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Autore: lunedi74    05/06/2018    1 recensioni
Siamo a Vancouver, nella West Point Academy. Ad una giovane e, all'inizio, inesperta Samantha viene affidata la cattedra del professor Fletcher. Suo malgrado si ritrova a dover gestire delle classi decisamente in arretrato rispetto al programma scolastico, oltre che subire le frecciatine di Alex, insegnante di inglese nonché responsabile del club di teatro, che ha qualche anno di esperienza in più e dei metodi d'insegnamento un po' fuori dall'ordinaria schematicità della neo-collega.
Il loro rapporto viaggia tra alti e bassi, e non solo quello lavorativo...
Genere: Erotico, Fluff, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Cap. 2 - Azzurro

Cap. 2 - Azzurro, sempre più azzurro


Non ci aveva messo molto a trovare l’aula di inglese, sicuramente meno dei dieci minuti che sapeva di avere a disposizione, eppure, entrando, la trovò desolatamente vuota.

Samantha si guardò attorno, alla ricerca di una spiegazione: la lezione sarebbe dovuta iniziare di lì a poco eppure non c’era ombra del simpaticissimo –si fa per dire- professor Wood, né, tantomeno, dei suoi allievi.

- Ehi bella! Sei nuova? –

Sam prese un respiro profondo, prima di voltarsi. Se qualcuno le avesse fatto quella stessa domanda per la terza volta nel giro di una mattinata, si sarebbe ritrovato, o ritrovata –non faceva mai distinzioni di genere-, con le dita conficcate negli occhi.

Sfoderando il suo miglior sorriso di circostanza, si girò con le parole già pronte sulle labbra, salvo zittirsi di fronte al marcantonio che l’aveva apostrofata: due metri per circa centoventi chili di ragazzone, al cui confronto lei era decisamente più piccola. Non era il caso di passare alle mani con un probabile quarterback. Poteva trattenere la sua ira fino al test d’ingresso, la settimana successiva.

Anche se lei non era assolutamente un tipo vendicativo.

- Professoressa Davis, per lei… signor? -
Ebbe la soddisfazione di vederlo quasi sgonfiarsi ed arrossire come l’adolescente che era, ma si raddrizzò con orgoglio, prima di risponderle con il rispetto dovutole.
- Donovan. Andrew Donovan, professoressa. Mi scusi. -

- Ah nessun problema Donovan. – disse Sam, agitando la mano con noncuranza. La questione non era di alcuna utilità per lei in quel momento. - Piuttosto, sto cercando il professor Wood, sa dirmi dove si trova? – proseguì.
- Beh in teatro! Dove pensava che fosse? – rispose il ragazzone, sorpreso.
- Ah non saprei… in aula per la lezione, magari? – ironizzò, stizzita per il contrattempo.
Decisamente, la giornata non era partita per il verso giusto.

- Lascia perdere… dov’è il teatro? – riprese con più calma, dopo aver preso un profondo sospiro.
Non poteva certo prendersela con il ragazzo se quel Wood era così… -stronzo- imprevedibile.
- Devo andarci anche io prof! Se vuole l’accompagno – si offrì Andrew.
- Va bene andiamo! Avrei una certa fretta... –
- Da questa parte, allora. –
Si scostò di lato, lasciandola passare, per poi affiancarla sulla destra, e si diresse verso il cortile.

Raggiunsero l’edificio che ospitava il teatro in pochi minuti. Prima di aprirle con cavalleria la porta, il ragazzo le fece segno col dito di fronte alle labbra, suggerendole di non fare rumore.
Non che lei avesse intenzione di fare un ingresso trionfale, tutt’altro, non era nel suo stile. Inoltre, meno avesse attirato l’attenzione di quel tizio che non le andava particolarmente a genio, meglio sarebbe stato per tutti, lei per prima.

