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Autore: Ciuffettina    07/06/2018    5 recensioni
Le feste umane possono essere noiose ma basta avere gli imbucati giusti per trasformarle in un evento memorabile
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Balthazar, Gabriel, Michael, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
- Questa storia fa parte della serie 'Il dietro le quinte della Bibbia'
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Finalmente Michael aveva deciso che Balthazar aveva imparato a stare al suo posto pertanto lo fece liberare da quel buco chiamato “Armeria del Paradiso” e reintegrare nelle proprie schiere.
Per almeno un mese Balth stette tranquillo nei propri ranghi come un bravo soldatino ma poi il suo spirito indipendente (diciamo pure ribelle) tornò a farsi sentire in quanto il cibo che gli aveva portato periodicamente Gabriel aveva rafforzato la sua smania di scendere sulla Terra.
Il co-reggente di Babilonia(1) si chiamava Bel-shar-ussur, anche se gli israeliti lo chiamavano Baldassar e Balthazar pensò che sarebbe stato divertente imbucarsi alla festa del suo quasi omonimo.
Atterrò invisibile, prese una coppa di vino e l’assaggiò. “Wow! È anche meglio del cibo!” pensò schioccando la lingua.
«Ma bene!» esclamò una voce dietro di lui. «Molli i tuoi sacri doveri di soldato di Dio per venire qua a ubriacarti?»
Oh cavoli! Chiunque fosse, ce l’aveva proprio con lui! Si voltò lentamente, cercando di avere un’aria contrita e si vide dinanzi Gabriel con le braccia conserte.
«Sono profondamente deluso. Primo dovresti sapere che l’alcol non ha effetto su noi angeli; secondo t’imbuchi a una festa di umani e nemmeno m’inviti?» concluse con un sorriso sbarazzino e scrollando la testa.
Balthazar sospirò sollevato. L’arcangelo non era lì per redarguirlo o, peggio ancora, per punirlo. «Allora non devo tornare subito in Paradiso?» domandò per maggior sicurezza.
«Naaa, anzi sono contento che tu sia qui… a volte è una vera noia osservare gli umani senza poter interagire.»
Si sdraiarono su due divanetti vicino al tavolo e Gabriel fece in modo che a tutti passasse la voglia di accomodarsi proprio lì.
Balthazar, che non si era mai imbucato a una festa, si guardò in giro incuriosito.
Gruppi di schiavi portavano intorno i vassoi con le vivande che si succedevano una dopo l’altra e delle piccole anfore piene di ogni sorta di vini circolavano incessantemente. Tutti mangiavano e bevevano a sazietà.
«Ma sono lumache fritte quelle?» domandò Balthazar stupito. «Credevo che fossero proibite.»
«Fritte e pure arrosto… comunque sono vietate soltanto agli israeliti. Meti non mi ha mai sciorinato il suo poema(2), pertanto mi ritengo esentato dal rispettare le sue regole gastronomiche quindi se vuoi assaggiarle, non esitare! Potrebbero piacerti.»
Oh sì, erano proprio buone! Se avesse potuto, Balthazar avrebbe passato l’eternità a mangiare lumache e a bere vino ma sapeva che era impossibile.
Quando il co-reggente Baldassàr era già un po’ brillo, comandò che fossero portati i vasi d’oro e d’argento che il nonno Nabucodònosor aveva asportato dal tempio di Gerusalemme.
Gli furono portati e lui, i suoi ministri, le sue mogli e le sue concubine li usarono per bere.
«Cavoli!» esclamò a un certo punto il co-reggente. «Mi è caduto l’anello con il sigillo di mio padre!» e incominciò a cercarlo nella scollatura di una delle sue concubine che si mise a squittire.
«Il re sta cercando ciò che non ha perduto» commentò divertito Gabriel.
Sarà stato il vino che, contrariamente a quanto prima asserito, cominciava a fargli effetto, sarà stato perché cominciava proprio a rilassarsi, fatto sta che Balth, guardandosi in giro, disse: «Certo che le umane sono proprio belle.»
«Eh sì, lo sono davvero» rispose Gabriel con un sorriso malizioso.
«Hai mai pensato di…?» Si morse la lingua: per un attimo si era dimenticato che stava parlando con un arcangelo.
«Oh, penso a tante cose…» rispose l’altro, per niente offeso. «Comunque per rispondere alla tua non-domanda, la risposta è sì ma se lo dirai a qualcuno, ti torturerò così lentamente che morirai sbadigliando. Ehi, rilassati!» esclamò poi allungandosi per dargli una pacca scherzosa sulla spalla. «Lo so che Miki e Raphi adorano andare in giro a dire che noi arcangeli siamo violenti, ferocissimi, bla, bla, bla… ma ti assicuro che io sono mite come un agnellino, vuoi che ti faccia un belato?»
Balthazar ridacchiò. «Come mai non mi hai mai portato del vino?» si azzardò a chiedere.
«Non ci ho mai pensato» rispose Gabriel, grattandosi la nuca. «Io adoro i dolci e ho dato per scontato che piacciano a tutti.»
Balthazar pensò che era un vero peccato che non potesse chiedere di cambiare legione, nessuno di loro aveva potuto scegliere sotto quale comandante stare ma era stato Dio in persona a stabilire l’assegnazione di ogni angelo e, ovviamente, tutti ne erano felici e soddisfatti… tutti tranne lui.
«Sai qual è il problema di queste feste umane?» disse Gabriel. «Sono tutte uguali, un mucchio di umani che si ubriacano, s’ingozzano e vomitano… mai che succeda qualcosa di particolare. Che ne dici se questa diventasse memorabile?»
«Che cosa hai in mente di fare?» domandò Balth divertito.
«So che ai Piani Alti non sono per niente contenti di questo regnante e il fatto che ha usato il sacro vasellame non contribuirà certo a renderlo più simpatico. Potremmo fargli sapere che cosa ne pensano di lui.»
«Hai detto che non potevi interagire» obbiettò Balthazar.
«A volte parlare non è necessario» replicò Gabriel con gli occhi che gli sfavillavano di malizia. «Ho in mente qualcosa che farà parlare di questa festa per secoli!»
 
