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Autore: Nanas    06/06/2018    4 recensioni
“[…] Perché Gotham è, prima di tutto, i suoi cittadini.
Cittadini che continuano a portarla sull’orlo del baratro solo per tirarla all’ultimo nuovamente via, desiderosi di combattere per l’anima di quella città che si ritrova ad essere ancora una volta appagata del caos che la compone, soddisfatta della consapevolezza che il vivere le sue ombre comporta.
Poiché tutti sono parte della sua esistenza, tutti sono sangue che scorre caldo nelle sue vene e che rende possibile la sopravvivenza al freddo della notte:
Tutti sono criminali, a loro modo. E finché vivono, così vive la città.
E poiché la città vive, così vive Batman.”
_________________________________
Hint: [KuroKen] [BokuAka] [DaiSuga] [IwaOi]
[Batman AU] [WARNING: Slow Build Fanfiction!]
Genere: Azione, Dark, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Daichi Sawamura, Hajime Iwaizumi, Morisuke Yaku, Tetsurou Kuroo
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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16. Quando il gatto danza è per isolare la sua prigione
(e quando pensa è solo fino alle pareti dei suoi occhi)


 

Paul Éluard


 


 


 

GOTHAM CITY – Sionis Industries (Industrial District)

22/12/1976 – Tramonto


 

Vita, morte.
Sanità, e malattia.
L’ordine, e il caos.

Batman non aveva idea di quanto fosse passato dalla prima volta che aveva incontrato Joker.

A volte, nei momenti più bui, non riusciva a fare a meno di pensare come forse il loro primo incontro fosse avvenuto persino prima di tutto questo, prima che la mente del Joker venisse completamente inabissata da una psicologia incoerente e avvelenata. Cosa sarebbe potuto cambiare, se avesse avuto quella consapevolezza anche nel passato?

Quante volte, secondo quell’ipotesi, gli era camminato magari accanto tra le vie di Gotham, inconsapevole di quello che sarebbe diventato in futuro? Un postino, un giornalista, un dipendente di azienda: Batman sapeva solo che qualcuno, anni addietro, aveva deciso di nascondersi dietro quella maschera di orrore e pazzia; qualcuno che, e Daichi di questo ne era certo, era morto l’istante stesso quella stessa maschera era stata calata la prima volta, il volto tumefatto e avvizzito in una risata disperata e in un pianto truccato di rosso e di nero. Un volto che Daichi poteva aver visto, almeno una volta, in mezzo alla strada una mattina di settembre, vicino alla Sawamura Enterprises o accanto al parco Sheldon durante un pomeriggio soleggiato.

Cosa si nascondesse, però, dietro la motivazione che lo aveva spinto ad immergersi in quel pozzo denso e vischioso di follia la prima volta, lui probabilmente non avrebbe mai avuto modo di saperlo.

Forse, a volte pensava, se lo avesse saputo sarebbe anche riuscito a salvarlo. Se solo lo avesse conosciuto prima, se quello che era stato una volta Joker fosse riuscito ad entrare in contatto con lui prima che la sua mente partorisse quel malsano abominio, forse tutto ciò si sarebbe potuto evitare.

Forse, salvando ciò che una volta era stato Joker, avrebbe potuto salvare anche Bokuto, successivamente.

E forse, a volte si arrischiava persino a sperare, c’era ancora una possibilità che ciò accadesse. Per quanto remota fosse, forse esisteva ancora una soluzione capace di riportare indietro entrambi e dimostrare a Daichi, prima che a Joker, di come anche dopo essersi spinti così in là un cambio di rotta fosse possibile.

Bastava lo pensasse affinché la bile iniziasse ad accularsi sotto la bocca dello stomaco. Perché, oltre tutti quei pensieri e al di fuori della sua vita dedicata alla lotta contro il crimine, Batman non era cieco a ciò che in fondo persino Joker sapeva: che cercare di salvarlo non era mai stata una questione di puro altruismo, quando di tornaconto personale.

Seppure spesso solo inconsciamente – alcune cose erano infatti lontane dal venire definite nella acida risolutezza della propria coscienza – Daichi capiva bene quello che lo stesso Joker si prodigava spesso a dire, la derisione e lo scherno presenti nelle sue battute di commiserazione verso Batman: sentiva quel collegamento e lo odiava con tutto se stesso, sentiva quel filo di sangue che sanciva la loro involontaria somiglianza e che Daichi cercava ad ogni scontro inutilmente di recidere, tenendosi strenuamente ancorato a quei principi – ultima frontiera di confine con la sua nemesi.

Joker, forse, era persino più necessario a Daichi di quanto Daichi stesso non fosse per quel folle: Perché era anche grazie all'esistenza del Joker che Batman era quello che era, ed era proprio grazie a Joker che Batman era ancora capace, nei momenti di dubbi e di debolezza, di distinguere il suo operato e la sua natura di vigilante da quella di criminale.

Quando la polizia gli dava la caccia, i cani ululavano nella notte seguendo i suoi odori e i conduttori radiofonici gridavano nelle case degli abitanti di Gotham, decantando a gran voce le testate dei giornali che lo vedevano come un pericoloso delinquente, in quei momenti era la consapevolezza della sua differenza con personalità come Joker che gli permetteva di distanziare ciò che raccontavano di lui con ciò che, nel profondo delle sue paure, temeva a volte di poter diventare.

Joker era la sua ancora di sanità, e se questa non suonava come la barzelletta più assurda ed inverosimile di tutta Gotham Batman non aveva davvero idea di cosa sarebbe potuto esserlo.

Riguardo le armi usate da entrambi, al contrario, vi era un abisso a separarle.

