Anime & Manga > Saint Seiya
Segui la storia  |       
Autore: Francine    07/06/2018    2 recensioni
You remember me when the west wind moves
Upon the fields of barley
You'll forget the sun in his jealous sky
As we walk in fields of gold

È giunto il tempo di pagare i debiti. Do ut des, dicevano i romani. Ed è giunto anche per Saori il momento di saldare i suoi, di debiti. Cominciando col riscuoterne uno che risale a qualche anno addietro...
Genere: Avventura, Fantasy, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio, Saori Kido
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Quando piovono le stelle'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I never made promises lightly
and there have been some that I've broken
But I swear in the days still left
we'll walk in fields of gold
We'll walk in fields of gold

 
 


Non le dice «Attenta a dove metti i piedi», sarebbe ridicolo. Con tutto quel grigio a riempire l’orizzonte, non si può avere contezza di ciò che li circonda, nemmeno della strada su cui viaggiano. Anzi, Saori non è sicura che i suoi piedi stiano calpestando qualcosa; per quanto può saperne lei, sotto di loro potrebbe esserci un ponte di luce, un tappeto di nuvole o la semplice aria. Oppure il nulla cosmico. Eppure, Saori non tentenna. Sarebbe stupido avere paura adesso. Sarebbe pericoloso. Irrazionale. E spegnere il cervello è un lusso che costa caro, oltre che un’azione stupida: quando hai scelto un corso d’azione, una strada, un sentiero, devi restare vigile, ché non sai cosa ti accadrà strada facendo, ma qualcosa accadrà.
Altrimenti, basterebbe mettersi in viaggio per risolvere i problemi dell’umanità, pensa Saori avanzando al braccio del Fuoco.
 
Luke.
 
Le piacerebbe ancora chiamarlo così. Anche solo per una volta. Luke. Il lupo bianco. Il nato all’alba. La luce. Il Cerchio Sacro. Luke. Solo Luke. Ma Saori sa che è tardi. Avrebbe dovuto cogliere l’occasione prima di varcare le soglie di Niflhell, ma Athena le risponde che no, non avrebbe potuto.
Era già troppo tardi. E lo è diventato nel momento stesso in cui hai chiesto consiglio al Viandante, le sussurra la sua voce, fatta d'acciaio e legno flessuoso, mentre s'accarezza con fare distratto le penne nerissime sullo sprone del vestito.
 
«Non cadranno. Stai tranquilla.»
La voce del Fuoco è più calda e suadente che mai, adesso che si trova nel suo elemento. È come una musica dolcissima, una ninnananna, quasi; oppure una di quelle canzoni che ripeteresti in eterno, che ti è difficile terminare e che finisci per fischiettare solo la melodia, incapace di lasciarla andare.
«Come faceva Marco, da bambino», le ha confidato la Cacciatrice, con un sorriso materno ad incurvarle le belle labbra, gli occhi del colore dell'alloro a rincorrere un ricordo tra le pieghe delle ciglia. «Come si chiamava, quella canzone? Ah, sì…»
Azzurro, pensa Saori osservando la pelle del Fuoco da sotto le ciglia.
«Tutto bene, Fanciulla?»
«Sì.» Finché sono con te, va tutto bene.
«Non hai freddo?»
«Un po’. Ma non preoccuparti. Sopravvivrò.»
«Giusto. Hai resistito al ghiaccio di Asgard col tuo bel chitone», commenta lui, serafico. «Qual era? Questo quando, o…?»
«Ha importanza?», ribatte lei. Meglio sviare l'argomento.
Sì, Saori l’ha fatto. Imperdonabile leggerezza, la sua, che ha pagato a caro prezzo.
Ho avuto i geloni per una settimana…
Però, ogni tanto, devi mostrarti fragile. Delicata. Capricciosa. L’eterna contraddizione rappresentata dalle donne, altrimenti come convinceresti i tuoi paladini a farsi ammazzare per te? Perché tu sei Athena? Sì, certo che lo sei. Ovvio. Ma questo è un argomento valido quando hai la tua schiera al completo, pronta a fare a pezzi chiunque si azzardi a voler anche solo oscurarti la luce del sole. Ma Saori, no. Saori si è ritrovata con una truppa decimata dall’interno, e quindi ha dovuto giocare sporco, ed instaurare un rapporto diretto coi suoi paladini. I suoi Santi.
«Ma che razza di amico è uno che ti manda a morire ammazzato?», le ha chiesto una volta proprio Luke, mentre ognuno era impegnato a recitare il proprio ruolo all’interno della Commedia – lei la Fanciulla in ambasce, lui il Bruto da sconfiggere – e Saori gli ha risposto con un sorriso.
 
