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Autore: SilverKiria    07/06/2018    2 recensioni
Scorpius Hyperion Malfoy avrebbe dovuto stare alla larga da Lily Luna Potter.
Era nel corso degli eventi che le loro vite scorressero lontane l'una dall'altra.
Eppure, lui non riusciva a dimenticare la stretta della mano di quella bambina dai capelli rossi, e lei poteva fingere di odiarlo quanto voleva, ma a volte le sfuggiva un sorriso al pensiero delle storie buffe che le raccontava da piccola, in quel corridoio del San Mungo.
Lì, dove la loro storia era iniziata e le loro vite, come spesso accade, si erano unite indissolubilmente.
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Dal Capitolo 1:
[...] D’un tratto si ritrovò al suo quarto anno, in preda ad emozioni contrastanti mentre la folla di Hogwarts lo guardava in cagnesco, dirigendosi verso un ammutolito Silente.
Le spille “Potter fai schifo” gli balzarono di nuovo in mente, così come gli insulti e la paura di non superare vivo le ardue prove verso le quali lo aveva spinto una persona sconosciuta.
Rispose alla muta domanda di chiarimento di Ron con la gola secca e un orribile presentimento.
«Credo che questo sarà un anno indimenticabile per i nostri figli, anzi ne sono assolutamente sicuro.»
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Malfoy, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, Lily Luna Potter, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Astoria, Harry/Ginny, James Sirius/Dominique, Lily/Scorpius, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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CAPITOLO 19


«Emmett, che cosa ci fai tu qui?»
Il ragazzo avanzò nella stanza, con un sorriso in volto che però non riusciva a nascondere tutta la tensione che provava.
«Speravo di trovarti qui, altrimenti avrei dovuto convincere qualcuno dei Grifondoro a farmi entrare in Sala Comune.» disse lui, accennando una risata imbarazzata.
Lily gli fece segno di sedersi sulla sedia di fronte alla sua scrivania, e lui eseguì, cercando mentalmente di rilassarsi.
La Grifondoro sorrise appena, toccata dalla tenerezza che i lineamenti duri del viso di lui sapevano esprimere, quasi sorprendenti quanto trovare una rosa in un deserto.
«Hai bisogno di qualcosa?» domandò Lily, offrendogli un po’ di succo di zucca dalla bottiglia che tenevano sempre piena in redazione.
Lui attese che la rossa ebbe finito di versargli la bevanda in un calice pulito, e solo dopo aver assaporato un lungo e rinfrescante sorso, si decise a guardarla negli occhi nocciola.
Lily sentì un brivido freddo attraversarle la schiena, improvvisamente conscia di ciò che l’altro avrebbe detto.
«Non sono molto bravo in queste cose, quindi andrò dritto al punto. Vorrei chiederti di accompagnarmi al Ballo del Ceppo, Lily. Sicuramente avrai avuto tantissimi inviti, e so che non saresti mai quel genere di ragazza che accetterebbe solo per sfoggiare l’invito di uno dei Campioni Tremaghi. La verità è che tu sei diversa da qualsiasi ragazza io abbia mai incontrato in vita mia, e non voglio spaventarti: non ti sto proponendo nulla di più che l’opportunità di passare una serata insieme, per conoscerci meglio.»
Lily si diede della sciocca, considerando come probabilmente Emmett avesse mal interpretato le sue attenzioni.
Allo stesso tempo però, si sorprese a riconoscere in lui il buon senso di chiarire che egli non stesse professando alcun amore imperituro, quanto mai, al contrario, le stesse semplicemente chiedendo un’opportunità per approfondire la reciproca conoscenza, anche solo per un’amicizia.
E d’un tratto l’idea di condividere quella serata con Emmett le sembrò tutt’altro che odiosa: sebbene il suo cuore fosse sempre più dolorosamente deciso a battere per Scorpius, Emmett si era dimostrato una compagnia piacevole, e Lily non avrebbe avuto nulla in contrario nel passare qualche ora a divertirsi con lui.
Non era ingenua, sapeva che il bulgaro stava iniziando a sviluppare una piccola cotta per lei, ma la verità era che l’immagine di Scorpius e Angelique continuava a martellarle la testa, e si disse che qualsiasi diversivo sarebbe stato ben accolto.
Quindi, la Grifondoro sorrise dolcemente, annuendo.
«Ti ringrazio per il tuo invito, ne sarei davvero felice. Non vedo come potrei rifiutare la proposta di trascorrere una serata tranquilla con un buon amico
Il viso di lui si riempì di gioia, mentre esclamava quanto le fosse grato e quanto non se ne sarebbe pentita.
E senza che se ne accorgessero, cominciarono a parlare del Ballo del Ceppo, delle tradizioni inglesi e di quelle bulgare, ridendo e scherzando come se si conoscessero da una vita.
E mentre Lily lo seguiva per il corridoio, diretta alla Sala Grande per la cena, la ragazza ebbe un’illuminazione.
 
La realtà era che Emmett sapeva darle tutto ciò che Scorpius le aveva sottratto in quelle settimane: la sincerità nelle azioni e la coscienza che il loro rapporto non si sarebbe sgretolato sotto i suoi occhi, nel giro di un valzer.
 