Quelle usate da Joker potevano essere di qualsiasi tipo: dalle armi convenzionali – da fuoco e da taglio – ad arsenali letali composti da carte da gioco od oggetti da giocoliere. Joker era un nemico imprevedibile, ma nonostante la pazzia che sembrava avvolgerlo come un serpente velenoso risultava capace di combattere Batman con una acutezza e una dimestichezza che lo rendevano pericoloso non solo nei giochi mentali quanto anche nel corpo a corpo.


 


 


 


 

Batman si piega di lato, facendo una rotazione a semi arco ed abbassandosi poi su una gamba, tendendo l’altra tesa così da trascinarla con prepotenza al lato delle caviglie del Joker, nel tentativo di fargli perdere l’equilibrio. Joker ride, una risata sanguigna che gocciola lungo le pareti dell’enorme sala, mentre è veloce a spostarsi, portando il busto indietro e le mani sul pavimento ad almeno un metro di distanza, agile come un gatto selvatico e snodato come un equilibrista.

«Sai, dico sempre che i tempi sono fondamentali nella comicità. Però–»

Si ferma un attimo, portando il dorso della mancina alle labbra prima di strisciarlo di lato, a stirare una riga di sangue scesa fino al mento per tutta la metà inferiore della guancia.

«Devo ammettere che anche nei combattimenti hanno le loro potenzialità.»

Batman rimane in silenzio, il palmo posato sulla cintura mentre vede Joker portarsi intanto quella stessa mano dietro il collo, massaggiandoselo come a stirarsi i muscoli dopo una lunga giornata di lavoro.

«Questa situazione… Mi ricorda una barzelletta, sai? Fammi pensare, com’era? Ah~ sì!»

Non ha completato la frase che si getta nuovamente su di lui, la pistola che viene tirata fuori da una tasca interna del giaccone lungo. Un batarang viene lanciato tempestivamente in avanti, e mentre Batman si sposta di lato l’arma da fuoco del folle finisce velocemente a terra, colpita dall’utensile a forma di pipistrello ancora incuneato al suo interno.

«Troppo facile? Ohya~ Mannaggia. Dicevo, un saltimbanco e un pipistrello entrano in un caf–»

Hanno appena iniziato, ma già Daichi non ha intenzione di sentire altro. Il busto viene piegato in avanti mentre accorcia velocemente le distanze tra loro, la destra chiusa a pugno e pronta a colpire l’altro in petto. Joker si accartoccia su se stesso, ma Batman non fa in tempo a notare come abbia parato il colpo, facendosi scudo con un coltello posto di piatto, che un secondo pugnale compare nell’altra mano, un sorriso che biancheggia sul viso del folle nell’attesa della prossima mossa. L’uomo pipistrello fa appena in tempo ad alzare l’avambraccio rinforzato che la lama si tuffa contro quella protezione improvvisata, venendo bloccata dal materiale rigido ma rimanendo incredibilmente vicina al corpo di Batman.

Come Joker, del resto.

«Quanta impazienza… Lo so che vorresti sentire subito la battuta finale, ma

Daichi manda avanti la testa di scatto, facendola scontrare contro le mandibola del criminale nel tentativo di allontanarlo. Joker però non arretra, ed anzi dopo quello scontro solo la testa viene puntata all’indietro, il pomo di Adamo che sporge per qualche secondo mentre il viso viene lentamente riportato in avanti, rivoli di sangue che ora scivolano copiosi dalla bocca pitturata di rosso. La lingua umida va a umettare lentamente il labbro spaccato, e mentre un sorriso esagerato e mostruoso va ad aprirsi su quel volto di diavolo Daichi riesce a vedere una patina rossa sporcare indecorosamente molti denti e i canini appuntiti a entrambi i lati, unico segno che provi come il suo attacco sia andato a ledere la carne di qualche gengiva.

«Se te la dicessi, non varrebbe la pena sentire il resto della storia.»


 


 

«… Batman?»


 


 

Joker sorride nel sentire una voce gracchiante e meccanica arrivare dalla piccola radio posta al polso dell’altro, e mentre spinge con il coltello contro l’avambraccio rinforzato del vigilante gli occhi vanno ad abbassarsi verso l’origine di quel suono freddo, posandovi le iridi allungate per una manciata di secondi prima di risalire a fissarle sulla maschera del protettore della città.

«Ohya~ è forse il commissario? Sto occupando l’ora della chiamata serale?»

Dichiara divertito, le labbra che si aprono maggiormente in un sorriso deliziato mentre il viso viene piegato leggermente, portandolo alla stessa inclinazione dell’arma da taglio che tiene in tensione contro l’arto dell’altro.

«Spero tu sia in ascolto. In caso sappi che abbiamo un’emergenza, sono appena stato chiamato dalle guardie di sicurezza del manicomio di Arkham.»

«Ah, se non parla del mio luogo di villeggiatura preferito! Ma allora posso origliare anche io, giusto? Alla fin fine ci sentiamo un po’ tutti a casa quando siamo lì dentro. Non è vero, Batman~?»

Daichi indurisce i muscoli della gamba sinistra prima di fare inaspettatamente perno contro il pavimento, utilizzando la forza contraria per spingere malamente via il criminale. Lo vede cadere a terra, scosso da risate isteriche ed armi alla mano, mentre lui indietreggia velocemente, premendo con il pollice il pulsante presente sul polso e portando la mano davanti alla maschera, le iridi che rimangono nel frattempo puntate sul villano parzialmente piegato a qualche metro da lui.

«Commissario.»

«Ah– Grazie al cielo. Pessimo momento?»

«Cosa hanno detto le guardie?»

