e, con l’aiuto di una ragazza che lo capisce davvero, ricucirà il rapporto con i suoi familiari; Bill e Fleur cementeranno la loro unione e un ritorno inaspettato ridarà speranza al gruppo.
Uno sguardo sul periodo post-bellico e sulle difficoltà affrontate da tutti loro, e dai loro cari, per ritornare veramente a vivere, preoccupandosi solo del proprio futuro, dell'amicizia che li lega e degli amori che potranno finalmente godersi con serenità.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, George Weasley, Il Secondo Trio (Neville, Ginny, Luna), Il trio protagonista | Coppie: Angelina/George, Audrey/Percy, Bill/Fleur, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Love is bigger than anything in its way'
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Capitolo 1 – Time heals all wounds

 
 
“They say that time heals all wounds,
 but all it’s done so far is give me more time
 to think about how much I miss you”
Ezbeth Wilder
 
 

Un tuono improvviso squarciò il cielo, risuonando tra le pareti silenziose della stanzetta fiocamente illuminata.
Ginny Weasley si risvegliò di soprassalto, i battiti del suo cuore rimbombarono per qualche istante nelle sue orecchie. Per un attimo, uno soltanto, si concesse di inspirare a pieni polmoni il profumo di terra che assumeva l’aria prima dello scoppio del temporale, si concentrò sulla sensazione di libertà che provava nel vedere i fulmini illuminare il cielo con la loro potenza. Da piccola aveva sempre cercato rifugio tra le braccia dei suoi genitori, spaventata dal frastuono, ma era qualche tempo ormai che si era resa conto di adorare i temporali. Quei fenomeni atmosferici le somigliavano, con la loro imprevedibilità e la loro potenza.
Era proprio tra quelle quattro mura, un’estate di qualche anno fa, che aveva dovuto affrontare la sua paura per i tuoni, in assenza dei genitori.
 
Il tuono era arrivato all’improvviso, spaventando la bambina seduta alla scrivania.
Ginny era corsa in cucina, alla ricerca della madre, ma si era imbattuta solamente nei gemelli, che imburravano fette di pane tostato e bevevano succo di zucca.
“Perché quella faccia, Ginny?”
“Brutto incontro con Percy?”
La ragazzina scosse meccanicamente la testa.
“Raccontaci, dopotutto siamo i tuoi fratelli maggiori…” le disse George, facendole segno di sedersi.
“Dov’è mamma?” sussurrò infine.
“Stamattina è a Diagon Alley con Charlie,” le disse Fred, osservandola preoccupato, “stai bene?” proseguì.
Ginny scosse la testa, rimanendo in silenzio.
“Che ti succede sorellina?”
“A noi puoi dirlo.”
Fred le passò una fetta di pane tostato e George un bicchiere di succo.
“Hai litigato con Ron?” provò George.
Ginny scosse di nuovo la testa, staccando un piccolo morso dalla sua fetta di pane.
“Sicura che non c’entra Percy?” chiese di nuovo Fred.
Ginny fece segno di no con la testa.
“Sono i temporali”,” mormorò infine.
I due fratelli la guardarono comprensivi, posando entrambi il pane con cui si stavano abbuffando.
“Lo sai, sorellina… il tuono in realtà è solamente il rumore provocato dal fulmine e non hai nulla di cui preoccuparti,” cominciò a spiegarle Fred.
“Di solito vado da mamma o da papà,” sussurrò la bambina.
“Beh, sei molto fortunata allora, perché con tutti i fratelli che ti ritrovi non sarai mai sola,” ribatté George, facendole l’occhiolino.
“Né in questa casa né ad Hogwarts,” concluse Fred, alzandosi per andare a recuperare i biscotti sfornati dalla madre e porgendone uno a Ginny.
“Ci saremo sempre per te,” la rassicurò George, mentre Fred annuiva convinto.
 
Un timido sorriso si fece strada sul suo volto stanco, dopo aver rivissuto quel ricordo d’infanzia, poi rammentò tutto.
Così come era arrivato, il sorriso svanì repentinamente dal suo viso, lasciando il posto ad un’espressione addolorata.
Lei era viva, ma altri non erano stati così fortunati.
Fred non c’era più; George aveva perso la sua metà.
Remus e Tonks erano morti, lasciando Teddy orfano.
Colin non era sopravvissuto, lui che era stato il primo a rivolgerle la parola sull’Espresso per Hogwarts, sorridendole estasiato e raccontandole di essere un Nato Babbano, e che era rimasto a combattere nonostante non fosse maggiorenne.
Erano passate due settimane, ma il dolore non accennava a diminuire.
Erano passate due settimane e Ginny si chiedeva se ne sarebbero mai usciti.
 