 
***

 
 

 
«L’hai trovata?»
Ginny raggiunse il marito, appena entrato dalla porta d’ingresso di casa loro, con la voce carica di preoccupazione.
«No, nessuna traccia di lei al Ministero, i colleghi dicono che non si è fatta viva per tutto il giorno.» rispose Harry mestamente, evitando di guardare Ginny negli occhi con la scusa di appendere il soprabito e togliersi le scarpe.
La donna sospirò d’apprensione, tornando in cucina e stringendo con troppa forza la tazza di the caldo che stava sorseggiando da un’ora.
«Non posso ancora crederci. Ron ha davvero…» sussurrò piano, lasciando la frase in sospeso perché le risultava ancora troppo assurdo doverla completare.
“Ron ha davvero tradito Hermione.”
Harry si avvicinò a Ginny, ma qualcosa gli impedì di abbracciarla come avrebbe fatto di solito, permettendole di crollare fra le sue braccia.
Qualcosa che aveva il gusto amaro di una rabbia trattenuta a stento.
L’uomo aprì la dispensa, guardandone il contenuto senza realmente vederlo.
Perché tutto ciò che riempiva la sua mente, da interminabili ore a quella parte era il volto distrutto di Ron, la sera precedente, quando l’avevano raggiunto.
Le lacrime asciutte che solcavano il suo volto improvvisamente invecchiato, gli occhi azzurri ancora fissi sul punto in cui la donna della sua vita era scomparsa.
E poi c’era il vuoto della loro casa, quando erano andati da lei quella mattina per parlarle, ma Hermione come al solito li aveva anticipati, sparendo anche dal loro sguardo preoccupato, e dalle voci cariche di tensione.
Harry strinse la bacchetta nella tasca con troppa forza, immaginando la sua migliore amica, anzi, quella che a conti fatti era diventata sua sorella, piangere da sola, indifesa e senza affetto.
Senza il suo di affetto a cui aggrapparsi, come spesso avevano dovuto fare durante quei mesi infiniti di due semplici diciassettenni in lotta contro il mondo.
«Se solo Ron ce l’avesse detto…se solo…»
«Io lo sapevo.»
Ginny si bloccò di colpo, spostando lo sguardo verso la schiena del marito, completamente immobile.
«T-tu…tu lo sapevi?»
Harry si voltò lentamente, gli occhi verdi per la prima volta completamente gelidi nel puntarsi in quelli castano chiaro di lei.
E Ginny ebbe un orribile presentimento, perché in più di vent’anni assieme, Harry non l’aveva mai guardata con tanta glaciale indifferenza.
Con così poco amore.
L’uomo annuì, grave.
«Me l’ha detto il giorno del matrimonio di Vic e Teddy. Dopo aver rivisto Krum, i fantasmi di quel tradimento sono tornati ad ossessionarlo. Aveva deciso di parlarne con Hermione, perché non sopportava l’idea che lei si preoccupasse così tanto per una sciocchezza come quattro chiacchiere con un ex ragazzo, mentre lui le celava quel segreto da ventitré anni.»
Le mani di Ginny si aggrapparono alla tazza di fronte come fosse l’unica scialuppa, in vista del peggior temporale immaginabile.
«Perché non me l’hai detto? Avrei potuto fare qualcosa, avrei potuto…» cominciò lei, ma fu interrotta dal primo tuono di quella tempesta: la voce di Harry che finalmente si liberava, intrisa di scherno al vetriolo.
«Che cosa, Ginny? Eh? Sai qual è la verità? Che tu non avresti dovuto fare proprio niente. Non è la tua vita, non erano affari tuoi ma, come al solito, hai ritenuto doveroso immischiarti in qualcosa di cui non sapevi assolutamente nulla!»
Ginny sentì le lacrime premerle dolorosamente ai lati degli occhi, ma si impedì di piangere di fronte ad Harry, Harry che continuava a guardarla come se non la riconoscesse più.
«Non è la mia vita, ma è di mio fratello e della mia migliore amica che stiamo parlando! Non riuscivo più a vederli distruggersi a vicenda, pensavo che facendoli incontrare…»
«Avresti dovuto dare loro il tempo di decidere da soli come e quando incontrarsi! Dio mio Ginny, è possibile che tu sia ancora avventata e impulsiva come quando avevamo diciassette anni? Quando imparerai a riflettere prima di agire? Quando ti deciderai a crescere?!»
Ginny si alzò di scatto, anche se non sapeva nemmeno lei se avesse voglia di picchiarlo o di scappare via, lontano dagli occhi verdi che amava più di ogni altra cosa al mondo, e che ora la fissavano duri come la pietra.
«Credevo che la mia impulsività fosse stata uno dei motivi che ti ha fatto innamorare di me.» sussurrò piano, ed Harry sgranò gli occhi, colto di sorpresa da quel tono così remissivo.
Abbassò lo sguardo, incapace di guardarla un secondo di più.
Sospirò affranto, e iniziò a massaggiarsi la fronte, puntando gli occhi su una foto appesa al frigorifero, sovrappensiero.
Ritraeva loro due insieme, appena ventenni, al loro matrimonio. Harry sollevava Ginny nel suo lungo abito bianco, baciandola con passione, mentre la ghirlanda di margherite che lei indossava le ricadeva storta sui capelli rosso fuoco. Aveva le guance arrossate per il vino e la gioia, gli occhi nocciola lucidi per le lacrime e i capelli indomabili come sempre, cornice del sorriso contagioso che aveva invaso perfino i sogni di Harry.
L’uomo scostò lo sguardo come se si fosse scottato, al pensiero che all’epoca, nell’esatto istante in cui avevano scattato quella fotografia, era stato così sicuro che tra di loro non sarebbe mai cambiato nulla. Che l’avrebbe amata sempre di più, proteggendo quel lato sensibile che celava al resto del mondo, e impazzendo dietro a quello ribelle che la rendeva così incredibilmente attraente.
Harry si mosse lentamente, passandole accanto senza guardarla oltre, fino a raggiungere la porta d’ingresso.
L’aprì, e le uniche parole che disse ebbero appena il tempo di raggiungere il viso bagnato di lacrime di lei, prima che lui si smaterializzasse.
 