«… Ok, pessimo momento. Sarò breve: qualcuno ha manomesso i sistemi di sicurezza del manicomio. Sembra che le guardie abbiano notato un’incursione sospetta ed abbiano fatto scattare l’allarme, ma invece di sigillare le porte dei corridoi il computer abbia visto l’ordine come autorizzazione a sbloccare tutte le celle.»

Batman scruta silenziosamente Joker, e nonostante il silenzio caduto nel frattempo tra di loro – e il viso del folle ancora celato a causa della posizione – riesce a vedergli le spalle tremare in maniera incostante, come a cercare di soffocare una risata sull’orlo di collassare nuovamente fuori dal debole muro offerto dalle labbra.

Ha una pessima sensazione riguardo quella faccenda.

«Feriti?»

«Si spera sempre nel meglio, ma– pare si stia scatenando l’inferno lì sotto, Batman. Alcuni prigionieri sono riusciti ad evadere, ma non avremo numeri fin tanto non avremo riportato tutti in cella e potremo vedere quali rimangano vuote. I miei uomini ed io stiamo andando, ma potremmo non essere sufficienti.»

Il messaggio sottinteso da Yaku è chiaro, e Daichi rimane immobile per interminabili secondi mentre Joker si rialza, riprendendo a sorridere sghembo mentre va a portare il coltello davanti gli occhi, rigirandosi la lama tra le dita.

«Cena da amici?~»

«… Arriverò il prima possibile.»

Dichiara infine alla radio, e prima che il commissario possa dire altro chiude il collegamento, spegnendo l’apparecchio e tornando a porre la mano al lato della cintura, il busto leggermente curvo in avanti.

«Sai Batman, non so se debba sentirmi geloso del rapporto che hai con quel commissario. Pensare che faccio così tanto ogni volta per darci la possibilità di stare un po’ da soli… Ma proprio quando iniziamo ad avere una certa intimità–!»

Sta ancora terminando la frase che Daichi vede il riflesso di uno dei suoi coltelli da palcoscenico illuminare per un istante il fianco dell’altro, e rotola di lato poco prima che questo venga lanciato nella sua direzione, tintinnando irregolarmente quando la gravità ha la meglio e lo fa cadere sul pavimento, lontano da entrambi.

«Forse dovrei farlo fuori, che ne dici–? Un delitto passionale, non lo chiamano così al giorno d’oggi i giornali?! Ohya~, ohya~! È proprio vero che questo è un mondo di matti, in quale altra realtà scambierebbero un omicidio per eccessivo amore?!»

Daichi piega il busto mentre la mano va ad afferrare il bat-artiglio, e senza dare tempo a Joker di poter prendere un secondo pugnale lo lancia verso di lui, arpionandolo per la lunga giacca violacea e tirandolo in avanti, facendogli quasi perdere l’equilibrio. Lo vede perdere il suo sorriso di strafottenza per qualche secondo mentre il suo baricentro esce velocemente dalla sua zona di equilibrio, ma invece di cadere a terra Joker si porta in avanti, facendo due grandi passi mentre il braccio viene teso e la mano chiusa a caricare un pugno, che va poi a scontrarsi con la parte laterale della maschera di Batman con forza tale da farla slittare all’indietro.

Cadono entrambi a terra, ma Daichi rotola di lato, alzandosi il più velocemente possibile e guardando verso terra, dove immagina sia caduto nel frattempo Joker.

Vuoto.

 

«Anche se nessun delitto batte i tuoi, naturalmente. Com’è che ti chiamano?»

La voce dell’altro gli arriva da dietro l’orecchio destro, e Batman ringhia un verso sommesso nel sentire un braccio andare a circondargli il collo, tirandolo verso l’alto e dietro di sé nel tentativo di fargli esporre maggiormente il collo e fargli così perdere coscienza per asfissia.

O peggio.

«Mostro alato, giusto? “Mostro alato terrorizza Gotham”, chissà cosa scrivono di me allora!»

Prova a respirare un paio di volte, invano, prima di piegare le gambe ed abbassarsi inaspettatamente, portando le mani sull’avambraccio dell’altro e chinandosi in avanti, obbligando di peso anche Joker a fare lo stesso.

Lo fa capitombolare in avanti, e una volta a terra si porta una mano alla gola, nel tentativo di riprendere aria. Vede il folle fare una, due capriole all’indietro che lo portano ad allontanarsi di cinque o sei metri, prima di riportarsi in ginocchio e poi in piedi, voltandosi verso di lui.

«Oh, andiamo Bat-musone, non prenderla sul personale. Lo sai che potrei mai ucciderti~. Siamo la più vecchia battuta della storia, la migliore! Il rosso e il nero. La vita e la morte. La barzelletta e la battuta finale! E so che anche tu lo pensi, che in fondo nemmeno tu potresti mai uccidermi!»

«Io non uccido nessuno.»

«Ohya ohya, lo vedi~? Già il primo punto in comune! E chissà quanti altri ne troveremo in serata. Dopo tutto lo sai, l’ho sempre detto che siamo incredibilmente simili

Una fragorosa risata, le labbra si tendono quasi da orecchio ad orecchio mentre Joker si porta le mani sullo stomaco, facendo una leggera pressione contro la stoffa della camicia. Persino le ciocche nere pece dalle punte verde acido vibrano, sommosse dai movimenti bruschi a cui vengono costrette.

«Anche se devo dirlo. Nonostante gli anni, riesci ancora a fare battute più divertenti delle mie! Tu non uccidi? Davvero?»

«Sei tu l’assassino, Joker. Sei pazzo, e con quelli come te l’unico punto che mai avrai in comune sarà il manicomio.»

