Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: mercury_witch    12/06/2018    2 recensioni
«In effetti è passato diverso tempo da quando anch’io mi sono concesso un caffè in compagnia»
I due si rivolsero un lieve sorriso, mentre il cameriere posò le due tazze di caffè sul tavolo.
«Comunque mi sembra giusto darle una spiegazione per ciò che è accaduto poco fa»
Kakyoin lo osservò con attenzione, mentre Jotaro cercava le parole giuste.
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Un'AU Jotakak ambientata ai giorni nostri dove Kakyoin è un insegnante di scienze alle scuole medie, mentre Jotaro è il padre di Jolyne, una sua allieva.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Jotaro Kujo, Noriaki Kakyoin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il sabato era il giorno preferito di Kakyoin: poteva concedersi una qualche ora in più di sonno al mattino e di poter uscire la sera, senza contare la gran quantità di ozio a disposizione durante la giornata.
Quel sabato Kakyoin si ritrovò a fischiettare allegramente mentre versava il proprio caffè, cosa che gli fece notare il suo coinquilino una volta entrato in cucina.
«È successo qualcosa di bello, Kakyoin?»
«Buongiorno Polnareff, caffè?»
L’altro uomo fece un cenno con la testa per poi sedersi a tavola.
«Ieri è stata una bella giornata, tutti qui»
Polnareff appoggiò il mento su una mano, osservando l’amico intento a versargli il caffè.
«Di solito non sei così allegro, per forza deve essere successo qualcosa»
«Può darsi...»
Rispose vagamente Kakyoin sedendosi dinanzi al francese.
«Lo sapevo! Raccontami tutto»
A Kakyoin sfuggì un sorriso: lo divertiva il modo in cui Polnareff non riusciva a tenere a bada la sua curiosità.
«Diciamo che ho passato il pomeriggio al solito bar, ma in compagnia»
All’insegnante sembrò quasi di vedere le orecchie dell’amico rizzarsi dalla curiosità.
«In compagnia? E di chi?»
Kakyoin si concesse un sorso di caffè, giusto per tenere ancora un po’ sulle spine Polnareff.
«L’uomo più bello che abbia mai visto»
«Attento Kakyoin, hai l’abitudine di prenderti una cotta a prima vista e di restarci male un attimo dopo»
«Lo so, ma questa volta non sarà così»
Polnareff alzò un sopracciglio, poco convinto.
«E cosa te lo fa credere?»
«Il fatto che tra noi due non potrà mai esserci niente. Non posso rimanerci male per qualcosa che non ha speranze»
«Questo è triste...però tu non mi sembri esattamente giù. Perché?»
«Forse sto reprimendo la mia parte razionale in favore di qualche bella fantasia»
Polnareff scosse la testa sorseggiando il proprio caffè.
«Tu sei cotto. E completamente fuori di testa, ma adesso voglio sapere perché sei così pessimista riguardo alla faccenda»
«Bhé...sicuramente non è interessato agli uomini, ha una ex moglie, inoltre sua figlia frequenta le mie lezioni»
Per poco la bevanda non andò di traverso al francese.
«È il padre di una tua allieva?»
«Bhé, si...»
«Accidenti...sicuro che non sia illegale uscire con i genitori dei tuoi studenti?»
«Non è illegale»
Rispose Kakyoin alzando gli occhi al cielo.
«Che fine ha fatto il vecchio Kakyoin che ogni sabato sera tornava a casa con una persona diversa?»
«Tsk e chi ti dice che mi sto sistemando? Non siamo neanche...»
Il telefono di Kakyoin iniziò a squillare, interrompendo la sua stessa frase.
«Pronto?»
Per poco al giovane uomo non venne un colpo riconoscendo la voce dall’altra parte della cornetta.
«Pronto? Kakyoin Noriaki? Sono Jotaro»
Il rosso mimò con le labbra un “è lui” a Polnareff, che sgranò gli occhi dalla sorpresa, mettendosi subito sull’attenti.
«Buongiorno Jotaro, come hai fatto ad avere il mio numero?»