«Lo credevo anch’io, Gin. Lo credevo anch’io.»
 
 
***
 
 

 
Ron sentì dei passi salire le ripide scale della Tana, e non ebbe nemmeno bisogno di alzare lo sguardo, per capire chi fosse venuto a trovarlo. Ormai conosceva quei passi da tutta la sua vita.
«Hey.»
Harry si sedette sulla vecchia brandina che l’aveva ospitato in camera di Ron, durante la loro adolescenza, puntando gli occhi verdi stanchi sulla figura del migliore amico.
Ron poteva sentire lo sguardo di Harry studiarlo come se fosse un sospettato, alla ricerca di segnali che lo aiutassero a capire il suo stato d’animo. Ron era sdraiato sul letto, fissando il soffitto come se potesse nascondere la soluzione per tornare indietro di ventitré anni, e cancellare quell’errore.
Il rosso non restituì il saluto, si limitò a fargli solo una domanda, con voce atona.
«Ci hai parlato?»
Il cuore iniziò a martellargli nel petto, aspettando la risposta del moro.
Harry sospirò, cercando di infondere nelle sue parole la maggior quantità di speranza che riuscisse a racimolare dentro di sé.
«No, lei non…non era in casa. Ma sono sicuro che tutto si risolverà, probabilmente aveva solo bisogno di spazio e tempo per accettare la cosa.»
Ron annuì mestamente, mettendosi seduto e concentrando la propria attenzione sui calzini bianchi che indossava. Li aveva da fin troppi anni, e il tempo aveva fatto il suo corso, rendendoli ruvidi e regalandogli perfino un paio di buchi, cosicché potesse vedere sbucare un dito per piede.
“Ron, non capisco perché ti ostini a tenerti quei calzini. Sono inguardabili, ormai cadono a pezzi!”
Ma Ron aveva sempre sorriso senza risponderle, perché Hermione se n’era dimenticata ormai: quei calzini erano stati il primo acquisto che lei aveva fatto per lui, dopo essersi sposati.
“Ho visto che ne avevi pochi, così te ne ho comprato un paio”.
Un’inezia, un dettaglio trascurabile, certo, ma Ron non si era mai sentito così felice come in quel momento. Perché quel piccolo regalo era il simbolo reale che sì, Hermione era sua moglie, e si preoccupava di lui, anche fosse solo per uno stupido paio di calzini.
«Credi che mi lascerà?»
La domanda era stata appena sussurrata, ma Harry l’aveva sentita e si lasciò sfuggire un sospiro esausto.
Ron continuava imperterrito a guardare i propri piedi, incapace di vedere nel viso del migliore amico la più remota ombra di incertezza.
«Io credi che ti ami più di ogni altra cosa al mondo.»
Non era una risposta, lo sapevano entrambi, ma sembrarono tacitamente accettare l’ineluttabile verità che aleggiava nell’aria: nessuno dei due aveva la più pallida idea di cosa sarebbe potuto succedere, e perfino ammettere la possibilità di una vita senza Ron ed Hermione insieme era troppo faticoso.
«Molly e Arthur cos’hanno detto quando sei arrivato?» domandò Harry, per cambiare argomento.
In realtà il moro stava cercando con tutto sé stesso di non ammettere a Ron il litigio che aveva appena avuto con Ginny.
Non era stato il primo, ovvio, ma era stato l’unico in cui non aveva sentito il bisogno di perdonarla senza troppi problemi. Ginny lo aveva privato della possibilità di stare accanto ad Hermione, costringendolo a subire passivamente una situazione in cui avrebbe potuto fare molto di più.
In cui avrebbe dovuto fare molto di più.
Perché per quanto Harry capisse che anche la moglie era ormai imprescindibilmente legata ad Hermione, così come ovviamente lo era a Ron, una parte egoista di sé lo stava torturando, urlandogli nella testa come Ginny non fosse stata lì con loro, durante la caccia agli Horcrux.
Aveva combattuto ad Hogwarts, certo, ma non aveva assistito alla scena orribile a Godric’s Hollow, né aveva trascorso mesi interi lontani da qualsiasi altra persona, incapaci di prevedere cosa sarebbe accaduto o come sarebbero mai riusciti a sconfiggere Voldemort. Ginny non sarebbe mai stata parte del trio, ed Harry si odiò per non riuscire a pensare ad altro.
Quindi, nonostante avesse davvero bisogno del suo migliore amico, mise da parte i propri problemi personali, conscio che sapere che lui e Ginny avessero litigato non avrebbe di certo aiutato Ron in alcun modo.
«Erano molto preoccupati, lo sono tuttora. Li ho sentiti discutere, perché mamma vuole venire a chiedermi cosa sia successo, e papà invece vuole lasciarmi il tempo di parlarne da me. Sanno che c’entra Hermione-» e una smorfia di dolore incorniciò il suo viso, nel pronunciare il suo nome «-ma non sanno quanto sia grave.»
Harry annuì e nelle due ore successive che passò con Ron non si dissero molto di più.
La verità era che c’era poco o niente che valeva la pena di essere detto, e tutto quello di cui avevano bisogno non necessitava parole: sapere che come sempre avrebbero potuto contare l’uno sull’altro.
 
