Eve Lynn ha occhi spaventosi.
Sono tondeggianti, dello stesso blu del più remoto fondale marino. Tanto scuri che la luce vi si riflette a fatica.
Due profondi stagni accompagnati da labbra i cui angoli sono piegati appena all'insù.
Il fantasma del suo sorriso, che infesta il viso chiaro incorniciato da ciocche lunghissime d'ebano, incute in ospiti e spettatori un timore quasi primordiale: è questo che le permette di essere ascoltata da loro, e con attenzione, quando comincia a parlare.
Perché tremano incontrando il suo sguardo impenetrabile, traditore della quantità enorme di segreti altrui tenuti nelle piccole dita pallide.
Ma la realtà è nascosta in fondo al pozzo, dove la luce non arriva. La realtà è che le sue mani sono vuote.
L'unico segreto che conosce è il suo, e si sforza di dimenticarlo più che può.
È quello della sua debolezza, della sua inutilità. È la causa della sua morte, a cui non si troverà mai antidoto.
Nel profondo dei suoi occhi, c'è la paura dell'inevitabile.
Eve Lynn lo sa. Lo nasconde nel suo sorriso.