Restare ancora sdraiata sarebbe stato inutile. Riusciva a dormire qualche ora solo bevendo la pozione senza sogni, così come il resto della famiglia, ad eccezione di George che continuava a rifiutarla categoricamente.
Si tirò su a sedere ed incontrò lo sguardo di Hermione.
“Ti ho svegliata?”
L’amica scosse la testa. “Ero sveglia già da un po’.”
“Come ti senti oggi?”
Ginny scrollò le spalle. “Esattamente come ieri,” sussurrò piano. “Mi chiedo solo se ce la faremo e non so darmi una risposta…”
Hermione si sedette accanto a lei, posandole una mano sulla spalla, non c’era bisogno di aggiungere nulla.
Le lacrime cominciarono a scorrere lungo le guance di Ginny, che non riusciva davvero a smettere, “mi manca così tanto,” singhiozzò. “Tutti loro mi mancano.”
“Mancano anche a me,” sussurrò Hermione, accarezzandole la schiena e reprimendo le sue lacrime, cercando di fare forza all’amica.
“E ho paura che George e la mamma non riusciranno a superare la sua perdita.”
“Il tempo cura tutte le ferite, Gin,” le disse Hermione, sfoggiando la saggezza che la faceva sembrare molto più grande dei suoi 18 anni.
“Non puoi esserne sicura!” esclamò, non riuscendo a trattenere la rabbia.
“Forse no, ma possiamo sperarlo…” rispose mestamente la riccia.
“Scusami, non ti volevo aggredire è solo che, sono arrabbiata e triste e non… non so se tornerò ad essere quella di prima,” pronunciare le sue paure ad alta voce stava avendo un effetto quasi catartico sulla piccola Weasley.
“Non devi scusarti, anche io volevo bene a Fred, a Remus, a Tonks e a tante delle persone che non sono più con noi.”
“E cosa dovremmo fare, secondo te?” chiese Ginny, dopo qualche minuto di silenzio.
“Credo che dobbiamo cercare di fare un passo alla volta,” Hermione si strinse nelle spalle, incerta riguardo ciò che avrebbe detto, “provare a cominciare da zero. Perché, tutte le persone che abbiamo perso, se ne sono andate combattendo per un mondo migliore e noi che siamo sopravvissuti non dovremmo sprecare la possibilità che ci è stata data...”
“Mio fratello lo diceva sempre che eri la persona più intelligente che conosceva,” bofonchiò Ginny, facendole un piccolo sorriso.
“Lui è il solito esagerato,” si schermì l’altra, avvertendo il rossore colorirle le guance.
“Su di te ha pienamente ragione,” dichiarò la rossa, posandole una mano sulla spalla ed attirandola a sé per un abbraccio. “Grazie davvero per questi ultimi giorni, non ce l’avrei fatta senza di te… sei veramente la sorella maggiore che mi è mancata in tutti questi anni circondata da soli fratelli.”
“E tu sei la sorellina che ho chiesto numerose volte ai miei genitori,” le sorrise Hermione, ricambiando l’abbraccio.
“Parlando di fratelli, dove credi che siano Ron e Harry?”
Hermione osservò distrattamente l’orario sul suo orologio da polso, “direi che a quest’ora dovrebbero entrambi sentire i morsi della fame…” sogghignò infine.
“Scendiamo anche noi?”
Senza aspettare una sua risposta, tirò l’amica per il braccio, avviandosi verso la scala per scendere in cucina.
 