Qualsiasi cosa sarebbe accaduta, loro sarebbero sempre rimasti uniti, e in quel momento, fu più che abbastanza.
 
 
***
 
 
 

«Come l’hai saputo?»
La voce di Roxanne era incerta e indifesa, mentre camminava nel bosco.
Dopo la scioccante rivelazione, George aveva ammesso di aver chiuso il negozio per quel giorno, e aver dato un giorno libero al personale. Fred sarebbe stato via con degli amici, per cui avevano deciso di concedersi una passeggiata nella piccola foresta al limitare del giardino di Roxanne, per riprendere fiato.
George lanciò un bastone a Kayla, che li aveva raggiunti scodinzolando, ignara del discorso importante che stava avendo luogo.
«Non me l’ha detto Fred, se è questo che ti preoccupa.»
Roxanne alzò lo sguardo, sorpresa, incatenando i propri occhi scuri con quelli azzurri e furbi del padre.
Le labbra di lui si curvarono appena in un ghigno divertito, riprendendo la parola.
«Non ero sicuro che Freddie lo sapesse, ma lo sospettavo, e vista la tua reazione ne ho avuto la conferma. Però sono felice: significa che almeno di lui ti sei fidata.»
Il tono ferito del padre le strinse il cuore e all’improvviso Roxanne comprese qualcosa che la lasciò senza fiato: George non era arrabbiato per la gravidanza, o perché avesse tenuto segreta la relazione con David, di cui gli aveva parlato solo pochi minuti prima. Suo padre era addolorato che lei non fosse corsa tra le sue braccia, come quand’era piccola.
Era affranto per non aver potuto starle accanto, rincuorandola, e soprattutto era deluso, perché non aveva pensato che tutto ciò che lui avrebbe voluto sarebbe stato starle accanto, qualsiasi decisione avrebbe preso.
Gli occhi ancora gonfi dal pianto di prima cominciarono di nuovo a bruciare, mentre altre lacrime amare le rigavano le guance.
«Non sai quanto ti avrei voluto con me, papà. Ma ero terrorizzata…temevo mi avresti guardato in modo diverso, avevo paura che ti avrei deluso, che…che mi avresti odiata.»
«Non pensarlo nemmeno! Non esiste modo in cui tu possa farti odiare da me, Roxanne. Io ti amo, sei la mia bambina e rimarrai sempre la mia bambina, qualsiasi cosa accada. Tu e Freddie siete le cose più preziose del mondo, e se deciderai di tenere questo bambino, vorrà soltanto dire che avrò un altro motivo per sorridere al mattino. In caso contrario, le mie braccia saranno sempre qui per te, Roxy.»
E lei non indugiò oltre: si fiondò nell’abbraccio del padre, liberandosi del silenzio opprimente che le aveva invaso i polmoni in quelle settimane, e sentendosi di nuovo sé stessa.
George le accarezzò i capelli, posandovi le labbra di tanto in tanto, per lasciarvi un bacio.
Aveva gli occhi lucidi, ma della rabbia di prima non era rimasta neanche l’ombra.
«Io ti conosco più di quanto tu possa immaginare. Ho visto come sei cambiata, ultimamente, e da quando hai iniziato a frequentare David ho sospettato avessi trovato qualcuno. Poi però, al matrimonio sei fuggita via, e vedendoti sempre più provata fisicamente ho riconosciuto i sintomi della nausea che anche tua madre ha sofferto. Non è stato difficile capire che fossi incinta, ma è stato mortalmente arduo aspettare che fossi tu a dirmelo. E alla fine non ho retto, avevo bisogno di stringerti a me, e farti tornare il sorriso.»
Il sussurro di George cullò quell’abbraccio ricco d’amore, mentre Roxanne si diede della stupida almeno mille volte: suo padre non l’avrebbe mai abbandonata, e lei era stata una sciocca a credere che potesse essere il contrario.
La ragazza si scostò da lui, le labbra finalmente distese in un sorriso, e gli occhi a corto di lacrime.
«Sono contenta che tu sia dalla mia parte, papà. Anche perché ora arriverà la parte peggiore.»
George inarcò un sopracciglio, confuso.
«Dovremo dirlo alla mamma.»
 
La risata che seguì li accompagno per tutto il tragitto fino all’appartamento di Roxanne, dove George si congedò dandole un bacio sulla fronte, e promettendole che sarebbe andato tutto bene.
E lei sorrise, perché per la prima volta, ne fu assolutamente certa.
 
