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Autore: gabry13    07/06/2018    0 recensioni
George ha creato finalmente una nuova famiglia con Angelina ed è del tutto intenzionato a vivere serenamente e a gioire dei momenti trascorsi con moglie e figlioletto. In una fredda mattina d'inverno però il passato torna a bussare alla sua porta ed un'inaspettata eredità, lasciata dal suo defunto gemello, irrompe prepotentemente nella sua vita rimettendo molto in discussione e facendogli riattraversare quel dolore che credeva di essersi ormai lasciato alle spalle. Ma se è vero che ciò che non ti distrugge poi ti rafforza e che l'amore, quello sincero, ti salva, George riuscirà a ritrovare nuovi equilibri. Per capire il rapporto che lega George e Angelina, fondamentale per l'evoluzione della storia, è consigliabile (ma non obbligatoria) la lettura della ff "Il disgelo".
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Weasley | Coppie: Angelina/George
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Non c’era indubbiamente avventura migliore per il piccolo Fred Weasley dell’addentrarsi tutto solo nel lungo labirinto di scaffali del negozio di suo padre; alti come montagne e colmi di oggetti strambi e colorati, attiravano la sua giovane curiosità come una calamita con il ferro tanto da spingerlo, con una frequenza sconcertante, ad ignorare gli assillanti richiami dei genitori e ad intraprendere, col passo barcollante di un bimbo di un anno, quel magico percorso fino a perdersi.

Era una fredda mattina di inizio dicembre e dei timidi fiocchi di neve battevano delicati contro le ampie vetrate dello stabile. Il locale era quasi deserto e particolarmente silenzioso; ad udirsi distintamente era solo la voce ansiosa di Angelina intenta  nell’abituale attività di ritrovare il figlio, nascosto chissà dove, prima che qualche petardo o strana pozione potesse accidentalmente ferirlo. Lo scorse dopo pochi minuti mentre, impavido, tentava la scalata di un’enorme piramide di “Orecchie Oblunghe”, riuscendo ad afferrarlo pochi attimi prima che questa crollasse rovinosamente sul pavimento. Il bambino, secondo programma, iniziò a piangere spaventato, dissuadendo la madre dal rifilargli una sonora ramanzina e attirando l’attenzione del padre, impegnato nello stoccaggio di merce appena arrivata in negozio.

George raggiunse la sua famiglia con quel filo di apprensione che spesso lo attanagliava quando temeva per l’incolumità del suo piccolino ritrovandolo, con suo immenso sollievo, al sicuro tra le braccia di sua moglie, le guance paffute infiammate dallo spavento e i grossi occhioni verdi colmi di lacrime. Amava quegli occhi, identici a quelli di Angelina, gli stessi che un tempo lo avevano salvato e che ancora gli ricordavano, giorno dopo giorno, l’importanza di esistere e di vivere appieno con quello che la vita, o il destino, gli avrebbe potuto riservare. Fred non aveva preso molto da lui, almeno esteticamente, se non quel sorrisetto irriverente che, anni prima, era stato solito vedere riflesso sul volto del suo gemello; in compenso aveva ereditato il suo carattere vivace, testardo, a tratti sfrontato, quasi impertinente e così, se da una parte cominciava a capire che razza di grattacapi aveva procurato a sua madre da bambino, dall’altra gioiva all’idea che qualcuno, attraverso suo figlio, avesse in qualche modo voluto restituirgli quella parte di spensieratezza che aveva sperimentato e condiviso con quel fratello tanto amato e del quale sentiva ancora forte la mancanza.

- Freddy, su non è successo nulla, non piangere! Hai visto? Fuori ha cominciato a nevicare! Ti ricordi la neve? Su vestiamoci ed usciamo a toccarla, è bellissima, soffice e fredda, è magica! – George si accovacciò accanto al piccolo nel tentativo di farlo sorridere. Fred, in tutta risposta, scattò verso le finestre per osservare meglio quell’inaspettato spettacolo e, ritrovato il buonumore, trascinò i genitori fino all’ingresso pronto a godersi quella nuova scoperta. 

- Passato il dramma! – esclamò Angelina sollevata: - Sei molto bravo a creargli diversivi –

- Da piccolo, raramente mi facevo abbattere dalle difficolta, trovavo il modo di rendere divertente o esilarante anche la situazione più difficile, mi riusciva spontaneo! –

- Evidentemente è un gioco che non hai dimenticato – sentenziò la ragazza accarezzandogli  la guancia: - Ti serviva solo un pretesto per ricominciare a giocare, credo che Freddy sarà un ottimo compagno di avventura. –

- Sì lo credo anche io – sorrise compiaciuto George: - Ho un mucchio di trucchetti da insegnargli! –

Angelina non sembrò minimamente turbata da quelle parole, al contrario, l’idea che il marito potesse riacquistare un po’ di quella spensieratezza che per molti anni lo aveva caratterizzato, non poteva che giovare non solo a lui ma a tutta la sua famiglia.

I tre, ben imbacuccati in abiti pesanti, si riversarono quindi in una Diagon Alley già rivestita da un sottilissimo strato di candida neve, intenzionati a trascorrere un’oretta piacevole e rilassata ma, proprio sul marciapiede che costeggiava la vetrina dei Tiri Vispi, notarono una cosa che avrebbe rivoluzionato, ancora una volta, le loro esistente; una giovane donna, esile e pallida come il marmo, li osservava immobile e inespressiva mentre teneva per mano un bambino di quattro anni circa, piuttosto ossuto, il viso ricoperto da lentiggini, gli occhi azzurro chiaro e una ciocca di capelli rossi che spuntava ribelle dal cappello di lana. George fece cadere all’improvviso la palla di neve che teneva stratta in mano e venne colto da un leggero malore: quel bambino era del tutto identico a suo fratello Fred.

La neve cominciò a cadere più fitta e a muoversi vorticosamente trasportata dal vento gelido; i nuovi arrivati, avvolti da questo principio di bufera, sembravano ancor di più fantasmi usciti dal nulla, pallidi miraggi creati da chissà quale pensiero perverso. Il mondo pareva essersi fermato all’improvviso; George e Angelina se ne stavano in piedi come statue di cera, impossibilitati a muovere un solo muscolo dei loro corpi ma soprattutto incapaci di chiedere perché quel bambinetto smunto sembrava provenire direttamente dall’aldilà.                     

   
 
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