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Autore: PersephoneAm    07/06/2018    0 recensioni
Non essere amati è una semplice sfortuna; la vera disgrazia è non amare.
Genere: Fantasy, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E ora, dopo la mia Caduta, ero lì, sdraiata in una fitta foresta, ancora dolorante e angosciata da quello che avevo subito. La foresta era buia e fredda. Le punte dei miei piedi erano congelate, le sentivo freddissime. Cercai di muovermi, provai a sollevarmi a sedere, ma fu tutto inutile. Dopo qualche ora iniziò anche a nevicare e il freddo aumentò sempre di più.

Alcune lacrime scivolarono dai miei occhi ai capelli e il mio respiro si fece affannoso. Non volevo sparire per sempre. Non volevo che la mia anima si dissolvesse per aria, senza lasciare di me alcuna traccia, in questa dimensione. Volevo solo che Gabriele venga... ovunque io fossi e che mi dicesse che era stato tutto un malinteso, che Clara aveva tradito tutti e che ero innocente.

Perché io ero innocente.

All'improvviso, in quella terrificante oscurità, udii dei passi giungere al mio finissimo udito. Erano così silenziosi, che quasi pensai che fosse la mia fantasia a farmi credere ci fossero delle persone, in quei dintorni. Tuttavia, quando vidi due figure scure passare alla mia destra, senza concedermi la minima attenzione, mi ricredetti. Provai a sollevarmi, ma le forze mi avevano abbandonata da tempo.

Li sentii dire qualcosa.

«...l'ho visto... qui!... è caduto qui vicino!»

«Forse era una qualche bestiolina.»

Oh no! Sono io! Sono io!

Per un attimo pensai a come avrebbero reagito quei due umani, quando avrebbero visto le lacerazioni dietro la mia schiena. Cosa avrebbero fatto e cosa avrebbero detto? Mi avrebbero lasciata lì?

Deglutii e mi schiarii la voce e, a quel suono, uno dei due si bloccò. «Aiu... aiutatemi!»

La mia voce era flebile, forse quei mortali non erano nemmeno stati in grado di sentirmi. Ma ero stanca, senza forze. Non ero sicura di riuscire a parlare di nuovo, quindi iniziai a rassegnarmi all'idea che presto sarei sparita.

«Hey!»urlò uno dei due. «Dove sei?»

Se avessi potuto, avrei aggrottato la fronte confusa: erano riusciti a udire la mia voce? Come? Forse ero riuscita a urlare. La mia salvezza era quindi vicina, i mortali mi avevano sentita. Feci per parlare di nuovo, ma dalle mie labbra uscirono solo dei flebili colpo di tosse e, grazie anche a questi, i due si diressero verso di me.

Due figure alte e scure si fermarono al mio fianco. Le vidi sfocate, perché i miei occhi erano intaccati dal gelo e la mia Anima si stava consumando poco a poco. Una delle due si abbassò sopra di me e mi toccò il viso.

Sussultai a quel contatto e le mie labbra si schiusero con un sospiro: le dita di quello sconosciuto erano calde e delicate.

«Si, è ancora viva.»sentii dire all'uomo.

«Era da molto che qualcuno non cadeva.»mormorò l'altro. «Soprattutto una donna. Chissà quale sarà la sua colpa.»

Parlavano di una caduta? Parlavano di me? Come facevano a sapere che ero una caduta?! Non erano forse dei mortali, quei due?

«L'hanno privata delle ali.»gli fece notare l'uomo che mi stava toccando il viso. «Secondo te di cosa sarà accusata, Alastor?»

«Tradimento?!»sghignazzò quello. «È una ragazza con le idee chiare, allora.»

«In effetti è molto giovane. Non avrà più di 200 anni.»osservò il primo.

179, per l'esattezza.

«Lucifero, hai intenzione di... portarla al tuo castello?»gli chiese Alastor.

Spalancai gli occhi e mi voltai a guardare colui che ancora mi carezzava la guancia. Era Lucifero. Il Re degli Inferi. Uno dei Sette Principi Coronati, quello più potente.

Fissai i miei occhi nei suoi, così profondi, antichi, azzurri e... bellissimi. Sgranai gli occhi: ma cosa andavo pensando?! Quello poteva ammazzarmi da un momento all'altro e l'unica cosa che mi veniva da pensare era che aveva degli occhi bellissimi?! E anche la linea delle labbra sottili era bella. E quei suoi capelli corti neri. E la mandibola squadrata. E la sua pelle liscia.

Il Re degli Inferi! Era il Re degli Inferi! Il peggior nemico degli angeli! Mi avrebbe uccisa da un momento all'altro e io ero una stupida a perdermi a guardare la sua bellezza estetica. Nella mia mente recitai una preghiera antica, ma un terribile mal di testa mi fece aggrottare la fronte e tossire forte. Urlai con una voce che non sembrava la mia.

«Non recitare preghiere angeliche, ragazza.»mi ammonì quello che stava con lui. «Quaggiù non servono. Non ti serviranno più.»

Alcune lacrime scivolarono lungo le mie guance, incontrando le dita calde di Lucifero. Lo vidi guardarsi estasiato le falangi e portarne una alle labbra, quasi a voler saggiare il sapore salato delle mie lacrime.

Mi persi nel suo antico sguardo e vidi, nelle sue pupille, i peggiori peccati che una creatura potesse compiere, le peggiori sevizie che potesse dare agli altri. Vedevo le guerre che aveva scatenato, le morti che aveva causato. Forse lui se ne accorse, perché schermò i suoi occhi e potei vedere solo il mio riflesso in quei buchi neri circondati da quei due angoli di cielo, strappati alla volta celeste. Sembrava avesse privato il paradiso di due cerchi angelici e se li fosse incastonati negli occhi. I due più bei cerchi angelici.