 
***
 
 

 
Nessun rumore turbava la quiete di quel posto, eccezion fatta per il vento frizzante che soffiava tra i rami.
Hermione si strinse addosso il cappotto, cercando di ripararsi dagli spifferi funesti che le stavano facendo venire la pelle d’oca.
Erano le sette di sera, il sole era calato da tempo ma lei non si era mossa di un millimetro. Si ritrovò a pensare quanto fosse strana quella situazione, seduta su quella panchina di betulla per ore, lo sguardo dritto di fronte a sé, ma la verità era che solo in quel luogo le preoccupazioni che la attanagliavano sembravano lasciarla respirare.
«Non credevo ci sarebbe stato qualcuno, a quest’ora.»
Hermione alzò gli occhi, sorridendo appena a Bill Weasley.
L’uomo ricambiò il saluto, per poi chinarsi per poggiare sull’erba fredda il mazzo di margherite che aveva tra le mani.
«Sono quelle della Tana?» domandò la donna, riferendosi ai fiori, così semplici eppure sempre così meravigliosi.
Bill annuì, sedendosi sulla panchina di fianco a lei, guardando la lapide bianca con espressione indecifrabile.
«Vengo a trovarlo due volte alla settimana, a volte tutte le sere, nei periodi in cui è più difficile respirare, sapendo che se n’è andato. Ma faccio sempre in modo di venire di sera, non voglio turbare i suoi incontri con gli altri, specialmente con George. O Percy.»
Hermione liberò la mano destra dalla stretta calda della tasca, per stringerla a Bill, che la ringraziò con un sorriso.
Un timido soffio di vento accarezzò la lapide, lasciando sulla scritta scura una leggera brina. Avrebbe nevicato in poco tempo, ed entrambi si concessero qualche secondo di silenzio.
«Se vuoi me ne posso andare.» disse Hermione, anche se dentro di sé iniziò a temere che l’altro acconsentisse. Stare lì le stava permettendo la pace di cui aveva bisogno, e l’idea di tornare alla realtà era ancora troppo da sopportare.
Bill però scosse la testa, prendendo la bacchetta e muovendola appena. Subito delle luci di tutti i colori si adagiarono leggere sul terreno intorno alla lapide, come lucciole magiche.
«Credo che tu abbia un gran bisogno di quiete, in questo momento.»
Hermione si voltò, sorpresa, e lui si limitò a distendere le labbra in un sorriso silenzioso.
«Te l’ho detto, le margherite vengono dalla Tana. Papà mi ha detto che Ron ha dormito lì, ma non so nient’altro, e così anche i miei genitori. Non so cosa stia succedendo, Hermione, ma ti conosco, e non ti volterei le spalle, vedendoti soffrire.»
Gli occhi di Hermione diventarono lucidi per l’ennesima volta, in quella giornata, ma finalmente per un motivo lieto.
La donna rafforzò la presa sulla mano di Bill, tornando poi a guardare il marmo bianco di fronte a sé.
Le luci magiche erano entrate nella lapide, facendo brillare ogni lettera di un colore diverso, e regalando ad entrambi una risata soffice come la neve.
 
“Fred Weasley – Figlio e Fratello amato.
1/04/78 – 02/05/98
Giuro solennemente di non avere buone intenzioni
 