Ed è stato quello, l’esatto momento in cui ci siamo trovati, pensa la Fanciulla, rabbrividendo appena. Lo spazio di un sorriso fuggevole, ma sufficiente a riconoscersi l’uno negli occhi dell’altro.
«Comunque, se hai freddo basta dirlo», e il braccio a cui si appoggia Saori le rimanda il tepore di un caminetto acceso nelle notti di neve.
«Grazie…»
«Per così poco…»
«Dev’essere utile. Come potere, intendo.»
«Nah.» Lui scuote la testa. «È solo un trucchetto da quattro soldi, buono per quelle serate a base di idromele dove tutti bevono e ci si annoia da morire. Il potere, quello vero, è qui», e si ticchetta con un dito la fronte. «Tutto il resto, è cosmesi…»
Ha ragione. Eppure Saori trova che quel potere sia utile, adesso che le Nebbie li trattengono in una passeggiata infinita. E, in fondo al suo cuore, a Saori non dispiacerebbe se durasse in eterno. Se solo loro non mi stessero aspettando…
 
Adesso che assaggia la sua stessa medicina, Saori comprende quanto sia amara e quanto profondo – e atroce – sia lo stimolo a mettere un piede davanti all’altro, ancora e ancora e ancora, anche se vorresti andartene in giro per altri lidi e ammirare altri panorami e. Oppure, startene rilassato, a piedi caldi, mentre fuori infuria la più terribile delle tempeste. È un tuo diritto, no?
Certo. Assolutamente. Ma quando sai che c’è qualcuno che ha un bisogno disperato – disperatissimo – di te – proprio di te; di te e di nessun altro – il senso di colpa ti attanaglia e non ti abbandona sino a quando non hai salvato da se stesso colui – o colei – che ha bisogno di te. Anche quando questo qualcuno è una dea che potrebbe cavarsi dai pasticci con uno schiocco delle dita, o poco più.
Beata ingenuità maschile, pensa Saori, abituata alle impennate testosteroniche di Seiya. Seiya. Il cavallo da domare col bastone nascosto dentro alla carota che gli mostri per fartelo amico. Ma ha poco da filosofeggiare. Il senso di colpa sta lambendo anche il suo, di cuore, perché Saori, anche se non l’ammetterà mai, almeno non davanti al Fuoco, si è davvero affezionata ai suoi paladini. Non è una posa, la sua, una maschera da tenere davanti ai mortali per convincerli che lei è l’unica, tra i Numi che affollano l’Olimpo, che si prende a cuore la loro sorte sciagurata.
Nossignore.
Saori – Athena – si è affezionata sul serio a Seiya, Hyoga, Shun, ma anche a quei Santi d’Oro che ha imparato a conoscere – i superstiti – e a quelli che sono periti prima ancora di presentarsi. Anzi, a voler essere smaccatamente sincera, sono proprio loro che la incuriosiscono di più.
Che tipo sarà, l’Acquario? E il Capricorno? E i Pesci? E quella testa matta del Cancro?
E poi c’è lui. Saga. Quello che ha maggior potenziale di tutti. Quello che se è anche solo il pallido riflesso di Kanon…
 
«Me la togli una curiosità?», e la voce del Fuoco interrompe le sue elucubrazioni.
«Se posso…», replica. Da brava signorina educata e compita. La forza dell’abitudine…
«Non ti ha dato fastidio prestare i tuoi guerrieri al Viandante? Sai, per quella messinscena ad Asgard…»
«No», vorrebbe rispondergli, «perché quella messinscena mi ha fruttato un favore. Un favore da riscuotere a tempo debito. Questo», sfiorando con un’aria finto distratta le penne di Pensiero e Memoria.
Invece Saori sente la sua voce – la voce di Athena – rispondere – confessare – : «Sì», con un sospiro, come a liberarsi l’anima da un fardello. Da una zavorra. E quando se ne accorge è troppo tardi per riacciuffare quelle parole. Sono andate, vento nel vento. Può solo sentirlo ridere, ridere di lei e della sua ingenuità. O della sua sincerità.
«Non stupirtene, Fanciulla», le dice. «Questa è l’anticamera del regno dei Morti. È il luogo più sincero in assoluto.»
«E tu come…»
«A-ah, fanciulla!», ribatte Lui, con un’aria offesa reale come il cielo di Atene senza civette. «Così mi deludi. Io sarò anche un bugiardo, alle volte. Quando mi fa comodo, s’intende. Ma non sono la Menzogna. Sono il Fuoco. C’è una grossa differenza, non trovi?»
 