Le previsioni di Hermione si erano rivelate azzeccate e, quando giunsero in cucina, le due ragazze trovarono il tavolo della colazione gremito.
“Oh, eccovi qui…” disse loro in tono assente Molly. “Stavo iniziando a preoccuparmi,” mormorò, avvicinandosi e scrutandole, “avete dormito?”
Le due annuirono.
“Sedetevi, che vi do qualcosa da mangiare.”
Ron si fece più vicino ad Harry, creando un po’ di posto per Hermione accanto a sé. Ginny invece si sedette tra Bill ed il migliore amico del fratello, incontrando fugacemente lo sguardo del ragazzo, che le sorrise incerto.
Harry perse improvvisamente interesse per il contenuto del suo piatto, notando che Ginny aveva le occhiaie ancora pronunciate, segno che anche lei non stava dormendo abbastanza. Si chiese se avesse potuto fare qualcosa per lei, non riuscendo a darsi una risposta e decise di limitarsi a trovare, finalmente, il coraggio di dirle ciò che provava. Non avevano ancora avuto occasione di parlare di tutto quello che avevano lasciato in sospeso e l’ansia lo attanagliava ogni giorno di più.
“Caffè?” le propose, afferrando la caffettiera, giusto per avere qualcosa da fare.
Ginny annuì, riservandogli un piccolo sorriso.
“Molly, mi conscedi di aiutarti?” disse invece Fleur, abbandonando il suo posto accanto al marito e facendo segno alla suocera di sedersi. “Posso continuore io…”
La donna stava iniziando a protestare, quando Arthur intervenne, “siediti cara, sei esausta,” le disse, accennando al posto accanto al suo primogenito. “Fleur vuole solo darti una mano.”
Molly aprì bocca per controbattere, ma, dopo aver posato lo sguardo sul marito, cambiò idea, diede una veloce strizzata al braccio della nuora in segno di ringraziamento, e si sedette accanto a Bill.
La colazione proseguì abbastanza silenziosamente, con qualche laconico scambio di battute e di sguardi tra i quattro più giovani presenti al tavolo.
L’arrivo di Charlie rianimò la tavolata.
Il secondogenito di casa Weasley aveva preso un congedo, per passare del tempo con la sua famiglia e la madre si stava godendo ogni momento con il figlio che era solita vedere troppo poco per i suoi gusti.
Quando ormai tutti avevano finito di mangiare da un po’, e anche Fleur si era seduta nuovamente, trovando posto tra Hermione e Percy, George fece silenziosamente capolino.
“George, tesoro!” Molly fu la prima a notarlo.
“Sci penso io, Molly,” disse Fleur in tono fermo, ma dolce, raccogliendosi i lunghi capelli in una coda alta e raggiungendo il cognato. “Vuoi un peu di uova, George?”
Il ragazzo si strinse nelle spalle, sollevando lo sguardo vacuo sulla ragazza. Gli occhi erano evidentemente arrossati, le guance ancora umide e delle vistose occhiaie spiccavano sul viso pallido del ragazzo.
“Non mollerà finché non avrai detto sì, fratellino,” lo avvertì Bill, cercando di incoraggiarlo.
Fleur annuì. “Bill disce la verità, oui.”
“Allora, suppongo di doverti dire grazie…” mormorò il ragazzo, lasciandosi cadere nel posto lasciato vacante dalla bionda.
Mentre la francese era affaccendata ai fornelli, Bill la raggiunse per rabboccare la caraffa del caffè e quella del succo di zucca. Tornato al tavolo riempì una tazza ed un bicchiere per il fratello minore, che sollevò lo sguardo su di lui ed annuì, senza proferire parola.
 