La struttura, dal poco che si poteva intuire visto il buio che l’avvolgeva, era ottagonale, simile al Globe Theatre(2) shakespeariano, ma, a differenza dell’originale sito a Londra, la parte superiore del teatro era coperta da una cupola in vetro satinato.
La luce del sole filtrava dalla vetrata, illuminando solo la parte antistante il palco e, con essa, la figura del professore che, in piedi con dei fogli in mano, focalizzava totalmente l’attenzione degli allievi su di sé, tanto che nessuno si era accorto dell’ingresso dei due ultimi arrivati.

Hail, many-colour'd messenger, that ne'er
Dost disobey the wife of Jupiter;
Who, with thy saffron wings, upon my flowers
Diffusest honey-drops, refreshing showers;
And with each end of thy blue bow dost crown
My bosky acres and my unshrubb'd down,
Rich scarf to my proud earth; why hath thy queen
Summon'd me hither, to this short-grass'd green?(3)
(Salve, multicolore messaggera,
sempre obbediente alla sposa di Giove,
tu che con l’ali tue di zafferano
spargi sopra i miei fiori
stille di miele e piogge rinfrescanti
e incoroni, inarcata nell’azzurro,
i miei boschi e le spoglie mie pendici,
ricca cintura all’altera mia terra.
A qual bisogna mi vuole compagna
la mia regina, su quest’erba fresca?)

Samantha rimase senza parole, lo sguardo incollato su quella figura –quasi- angelica, ammantata di sfumature di blu ed azzurro, i cui riccioli biondi, illuminati dalla luce del sole, brillavano al pari di un’aureola.
La voce ferma e sicura risuonava tutt’attorno come se fosse amplificata artificialmente, mentre l’accento spiccatamente inglese dava alle parole un’espressiva intensità ed una forza vibrante, al pari di un brano musicale.
Aveva già assistito dal vivo a diverse rappresentazioni teatrali, ma nessuna l’aveva coinvolta in maniera così totale in poche battute.

- Qualcuno sa dirmi da che opera è tratto questo pezzo? – Chiese il professore a bruciapelo, gettando lo sguardo ai ragazzi che stavano seduti in cerchio attorno a lui, chi a terra, chi su una panca, chi sul palco.
- Signor Donovan! – tuonò, non avendo ricevuto risposta, e si voltò nella direzione dei due che sostavano ancora immobili presso la porta. – Visto che quest’anno sembra aver accantonato la mazza onorandoci della sua presenza… qualche idea? –
- N-non s-saprei prof! – balbettò il ragazzone, intimidito dal tono dell’uomo.

Si era rivolto ad Andrew, ma gli occhi puntavano fissi sulla donna. Ed erano così dannatamente azzurri da risplendere come il pendente di turchese(4) che Sam aveva ereditato dalla bisnonna.
- William Shakespeare. – Si ritrovò a rispondere suo malgrado, al posto del ragazzo. - La Tempesta. –
Se era una sfida, quella, lei non si sarebbe certo tirata indietro.

- Bene bene. – commentò lui, sorridendo – Preparata, oltre che carina… -
La battuta fece ridacchiare alcuni ragazzi alle sue spalle, ma lui non se ne curò minimamente.
Perché, detto da lui, quello sembrava tutto fuorché un complimento?

Senza pensarci, afferrò la manica della felpa del suo accompagnatore e lo trascinò vicino al resto del gruppo, scendendo in fretta gli scalini che li separavano dal parterre, rischiando di farlo inciampare. Si sedettero infine su una panca libera, come due normali allievi ritardatari.
Per tutto il tragitto lo sguardo di Alexander restò fisso sulla donna. Si domandava la ragione della sua presenza lì e non trovando risposta decise di stuzzicarla ancora un po’.