«Alastor!»lo riprese Lucifero, dopo aver distolto lo sguardo dai miei occhi. «È caduta da una settimana e si è appena svegliata. Non ha idea delle regole che vigono, qui.» Il Principe infernale si rivolse poi a me. «Stai piangendo sangue. È una conseguenza della preghiera che stai recitando, così come il respiro affannoso e il probabile dolore alla testa che ti sta infastidendo. Non pregare. Sei condannata, ormai. Lascia che ti porti al mio castello e che mi prenda cura di te. Non so cosa ti abbiano raccontato di me, lassù, ma io mi preoccupo molto per nuovi arrivati e non lascio delle donne a soffrire il freddo e la fame.»

Detto questo si tolse la pelliccia e me la mise addosso, prendendomi in braccio. Sussultai, quando il suo braccio andò a premere sulla mia schiena. Cercai di ribellarmi e iniziai a piangere dal dolore.

«Mi spiace, ma dovrai sopportare per qualche istante il dolore.»mi disse, voltandosi verso l'altro demone. «Andiamo.»

Quello annuì. «Mi chiedo come possano credersi così buoni e generosi, quando fanno questo ad Angeli così giovani.»

«Non voglio esprimermi su questa questione, Alastor.»sibilò Lucifero. «Devono solo ringraziarmi, se non ho ancora preso potere sull'umanità intera.»

Delle lunghe e grandi ali nere spuntarono dalle spalle del Principe, allargandosi a dismisura e avvolgendoci.

«E pensare che, una volta, ne facevamo parte.»scosse la testa Alastor.

Lucifero si sollevò in volo e mi tenne stretta a sé. «Tra poco sarà tutto finito, sta tranquilla.»

Ma non era il dolore a preoccuparmi più di tanto, ormai: ero stata mandata lì dal Consiglio degli Arcangeli. Raffaele aveva fatto di me una Demone, una creatura malvagia. Non potevo crederci. Mi sentivo delusa e tradita. Mi sentivo... vuota.

Ero sempre stata ribelle, rispetto agli altri Angeli, ma nessuno mi aveva avvisata del fatto che avrei potuto diventare una Demone!

Rimasi a fissare il cielo bianco, respirando a malapena. Forse sarebbe stato meglio se Lucifero mi avesse lasciata in quella foresta e avesse lasciato che la mia anima svanisse, così non avrei avuto più alcun problema e mi sarei tramutata nel nulla.

Il cielo bianco svanì, sostituito da una parete di pietra grigia. Sgranai gli occhi: eravamo arrivati al castello di Lucifero? Entrammo in un grande e lungo corridoio scuro, con solo un tappeto rosso a indicare una lunga via di cammino.

«Io...»balbettai, cercando di poter dire qualcosa.

«Non parlare.»mormorò Lucifero. «Lascia che ti porti nelle mie stanze. Lì potrai dirmi quello che vuoi.»

Sgranai gli occhi. Nelle sue stanze? Non voleva certo...

«No.»dissi flebilmente. «C'è stato uno sbaglio: Clara...»

Lucifero si irrigidì. «Clara?! Conosci Clara?»

Sollevai lo sguardo per studiare il suo volto. «Io sono innocente. Lei ha giurato il falso e...»

«Alastor!»chiamò immediatamente Lucifero. «Clara ha fatto sì che venisse mandata qui!»

«Maledizione!»ringhiò quello. «Ora cosa facciamo?»

Aggrottai la fronte. Cosa volevano dire?

«Una sentenza non può essere rovesciata, a meno che uno degli Arcangeli non ci dia udienza.»disse Lucifero.

«E potrebbe ascendere nuovamente al Cielo?»

Mi irrigidii. «No!»mi ribellai. «Non voglio... loro... Io non voglio tornare lì!»

«Cosa ti hanno fatto?»mi domandò l'altro demone, Alastor.

Spalancai le palpebre, al ricordo delle spade di Raffaele che calavano sulle mie ali, non prima di aver ricevuto tante di quelle frustate, da renderle quasi un'unica ferita.

«No... no! No!»urlai, dimenandomi e cadendo a terra, insieme alla pelliccia del Re degli Inferi.

Mi strinsi le braccia al petto, piangendo come una disperata. Ero messa in posizione fetale, sul pavimento del castello di Lucifero, con il Principe infernale che mi fissava sbalordito, insieme al suo amico. Altri accorsero alle mie urla, ma Lucifero li fermò, tenendomeli lontani.

L'espressione di Raffaele invase la mia mente e urlai talmente forte, che credetti di poter lacerare le corde vocali.

Alastor, il compare di Lucifero, mi venne vicino. «Cosa ti hanno fatto, ragazzina?»

«Lilith!»disse Lucifero, senza distogliere lo sguardo dal mio viso. «Studia la sua mente e scopri cosa le è accaduto.»

«Sarà doloroso, per lei.»rispose una voce femminile, dietro la mia schiena. «Se non ha nemmeno una goccia del tuo sangue nel corpo...»

«Fallo!»la ammonì il suo signore. «Avrà tempo per riprendersi più tardi.»

La donna si schiarì la voce e, dopo, sentii un tocco leggero sulla mia fronte. Alzai lo sguardo e vidi che aveva poggiato una delle sue mani sulla mia pelle fredda.

Successivamente a quel tocco stranamente gentile, fu l'Inferno.

   
 
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