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Autore: ddeathlips    17/06/2018    2 recensioni
Un segreto avvolge la vita dell'uomo più potente della Gran Bretagna.
Un pericolo imminente e una corsa contro il tempo. Ma un segreto lascerà di stucco il consulente investigativo.
Tratto dal testo:
Sherlock Holmes si considerava un uomo impossibile da soprendere, ma di certo nulla l'aveva preparato a quello che si aveva di fronte agli occhi.
Una semplice donna.
Piuttosto bassa, occhi e capelli scuri, appena uscita dalla palestra dato l'abbigliamento sportivo, nessun segno di particolare talento o capacità nascosta.
Solamente un enorme pancia.
Incinta.
"Dove diavolo è Mycroft?" domandò sconvolta la donna.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anthea, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La casa era buia, solo la luce dei lampioni illuminava i pochi mobili che adornavano l'appartamento.
Ellie era sdraiata sul pavimento, ancora sconvolta da quello che era successo solo poche ore prima.
Mycroft aveva ucciso un uomo a sangue freddo.
Certo, stava per ucciderla, ma era comunque una vita spezzata.
Si ridestó dai suoi pensieri al suono della serratura che si apriva lentamente.
Il panico iniziò a prendere possesso della sua mente.
Con un nodo in gola afferrò la pistola che teneva nel cassetto del suo comodino e iniziò ad avanzare lentamente verso la porta d'ingresso.
Una figura alta e scura si stagliava dinanzi l'ingresso.
Con un urlo strozzato Ellie si avventò contro lo sconosciuto che prontamente le afferrò le mani e le tolse la pistola.
"Ellie, per quanto io approvi questo tuo coraggio devo dirti che la pistola che hai in mano è pressoché inutile se non togli prima la sicura".
Una voce sicura aveva parlato, la voce dell'uomo che l'aveva salvata più di un anno prima.
La luce fioca illuminava a malapena il profilo prominente dell'uomo, che quasi timidamente le avvolse le braccia attorno alla vita. Un contatto che prima si era sempre negato con lei.
"Niente e nessuno potrà farti del male mia cara."
Suonava quasi come una promessa.


La bambina.

Ellie.

Sherlock.

Svegliati.
Con un sussulto Mycroft aprì gli occhi, trovandoli pesanti e irritati dalla polvere.
Era disteso su un pavimento lurido, in una stanza illuminata solamente da una lampadina che pendeva dal soffitto.
Che cliché.
Con un colpo di tosse sollevò una manciata di polvere.
Si mise seduto, ancora intorpidito dal narcotico.
Si appoggiò al muro respirando profondamente.
Gli avevano tolto giacca, gilé e cravatta.
E la camicia era sbottonata.
Si osservò il petto, adornato da un ciuffo di peli rossicci.
La sua mente vagò a quali metodi di tortura potevano essere applicati al petto nudo di un prigioniero.
L'elettroshock.
Aghi.
Coltelli.
Nessuna sembrava appropriata al suo rapitore.
Anche se non si era fatto vivo, non bisognava essere un Holmes per capire che quel miserabile era riuscito a scappare dalla prigione.
Con un moto di stizzia si rese conto che forse avrebbe dovuto cedere, che un proiettile al centro della fronte era quello che davvero meritava.
Ma lei lo aveva pregato.
Non macchiarti di un simile fardello, tu sei migliore di lui aveva detto.
Ma ora più che mai si pentiva di averle dato retta e di aver risparmiato la vita di quel miserabile.
Dei passi provenivano da dietro la porta blindata e delle voci ovattate sembravano discutere animatamente di lui.
Un improvviso silenzio gli fece tendere le orecchie.
Con uno scatto la porta si aprì, rivelando chi si celava dietro l'identità del suo rapitore.
Un uomo di mezza età, non così tanto alto, tarchiato e con i capelli lunghi fece il suo ingresso nella stanzetta.
"Buongiorno, Signor Holmes, è un vero paicere rivederla, soprattutto ora che lei è al mio posto come ostaggio" un leggero accento francese e un cipiglio arrogante.
La bocca gli si riempì di bile alla vista di quel viscido verme.
"Non credo si possa parlare di ostaggio nel suo caso, dato che lei era stato legittimamente arrestato dagli agenti dell' MI6 per traffico di armi" rispose composto Mycroft.
L'altro rise sguaiato, quasi come se avesse capito una battutta che era sfuggita al maggiore degli Holmes.
"Sai, devo dire che non è stato facile prenderti, ho dovuto pagare davvero profumatamente i miei collaboratori per convincerli che valeva la pena punirti per avermi portato via il mio giocattolo" con voce strascicata l'individuo si piegò su Mycroft e gli assestò un pugno sullo zigomo, facendolo sbattere contro il pavimento.
"Sai, dovrei darti più di un pugno, infondo Ellie è speciale, non mi stupisce il fatto che alla fine sei finito anche tu tra le sue gambe" ghignò malevolo.
Che volgarità pensò il politico.
"Non mi dici nulla, caro Mike?" disse afferrandolo per i capelli.
Si limitò a rispondere con un alzata di sopracciglio.
"Bene, mi divertirò un sacco a cavarti le parole di bocca".
Fu l'ultima cosa che sentì prima che un colpo dato alla nuca lo fece svenire un'altra volta.