«Ah~ Batman, sempre così sicuro della tua innocenza. Pensi io non lo senta? Che non percepisca quanto sia patetica l’intonazione che adotti quando parli di ciò che vorresti essere?»

Ha bisogno di un piano.

Daichi va a tastare con la mano lungo la cinta che indossa alla vita, facendo attenzione che il suo gesto ricada nella parte più ombreggiata della sua figura. Ruota leggermente poi nel seguire i movimenti dell’altro, in silenzio mentre lo vede iniziare a girare con lentezza attorno a lui, a numerosi metri di distanza.

Una pantera nera, pronta ad attaccare appena le si darà impunemente la schiena.

«Dimmi, quando hai smesso di crederci, Bat-musone? Quando hai capito che la maschera che indossi non è solo fisica?»

Vi è una chiara traccia di scherno nella tonalità adottata dall’altro, come su quel sorriso freddo e impietoso che indossa. Batman non risponde, la mano che va invece a tastare per quanto possibile gli spazi vuoti intervallati dalle varie armi che ancora non ha usato. Ogni tentativo di usare armi convenzionali non ha dato buoni frutti, fino ad adesso: Joker sembra essere privo di qualsiasi istinto umano collegato alla percezione del dolore e della salvaguardia personale, quindi non dovrebbe sorprenderlo come gengive rotte e qualche ematoma su fianchi e petto non abbiano avuto l’effetto sperato. Ma ha bisogno di fermarlo, e questo lo mette davanti ad un problema che, come sempre quando si parla di quel folle, non sembra facile da risolvere.

«Quando hai capito che eri diventato ciò che hai sempre temuto di essere?»

La voce di Joker è come un felino che si fa lentamente strada nella sua testa. Lo può sentire muoversi, lascivo e vizioso, lungo i fili della sua mente rigida e dura, cercando punti teneri ove poter imprimere gli artigli e staccargli, nel battito di un istante, le carni violabili.

Nulla che Daichi possa permettere.

«Io non sento la necessità di uccidere migliaia di persone nel tempo libero, Joker.»

«Ohya~ e invece sì. Sono solo diversi gli umani che prenderesti in considerazione per farlo. Perché cacceresti con così tanto fanatismo noi criminali, altrimenti?»

Non lo troverà, il punto debole. Non imprimerà alcun artiglio nella sua testa.

«Oh no, non è la volontà che ti manca, Batman: è il coraggio. Tu non puoi uccidermi senza diventare come me, ed io non posso ucciderti senza perdere l'unico essere umano al mio livello! Non è ironico?! Non possiamo ucciderci, ma entrambi stiamo esaurendo le alternative!»

«No.»

È un filo di voce, ma è sufficiente. Joker si ferma, andando a guardare l’altro con sguardo curioso mentre piega leggermente la testa di lato, facendo scivolare i capelli della frangia a scoprire il secondo occhio lungo e scuro.

«Ohya~?»

«Non tutte.»

Stavolta è Daichi a prendere l’iniziativa, e mentre l’altro ha ancora quel sorriso così orribilmente stampato sul viso il vigilante va a lanciare il suo bat-bolas in avanti, rotolando poi di lato per iniziare ad intrecciare la fune liberata dalla cintura attorno al corpo dell’altro.

«Ohya~ e questa? Mi aspettavo almeno un paio di preliminari, prima di passare a questo gioco!»

Lo sente commentare mentre cerca di scrollarsi di dosso il lungo cavo. Batman è veloce però, e prima che l’altro possa fare mosse efficaci è svelto ad arrivargli dietro, bloccandogli le mani contro la schiena ed obbligandolo al contempo ad avvicinarsi verso una delle tante casse vuote sparse per l’enorme sala, facendolo sedere su una di queste.

«Non ne avrai bisogno, abbiamo finito.»

«Di già? E pensare che non ho nemmeno usato la mia parola d’ordine, ancora.»

«Non servirà né qui, né nella struttura dove finirai tu.»

«Oh, no, no, no.»

Lo vede scuotere la testa a destra e sinistra mentre anche l’ultima fune viene rilegata al meglio attorno al suo corpo, obbligandolo forzatamente all’immobilità. Ma nulla di ciò che ha da dire gli potrebbe interessare, sinceramente: Batman decide così di rimettersi in piedi, nel disinteresse di ciò che l’altro ha da dire, mentre la mancina va a porsi sul bottone posto sul polso allo scopo di riattivare il collegamento con il commissario.

«Non metterci limiti in questo modo: La notte è ancora giovane, ed io sono ancora carico e pieno di energie! Ma a proposito di tempo, lo senti?»

Disinteresse per tutto, tranne che per questo.

«… Cosa?»

Il dito è già sul pulsante scuro, ma la mano si arresta appena prima prima di fare su di esso la piccola pressione necessaria a metterlo in funzione. Gli occhi vanno a riportarsi su quelli allungati e stretti del Joker, cercando una risposta nell’espressione ora sorniona che si sta dipingendo su quel pallido viso dal trucco scuro e sanguinante.

«Cosa cosa, Batman?»

Dio. Odia tutto ciò.

«Cosa dovrei sentire?»

«Mhm~? Oh, quindi non lo senti? Peccato. Che ti stia estraniando dalla realtà, Bat-sadico?»

Pare illuminarsi appena nel dirlo, prima di continuare a parlare.

«Ma in fondo posso capirlo, non siamo legati alla razionalità per contratto, nessuna clausola di sanità mentale! La follia, ah! La follia, invece–»

«Chiamerò il commissario. I suoi agenti ti condurranno al manicomio Asylum non appena la situazione si sarà stabilizzata.»