E lei si dice che sì, ha ragione. «Come sempre», gli concede, e un sorriso piega le belle labbra del Fuoco, facendole esplodere un fuoco d’artificio in pieno petto.
«Una come te è pericolosa», le confessa Lui. A voce bassa. Un sussurro appena, ma bastevole a scatenare un incendio con tutti i crismi, uno di quelli capaci di mangiarsi la Foresta Nera e l'Amazzonia in un solo boccone, come fossero un paio d'olive nella ciotolina dell'aperitivo.
«Io…»
«Stella, lo sai. E non farmi fermare, o non ne usciamo più. Da Niflhell, dico.»
Benedetto senso del dovere, commenta la voce d’acciaio di Athena. Che non è rimasta indifferente a quelle sei lettere con cui la chiamava un tempo.
Stella.
Un sogno a prima sera, una parentesi d’umanità, questo le ha regalato il Fuoco: quello che il suo cuore desidera. Eppure, Saori avverte in quelle parole che la prospettiva di perdersi nello spazio e nel tempo con Lui non dev'essere poi così riprovevole. Anzi. È… allettante, si, ecco: allettante. E se non avesse dodici paladini da estrarre a mani nude dalla viva roccia – e uno da andare a ripescare tra le stelle – quasi quasi…
Ma è Lui che le impedisce di cincischiare oltre, baloccandosi con pensieri inopportuni.
«Ci sono un paio di cosette che dovresti sapere, circa mia figlia, Fanciulla. Un paio di trucchetti da tenere a memoria, per quando ti troverai nel suo reame…»
 
Sola. Questo sottintende il Fuoco. E a quel pensiero il suo cuore – quello di Saori, quello di Athena, o di tutt’e due – si stringe un pochino. Annuisce.
«Ti ascolto.»
E Lui sorride.
E Lui si avvicina al suo orecchio.
E Lui glielo racconta. Tutto. Parola dopo parola, mentre avanzano nella nebbia, fianco a fianco, la voce del Fuoco che scalda e alletta e rassicura le orecchie – ed il cuore – della Fanciulla. Che, attenta, ascolta quelle parole e le fa sue, incidendole a fuoco vivo nella sua memoria.
Avevi paura che me le dimenticassi, o che dimenticassi Te?, vorrebbe chiedergli, ma risparmia il fiato. È un luogo pericoloso, questo, un luogo dove l’anima si spoglia da sé, dove non hai rifugio, dove non hai quartiere, dove non puoi essere che te stesso, e nulla più. Saori può solo ascoltare, annuendo, interrompendolo solo di quando in quando. Come se quella fosse una normalissima conversazione che due amici fanno mentre se ne vanno a passeggio in un ameno pomeriggio d’inizio estate. 

«E questo è quanto», le dice, staccandosi da lei. Saori ha all’improvviso freddo. E si stringe a Lui, d’istinto. «Te ne ricorderai, Fanciulla?»
«Sì», e Saori annuisce, guardandolo da sotto le sue ciglia nerissime. «Sì. Me ne ricorderò.»
Lui sorride. Poi solleva lo sguardo verso l’alto e sospira: «Da briccone ad aiutante magico…». Scuote la testa, i capelli che quasi danzano attorno alla sua fronte azzurra. «Fanciulla, Fanciulla, cosa gli farai mai tu, agli uomini…» 
Lei non risponde. Si limita a proseguire al suo fianco, la testa accanto alla sua spalla, per riposare un poco, durante il cammino. Lui rispetta il suo silenzio. Ha lanciato il sasso, ma non ha nascosto la mano. Anzi, sta lì ad osservare i cerchi che increspano la superficie calma e piatta – calma e piatta fino a quando non è entrato in gioco Lui – con le mani sui fianchi ed un sorriso soddisfatto sulle labbra.
«Ti racconto una storiella. Così, per ammazzare il tempo», le dice all’improvviso la sua voce.
Saori si chiede quanto tempo sia passato. Qualche minuto? Qualche ora? L’eternità? Annuisce, sbattendo le palpebre e mettendosi in attesa.
«L’ho raccontata una sera, durante una di quelle festicciole che organizzano ad Asgard. Avevamo bevuto troppo. Più del consentito. Qualcuno voleva una razione doppia delle Mele di Idunn, figurati!»
 