«Era sul sito della scuola. Volevo chiederti se questa sera avresti voglia di cenare fuori con me. Jolyne passerà il weekend dalla madre, per questa volta, quindi sarebbe carino poter uscire con qualcuno, e ieri mi sono divertito in tua compagnia...»
Kakyoin avvertì la punta di imbarazzo nella voce dell’uomo.
«Mi piacerebbe molto!»
«Perfetto, allora passo a prenderti io verso le sette?»
«Volentieri, grazie mille e a più tardi»
«A stasera»
Appena Kakyoin mise giù la chiamata prese con indifferenza le tazze vuote dal tavolo, le posò nel lavandino e iniziò a lavarle.
«Hey! Non tenermi sulle spine! Che cosa voleva?»
«Niente di ché...»
Rispose vagamente l’insegnante, prima di voltarsi verso l’amico.
«Diciamo che ho un appuntamento per stasera»
«Neanche il tempo di raccontarmi di questo tizio e ti chiede già di uscire, fantastico. Piuttosto, cosa dicevi riguardo al fatto di non avere speranze?»
Kakyoin rispose al sogghigno dell’amico con un sorriso; aveva il presentimento che quella serata sarebbe stata molto interessante.

Quella sera Kakyoin si ritrovò sull’orlo di una crisi di nervi: Jotaro sarebbe arrivato a momenti, e lui non riusciva a trovare degli abiti soddisfacenti. Si sentiva come una liceale alla ricerca del vestito giusto per il ballo di fine anno. Infine, preso dalla disperazione, il giovane uomo optò per una semplice camicia bianca e una giacca nera, abbinata ai pantaloni.
«Che ne pensi?»
Disse piazzandosi davanti al divano sulla quale Polnareff stava leggendo un libro.
«Stai davvero bene vestito così»
«Ne sei sicuro? Non ho idea in che tipo di ristorante intenda portarmi»
«Stai tranquillo, non penso che intendesse un ristornate a cinque stelle»
Polnareff si alzò, fece qualche passo verso l’amico e gli slacciò gli ultimi bottoni della camicia, in modo che si intravedesse sia la clavicola che un accenno del petto.
«Così è molto meglio»
«Sei sicuro...?»
«Mais oui, le donne non sono le uniche a poter giocare con la scollatura»
Rispose il francese con un occhiolino.
Kakyoin stava già pensando di riallacciarsi i bottoni, quando il suono del campanello lo fece sobbalzare.
«Devo andare, ci vediamo più tardi!»
Esclamò Kakyoin prendendo in tutta fretta e furia una giacca più pesante e la solita sciarpa bianca.
«Divertiti! E se tornate qua cercate di non fare troppo rumore»
Il rosso rivolse giusto un’ultima occhiataccia a Polnareff prima di uscire di casa.
«Buonasera Jotaro»
Sorrise Kakyoin trovandosi dinanzi alla figura imponente dell’uomo.
«Come sei vestito bene»
Aggiunse poi osservando l’abbigliamento di Jotaro: il mantello bianco con cui l’aveva conosciuto era stato sostituito da una giacca di pelle scura, accompagnata da un paio di pantaloni neri e da una maglia del medesimo colore a collo alto. Jotaro non indossava nemmeno il suo solito cappello, e i corti capelli corvini erano stati pettinati all’indietro con una certa cura, ma nonostante un qualche ciuffo ribelle si ostinasse a ricadergli sulla fronte, l’uomo era estremamente affascinante, e per di più emanava un buon profumo di colonia.
«Grazie, anche tu»
Kakyoin sorrise notando che l’uomo aveva distolto lo sguardo, mentre la punta delle sue orecchie si era fatta rossa.
«Conosco un ottimo ristorante con musica dal vivo, pensavo di andare là»
Fece Jotaro mentre entrambi entrarono in macchina.
«Portami dove preferisci, stasera sono tuo»
Esclamò Kakyoin, che non vedeva l’ora di essere seduto a tavola dinanzi all’uomo.
«Ma pensa un po’…che onore»
Rispose Jotaro con un mezzo sorriso, mentre l’insegnante realizzava in quel momento il doppio senso della sua frase.