Dopo essersi sincerati che George avesse mangiato qualcosa, la famiglia Weasley era indecisa sul da farsi.
Arthur sapeva che quello raggiunto era un equilibrio precario, come in quel gioco babbano in cui si costruiva una casa con le carte da gioco, e che un solo passo falso avrebbe distrutto il poco che era stato ottenuto.
Nei giorni immediatamente successivi alla Battaglia, si erano occupati dei feriti più lievi, evitando di appoggiarsi al San Mungo che si era concentrato invece su coloro i quali avevano le ferite più gravi. Avevano anche cercato di aiutare con l’inizio della ricostruzione di Hogwarts, rimuovendo soprattutto la grande quantità di macerie, oltre che piangere i caduti, ovviamente. I giorni seguenti erano stati impegnati con l’organizzazione dei funerali degli eroi di guerra e con le deposizioni agli Auror che stavano stilando rapporti sull’accaduto.
Quel giorno però era sabato, e nessuna attività incombeva su di loro.
Si schiarì la gola, pronto a trovare qualcosa da fare, quando George posò la sua tazza di caffè e fece un sorriso tirato alla cognata. “Le uova erano ottime, Fleur.”
Lei gli sorrise, posando una mano sulla sua.
“Te ne vai già?” chiese Molly, osservandolo mentre portava le stoviglie al lavello.
“Pensavo di passare in negozio a fare l’inventario,” borbottò il ragazzo.
Arthur lo prese come un segno decisamente positivo e gli sorrise incoraggiante.
“Che ne dici se io e papà veniamo a darti una mano?”
George si voltò a fissare la madre, lo sguardo vagamente incredulo, “mi farebbe piacere, sì.”
“Se non ti dispiace verrei anche io, fratellino,” aggiunse Charlie.
“E anche io,” dichiarò Percy, ripulendo con attenzione le lenti degli occhiali.
“Hai intenzione di riaprire a breve?” chiese invece Harry.
“Oh, in realtà questo non lo so…” rispose George, grattandosi distrattamente una guancia, “però vorrei controllare la situazione,” si strinse nelle spalle, prima di proseguire in tono udibile a malapena, “era Fred che si occupava dell’inventario, credo di averlo aiutato l’ultima volta a dicembre, quindi non ho davvero idea di come siamo messi e…” la voce si spense, George deglutì rumorosamente, cercando in ogni modo di fermare le lacrime che gli pizzicavano gli angoli degli occhi.
“Oh.”
Nessuno commentò oltre e i cinque Weasley si alzarono dal tavolo, per raggiungere il camino.
“Ci vediamo per cena,” disse Molly, osservando apprensivamente i suoi due figli più giovani e gli amici che aveva visto crescere al loro fianco, che portavano a nove il conto finale dei suoi figli.

 
“Otto,” le disse una vocina nella sua testa. “Fred non c’è più.”
“Ma questo non significa che non sia più mio figlio…” pensò testardamente, sforzandosi di non cedere alle lacrime.

Bill intercettò la preoccupazione della madre e le fece un sorriso incoraggiante. “A loro ci pensiamo noi.”
Al suo fianco, Fleur annuiva. “E sci occuperemo anche della scena”
“Sei così cara,” mormorò Molly, un sorriso appena accennato le addolcì il viso pallido e stanco.
La ragazza diede un veloce abbraccio alla suocera. “Stai viscino a George,” le sussurrò. “Ne ha più bisogno...”
Molly si limitò ad annuire, stringendola affettuosamente a sé.
“A più tardi, ragazzi,” disse infine Arthur, accomiatandosi, e i cinque sparirono tra le fiamme verdi.