- Beh, sembra che abbiamo trovato la nostra Demetra(5). Che ne dite, ragazzi? –
- Ma prof, veramente lei… -
- Shhhh Donovan, dopo tocca anche a te, non avere fretta. – lo zittì Alex alzando l’indice sinistro nella sua direzione, ma senza distogliere lo sguardo dalla collega. – Prima le signore, giusto? – ghignò.
Andrew guardò Samantha, perplesso, ed alzò le spalle come a dire “c’ho provato”, ma non aggiunse altro. A quanto pareva, in teatro la parola del professor Wood era considerata legge.

A contract of true love to celebrate;
And some donation freely to estate
On the blest lovers.
(A celebrare un contratto d’amore,
e dispensare generosi doni
a due felici amanti.)

Samantha aveva capito il suo gioco: quello stronzo voleva metterla in difficoltà di fronte ai ragazzi prima ancora che questi venissero a conoscenza del suo ruolo. E lei gliene aveva dato occasione come una cretina, presentandosi nel suo tempio sacro, interrompendo la sua lezione.
Si prese del tempo. Erano passati alcuni anni da quando aveva studiato Shakespeare a scuola, quando cioè era una studentessa proprio come coloro che, ora, la stavano osservando in attesa di una sua reazione. O, più probabile, del suo imminente fallimento.
Si poteva dire che nessuno emetteva un fiato e, in quel momento, si sarebbe sentita distintamente una mosca volare.

Accavallò le gambe con una disinvoltura che non provava, fingendo di mettersi più comoda, e, mentre cercava di riportare alla mente il più in fretta possibile qualcosa che aveva sepolto da tempo in un vecchio cassetto della memoria, tornò con gli occhi sul viso del professore.

Tell me, heavenly bow,
If Venus or her son, as thou dost know,
Do now attend the queen? Since they did plot
The means that dusky Dis my daughter got,
Her and her blind boy’s scandal’d company
I have forsworn.
(Arco celeste, dimmi, tu lo sai
se ci saranno Venere e suo figlio
a fare da corteggio alla regina?
perché dal giorno ch’essi complottarono
d’assistere il fuligginoso Dite
quando rapì mia figlia,
ho ripudiato la sua compagnia
e quella del bendato suo marmocchio.)

Recitò infine, dapprima un po’ incerta, ma acquistando via via più sicurezza, man mano che i versi le salivano alle labbra. Non si trattenne dal mostrare una punta di soddisfazione, notando il lieve irrigidirsi della mascella dell’uomo. Avrebbe giurato di averlo visto deglutire a vuoto, come se volesse ingoiare un boccone amaro.

- Non male per una che ha scelto i numeri e la logica – si arrese.
O almeno così aveva sperato Samantha, ma venne subito smentita dalle parole successive:
– La pronuncia lascia un po’ a desiderare, ma con qualche lezione potrebbe migliorare… sempre che non sia troppo presa dai suoi calcoli, ovviamente. – disse, rimarcando le ultime parole e lasciando intendere tutta la sua disapprovazione sull’argomento.
- Una cosa non esclude l’altra, collega! –
Quello che Wood non sapeva, né poteva immaginare, era che l’aver studiato buona parte, se non tutte, le opere di Shakespeare l’aveva aiutata ad esercitare la memoria almeno tanto quanto la filosofia le era servita per allenare la logica.

- Collega? – esclamò una delle allieve, in tono alquanto ostile.
- Esatto signorina Lewis! Ragazzi, vi presento la professoressa Davis. Da quest’anno sostituisce il vecchio Fletcher! – Alex fece una pausa, in attesa della loro reazione. – Con vostro sommo gaudio, suppongo… -
- Può ben dirlo prof! – azzardò uno dei più coraggiosi, fischiando sommessamente in segno di apprezzamento.
- Ma non è troppo giovane per essere qualificata? – domandò un’altra.
- Certi titoli si possono ottenere in molti modi! – malignò una terza, senza tema di essere sentita.
- O’Connor l’essere carina non esclude l’essere intelligente, anche se tu sei l’eccezione alla regola. – la zittì uno dei ragazzi del gruppo che Sam aveva giudicato dominante.
- Sempre il solito stronzo, Finnegan! – replicò quella, stizzita.

