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Autore: _doubled_    16/06/2018    1 recensioni
SEQUEL DI "EL FUEGO Y EL MAR"
Mi avevi promesso che non ti saresti mai dimenticato di ciò di cui ho bisogno e che avresti passato il per sempre al mio fianco, eppure adesso mi hai lasciato da solo, con tutte le mie debolezze che nessun altro capisce, a parte te.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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2. Devi svegliarti

Legenda personaggi:
Lorenzo Galieni
Andrea, Fada, Fadani
Simone De Pisis
Andrea, Lisu, Lisandri
Matteo, Roffo, Roffino, Roffins, Roffini
Giacomo, GiaLiga, Ligambi
Jacopo Galieni
Mattia Memi


GALIENI'S POV

Mi avevano già fatto i controlli per dimettermi, erano passati due giorni dall'incidente, Fada non si era ancora svegliato e io ero andato a trovarlo già parecchie volte. La mia psicoterapeuta era già venuta in ospedale per una seduta, il mio PTSD -disturbo da stress post-traumatico- era peggiorato molto: spesso mi sembrava di rivivere il momento in cui il camion ci aveva investiti, dormivo veramente poco e, quelle poche volte in cui riuscivo ad addormentarmi, continuavo ad avere incubi sull'incidente, sia con mio marito che dei miei nonni, ed ero costantemente in uno stato d'allarme e ipervigilanza. Speravo con tutte le mie forze che Andrea si risvegliasse, ma non riuscivo a non pensare che sarebbe finita come con mia madre, e l'idea di dover porre fine alla sua vita mi distruggeva.

«Non scordarti di venirmi a trovare, eh!» esclamò Mattia, mentre mi aiutava a preparare le mie cose.

«Ma guarda che ti dimetteranno presto!» lo incoraggiai.

«Hm, non credo» ribatté, «sto aspettando i risultati degli esami che ho fatto stamattina, al mio corpo non piace il nuovo fegato».

«Vedrai che starai meglio» lo rassicurai.

Mi dispiaceva davvero tanto per il mio nuovo amico: era giovane, era una brava persona, con moglie e figli, e stava perdendo ogni cosa, speravo davvero che gli andasse tutto bene.

A quel punto, salutai Mattia e mi diressi verso il reparto di terapia intensiva, in cui era ricoverato mio marito; un'infermiera mi disse che c'erano già due persone nella stanza, quindi non sarei potuto entrare anch'io, così: «Può chiedere almeno a uno di loro di uscire, per favore?» domandai.

«Certo, vado subito».

Dopo poco uscì con il Lisu, che si avvicinò a me: «Ehi, come stai?».

«Fada?» chiesi, ignorando la sua domanda.

«Come ieri» sospirò, «tu, Lorenzo, come stai?».

«Sto bene, non ti preoccupare per me» lo rassicurai.

Andrea mi abbracciò delicatamente: «Vai, ci sentiamo più tardi» sussurrò, accarezzandomi i riccioli.

Entrai nella stanza filtro e mi lavai le mani con l'apposito gel, indossai i calzari, il camice e i guanti, poi raggiunsi Andrea: era sdraiato sul lettino, con la coperta fino al petto, aveva la testa fasciata e tutti i suoi riccioli erano stati tagliati; era collegato a diversi macchinari, tra cui un respiratore, e sembrava che stesse dormendo e che non provasse alcun dolore: speravo fosse davvero così. Accanto a lui, sulla sedia, c'era Simone, che si asciugò le lacrime e si alzò, venendo verso di me e stringendomi tra le sue braccia; scoppiai in lacrime e gli cinsi la vita: «Perché non si sveglia?» singhiozzai.

«Non lo so» rispose, iniziando a piangere anche lui, «adesso vi lascio da soli, se hai bisogno, chiama».

«Certo, grazie» lo salutai, andando a sedermi sulla sedia accanto al letto.

Dopo che Simone se n'era andato, sfilai uno dei miei guanti e presi la mano di Andrea, cominciando a parlargli: «Amore, come stai oggi? Io fra poco sarò dimesso, ma ti prometto che verrò tutti i giorni e ti farò compagnia, anche se spero per poco, devi svegliarti: mi avevi promesso che non ti saresti mai dimenticato di ciò di cui ho bisogno e che avresti passato il per sempre al mio fianco, eppure adesso mi hai lasciato da solo, con tutte le mie debolezze che nessun altro capisce, a parte te. Se ti svegli, però, ti perdono; ti prego, lotta per noi, per me, non costringermi a mettere fine alla tua vita, non avrei la forza di andare avanti con un altro peso del genere, dopo mia madre».