 
***
 

“Perché non andate a farvi una passeggiata?” propose Bill qualche minuto più tardi.
Così come era arrivato, il temporale se n’era andato, lasciando spazio ad un cielo terso azzurro brillante, di una tonalità color fiordaliso che faceva quasi male agli occhi se rimanevi ad osservarla troppo a lungo.
I quattro si scambiarono un’occhiata, prima di annuire ed alzarsi.
“Sicuri che non vi serve una mano qui?” chiese Hermione.
“Ma no!” la rassicurò Fleur. “Andate,” aggiunse in tono incoraggiante, “ma tornate per pranzo,” si raccomandò.
“Dove volete andare?” chiese Harry, una volta in giardino.
“Allo stagno?” propose Ginny.
Ron ed Hermione si limitarono ad annuire ed i quattro s’incamminarono nel giardino incolto.
Camminarono in un silenzio tranquillo, ognuno perso nei propri pensieri, senza alcuna necessità di riempirlo di parole vuote e senza senso.
Quando raggiunsero lo spazio antistante lo specchio d’acqua, Hermione trasfigurò un masso in un’ampia coperta ed i quattro vi si lasciarono cadere sopra.
Ginny osservò lo stagno in cui aveva imparato a nuotare, ricordando le innumerevoli battaglie combattute tra fratelli durante l’infanzia.
“Ricordi quando Fred riuscì quasi a far affondare il distintivo da Prefetto di Percy?” chiese la rossa improvvisamente, rivolgendo lo sguardo divertito al fratello maggiore.
Gli occhi azzurri di Ron s’illuminarono al ricordo “sì…” sospirò, grattandosi il mento, “la mamma era talmente furiosa!”
Hermione ed Harry si trovarono a sorridere con i due fratelli.
“E poi? Che successe?”
Ron rivolse lo sguardo al suo migliore amico. “Fred venne messo in punizione, ovviamente.”
“Ma questo non gli impedì di passare l’estate a progettare modi per far sparire il distintivo di Percy,” aggiunse Ginny, scuotendo la testa e facendo danzare i capelli fiammeggianti nella calda luce del mattino.
“Mi manca così tanto,” commentò Ron, dopo che i sorrisi si furono spenti.
Hermione prese una delle sue mani grandi tra le proprie, cercando di infondergli conforto, prima di posare la testa sulla sua spalla. Il ragazzo liberò la mano da quelle di lei, per poterle cingere le spalle ed attirarla più vicina a sé.
“Dite che George lo supererà mai?” chiese Ginny, osservando con una punta di gelosia, mista a compiacimento, l’abbraccio tra l’amica ed il fratello. Hermione le aveva raccontato del bacio che si erano scambiati la notte della battaglia, aggiungendo che però non avevano ancora avuto modo e tempo di parlarne. Ginny, che aveva capito ben prima del fratello quanto quel testone amasse la sua migliore amica, era sicura che i due non ci avrebbero messo molto a chiarire le cose.  
Ron si limitò a scrollare le spalle, incerto, fu Harry a trovare la forza di risponderle. “Ci vorrà tempo, ma noi non lo abbandoneremo e ce la farà,” disse risoluto.
Ginny annuì, abbracciandosi le ginocchia e posando la testa su di esse per contemplare meglio la superficie dell’acqua increspata dalle onde leggere.
La mano sinistra di Hermione disegnava cerchi concentrici sulla schiena di Ron, la testa era ancora posata saldamente sulla sua spalla destra e la mano di lui le sfiorava incerta l’altro braccio.
“Che ne dici di raggiungere il molo?” propose Harry, indicando la passerella di legno, dopo svariati minuti di silenzio amichevole.
Gli occhi castani di Ginny indugiarono per qualche secondo in quelli verdi di lui, prima che la ragazza annuisse e prendesse la mano che Harry le stava porgendo, per tirarsi in piedi.
I due si allontanarono senza fretta, procedendo in silenzio, fino a raggiungere l’estremità da cui i ragazzi Weasley erano soliti fare a gara per tuffarsi in acqua.
Si sedettero con le gambe penzoloni e, per qualche minuto, si limitarono ad osservare il proprio riflesso nell’acqua turchese.
“Ginny…” “Harry…”
Cominciarono a parlare nello stesso momento e scoppiarono in una risata nervosa.
Harry si rese conto che non l’aveva più sentita ridere dal giorno del matrimonio di Bill e Fleur.
Erano passati mesi. Mesi durante i quali il ricordo del suo sorriso e dei baci che si erano scambiati erano stati una vera e propria ancora di salvezza per il ragazzo. Durante le nottate passate insonni osservando il suo puntino muoversi tra le mura del castello, Harry si era sentito meno solo e si era convinto che, una volta conclusa la ricerca degli Horcrux, avrebbe ritrovato la strada che lo portava a lei.
Si soffermò ad osservare le efelidi che punteggiavano il viso pallido di Ginny, gli occhi ambrati che esprimevano le emozioni della ragazza erano più spenti del solito, ma non per questo meno affascinanti.
“Vai prima tu,” le disse, cercando di essere galante.
“Preferisco che vada prima tu,” ribatté lei, mordicchiandosi pensierosa il labbro inferiore.
“Non credo sia il momento giusto, con Fred e tutte le persone che abbiamo appena perso, ma non saprei nemmeno dire se ci sia un momento giusto per quello che ti voglio dire…” iniziò Harry, passandosi una mano tra i capelli arruffati, “questi ultimi mesi sono stati durissimi per me, tra la ricerca degli Horcux, l’essere in fuga, il litigio con Ron, l’essere finiti a Villa Malfoy, la battaglia finale…”
“La tua morte apparente,” lo interruppe Ginny, gli occhi improvvisamente lucidi di lacrime.
“Anche la mia morte apparente, sì,” sussurrò lui contrito, posando una mano sopra la sua, prima di ritrarla velocemente, non volendosi distrarre per via delle sensazioni che il contatto con la sua pelle gli avrebbe dato, “quello che vorrei dirti però è che, ecco… in questi mesi un pensiero mi rallegrava ogni singolo giorno ed era quello che stavo combattendo per un futuro migliore, per un avvenire senza Voldemort e per la possibilità di rivederti, riabbracciarti e cercare di rimettere a posto le cose tra noi,” prese una pausa osservandola, notando che le guance erano rigate di lacrime silenziose, allungò i pollici per fermarne la corsa e proseguì, “vorrei avere una seconda possibilità, Ginny. Ora che non c’è lo spettro della guerra che incombe su di noi e che potremo essere due adolescenti più o meno normali, vorrei poter passare del tempo con te, giocare a Quidditch insieme, fare il bagno in questo stagno, scacciare gli gnomi dal giardino, averti al mio fianco mentre tuo fratello mi straccia a scacchi e, perché no, passare la notte a parlare con te… mi piacerebbe scoprire i tuoi segreti, se vorrai condividerli e vorrei poterti confessare i miei, insomma… quello che ti sto dicendo è che vorrei poterti considerare la mia ragazza, se lo vuoi anche tu,” concluse lui, inspirando profondamente e puntando gli occhi verdi nei suoi.
Ginny rimase un attimo interdetta, ripetendo mentalmente tutte le cose che Harry le aveva appena detto e ritrovandosi a sorridere.
Aveva atteso anni che lui si accorgesse della sua esistenza e smettesse di considerarla solo come la sorellina del suo migliore amico, quando era finalmente accaduto ci si era messa di mezzo una guerra, ma, ora che era finita, niente e nessuno le avrebbe impedito di costruirsi un futuro con il ragazzo che amava.
Non pensando di poter trovare le parole adatte, lo attirò a sé per posargli un bacio sulle labbra, conscia che le azioni parlassero più chiaramente delle parole.
Quando la necessità di ossigeno di fece pressante, Ginny lasciò andare le labbra di Harry, incontrando i suoi occhi e sostenendo il suo sguardo con fierezza.
“Certo che puoi considerarmi la tua ragazza, Potter,” gli sussurrò sorridendo.
Lui ricambiò il sorriso, prima di posarle un bacio tra i capelli profumati di vaniglia.
“Ma non osare piantarmi in asso per qualche altra stupida, nobile ragione,” si affrettò a precisare, prima di attirarlo nuovamente a sé per cominciare a recuperare i mesi perduti.
 