 
«Io e Fred non siamo mai stati molto vicini. Durante gli anni di Hogwarts chiacchieravamo amichevolmente, anche se spesso l’oggetto delle nostre conversazioni erano le loro malefatte e le mie successive minacce di morte se avessero provato a far perdere altri punti a Grifondoro.»
«Cosa che continuarono a fare senza scrupoli, suppongo.» scherzò Bill, ed Hermione annuì divertita.
«Ovviamente. Però, ci fu una sera, in cui scoprimmo lati del nostro carattere fino a quel tempo sconosciuti.»
Bill posò gli occhi azzurri sul volto di Hermione, appena contratto in un’espressione di nostalgia e dolore.
Hermione sospirò, e iniziò a raccontare qualcosa che non aveva mai rivelato a nessuno.
Un segreto che pensava sarebbe rimasto per sempre tra lei e Fred, ma che in quel momento sentì di voler condividere con Bill, il fratello di Ron con cui aveva sorprendentemente legato di più durante l’età adulta.
Con quello che era diventato uno dei suoi migliori amici, nel corso degli anni.
«La notte in cui George perse l’orecchio, durante la fuga dei sette Potter, Fred non volle saperne di allontanarsi dal suo capezzale. Dormì lì sul pavimento, forse per quindici o venti minuti, passando ogni minuto di ogni ora a vegliare su di lui. Ti ricordi?»
Bill annuì, pensando a come non avrebbe potuto mai dimenticarsi quel giorno. Aveva rischiato di perdere un fratello, per la prima volta. E ne avrebbe perso un altro, per l’ultima volta, meno di un anno dopo.
«Verso le tre del mattino sono scesa per andare in cucina a prendere un bicchiere d’acqua. Non riuscivo a dormire, continuavo ad avere incubi e cercai di fare meno rumore possibile, per evitare di svegliarlo. Ma lui era lì, completamente al buio, ma straordinariamente lucido. Mi accompagnò in cucina, e rimanemmo in silenzio per un po’…fino a quando non scoppiò a piangere.»
La voce di Hermione si incrinò, mentre la mano di Bill le lasciava delle carezze tremanti. Non osò voltarsi a vederlo in faccia, ma sentiva dal rumore irregolare del suo respiro che anche lui era stato sopraffatto dall’emozione.
«M-mi disse…» continuò repentinamente lei, conscia del fatto che se l’avesse data vinta alle lacrime non sarebbe più riuscita a parlare.
«…mi disse c-che non aveva mai avuto così paura in vita sua. All’improvviso si era ritrovato di fronte all’ineluttabile realtà che George sarebbe potuto morire, quel giorno. Avrebbe potuto lasciarlo solo, e lui non aveva mai preso in considerazione l’idea di vivere senza George. L’idea di esistere senza la migliore parte di sé.»
«All’inizio mi ritrovai congelata, incapace di rincuorarlo perché dopotutto non lo conoscevo così bene, e vedere Fred in lacrime era irreale, lui che rideva sempre, lui che era sempre disposto a far divertire le persone. Ma presi il coraggio a due mani, e gli dissi qualcosa che mi ricordo ancora a memoria, dopo tutti questi anni: “Se non vuoi perderlo, allora lotta per lui. Non farti atterrire dalla paura, alzati e combatti per un mondo in cui sarà di nuovo scontato che voi due invecchierete insieme, creando scherzi straordinari e vivendo per regalare un sorriso a chi vi sta attorno. Combatti per la sua vita, e non avrai più paura della morte.”»
«Si alzò dalla sedia e corse verso di me. E poi, come se fosse sempre stato naturale per noi due, mi strinse in un abbraccio da orso, cominciando a ridere perché d’un tratto la paura se n’era andata. Lo vidi nel suo sguardo, e lo invidiai per un secondo, perché Fred non temeva la morte. Non più, ora che sapeva per cosa combattere. Per cosa continuare a vivere
Le lacrime avevano iniziato a solcarle il viso, ma la voce era più sicura che mai. Sentiva dentro di sé quell’abbraccio incredibile, lo avvertiva in ogni angolo della pelle, come una scarica di adrenalina. E continuò a sorridere, guardando la lapide bianca rischiarsi a mano a mano che il buio iniziava a circondarla. Era stato George a lanciare quell’incantesimo.
“Così continuerà a brillare, anche nelle notti più lunghe.”
«E allora mi sorrise, accarezzandomi i capelli e dicendomi qualcosa che mi fece tornare a respirare. “Combatti anche tu Hermione, combatti per un futuro in cui tu e Ron starete insieme per sempre, regalandomi dei piccoli mostriciattoli rossi oltraggiosamente intelligenti da coccolare, e da far ridere per tutta la mia vita. Lui non può stare senza di te, tanto quanto tu non puoi stare senza di lui.”»
Hermione afferrò la bacchetta, e con un gesto fece apparire una ghirlanda di fiori rosso fuoco, simile a quella che aveva donato a James e Lily, ma questa, di tanto in tanto, cambiava colore, virando per tutte le tonalità dell’arcobaleno.
La appoggiò sulla lapide ora illuminata da un bianco candido, sospirando.
«L’ho fatto, ho mantenuto la mia promessa a Fred, e ora il futuro che sognavo è diventato realtà. Eppure, mi sembra che si stia sbriciolando tra le mie mani.»
Bill non chiese nulla, si limitò a posare la mano sinistra sopra la spalla di Hermione, stringendola a sé.
La donna si lasciò accarezzare dolcemente, sentendo però che per quanto il profumo della pelle di Bill assomigliasse a quello di Ron, quella differenza microscopica le fece mancare un battito.
«Sai, quando è nato Charlie ho pensato che fosse facile, essere un fratello maggiore. Eravamo molto simili, e andavamo praticamente sempre d’accordo. Poi però arrivò Percy, e allora iniziai a capire cosa volesse dire dover scendere a compromessi. Ma imparai a volergli bene come ne volevo a Charlie, e tutto si sistemò. E poi, beh, ci furono Fred e George, Ron e infine Ginny. Sei fratelli minori di cui prendermi cura, ognuno completamente diverso dagli altri. Charlie partì per la Romania e anche quando io andai in Egitto, mi sentii in dovere di controllare che stessero bene. Scrissi loro il più possibile, cercai di aiutare mamma e papà coi soldi e mi offrii di ospitarli da me, una volta tornato, per controllare che stessero bene. La verità è che quando nacque Victoire, non mi sentii molto diverso. Non fraintendere-» precisò poi, guardandola negli occhi nocciola con un sorriso a fior di labbra «- credo di non aver mai amato nessuno come ho amato Vicky, la prima volta che l’ho stretta a me. Ma avevo imparato molto tempo addietro a prendermi cura degli altri. Quando è morto Fred…» iniziò Bill, prendendosi un secondo per formulare il pensiero che si annidava dietro ad un oceano di dolore.
«…credevo di aver fallito. Sono il maggiore, ho sempre fatto tutto per primo. Il primo ad andare ad Hogwarts, il primo ad avere una fidanzata, il primo a giocare a Quidditch…sarei dovuto essere il primo ad andarsene. E mi sentii morire dentro, perché per anni continuai a tormentarmi, pensando che se fossi stato più attento, se fossi stato lì con lui e Percy, se… E ho scoperto come siano i “se” ad uccidere davvero, più di ogni Maledizione Senza Perdono. Percy non ha fatto più battute per anni, e sebbene sia migliorato e abbia costruito una vita ricca d’amore, riesco ancora a vedere il suo sorriso congelarsi, ogni volta che guarda il posto vuoto di Fred, a tavola. Quello che sto cercando di dirti Hermione…»
Bill riallacciò lo sguardo con quello di lei, cercando di imprimere nelle proprie parole tutto il coraggio che voleva trasmetterle.
«Non so cosa sia successo tra te e Ron, ma non puoi cambiare il passato. Non rovinarti il presente, tormentandoti con “se” che non porteranno a nulla, e non precluderti il futuro per qualcosa su cui non hai più potere.»
La mente di lei si riempì di tutti i “se” che le avevano rubato il respiro fino a quel momento, facendola boccheggiare.
“Se non l’avesse baciata, ci saremmo lasciati?”
“Se non me l’avesse detto, sarei stata più felice?”
“Se non mi avesse tradito, mi avrebbe mai chiesta in sposa?”
“Se” …
“Se lo perdonassi, riuscirei ad amarlo come prima?”
Ma lo sguardo di Bill le diede tutte le risposte che cercava, facendola sorridere.
Un altro soffio di vento vibrò tra le fronde, e per un secondo sembrò che qualcuno stesse ridendo.
Ed entrambi si ritrovarono a pensare che quella risata solitaria che riempì il cimitero di Ottery Sant. Catchpole sembrasse troppo familiare per non essere un segno.
 