- Ragazzi, i complimenti a dopo. Riprendiamo la lezione se non vi dispiace. –
Wood riprese subito in mano la situazione, per evitare che degenerasse.
- Forza, prendete i copioni che ho distribuito prima. IN SILENZIO, possibilmente! –
Il brusio cessò come era iniziato e poco dopo ognuno di loro stava sfogliando le pagine dell’opera.
- Iniziamo a lavorare sui personaggi… MA, per prima cosa, parliamo del contesto. Chi sa darci qualche informazione? Dov’è ambientata? Quando è stata scritta? Cosa voleva COMUNICARCI Shakespeare con questa commedia? –

Samantha vide l’intera classe trasformarsi davanti ai suoi occhi. Erano bastate poche domande dirette, quasi un’interrogazione vera e propria, per innescare una reazione sulla quale non avrebbe mai scommesso. Ricordava lezioni simili nei suoi anni scolastici, e sapeva perfettamente che l’unico risultato che si potesse ottenere in quel modo era la cosiddetta “scena muta” o, nel migliore dei casi, qualche balbettio inconcludente.

Alexander Wood invece aveva ottenuto l’esatto opposto. I ragazzi si erano divisi in piccoli gruppi e, dopo essersi consultati tra di loro, avevano iniziato a rispondere, formulando ipotesi, alcune sensate, altre originali, altre ancora al limite dell’assurdo. Il professore le ascoltava tutte senza discriminazione alcuna, suggerendo alternative, spingendo talora l’uno, talora l’altro ad elaborare meglio i concetti espressi, a non temere di… osare.

Pur essendo separati, i gruppi interagivano fra loro e Wood non era altro che il catalizzatore di questa energia creativa. Si aggirava fra i ragazzi, a volte li sorprendeva alle spalle, era da solo, eppure era il centro della loro attenzione. Attirava i loro sguardi, anche quello di Sam, come una calamita.
Se avesse dovuto fare un esempio, quella classe era assimilabile ad una rete informatica, in cui Alexander fungeva da server ed i ragazzi erano, a vario titoli, i terminali.

Donovan, Finnegan ed il loro “terzo uomo” Stephan Russo l’avevano coinvolta nella loro teoria, secondo la quale Shakespeare era “stanco di scrivere e meritava di andarsene in pensione a godersi la bella vita”, testuali parole del simpaticissimo Stephan, di chiare origini italiane, anzi, siciliane, come aveva tenuto a sottolineare il diretto interessato.
L’idea in sé la fece sorridere, poiché non era del tutto sbagliata. La Tempesta infatti era universalmente considerata come una delle ultime opere shakespeariane, prima del suo ritiro dalle scene.

Le due ore della lezione terminarono prima ancora che Samantha fosse riuscita, in qualche modo, a sottrarsi a quello strano incantesimo. Alla fine Wood si prese del tempo per stabilire a chi avrebbe assegnato i vari ruoli, informandoli che avrebbe fatto delle audizioni dieci giorni più tardi, a cui erano tenuti a partecipare.
- TUTTI quanti! – aveva ribadito prima di salutarli – Un’eventuale assenza vi costerà una nota di demerito che dovrete poi recuperare. Allievi avvisati… -

Sam si rese conto dalla mancanza di rumori molesti che la maggior parte dei ragazzi aveva abbandonato il teatro. Aveva bisogno di mangiare un boccone prima di assistere alla lezione di… non ricordava più nemmeno chi, o cosa.
- Allora prof… l’aspetto alle audizioni! – se ne uscì Wood, come nulla fosse, mentre sistemava i fogli che aveva sparpagliato sul palco, seguitando a darle le spalle.
- Non se ne parla proprio! – replicò, quasi strozzandosi con le parole.
- E perché mai? – chiese girandosi a guardarla, sorpreso. O fingendosi tale.
- Perché no! –