«Intendevo dire che stasera mi affido a te…»
Si corresse cercando di mantenere un contegno, nonostante sentisse chiaramente il volto arrossarsi. Ma Jotaro non sembrava turbato, e ciò tranquillizzò anche Kakyoin.
Durante il viaggio in auto chiacchierarono del più e del meno, e per tutto il tempo Kakyoin non riuscì a  capire se si stesse trattando di un appuntamento o se fosse una semplice uscita informale tra nuovi amici.

Il ristorante scelto da Jotaro era decisamente bello: si trovava all’ultimo piano di un palazzo, e dalle vetrate si poteva vedere la città sottostante. L’atmosfera era tranquilla, mentre lontano dai tavoli vi era una piccola pista da ballo, e sul palco in legno suonava un gruppo jazz.
I due si accomodarono ad un tavolo piuttosto lontano dal palco, ma nonostante ciò l’acustica del locale permise loro di sentire bene le melodie del gruppo.
«È carino questo posto»
Commentò Kakyoin continuando a guardarsi attorno con aria entusiasta, per poi ordinare da mangiare all’arrivo del cameriere.
«Sono contento che ti piaccia, il proprietario del posto è un vecchio amico di famiglia e mio nonno mi ci portava spesso quando veniva a trovarci dall’America»
«Tuo nonno è americano?»
«Inglese a dire il vero, ma ha vissuto a New York praticamente per tutta la vita, dunque si considera americano»
«Quindi saresti metà giapponese e metà inglese?»
Jotaro annuì e Kakyoin si lasciò sfuggire un’espressione sorpresa.
In quell’istante il cameriere tornò da loro con il vino.
«Perché quella faccia?»
«Bhé, immaginavo che non fossi del tutto giapponese»
«E da cosa?»
Lo sguardo penetrante di Jotaro non abbandonò un solo istante gli occhi di Kakyoin.
«Dalla stazza direi, ma anche dai lineamenti»
Sorrise Kakyoin sostenendo lo sguardo dell’altro, per poi sollevare il bicchiere di vino.
«Ma pensa un po’, non pensavo mi avessi studiato tanto»
«Mi piace osservare le persone, soprattutto quelle interessanti»
Jotaro gli rivolse un mezzo sorriso, come se fosse stato soddisfatto di quella risposta.
«A che cosa brindiamo?»
«Al sabato sera?»
«Mi sta bene»
Entrambi sorrisero prima di bere un sorso di vino.
Poco dopo arrivarono anche le pietanze, e la cena proseguì tra chiacchiere, risate, buon cibo e vino.

«...e quella è stata l’ultima volta che ho riaccompagnato a casa un parente ubriaco»
Kakyoin rise divertito, mentre, col passare della serata, anche Jotaro diventava più incline alle risate.
«Adoro questi racconti, mi fanno tornare ai tempi dell’università»
Sorrise Kakyoin bevendo un altro sorso di vino.
«Mi sono chiesto una cosa, la prima volta che ti ho visto»
«Ovvero?»
«Quanti anni hai? Insomma, hai le lentiggini e sembri così giovane...»
L’insegnante accennò un sorriso, colpito dall’attenzione per i dettagli di Jotaro.
«Ne ho 27, è il mio secondo anno di insegnamento in effetti»
Jotaro sgranò leggermente gli occhi.
«Tu invece?»
«31, effettivamente non siamo così lontani»
«Hai ragione, ma la mia età inizia ancora con il numero due»
Jotaro tirò fuori la lingua per fargli il verso, e Kakyoin si sorprese davanti a quel gesto tanto infantile quanto innocente.
«Scusa? I miei allievi sono più maturi di te!»
Esclamò ridendo, prima di finire il bicchiere di vino.
«Fino a prova contraria sei tu il ragazzino qui. Io sono un adulto responsabile»
«Allora, signor adulto responsabile, avresti voglia di andare a ballare?»
Fece Kakyoin con un sorrisetto di sfida indicando la pista da ballo che sembrava essersi riempita negli ultimi minuti.