Idunn.
E a Saori torna in mente il sorriso di Bruna, i suoi riccioli scuri, la fatica di vivere che attanagliava la biondissima Freya e la sua tesi, una casetta a Tantolunden e le foglie degli alberi che si andavano tingendo di ruggine.
Che nostalgia…
 
«E allora io prendo un foglio di carta. Bianco. Immacolato. Appena uscito dalla risma con tutti gli altri quattrocento novantanove.
Lo prendo. Lo metto così, che tutti lo possano vedere bene. E chiedo loro: Cos’è, questo?»

Lei lo guarda. Scruta i suoi occhi di un verde impossibile. Come un laghetto di montagna. Come cocci aguzzi di bottiglia in controluce. E poi scuote la testa.
«Non saprei. Cos’è?»
Lui sorride. Una smorfia ferina, da canaglia simpatica, una di quelle che non puoi non amare, perché sa sempre come prenderti. Sa sempre strapparti un sorriso. Com’è Seiya. Come sarebbe Ikki, se solo si decidesse a smettere i panni dell’eroe tormentato e a lasciarsi il suo passato tragico alle spalle. Ma a volte i panni che ci siamo cuciti addosso sono così stretti che è quasi impossibile toglierceli. E non si riesce a scoprire dove siano le cuciture e dove cominci la pelle. Un po’ come per lui. Che la guarda, con quel suo sorriso a metà tra la sincera simpatia e uno schiaffo trattenuto a stento.

«Davvero davvero davvero?», le chiede. Arcuando all’insù le sopracciglia.
«Davvero davvero davvero», risponde lei.
Lui le porge una mano. C’è un piccolo salto da fare, prima di arrivare ai Cancelli di Gnipahellir. Incontrare Garmr non la spaventa. «Abbiamo anche noi un cucciolotto da guardia», gli ha detto, sorridendo, e lui si è adeguato. E lei gliene è grata. Non ha bisogno di devoti cavalier serventi, adesso. Le sarebbero solo d’impiccio.

«Un coniglietto nella neve.»
E lei pensa che è vero. Che è possibile. Che è più che fattibile. E Saori si dà della sciocca per non averci pensato. «Lo so, lo so. Adesso ti è tutto più chiaro, vero?», le chiede. Guardando qualcosa nel nulla, dritto davanti a sé.
«Sì. Adesso sì.»
Lui sospira.
«Tu sì che sai come darmi soddisfazione!», ed è una frase ad effetto buttata lì con lo stesso birignao di un’attrice alle prime armi. Una che non ha talento, e allora esaspera la voce, la postura, le espressioni del viso. Ma lui non è un’attricetta di provincia con i sogni dentro alla valigia tenuta assieme con un pezzo di spago pronto a dichiarare la resa. Nossignore. Lui è un attore di razza. Un vero e proprio mattatore, che si diverte a giocare col proprio pubblico. O forse, è solo in cerca di una spalla, si dice Saori avanzandogli accanto.

«Pensa che gli altri l’hanno capita solo quando ho preso un vero coniglio e l’ho messo sopra a della vera neve…» 
E poi ride, buttando indietro la testa, come se qualcuno gli avesse appena raccontato la più incredibile delle barzellette. Saori si unisce a lui, ché quando fa così diventa contagioso ed irresistibile e. Gli mancherà, la sua risata. Che risuona di unghie strusciate sopra la lavagna, ma non importa. È vera. Genuina. Sincera. Ed il fatto che una simile dote provenga da lui la rende ancora più preziosa, ai suoi occhi. Un’adorabile beffa del Fato. Che gioca con tutti loro, dei e mortali, senza avere la decenza di fingere. Lui lo sa. Ed è per questo che con il Destino gioca a carte scoperte. Faccia a faccia. Senza alcuna paura.

«C’è un posto che vorrei mostrarti, prima o poi», le dice. Sussurrandolo al suo orecchio. Regalandole un brivido lungo la schiena.
«Quale?», gli chiede, ma la sua mente si ferma su un’altra domanda. Prima o poi?
«Tutto a tempo debito, mia cara. Tutto a tempo debito», le risponde. «Si intravede la grotta. E si sente l’olezzo di quel cagnaccio fin qui.»
Arriccia il naso all’insù, come faceva lei quando da bambina la costringevano a mangiare il daikon in brodo.
«È una promessa?», gli chiede. Ottenendo che i suoi occhi tornino a specchiarsi nei propri.
«Io mantengo sempre le promesse, mia cara.» Sorride. «Quando tutta questa storia sarà finita, ne riparleremo.»
«Quando io avrò finito, oppure dopo il Crepuscolo?»
«E chi lo sa?», le dice. Stringendosi nelle spalle. «Quando sarà, sarà. Il mondo non scappa, stai tranquilla. E anche dopo il Crepuscolo, come lo chiami tu, ci sarà sempre bisogno di quelli come noi», le dice. Toccandole le tempie con i polpastrelli. Un gesto innocente e tremendamente erotico allo stesso tempo.
«Definisci quelli come noi.» Ha scimmiottato Seiya. Senza accorgersene. Lui non se ne dispiace.
«Quelli che usano il cervello. Quelli che si divertono ad usare il cervello. E a porre la domande giuste, al momento sbagliato.»