Alexander rise.
Rise talmente di cuore che Samantha faticò a trattenere un sorriso di rimando e per dissimulare si chinò a raccogliere una penna da terra.
- Avanti COLLEGA, da te mi aspetto una scusa migliore di un “perché no”. – disse, passando ad un più confidenziale tu. Si era appoggiato al bordo del palco, incrociando le braccia, ancora divertito.
- Dammi tu una motivazione migliore perché io diventi una banale studentessa! – gli rispose a tono.
Lui azzerò la distanza tra loro in tre passi, sbarrandole la strada e, di fatto, precludendole ogni via di fuga con la sua altezza.
- Perché oggi ti sei divertita. – fece una pausa cercandone gli occhi. – Perché, che io sia dannato, la cosa ti intriga, ma non hai il fegato di ammetterlo! –
Le schiaffò, letteralmente, dei fogli sul petto, costringendola ad afferrarli affinché non cadessero.
- E perché tu non saresti una BANALE studentessa! –

Si allontanò, così come s’era avvicinato prima, raccolse la sua giacca e, passandole accanto, la salutò:
- Immagino che tu sappia già dov’è la mensa. O devo richiamare Donovan? –

Samantha era rimasta senza parole. Quel tizio era assolutamente irritante, indisponente e… aveva ragione, si era davvero divertita, tanto da non rendersi conto che si stava comportando come un’allieva e non come una docente.
Non era necessario però che lui fosse così stronzo.

Perché lei sapeva esserlo altrettanto.
- Aspetta! – lo fermò un attimo prima che uscisse.
Alexander non si voltò.
- Non so dove sia la mensa. O meglio, lo so, ma non saprei arrivarci da qui, quindi se, cortesemente, potessi indicarmi la direzione te ne sarei grata. – gli disse, sfoderando tutto il suo charme, consapevole tuttavia che non l’avrebbe scalfito nemmeno un po’.

Parlando, lo aveva raggiunto sulla porta. Alex sbuffò.
Quella donna stava giocando col fuoco. Se pensava che due moine l’avrebbero messo a tacere si sbagliava di grosso.
- Sto andando a mangiare anche io. Non vivo di aria, nel caso non lo sapessi, dunque prego: da questa parte. –

Lasciarono il teatro alle loro spalle e raggiunsero la mensa, come se non fosse accaduto nulla.

Angolino di Lune:
Ecco il secondo capitolo. Si fa conoscenza del simpaticissimo professor Alexander Wood. Da qui in poi è tutto un evolversi di cui nemmeno io sono stata ancora informata.
Attendo news dai personaggi: non appena mi bisbiglieranno nel sonno, impedendomi di dormire, avrete il capitolo tre.
Per saperne di più:

(1) I titoli dei capitoli sono “liberamente” imposti da dettagli disseminati all’interno del capitolo stesso.
(2) Il Globe Theatre esiste, ma non è l’originale: è stato ricostruito nel 1614 e, più recentemente, nel 1987. Wikipedia vi dirà tutto a riguardo.
Per capirne la conformazione guardate questa immagine .
(3) The Tempest, William Shakespeare – Atto IV, Scena I (anche i pezzi successivi). Il testo integrale in inglese è tratto da questo sito. La traduzione in italiano è del Prof. Goffredo Raponi, tratto da “traduzione originale da William Shakespeare, "The Complete Works", a cura del prof. Peter Alexander, Collins, London & Glasgow, 1960, pagg. XXXII – 1376”
(4) Se volete sapere qualcosa su questo minerale vi rimando a questa pagina.
(5) Demetra è il nome greco con cui viene identificata Cerere, sorella di Zeus e madre di Persefone. Nella mitologia greca è la dea del grano e dell'agricoltura, costante nutrice della gioventù e della terra verde, artefice del ciclo delle stagioni, della vita e della morte, protettrice del matrimonio e delle leggi sacre.

  
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