«Ballare? Non penso di...»
«Se non sei capace posso guidarti io»
Lo punzecchiò ulteriormente il rosso.
«Ma pensa un po’»
Mormorò Jotaro tra sé e sé prima di alzarsi dal tavolo, porgendo poi la mano a Kakyoin.
«Mi concede questo ballo?»
«Volentieri»
Il giovano uomo arrossì prendendo poi la mano dell’altro, seguendolo verso la pista da ballo.
Il ritmo della musica era tranquillo ma incalzante, e così Kakyoin si ritrovò con una mano sul petto di Jotaro, e con l’altra appoggiata alla sua, muovendo i piedi a ritmo di musica. Il fatto che i loro volti fossero così vicini fece arrossire visibilmente Kakyoin, che cercò di evitare lo sguardo dell’altro, puntando la propria attenzione oltre la sua spalla.
«Lo sai, mi piace passare il tempo con te»
Il giovane uomo fu colto alla sprovvista da quelle parole, e, decidendosi a guardare il volto di Jotaro, si rese conto che anche le sue guance erano chiazzate di rosso.
«Piace anche a me»
Rispose sciogliendosi in un sorriso. Si sentiva impacciato esattamente come ai tempi del liceo, il che era strano considerando con quanta facilità riusciva a tornare a casa con una conquista diversa ogni sabato sera. Ma Jotaro era diverso dalle persone che si conoscono in discoteca: loro soddisfacevano il bisogno di avere il letto caldo per una notte, mentre Kakyoin sentiva che Jotaro avrebbe potuto dargli qualcosa oltre l’aspetto carnale.
“Ecco”, pensò il rosso, “Polnareff aveva ragione...mi sto prendendo una cotta enorme per quest’uomo”.
Le labbra di Jotaro erano lì, tanto vicine quanto invitanti, sarebbe bastata una lieve spinta per raggiungerle, eppure non lo fece.
«Balli bene per essere un insegnante»
Esordì in quel momento il moro.
«Come sarebbe a dire “per essere un insegnante”?»
«Essendo un biologo, a diversi congressi mi capita di avere a che fare con i professori, e conoscendo il genere non avrei mai pensato di ritrovarmi a ballare con uno di loro»
Kakyoin si lasciò sfuggire un sorriso divertito.
«Io non ho mai ballato con un biologo marino, invece, e mi sembra che non ti farebbe male qualche lezione al riguardo»
Era da quando avevano iniziato a ballare che Kakyoin aveva notato di come Jotaro distogliesse raramente lo sguardo dai propri piedi.
«Pensavo fossi un insegnante di scienze, non di danza, continui a sorprendermi»
«E non hai ancora visto niente»
Aggiunse il rosso accompagnando la frase con un sorrisetto di sfida.
«Ma pensa un po’…»

«Perché non fai un salto da me a bere qualcosa?»
«Devo ancora guidare fino a casa mia, quindi direi di no»
«Bhé, allora non fa niente»
Propose semplicemente Kakyoin scendendo dall’auto.
«…Non vorrei abusare della tua ospitalità»
«Ma quale “abusare”! Adesso saliamo e beviamo qualcosa»
Kakyoin si voltò verso di lui sorridendo, prima di entrare nell’appartamento. Una rapida ispezione confermò il fatto che Polnareff era uscito a sua volta e che non fosse ancora rientrato, così il rosso fece accomodare tranquillamente Jotaro sul divano.
«I miei genitori mi hanno portato del whisky dal loro ultimo viaggio in Gran Bretagna, dunque dovrebbe essere buono»
Disse versandone un po’ nei bicchieri appositi, porgendone poi uno all’uomo. I due bevvero insieme, e continuarono a parlare, scherzare e scambiarsi aneddoti fino a mezzanotte passata. Una volta resosi conto dell’orario, Jotaro appoggiò il bicchiere sul tavolino, per poi alzarsi dal divano.
«Si è fatto tardi»
«In effetti è quasi la una»
Fece Kakyoin accompagnandolo alla porta.