Joker sembra pensarci su per qualche istante, e nel mentre lo fa si lascia andare ad una cantilena di mugugni ovattati, ciondolando leggermente a destra e a sinistra e andando ad abbassare le palpebre ombreggiate, il trucco scuro che proietta i contorni scheletrici delle sue cavità orbitali come fossero due grossi dischi neri ai lati del naso longilineo.

Sembra infine arrivare ad una decisione, ed un sorriso tirato si allarga su quella maschera pallida, gli occhi che vanno a puntarsi nuovamente su quelli di Batman mentre il corpo torna a rallentare il suo frustrante inclinarsi a destra e a sinistra.

«Ah, apprezzo l’impegno ma credo che reclinerò~.»

I denti biancheggiano e rosseggiano, il sangue che ancora ne copre parzialmente lo smalto perlaceo.

«Prima cosa, perché non mi sento a mio agio con la gente nuova– Tutte quelle domande su quali trucchi usi e sul numero di omicidi fatti negli anni sono diventate davvero noiose, sai?»

Daichi schiude le labbra, pronto a rispondere al criminale, ma le richiude subito nel sentire che qualcosa non torna.

Un sesto senso, sviluppato negli anni e con l’allenamento, che lo obbliga a spostarsi di lato proprio nel momento in cui un gigantesco martello fa la sua comparsa al lato della sua visuale, fendendo lo spazio poco prima occupato da lui e creando al suo impatto con il pavimento un rumore rimbombante e scatolato, che echeggia pesante tra le pareti illuminate dai vecchi led natalizi.

Non ha un istante per pensare: neppure il tempo di girarsi per confrontarsi con l’avversario che un secondo attacco si ripete al primo, l’enorme arma che viene fatta ruotare attorno al corpo del ragazzo che la impugna nel tentativo di colpire il fianco di Batman. Daichi riesce a muoversi velocemente, piegando il busto e facendo una serie di capriole all’indietro per evitare di scontrarsi con il legno duro, e solo quando si trova a molti metri di distanza dal punto iniziale torna in piedi, guardando da lontano la persona comparsa accanto al Joker col fine di difenderlo dal vigilante.


 

Bassa, snella ed atletica, i capelli dalle radici scure e la tinta bionda che sfuma sulla sinistra in un rosa scolorito e sulla destra in un blu elettrico. Gli occhi sono illuminati da due iridi lunghe e ferine macchiate di un’ambra scuro, la pelle è pallida mentre un enorme martello squarcia l’aria al lato di quel volto piccolo e apatico, un cerchio ed una croce stampati sulle due facce del maglio posto leggermente in alto ed inclinato in posizione di attacco verso Daichi.

«Seconda cosa, perché il mio micino è molto geloso della gente che si prende troppe confidenze con il sottoscritto~.»


 


 


 

°°°°


 


 


 

Daichi aveva sempre considerato Harlee, nonostante l’aspetto indifferente e giovanile che lo caratterizzava, uno dei criminali più incomprensibili e imprevedibili di tutta Gotham.

Inizialmente inserito all’interno del gruppo di medici psichiatrici di Arkham Asylum con lo scopo di completare il suo tirocinio e divenire a tutti gli effetti specializzando in neuropsichiatria criminale, Kozume Kenma – era questo il nome che aveva avuto prima di darsi alla malavita – era stato inserito dall’università di Gotham all’interno del manicomio con l’autorizzazione a usare uomini e donne rinchiusi al suo interno come soggetti per la sua tesi di laurea.

Seppure il lungo periodo passato nell’edificio di detenzione, tuttavia, Kozume non sembrava avesse costruito nessun rapporto solido con altri dottori o specializzandi della struttura. Come Daichi aveva infatti avuto modo di venire a sapere dal direttore del dipartimento l’unica persona con cui Kenma aveva intrattenuto alcun tipo di conversazione era stato invece uno dei suoi pazienti, il Joker, che dalle carte che il giovane universitario aveva lasciato nella sua scrivania si era rivelato essere stato ai tempi considerato, dal ragazzo, l’ideale paziente zero per la sua tesi di analisi comportamentale.

Ciò che era successo dopo era ancora soggetto di dispute tra l’università di Gotham ed il manicomio stesso, ma i più si dividevano tra l’ipotesi che il neo-dottore fosse stato enormemente plagiato dal Joker stesso, perdendo la propria ragione seduta dopo seduta, e quella che fosse sempre stato in verità un probabile soggetto instabile e dall’incoscienza criminale sopita dietro un pesante strato di apatia caratteriale.

L’unica cosa certa era stata che, poco tempo dopo aver conosciuto il folle assassino, entrambi erano misteriosamente scomparsi, in una notte come tante altre, comparendo nuovamente in città dopo qualche settimana come coppia di criminali e con il nome di Joker ed Harlee Kenn.


 


 


 

Batman fa qualche rondata di lato, il respiro che si fa ansante oltre la maschera nel rimettersi velocemente in piedi, e quando una gamba gli cede – obbligandolo a porsi parzialmente in ginocchio – deve fare un enorme sforzo per piegarsi di lato, rotolando via un secondo prima che la facciata con la croce del martello di Harlee si vada a scontrare con il suo corpo.

Raschia con la gola un gemito roco quando sente una ferita aperta strusciare miseramente contro il pavimento graffiato dal tempo, e punta il bat-artiglio in avanti, scagliandolo dall’altra parte della sala così da farsi tirare via proprio quando Harlee colpisce nuovamente, a pochissima distanza da lui, prendendolo di striscio invece che integralmente solo grazie alla forza di richiamo del fil di ferro dell’arma appena utilizzata.