Abbracciati sulla coperta, Ron ed Hermione osservarono i due, abbassando lo sguardo imbarazzati, quando ricominciarono a baciarsi.
“Non avrai intenzione di fare una scenata, vero Ron?”
Il rosso scosse velocemente la testa. “Quei due sono fatti l’una per l’altro,” sussurrò.
“Lo credo anche io.”
“E noi?” chiese il ragazzo, inchiodandola con il suo sguardo ceruleo.
“N-noi?” balbettò la riccia, deglutendo.
“Si, Hermione,” rispose lui in tono stranamente deciso, “vorrei sapere se anche noi siamo fatti l’una per l’altro,” le sussurrò all’orecchio. “Perché a me piace pensare che sia così e vorrei sapere che cosa ne pensi tu invece.”
Gli occhi castani di Hermione si spalancarono, increduli e speranzosi.
Possibile che Ron avesse finalmente trovato il coraggio che contraddistingueva i Grifondoro e fosse pronto a dirle quello che provava?
 

 
Nota dell’autrice:
Non avrei affatto dovuto iniziare questa storia, ma ho sentito alla radio “Love is bigger than anything in its way” e l’ispirazione è partita per la tangente. Visto che ho già una long, very long, in corso posso assicurarvi che questa sarà una mini long, volta a seguire i nostri quattro eroi, ed i loro cari, nei mesi immediatamente successivi alla fine della guerra.
Mi sono sempre chiesta quanto fosse stato difficile ritornare alla vita normale, fatta di alti e bassi, ma senza lo spauracchio della guerra ed il timore che tutto sarebbe potuto finire all’improvviso.
E poi volevo provare a condividere la mia versione di come Harry e Ginny avessero ritrovato la strada l’uno per le braccia dell’altra, oltre che mostrare l’inizio della relazione tra Ron ed Hermione.
Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto e vi do appuntamento per il prossimo quanto prima.
A presto,
Francy
   
 
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