«Peccato, il tempo passa sempre così in fretta quando ci si diverte»
«Sono contento che tu abbia accettato il mio invito, ho passato una bellissima serata con te»
Kakyoin gli sorrise dolcemente. Adorava il modo in cui quella frase sembrasse la conclusione perfetta per un appuntamento romantico, lo illudeva piacevolmente.
«Anche io»
I due si guardarono, e Kakyoin notò che qualcosa era cambiato nell’espressione di Jotaro, ma pensò che fosse solo una sua impressione, causata probabilmente dal whisky.
«Spero che avremo modo di uscire nuovamente insieme»
«Kakyoin...»
Il rosso venne spinto contro la porta prima che potesse aprirla.
«Jotaro...?»
Il giovane fece in tempo a sgranare gli occhi per la sorpresa, che si ritrovò il viso dell’altro a pochi centimetri di distanza, mentre le sue mani appoggiate alla porta impedivano qualsiasi tentativo di fuga.
«Sono confuso...ti conosco da così poco eppure mi piaci così tanto»
Kakyoin non riusciva a credere alle sue orecchie.
«Io...»
Neanche lui aveva idea di cosa avrebbe detto, ma non ci fu alcun bisogno di completare la frase poiché le morbide labbra di Jotaro si posarono sulle sue. Fu un bacio semplice e casto, eppure bastò a mandargli in tilt il cervello.
«Mi dispiace, ora tolgo il disturbo»
Disse Jotaro allontanandosi da lui.
«No»
Istintivamente fu Kakyoin ad afferrare l’altro per il colletto della giacca, tirandolo nuovamente verso di sé.
«Non andartene...»
Mormorò guardando i suoi occhi verde smeraldo. A quella distanza avrebbe potuto contarne le ciglia.
«Se restassi ce ne pentiremmo entrambi»
«Non puoi saperlo»
Kakyoin non si sarebbe lasciato sfuggire quell’occasione per nulla al mondo, e così afferrò entrambi i lembi della giacca dell’uomo, tirandolo a sé per baciarlo. Jotaro tenne in un primo momento le labbra serrate, ma bastò un’attimo perché si schiudessero. Le loro bocche si allontanarono, si cercarono e si ritrovarono, assaporandosi come se non avessero mai voluto altro al mondo. Le mani del moro si erano spostate a cingere la vita dell’altro, stringendolo a sé, e Kakyoin si rese conto, in quel momento, di quanti anni erano passati dall’ultima volta che qualcuno lo avesse baciato in quel modo, facendolo sentire non solo desiderato, ma amato.
Nel momento in cui il bacio si interruppe rimasero appoggiati uno alla fronte dell’altro, sospirando ad occhi chiusi. Il cuore di Kakyoin batteva all’impazzata mentre si lasciava cullare dall’intimità di quel momento. Avrebbe voluto restare così in eterno, con le mani calde di Jotaro strette attorno ai suoi fianchi e i loro respiri che si scontravano.
«Devo andare…»
«Ancora un attimo»
Kakyoin strinse gli occhi, come per paura di non trovarlo più dinanzi a sé una volta riaperti. Un semplice bacio gli venne posato sulla fronte, e a malincuore il rosso dovette rinunciare al tocco caldo dell’altro sul viso.
«Non è un addio, non rimanerci male»
«Non ci sto rimanendo male»
Jotaro incurvò leggermente gli angoli della bocca con aria divertita.
«Avremo un’altra occasione, ora è meglio che vada. Buonanotte»
L’uomo lo salutò con un ultimo bacio, prima di uscire dall’appartamento del rosso, lasciandolo solo e confuso.
«Un’altra occasione…?»
Mormorò tra sé e sé, prima di realizzare a cosa alludesse l’altro, e in quel momento ringraziò che se ne fosse andato, perdendosi così lo spettacolo del suo volto che arrossiva vistosamente.


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Ed ecco il secondo capitolo, dal punto di vista di Kakyoin. Chiedo venia in caso abbia un po' "inventato" i caratteri dei personaggi, spero in ogni caso di migliorare nei prossimi capitoli!
   
 
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