Daichi plana su uno dei pochi scaffali ancora in piedi, e non senza qualche difficoltà si volta nuovamente dietro, fissando in lontananza Harlee tornare a difendere la figura sorridente del Joker, ora orribilmente deformata in un fascio di risate isteriche e divertite.

«Ohya~! Se non riesci a fare meglio di così la vedo male per te, Batman!»

Batman schiocca la lingua contro il palato, le sopracciglia che vanno ad aggrottarsi mentre appunta irritato il commento di Joker nella testa, e nel posare lo sguardo su entrambi l’espressione si fa più contrita, le nocche che si sbiancano nello stringere le dita attorno al metallo freddo della mensola dove è chino. Vorrebbe rispondere, ma la verità è che l’esattezza di quelle parole è pesante da digerire, come è pesante da digerire il fatto che Harlee sia ancora in piedi accanto a Joker, lì dove lui si sia ritrovato costretto ad allontanarsi dal campo di battaglia.

Ciò che è certo è che, nonostante la dipendenza quasi totale che Harlee pare avere nei confronti di Joker, Daichi ha sempre effettivamente pensato al compagno di quel folle criminale come ad uno degli avversari con cui abbia sempre avuto più difficoltà a lottare. Nonostante l’aspetto pacato e contenuto, infatti, Harlee sembra possedere una agilità ed una flessibilità fuori dal comune, cosa che gli ha sempre permesso di compiere salti molto elevati e schivare proiettili sparati anche a distanza ravvicinata dai poliziotti da cui è spesso braccato.

È veloce, elastico, e si muove con un’agilità che solo Nishinoya riesce a seguire: mentre però è consapevole di cosa abbia reso Robin idoneo a eseguire attività acrobatiche di quel livello e a sviluppare una resistenza fisica lontana da quella dei suoi coetanei, essendo stato lui stesso responsabile della sua crescita e docente in quegli insegnamenti avvenuti nella palestra sotterranea di villa Sawamura, la naturale capacità di Harlee – ex dottorando della Gotham University – rimane per Daichi un mistero che non sa se avrà mai modo di svelare.

Harlee, inoltre, non indossa alcuna maschera al momento, il ché fa pensare Joker abbia usato su di lui lo stesso antidoto che ha usato su se stesso e sui suoi scagnozzi. Questo non sarebbe un problema, se non fosse che rende Harlee immune ad un’altra intera gamma di batteri potenzialmente nocivi, una lista di immunità già resa abbastanza lunga da Poison Ives: come Daichi ha infatti avuto modo di scoprire in passato anche moltissimi altri batteri, veleni e virus a lui conosciuti e sconosciuti risultano essere totalmente inoffensivi per Harlee, e questo proprio grazie all’intervento del metaumano, che pare abbia per qualche motivo deciso di condividere molti dei suoi anticorpi con quell’esile ma resistente ginnasta criminale.

Ecco allora il problema: perché ciò, naturalmente, rende Harlee immune anche a moltissimi agenti contenuti nelle sue cerbottane, spray e pellet gassosi, che finiscono per essere del tutto inutili contro di lui e che rendono molto esigue la percentuale di armi che Daichi può usare per combatterlo.


 


 

Un proiettile taglia l’aria accanto a Batman, obbligandolo ad abbassarsi rapidamente alla ricerca di riparo mentre tenta di uscire dalla mira di Harlee, che nel frattempo sembra aver tirato fuori due piccole pistole, una per mano, dei medesimi colori di quella usata da Joker.

Naturalmente, lo aveva quasi scordato: non è solo nel corpo a corpo che Harlee sembra essere un criminale dalla pericolosità spesso sottovalutata; proprio come Joker, infatti, esso pare essere anche vezzo all'utilizzo di armi da fuoco e da taglio; così come di esplosivi, armi e gadget decisamente non convenzionali che Daichi ha avuto modo di vedere in passato, durante i loro incontri avvenuti tra una evasione e l’altra.

Una differenza con Joker ci sta, però: rispetto al primo, Harlee parla immensamente di meno.


 


 

«Sappiamo entrambi che non hai possibilità di vincere, Joker.»

Batman fa una capriola di lato prima di allargare le braccia e con loro il mantello, planando nuovamente verso il pavimento nel tentativo di uscire fuori dal mirino di Harlee Kenn. Si ripara dietro una delle tante colonne che sostengono il soffitto della sala, portando le spalle a premere contro i mattoni freddi mentre con la destra va a controllare le armi che tiene ancora nella cintura, scartandone lentamente una ad una alla ricerca di qualcosa che abbia effetto sull’altro.

La risata di Joker non tarda ad arrivare, e Daichi stringe le labbra mentre tenta di non perdere la concentrazione, posando l’attenzione sui dardi penetranti che tiene di lato prima di passare oltre, sui bat-arang ancora non lanciati ma abbastanza inutili contro una persona come Harlee.

Altro, gli serve altro–

«Ohya~? Strano modo di parlare per uno che si nasconde per non essere sconfitto

«Il tuo piano è fallito, la città si sta riprendendo ed abbiamo già trovato la formula per annullare il tuo gas.»

«Ah~ ma se davvero fosse così sarebbe inutile chiedere quella che possiedo io. Eppure eccoci qui!»


 


 

Ed ha ragione, purtroppo.

Per quanto sia vero abbiano trovato una formula capace di anestetizzare qualsiasi cosa l’altro abbia sparso nell’aria di Gotham, è anche vero non abbiano certezze sull’effettiva durata che questa momentanea immunizzazione avrà. Il vero ed unico modo per avere una risposta soddisfacente sarebbe conoscere la formula originale, lavorando così alla creazione di un vaccino direttamente comprovabile su quella: ed è proprio per questo che quel foglio serve, come è proprio per questo che Joker non sembra sia assolutamente intenzionato a darglielo.