Lei sa che è sincero. Perché l’uomo non cambia, né mai cambierà. Perché è fatto così. Il diluvio lo ha dimostrato chiaramente. Dai all’umanità un’opportunità di ricominciare daccapo, e lei perpetrerà sempre gli stessi errori. Ancora e ancora e ancora. E forse, va bene così. Forse sono loro quelli sbagliati, dopo tutto. E forse sarà il caso di cambiare qualche regola, dopo. Due o tre cosette. A cominciare da quel fastidio della verginità.
Ma la grotta di Gnipahellir è a pochi passi, adesso. Ed è arrivato il momento più duro. Quello dei saluti.

«Grazie, Padre dei Lupi, Signore della Magia e Progenitore delle Streghe.»
«Hai dimenticato Signore del Fuoco, Maestro degli Inganni e Capostipite dei Serpenti.» Lui sorride. «Ma in tutto ciò, grazie per cosa?»
«Lo sai. Per avermi accompagnata fin qui. E per i preziosi consigli che mi hai dato in tutti questi anni.»
«Certo che lo so. Ma volevo lo stesso sentirtelo dire.» Le prende la mano, con delicatezza, come se stesse maneggiando un fiore preziosissimo. «Grazie a te, Fanciulla.»
«Grazie di cosa?», gli chiede. Facendogli il verso. E specchiandosi per l’ultima volta in quello sguardo impossibile.
«Per avermi fatto divertire.»

E come nelle fiabe, lui scompare, fondendosi nel vento, svanendo davanti ai suoi stessi occhi, un refolo d’aria calda che le accarezza una guancia, in segno di commiato.
Saori – Stella. O tutt’e due. – va via con lui. Resta Athena, in quel budello di roccia rosso scuro. E Athena ha una missione da portare a termine. Prima che cali il Crepuscolo.



Cosa avrà mai raccontato il Briccone per eccellenza, alla Fanciulla? Per scoprirlo, non perdete la prossima puntata! E adesso, sotto con le note.


Bruna, Freya e le mele di Idunn le avete conosciute qui. Conto di tornare su quella storia non appena avrò un attimo di tempo. Fine mese, grossomodo. Abbiate fede.


Che ne sa, la Cacciatrice, di quale sia il nome di Death Mask e di come si baloccava da ragazzino? Anche in questo caso, la risposta la trovate qui.


Lo sfasamento tra questo
quando, dove ambiento le mie storie e dove troviamo la Asgard di Soul of Gold e quell'altro quando, dove c'è stata la parentesi di Hilda, Freya e dell'anello del Nibelungo, l'ho spiegato qui. E se vi sembra che il finale di quella storia coincida con il finale di questa, tranquilli: è una cosa voluta.
Lo so, lo so; non si fa (non si dovrebbe fare), ma, a mia discolpa, adduco il fatto che la mia produzione è come un mosaico. Vi do una serie di frammenti, di tessere, che vanno poi incastrate nel posto giusto. Quindi, piuttosto che creare un doppione, che avrebbe costituito uno sfasamento bello e buono, ho preferito riproporvi l'originale, in tutto il suo fulgore.
Ah, ovviamente, la battuta sul coniglietto sulla neve è tratta, allora come ora, dalla prima stagione di
Marvel - Daredevil.


E prima che lo facciate voi, lo faccio io. Sì, quel «Stella, lo sai», è una spudoratissima citazione all'universo di mattmary15 e alla sua "Il destino di una vita intera". Anche se non è esattamente il mio pane, ho amato quel suo modo di caratterizzare la relazione tra Seiya e Saori affidandosi ad una frase loro, solo loro, tutta loro. Nella speranza che Mary torni presto a postare, prendetelo come una strizzatina d'occhio.
Noi, ci vediamo nel prossimo capitolo!
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: Francine