In quel momento apparvero le dita di una mano d’uomo, le quali scrivevano sulla parete della sala reale.
Nel vedere quello spettacolo, il co-reggente cambiò d’aspetto: spaventosi pensieri l’assalirono, le giunture dei suoi fianchi si allentarono e i ginocchi gli battevano l’uno contro l’altro. Si mise a gridare che convocassero immediatamente gli astrologi, i maghi e gli indovini. Appena vennero, Baldassar disse loro: «A chiunque leggerà quella scrittura e me ne darà la spiegazione, regalerò un vestito di porpora, una collana d’oro e lo nominerò terzo signore del regno».
Tutti i saggi esaminarono la scrittura, ma non poterono né leggerla né darne la spiegazione.
La regina madre entrò nella sala del banchetto e, quando seppe che cos’era successo, disse rivolta a Baldassar: «Re, vivi per sempre! C’è nel tuo regno un uomo, Daniel, che saprebbe decifrare questa scritta. Mio padre Nabucodònosor l’aveva fatto capo dei maghi, degli astrologi e degli indovini. È uno dei deportati Giudei ma sa interpretare sogni, spiegare detti oscuri e sciogliere enigmi. Si convochi dunque Daniel ed egli darà la spiegazione».
Fu quindi introdotto Daniel alla presenza del re ed egli gli disse: «Sei tu Daniel un deportato che il re mio nonno ha condotto qua dalla Giudea? Ho sentito dire che tu possiedi intelligenza e sapienza straordinaria. Poco fa sono stati condotti alla mia presenza i saggi e gli astrologi per leggere questa scrittura e darmene la spiegazione, ma non sono stati capaci. Mi è stato detto che tu sei esperto nel dare spiegazioni e sciogliere enigmi. Se quindi potrai leggermi questa scrittura e darmene la spiegazione, sarai vestito di porpora, porterai al collo una collana d’oro e sarai il terzo signore del regno».
Daniel rispose: «Maestà, tieni pure per te o da’ ad altri i tuoi regali e i tuoi doni. Da parte mia, ti leggerò la scrittura e te ne darò la spiegazione…»

Mentre Baldassar ascoltava la prolissa spiegazione di Daniel, intramezzata da critiche contro la propria condotta empia e superba, Balthazar e Gabriel volarono verso il Paradiso.
«Perché hai scritto “Mene” due volte?» domandò l’arcangelo.
«Me l’hai detto tu!»
«Io? Ma quando mai?»
«Hai detto “Mene, mene” sono sicurissimo!» insistette Balthazar.
Si sedettero su una nuvola e continuarono la loro discussione.
«Non era una ripetizione!» insistette Gabriel. «Non ero sicuro che tu avessi capito il primo “Mene” e poi che razza di scrittura hai! Non si capisce nemmeno se hai scritto “Peres” o “Parsin” o “Fares”.»
«Ho scritto “Peres”, non è colpa mia se il tuo protetto ha letto “Parsin”» replicò Balth.
«Beh in fondo il risultato è stato raggiunto» considerò Gabriel.
«A quanto pare, averti rinchiuso per secoli non ti è bastato» disse duramente una voce dietro di loro. «Adesso…»
«Michael, gli ho ordinato io di unirsi a me» disse Gabriel alzandosi a fronteggiarlo, spalancando un po’ le ali e gonfiando il petto.
«Tu?» Michael lo fissò stringendo le palpebre. «Hai 200 sottoposti, qualsiasi missione tu avessi dovuto compiere, non potevi farti aiutare da uno qualsiasi di loro?»
«No che non potevo, è quello con la scrittura migliore.»

 
*****

Racconto ispirato al capitolo 5 del Libro di Daniel.
1) Nonostante il titolo che gli si dà nella Bibbia, non fu mai incoronato ma era co-reggente del padre Nabonide.
2) Il Levitico
   
 
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