Forse Fred stava ancora vegliando su di loro, nonostante tutto.
 
 
***
 
 

 
Il giorno seguente, Scorpius Malfoy si lasciò cadere su una sedia dell’aula adibita a redazione di Felix Felicis.
Quella notte non aveva chiuso occhio, in ansia al pensiero del confronto a tu per tu con Lily che lo attendeva la mattina successiva.
La verità era che Lily gli mancava, ma temeva che l’avrebbe ferita se non fosse stato al cento per cento sicuro dei suoi sentimenti.
Zoe era tornata, e per quanto avesse tentato di starle più alla larga possibile, il pensiero di quella notte a Berlino continuava ad assillarlo.
Perché era vero, lei lo aveva lasciato, facendolo soffrire come nessun’altro nella sua vita, ma quel ricordo non custodiva solo dolore.
I baci che si erano scambiati sembravano premere ancora sulla pelle, e le carezze cariche di passione gli scuotevano qualcosa nel profondo.
Avevano condiviso molto, forse troppo, durante la loro vita, e per quanto Scorpius avrebbe voluto dimenticarla, sapeva che non era ancora pronto.
«Scusa il ritardo, la McGranitt ha voluto farmi trasfigurare un papillon in un canarino, prima di farmi uscire.»
La voce di Lily interruppe il flusso dei suoi pensieri, e per impedire a sé stesso di guardarla troppo mentre si sistemava alla sua scrivania, con le guance arrossate dalla corsa e i capelli sciolti vivaci per il movimento, decise di fingere che fosse tutto normale.
Fingere che non fosse cambiato tutto, nel giro di pochi giorni.
«E ci sei riuscita?» domandò curioso.
Lily sembrò riflettere se stare al gioco o se interrompere quel teatrino assurdo, ma alla fine rispose, un ghigno divertito sulle labbra screpolate per il freddo.
«Diciamo solo che non te lo consiglierei per un’occasione speciale, a meno che tu non voglia che una piuma del tuo papillon ti vada di traverso.»
Scorpius accennò una risata, dando il tempo alla Grifondoro di prendere il suo block notes rosso e posizionarsi di fronte a lui.
Entrambi sembrarono avvertire la presenza dell’altro come elettricità statica, ma sarebbe stato arduo capire chi dei due fosse più determinato a non darlo a vedere.
Lily cominciò a fargli qualche domanda di rito, le stesse che aveva fatto ad Albus, e annotò pazientemente ogni risposta perfettamente studiata che l’altro le fornì.
Passarono così la prima mezz’ora, tra disquisizioni su come fosse cambiata la vita ad Hogwarts dall’arrivo degli ospiti stranieri e quale delle due scuole straniere si fosse rivelata più diversa da Hogwarts.
«Direi che entrambe sono differenti da Hogwarts, per certi versi. Durmstrang prepara i suoi studenti con una diligenza incredibile, mentre BeauxBatons fornisce ai propri allievi molte occasioni per sviluppare le relazioni interpersonali. Basti pensare che normalmente hanno dai tre ai cinque balli per anno, quindi ad esempio il Ballo del Ceppo sembrerà loro estremamente ordinario, anche se sono sicuro che sapremo dare il nostro meglio, per stupirli ed allietarli.»
Lily si appuntò le sue ultime parole, e quando ebbe finito si alzò senza più guardarlo, appoggiando il block notes alla sua scrivania.
«Bene, credo sia sufficiente. Grazie per la tua disponibilità, Malfoy.»
Scorpius sembrò raggelarsi, quando lei usò il suo cognome, e si alzò inebetito, andando verso la porta.
Quando però poggiò la mano sul pomello, si bloccò, voltandosi per guardarla negli occhi.
«Andrò al Ballo con Angelique, ma siamo solo amici. Credo…credo che tu lo debba sapere da me, piuttosto che fidarti delle malelingue che serpeggiano in questa scuola.»
Lily si morse il labbro inferiore, cercando di non darla vinta alla parte di sé che avrebbe voluto abbracciarlo. Gli occhi grigi di Scorpius avevano una piega triste e malinconica, e Lily riuscì a stento a rimanere impassibile, lasciandosi andare ad un sospiro.
«Lo so. Io ci andrò con Emmett, anche se dubito che a questo punto te ne importi granché.»
La voce al vetriolo di lei lo indusse a sgranare gli occhi, mentre faceva un paio di passi verso di lei, cercando di assimilare le sue parole.
«Come puoi andarci con quell’idiota? È palese che abbia una cotta per te, non posso credere che tu non lo veda o…»
«Tu non hai nessun diritto di fare l’offeso, Scorpius
La voce dura della Grifondoro lo interruppe bruscamente, facendogli stringere le labbra per la frustrazione.
Era vero, era dannatamente vero, e capì che Lily non avrebbe più tenuto a freno la lingua, per lui.
Non avrebbe più tenuto a freno il suo cuore, per non far soffrire quello di lui.
«Non puoi baciarmi e poi ignorarmi, aspettandoti che io stia in silenzio come una statua, a sperare che tu cambi idea. Stai allontanando me, così come stai allontanando Ethan e Selene. Non sono io quella tra di noi che deve capire i propri sentimenti. I miei sono rimasti uguali a quell’uscita ad Hogsmeade, i tuoi sono cambiati, e non vuoi nemmeno dirmi il perché
Lily aveva gli occhi lucidi, ma nonostante ciò tutto di lei emanava una grinta sorprendente, e lui capì quanto profondamente Grifondoro lei fosse.
Lui comprese quanto maledettamente fosse innamorato di lei, e quanto ancora non bastasse.
«Non puoi chiedermi di aspettarti, così come io non posso pretendere che tu mi dia una spiegazione. Quindi credo rimarremo in questo vicolo cieco, fino a quando non vorrai ripartire. Fino a quando non capirai se sono io, quella con cui vuoi andare avanti.»
Scorpius aprì la bocca per parlare, ma la richiuse subito dopo.
E alla fine se ne andò in silenzio, pensando che qualsiasi cosa avrebbe potuto dire, non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione, perché semplicemente non era ancora pronto, e le parole di Lily non fecero altro che farlo sentire ancora peggio, di fronte alla scelta che sapeva gli si prospettava di fronte.
 
