Giochi di Ruolo > Vampiri: la masquerade
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Autore: Kodoma    10/06/2018    1 recensioni
Questo è un breve racconto basato una una recente campagna di Vampiri: la Masquerade ambinetata a Miami. La Contessa Bathory, principe di Miami, e sua figlia Valschenka incaricano un gruppo di vampiri molto eccentrici per svolgere due missioni a Tampa. Questo racconto narra delle loro avventure e disavventure. Le storia si svolgerà dal punti di vista dei personaggi, i quali saranno introdotti mano a mano nel corso della storia.
Genere: Azione, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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(9) Irwin Maxwell: Le Due Rose

Irwin Maxwell: Le Due Rose 

Sono di nuovo a Bosworth. Gli York non sono riusciti a spezzare la nostra fanteria, ed ora il tiranno è venuto di persona con tutti i suoi cavalieri a prendere la testa del re.

L’aria è piena di urla, nel suolo il sangue e il fango si mescolano, coprendo i vivi e i morti. Il mio cavallo nitrisce a terra disperato, una picca spezzata conficcata nel petto.  La pressione del suo fianco sulla mia gamba è intollerabile, anche con l’armatura d’acciaio a proteggerla. Artiglio il terreno con tutte le mie forze mentre striscio per liberarmi. Urla e zoccoli, devo rialzarmi o sono morto. Sguaino la spada. Un cavaliere mi carica, riesco a deviare la punta della lancia e meno un fendente ad una gamba del suo cavallo mentre mi oltrepassa, tranciando pelle e muscoli.

«Sporco traditore!»

Un altro cavaliere appiedato sta correndo verso di me, la spada alzata. Le nostre lame cozzano con un impatto che mi riverbera nelle mani, poi meno un secondo colpo e un terzo, incalzandolo e facendolo indietreggiare. Un cavallo imbizzarrito passa tra di noi, e ci separiamo. Colgo l’attimo per cambiare presa, afferrando la spada per la lama, e appena lo rivedo scatto in avanti, menando un colpo usando la guardia come mazza, dritto contro il suo elmo. L’acciaio si piega e si deforma, finisce a terra, colpisco di nuovo sullo stesso punto, e dai lamenti contorti capisco che sta chiedendo pietà. Mi fermo, ma prima che possa fare altro qualcosa mi colpisce alla schiena con un dolore lancinante.

Mi volto, arretrando, e la mia lama blocca il secondo colpo. Riconosco il cavaliere a cui prima ho azzoppato il cavallo, enorme e sporco di fango. Fa roteare un martello da guerra, la punta rossa del mio sangue, attaccandomi e cercando di buttarmi indietro.

Capisco subito di essere in svantaggio. È più grosso di me, un colosso di due metri con braccia lunghe, ed è bravo. La sua arma può facilmente perforare la mia corazza, mentre una spada non può tagliare attraverso un’armatura d’acciaio.

Blocco un altro colpo che mi fa vibrare le ossa delle braccia e stringere i denti, e subito lui cerca di spingere per ribaltarmi, usando il suo peso a suo vantaggio. Rapido, afferro la mia lama, facendo leva e spingendo la sua arma di lato, guidando la punta alla giuntura della spalla in un affondo. La cotta di maglia sotto l’armatura si squarcia, e il sangue comincia a sgorgare mentre lo York urla. Cerco di spingere l’acciaio più in profondità, sentendo la lama grattare contro l’osso, ma lui lascia cadere il martello e afferra la mia spada con entrambe le mani, lottando per disarmarmi.

I due eserciti cozzano intorno a noi mentre ci dimeniamo, e due cavalli ci schiacciano l’uno contro l’altro. Perdo la spada, lo vedo portare una mano alla cintura e alzarla rapido. La daga entra nella feritoia del mio elmo, ma riesco ad afferrargli il polso e a bloccarla prima che mi trapassi l’orbita.

Fa forza, grugnendo, siamo entrambi feriti e vedo la punta avanzare verso il mio occhio. Il mio gomito è sul suo fianco, lo uso per colpire verso l’alto, mirando alla spalla che gli ho trafitto. Emette un lamento strozzato, le braccia perdono forza. Riesco a spingere la daga fuori dalla celata, ma i due eserciti ci premono l’uno contro l’altro sempre di più, mozzandoci il respiro. Mi tira un pugno, e il suo guanto d’arme si schianta contro il mio elmo. La testa mi vibra, poi mi colpisce ancora, e sento la celata deformarsi. Quanta forza ha questo tizio?