Non capivo come mio padre, nella mia stessa situazione, avesse potuto staccare la spina di mia madre, lasciandola morire: in quel momento, per me quella era un'idea inconcepibile, avrei aspettato anche più di sette anni perché Fada si svegliasse.

«Comunque, ricordi Mattia? Te ne ho parlato ieri, ho paura che non lo dimettano, a quanto pare il suo nuovo fegato non funziona molto bene, ora sta aspettando i risultati, ti farò sapere» raccontai, asciugandomi le lacrime, «anche Simone sta male per te, a dir la verità tutti stanno male per te, stavolta non farti desiderare come sempre, torna presto da noi; e poi, la mia psicologa ha detto che mi stai facendo peggiorare il disturbo, eppure fino all'altro giorno mi stavi facendo migliorare».

Stavo ancora chiacchierando con mio marito, quando entrò mio babbo nella stanza: «Ciao ragazzi» ci salutò, «Lory, quando sei pronto andiamo a casa?».

Annuii, poi lasciai un bacio sulla fronte ad Andrea e me ne andai, seguito da Jacopo; quando uscimmo, lui aprì la sua macchina con il telecomando e io mi bloccai: iniziai a vederci appannato, non riuscivo a respirare, avevo caldo e sudavo, ma ero scosso dai brividi, il mio cuore batteva velocissimo e la mia mente cominciò a vagare; non avevo le forze per restare in piedi, così mi accasciai a terra, annaspando e tenendomi il petto; davanti agli occhi mi passarono tutti i ricordi legati al mio trauma: il camion che ci colpiva, la macchina che si ribaltava, Fada ricoperto di sangue, appoggiato al volante, io in ambulanza, mia madre in coma, il funerale dei miei nonni e quello di mia mamma, mio padre che staccava la spina.

Sentii la voce lontana di Jacopo: «Lorenzo, calmati, ci sono io» disse, con tono rassicurante, inginocchiandosi accanto a me.

Come ogni volta, aspettai che tutte quelle sensazioni passassero, poi, con l'aiuto di mio babbo, mi rialzai, trovando anche Matteo e Giacomo a qualche metro di distanza: «Ehi» li salutai, facendogli capire che stavo bene.

«Siamo venuti a trovare Andrea, speravamo che tu fossi ancora qui, così da poter vedere anche te» spiegò GiaLiga.

«Grazie, salutatemi Fada».

«Lory, come vuoi tornare a casa?» domandò Jacopo.

Spaesato, guardai lui e i miei amici, in cerca di una risposta, poi: «Se vuoi ti accompagno io a piedi» intervenne Roffo.

«Grazie, Matte» sussurrai.

«State attenti» disse mio babbo, per poi rivolgersi al mio amico: «Matteo, non mettergli fretta e chiamami per qualsiasi cosa».

Roffo annuì, dopodiché: «Tesoro, vai da Fada, quando esci passami a prendere, ti aspetto da Lorenzo» informò il suo ragazzo.

A quel punto, ci salutammo tutti e io mi avviai, con il mio amico, verso il primo incrocio, dove mi bloccai, spaventato: «Sarà più lunga del previsto» scherzai, cercando di non piangere.

«Tranquillo, sono qua apposta» mi rassicurò Roffino, passando un braccio intorno alle mie spalle e stringendomi.

Avevo paura che, attraversando la strada, una macchina ci potesse investire; non era forte quanto quella di salire su un mezzo di trasporto, ma lo era abbastanza da impedirmi di proseguire con tranquillità: era questo che intendeva la mia psicologa quando mi aveva detto che il disturbo da stress post-traumatico stava peggiorando.

 

NdA

Ciao! Eccoci finalmente col secondo capitolo! Fada non sembra avere intenzione di svegliarsi per ora; pensate che succederà? E se sì, quando? Fateci sapere cosa pensate che accadrà nei prossimi capitoli! Grazie per aver letto, ci fa davvero piacere!
Un bacio,
Sofia e Luna

   
 
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