Non disse nulla, illudendosi che sarebbe stato meglio così, ma dimenticandosi che alla fine, un’azione parla sempre più di mille parole.
E Lily pensò che forse, aveva appena sentito abbastanza.


 
Angolo Autrice:

Buongiorno popolo di EFP, eccomi qui a regalarvi un nuovo capitolo, in un tempo record! Ci tengo però a precisare qualche dettaglio:

 
  • Com'è evidente, questo capitolo si concentra molto sulle vicende dei personaggi fuori da Hogwarts, ma penso si bilanci perfettamente con quello precedente, che invece si focalizzava sui nostri protagonisti più giovani.
  • Ginny ed Harry: lo so, lo so, qualcuno di voi mi starà cruciando a distanza, ma lasciatemi dire quanto, ancora una volta, io abbia voluto mostrare una realtà un po' più verosimile a quella del Mulino Bianco che spesso e volentieri le FF Next Generation vogliono propinarci. Spero non vi sia stato troppo indigesto, e non temete, i guai capitano anche in paradiso, ma ciò non lo rende un inferno :D
  • Roxanne e George: li amo alla follia, non ho molto da aggiungere. Ah, Fred non aveva fatto la spia, dont't worry, non lo farebbe mai e poi mai, soprattutto con Roxanne.
  • Bill & Hermione (& Fred): so di aver dedicato una parte forse troppo lunga a questo momento, ma non avete idea di quanto ci tenessi. Il flashback tra Fred ed Hermione, e le ansie da fratello maggiore di Bill mi hanno lacerato il cuore sin da quando ci ho pensato per la prima volta. Perdonatemi, se potete, e fatemi sapere cosa ne pensate.
  • E infine Lily, che a discapito di quanto poteste temere, ha delle super pluffe da Grifondoro. Non aggiungo altro, perché credo che il racconto parli da sé.
  • Una gif per ogni parte del capitolo: concendiamo un applauso a internet che mi ha fornito di tutto ciò che avevo bisogno, per questa tornata di immagini! :3

Bene, detto ciò, mi limito a ringraziare di cuore la mia fedelissima Jade_Malfoy per essere tornata a recensire (e le faccio in bocca al lupo per la scuola!) e la dolcissima Nancy95. Spero vorrete farmi sapere la vostra opinione anche oggi! Ci tengo inoltre ad abbracciare ognuna delle 84 meravigliose persone che hanno inserito Paper Walls tra le seguite. Grazie, davvero. Infine, siccome non ci sono stati nuovi volti da presentarvi, vi lascio solo una gif per oggi, giusto per rinfrescarvi la memoria su quanto sia figo Bill, e vi invito a leggere anche la mia One-Shot "Down to the Second", che è un prequel/missing moments di James & Dominique, visto che negli ultimi capitoli non hanno avuto spazio (tranquilli, non mi sono affatto dimenticata di loro), e ovviamente farmi sapere cosa ne pensate <3
Un bacione enorme a tutti voi, come sempre attendo con ansia le vostre opinioni!

SilverKiria 

 
I PROTAGONISTI DI PAPER WALLS pt. 7:



William "Bill" Weasley 



 
  
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