Un fischio acuto allontana Batman dal filo dei suoi pensieri, e si piega in avanti appena in tempo per evitare che il martello di Harlee gli perfori il cranio. Lancia un bat-arang verso l’alto, più nel tentativo di deconcentrarlo che nella vera speranza di arrecargli danno, e sembra che il piano abbia effetto poiché lo vede scivolare velocemente e silenziosamente lontano, andandosi a nascondere mediante una veloce serie di salti tra le travi portanti che sorreggono il seminterrato, muovendosi come un gatto a caccia nella semioscurità offerta dall’altezza.

È come cercare di catturare un randagio: attività che riesce particolarmente bene a Nishinoya, ma non a Daichi. Non è certo grazie a lui se al momento hanno una decina di gatti solo all’interno di Villa Sawamura, in fin dei conti. Solo che, da quello che ricorda riguardo le conversazioni sentite tra nobili tra una festa privata e l’altra, la maggioranza dei quali dediti secondo le tradizioni alla caccia della volpe e di altra selvaggina, per la cattura di animali particolarmente indomabili servirebbe una trappola a vivo, cosa che naturalmente lui non ha.

… O forse che ha, semplicemente nella maniera meno convenzionale possibile.


 

Avviene tutto molto velocemente.

Le funi del rampino penetra-muri vengono tirate da una parte all’altra della stanza, piegate e riprese da Batman stesso mentre cerca di schivare gli attacchi di Harlee provenienti dall’alto: le pallottole tranciano l’aria satura, vanno a colpire led sparsi sulle pareti da cui Daichi si distacca velocemente mentre compie il giro di una, due, tre colonne poste a più metri di distanza. Fa una rovesciata, rotola di lato, lancia qualche bat-arang mentre si rifugia dietro una mensola solo per uscirne subito dopo, una carica di bombe fumogene che vengono lanciate più per creare una difficoltà tecnica nella mira di Harlee piuttosto che nel vero tentativo di metterlo fisicamente in difficoltà.

Nemmeno un accenno di tosse, una parola di sconforto, nulla: Il ragazzo, ovunque egli sia nel celato riparo offerto dalle travi che sostengono la parte superiore della sala, sembra essere un fantasma impalpabile ed invisibile, focalizzato solo sul colpirlo usando meno energie possibili e senza obbligarsi a muoversi più del necessario.

Cosa che Batman può usare a suo favore.

Gli spostamenti del vigilante si fanno sempre più circoscritti mentre usa le traiettorie degli attacchi che l’altro riesce a lanciare per farsi un’idea sempre più precisa di dove possa nascondersi, e nel mentre continua a muoversi la lunga fune del rampino crea sempre più intrecci, andando a costruire una tela che va a svilupparsi ad un metro di altezza dal pavimento e che si incurva in angoli stretti ad ogni colonna che circoscrive.

«Che coda lunga, Batman! Ti sei accorto di star perdendo qualcosa per strada?»

Joker ha sempre qualcosa da dire. Batman non risponde, ed anzi continua a fare quelle figure astratte con la fune ancora un altro paio di minuti; quando finalmente sente il rampino iniziare a fare resistenza si ferma, portandosi in bilico sulle corde tese, alzando poi gli occhi verso l’alto a fissare esattamente sopra di sé, dove – se i suoi calcoli sono giusti – dovrebbe trovarsi la figura di Harlee, accucciata nella parte più interna di quell’incontro di travi.

Trovato.

Gli occhi di Harlee sono lunghi e dorati, e risplendono nel buio quasi quanto quelli di un animale accecato dai fari della macchina. Daichi può vedere il leggero modo con cui l’altro va a mordersi distrattamente il labbro inferiore, frustrato dal fatto di essere stato scoperto, ma l’uomo pipistrello non lo lascia pensare ad un modo per risolvere il problema: la destra è già sulla sua cintura, mentre le dita che circondano le piccole sfere esplosive che ha ancora in vita vanno a staccarle e a lanciarle verso l’alto.

Le sente, più che vederle, sbattere contro le travi che sorreggono il corpo del giovane acrobata, e prima che l’altro possa effettivamente allontanarsi uno scoppio e uno scricchiolio acuto determinano il cedimento della trasversa che usa come appoggio. Un rumore stridulo si genera nelle orecchie di Batman mentre il suono di propaga tutto attorno e lui si sposta di scatto, grosse schegge di legno che vengono sparate in maniera raggiale dal luogo dell’impatto mentre il corpo di Harlee cade pesantemente verso il basso, rimanendo intrappolato in quella rete di funi creata da Daichi durante lo scontro. La forza impressa dal corpo in caduta libera fa scattare una serie di nodi ai lati della sua figura così, mentre la parte centrale si appesantisce a causa del peso di Harlee, quella esterna si chiude su se stessa, di fatto intrappolando l’agile criminale.

«…!!»

Lo vede scuotersi velocemente, preso in contropiede e scocciato dalla insita consapevolezza di essere finito nell’insidia di un’imboscata, ma nonostante la sua nuova posizione teoricamente innocua Daichi si tiene ancora a qualche metro di distanza, gli occhi che non si distaccano un secondo dalla figura del minore mentre inizia a girargli attorno, nell’intento di arrivare nuovamente da Joker.

Harlee continua a muoversi come un animale preso alla sprovvista, tirando la fune nel tentativo di romperla ed arrivando infine ad incastonare le sue iridi mielate in quelle di Daichi. Vedere sul suo viso un accenno di emozione è già di suo un evento fuori dalla norma, eppure quando lo sguardo dell’altro si punta sul suo Batman è costretto a scontrarsi con un’espressione di puro sdegno, le sopracciglia aggrottate e le labbra retratte a mostrare i canini leggermente appuntiti, i denti serrati e le dita strette attorno alle corde metalliche.