La mia mano si muove verso la sua faccia, afferrando alla cieca. Mi colpisce una terza volta, poi riesco finalmente ad alzargli la celata, e le mie dita, coperte d’armatura, artigliano il suo volto, scavandogli nelle orbite. Sento il sangue, ed altre cose molli cedere, e filtrare attraverso gli anelli della cotta di maglia fino alla mia pelle, mentre l’uomo lancia un urlo che mi riecheggerà nella testa per molti notti. Lo prendo a pugni, spaccando denti e lacerando la pelle, finché qualcosa cede col rumore e di un ramo che si spezza, e lui smette di urlare per sempre.

Resto bloccato con il suo cadavere per qualche secondo, poi gli eserciti si separano, e il suo corpo finisce a terra con gli altri. Raccolgo la spada, barcollando, e lancio un urlo assieme ai soldati accanto a me, serrando i ranghi mentre gli York si preparano per un’altra carica.

 

***

Mi sveglio di scatto, sono prigioniero in un posto buio, legno sopra la mia testa.

La bara, di nuovo.

Una frazione di secondo dopo sono in piedi e vedo Jessie indietreggiare esterrefatto.

Cerco di calmarmi, lasciando andare la spada, e mi guardo attorno.

Non sono a Bosworth, e nemmeno nella bara.

Sono a Tampa, nel rifugio che il principe ci ha assegnato, sia gli York che i Tudor sono polvere ormai da secoli, e quella che ho scambiato per la mia tomba d’acqua era solo la botola nascosta in cui ho dormito durante il giorno. L’ho aperta con tanta forza da colpire il letto sopra di essa e sbalzarlo di lato, ed ora giace ribaltato sul pavimento.

«Tutto... tutto ok?» mi chiede il ragazzo, ancora scosso e con gli occhi sgranati.

Bofonchio una risposta mentre sollevo il letto e provo a rimetterlo a posto.

Anche il chiavistello di acciaio della botola si è piegato. Lo afferro con le dita e faccio pressione, raddrizzandolo.

«Sei pregato di non lanciare i miei mobili in giro, se ti viene un incubo nel mio soggiorno» aggiunge, cercando di sdrammatizzare.

«Lo so».

«Almeno con le serrature sei migliorato... cioè, è stato difficile spiegare al fabbro cosa è successo alla porta blindata. “Il mio coinquilino pensava si fosse incastrata” avrebbe causato un bel po’ di domande».

Ci metto qualche secondo a capire che mi sta prendendo in giro.

«E perfino quello era stato meglio del disastro dello stereo» continua, sogghignando. «Un passo alla volta, giusto?»

«Certo. Quando torniamo mi insegni a guidare?»

Strabuzza gli occhi, e, vedendo l’espressione di panico che gli passa per il volto, è il mio turno di sorridere.

«Hai... aspetta, hai appena fatto una battuta?» chiede incredulo.

Bussano alla porta prima che gli possa rispondere. Siamo attesi. Comincio a cambiarmi nei vestiti eleganti per la serata mentre Jessie sospira, le spalle che gli si abbassano leggermente.

«Andrà bene. Controlla se sembrano esserci persone sospette nel locale. Gente con una buona visuale sul vostro tavolo e che non sembra starsi divertendo. Se noti qualunque cosa strana ti basta chiamare Paracelso e sarò lì in un lampo» dico, cercando di sembrare più calmo di quanto sia realmente.

Non mi piace l’idea di separarci, ma l’asta e l’incontro con il contabile sono alla stessa ora. Jessie deve andare lì perché è con lui che l’uomo ha parlato, e il mio incarico è di recuperare l’icona per la Contessa.

Bussano di nuovo.

«Guarda che so cavarmela» dice, dando una pacca alla tasca dove tiene la pistola. «Smettila di preoccuparti, ci vediamo presto», dice e io annuisco, facendo finta di essere rassicurato. 

Poi indosso la giacca, e usciamo nella notte.





Nota della Correttrice di Bozze

Infine si, contro ogni aspettativa, siamo riusciti a pubblicare un altro capitolo! Si spera che anche la prossima settimana non ci siano ritardi, ma non possiamo esserne sicuri.
Buon proseguimento
Kodoma



  
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