«Buono.»

Si ritrova a dirgli prima che possa effettivamente pensarci su, lo sguardo che successivamente slitta lentamente verso quello di Joker, ancora fortunatamente legato al luogo ove Batman lo ha lasciato. Un’espressione di difficile interpretazione sembra essersi dipinta sul suo volto, e Daichi rimane in silenzio mentre lo vede fissare in modo totalmente estraneo al suo personaggio la figura di Harlee, ancora chiuso nella gabbia di funi che Daichi ha creato.

Sembra riprendersi subito però, e non appena si rende conto di essere sotto lo sguardo del vigilante è veloce a raddrizzare nuovamente la schiena, un sorriso enigmatico stampato sul volto e gli occhi neri e lunghi che tornano a guardarlo con teatrale divertimento, la maschera offerta dal trucco solo ultima di tante ben più profonde indossate dall’altro.

«Ohya, divertito con Harlee?»

«Avrei preferito evitare tutto questo.»

Joker alza le spalle, scuotendo la testa con fare mesto prima di tornare a guardare l’altro, un sorriso ancora più largo e sarcastico a farsi spazio tra le labbra fredde.

«Oh, ma perché? Come se non ti fosse piaciuto passare del tempo con lui. Ho conosciuto gente che ha tentato di pagarmi per potercisi anche solo avvicinare. Mando ancora qualcuno dei miei a cambiare loro i fiori, ogni tanto! Ma i soldi, i soldi~!»

Batman rimane in silenzio, fissandolo mentre questo ciondola al ritmo di quell’unica parola che viene ripetuta quasi fosse un mantra più e più volte, crescendo di tono fino a venire quasi urlata, strillata in quelle quattro mura che si silenziano solo nell’istante che precede un’altra frase, le labbra sanguigne di Joker che si aprono ancora e ancora a rivelare uno scherno mai svanito nella voce.

«Ne parlano tutti, li vogliono tutti! Dai ad un uomo un pezzo di carta, e sarà pronto a darti un pezzo di anima. Non è assurdo?! Questo mondo è assurdo, Batman!»

E torna a ridere, la voce calda ma la tonalità alta mentre quel riso inopportuno si spande nell’aria, una risata che parla di pazzia e deviazione, un’ilarità che delinea un cavaliere insensato che si fa strada al calar delle tenebre, camminando su un viale creato dai suoi stessi omicidi ed arronzato dal sottofondo delle urla degli innocenti.

«Consegnami la formula, Joker, e chiudiamola qui.»

«Sei sempre così di corsa. Sai, sto iniziando a pensare non apprezzi il tempo che passiamo insieme come lo apprezzo io.»

«Pensi bene.»

«Mhm? Se permetti, allora, parlerò con qualcuno che lo apprezzi di più.»

Batman sta per rispondere quando lo vede voltarsi verso Harlee, lo sguardo che si fa affabile e divertito mentre le sopracciglia si rilassano in un’espressione malsana ed affettuosa al contempo, il sorriso ancora gelato su quel viso bianco come la neve.

«Hai fatto quello che ti aveva detto di fare il tuo adorato partner, micetto?»

Alla domanda dell’altro Daichi riesce a sentire il fruscio delle corde palesare i movimenti di Harlee, e basta uno sguardo per notare Kenma mettersi insensatamente composto, sistemandosi nella rete come fosse un piccolo gatto prima di annuire pacatamente, le mani che vanno a chiudersi attorno alla corda ed un’espressione nuovamente priva di emotività ad incorniciarne i tratti giovanili.

«Ah, ma come sei bravo. Allora credo sia giusta l’ora di usare il mio nuovo giocattolo!»


 

E non serve certo il sesto senso di Batman per capire quanto ciò non porti nulla di buono.


 


 

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Nuovo mese vuol dire: Nuovo capitolo!
... E quante citazioni del Joker originale, mamma mia spero di averlo reso abbastanza in questo capitolo!
Sì sono un po’ in ritardo, perdonatemi. ;_;) Sono stata impegnata con studio e lavoro e purtroppo ho avuto pochissimo tempo da dedicare alla fanfiction! Ringrazio però tantissimo le persone che continuano a seguirla, e che non temo di dire siano il motivo principale per cui questa storia vedrà un finale su EFP. I vostri messaggi mi hanno spronato tantissimo, e finalmente tra un paio di…!
Ma non vi spoilero nulla. Ringrazio invece a nomi chiari (??) le persone che hanno commentato e reso ancora una volta fattibile, con il loro immenso entusiasmo, l’uscita di questo nuovo capitolo!

Fisico92, le atrocità criminali sono effettivamente un must. Pensavi le avrei evitate eh?!
ValeC04, SONO FELICISSIMA TU ABBIA PERSEVERATO NELLA LETTURA, come anche che ti piaccia Kuroo geloso. Per quanto in questa storia la gelosia abbia risvolti abbastanza inquietanti, ammetto che è anche un mio debole, soprattutto con Kenmfsjskj! ♡
Unamoresolitario, che dire di te. Sei la mia anima gemella, lo sai. (…) Grazie per esserci stata dall’inizio, e per il fatto tu sia affezionata così tanto a questa storia! ;v;) qualche arcangelo ti porta in grembo, che accendo un cero in suo onore??
PokerAlice96, prima o poi arriverai qui e saprai. (…)
Ed è tutto, grazie mille!!!

  
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