Ormai la tazza di the che aveva tra le mani si era freddata, Anthea al suo fianco era immobile, mentre Mary Watson la fissava dall'altra parte della stanza seduta sulla poltrona.
"Allora tu e Mycroft.." la donna lasciò la frase in sospeso, insicura su come continuare la frase.
Mary ricevette un'alzata di spalle da Anthea e un occhiata incerta da Ellie.
"Non posso parlarne" mormorò la donna.
L'angoscia l'attanagliava, la preoccupazione per la sorte del suo amato era troppo forte e lei era sempre stata troppo sensibile per reggere lo stress.
Le lacrime tornarono a pungerle gli occhi.
Con un sospiro tremolante si posò la mano sulla pancia, dove la sua bambina stava facendo le capriole.
Se pensava di essere innamorata di Mycroft, ancora non aveva provato l'amore che una madre poteva provare per il proprio bambino.
L'amarezza del momento la colpì in pieno, lasciandola senza fiato.
Le cose stavano andando troppo bene, era ovvio che qualcosa di brutto stava per succedere.
Le sfuggì un singhiozzo sommesso, e senza troppe cerimonie scoppiò a piangere sulla spalla di Anthea.
"È colpa mia, se non fosse stato per me lui sarebbe al sicuro" singhiozzò Ellie stringendo l'avanbraccio della donna con la mano sinistra.
Mary Watson si avvicinò piano e le sfilò la tazza di the ormai fredda dalle mani e facendosi uno spazietto sul bracciolo del divano, le circondò le spalle esili con un braccio.
"Tesoro, io non so cosa sia successo, ma sono sicura che Mycroft non pensa che sia colpa tua e anche io penso che tu non sei responsabile di niente in questa faccenda" sussurò dolcemente.
Con fare materno la cullò piano, tentando di infonderle quella fiducia che solo chi aveva visto Sherlock Holmes all'opera aveva.
"Sono sicura che lo ritroveranno, hanno combattuto e vinto contro Moriatry, chiunque sia dietro questo rapimento non avrà vita lunga, di questo puoi starne certo cara" la voce della Signora Hudson giunse come un balsamo sulle ferita della donna.
Tirò su con il naso come una bambina raddrizzando la schiena, pensando ad un modo per sviare il discorso dalle sue lacrime.
"Sherlock ha detto che starò qui finché non ritroveranno Mycroft, ma non ho nulla di mio qui" disse spostandosi leggermente da una parte all'altra.
"Non ho motivo di dubitare che la posizione del tuo appartamento sia stata manomessa, ma dobbiamo assolutamente fare in fretta se vogliamo andare a recuperare un pò della tua roba" rispose Anthea sbrigativa.
"Inoltre direi che avere un'ex assassina professionista con noi può solo gioviarci, non è vero Signora Watson?" aggiunge la donna.
Un lampo di comprensione illuminò gli occhi di Ellie, ricordandosi di come non poco tempo prima Mycroft le aveva parlato di A.G.R.A e di Magnussen.
"Beh allora direi che è ora di incamminarci, dimmi cara il tuo appartamento è molto lontano?" rispose gioviale Mary Watson.

Sherlock Holmes camminava velocemente verso l'ufficio del fratello, il bavero del cappotto tenuto stretto sulla gola.
John Watson camminava dietro di lui, faticando a tenere il passo svelto dell'amico.
"Sherlock maledizione vuoi fermarti un secondo?" urlò stizzito.
Il brino si fermo di scatto e altrettanto bruscamente si girò verso l'amico.
"Perché dovrei fermarmi?" disse gelido.
"Non ti interessa il fatto che tuo fratello ti abbia nascosto una cosa di tale importanza?" chiese senza fiato.
" Perché dovrebbe importarmi di cosa fa mio fratello nel tempo libero?" rispose impassibile.
"Sempri piuttosto arrabbiato in realtà" osservò il medico.
Il consulente assottiggliò gli occhi.
"Perché dovrei essere arrabbiato? Mi ha solo nascosto di aver trovato una persona importante e di star per diventare padre e ora mi trovo nella situazione di dover rimediare ai suoi pasticci".
Ag ogni parola la voce del moro diventava sempre più alta di un ottava fino a finire in urlo strozzato.
Senza attendere una risposta da parte del medico, il moro continuò la propria marcia verso l'ufficio del fratello.

In macchina regnava il silenzio, Anthea guidava la macchina concetrata, Ellie si fissava le mani appoggiate sulla pancia e Mary guardava assorta fuori dal finestrino. 
"Manca ancora molto?" chiese Mary.
"No, siamo praticamente arrivate" rispose Ellie.
La machina si fermò davanti ad un piccolo palazzo in stile liberty, da cui si vedevano solo le ampie vetrate che davano sui pianerottili.
"Il mio appartamento è all'ultimo piano, da qui non si vede come le altre case" aggiunge la donna.
Con un cenno del capo Anthea si fece avanti, entrando dal portone principale e infilandosi nell'ascensore.
Ad occhi estraneri potevano sembrare tre amiche intente ad andare a prendere un the, non di certo tre persone intente ad andare a prendere un borsone con effetti personali con l'intenzione di far nascondere un'altra persona.
Con un campanellio la porta dell'ascensore si aprì, rivelando l'unico pianerottolo che non aveva una vetrata.
Ellie si portò avanti al gruppo estraendo un mazzo di chiavi che le fu sfilato da Mary Watson.
La bionda estrasse una pistola dal giubotto e si avvicinò piano alla porta d'ingresso.
"Non si è mai troppo prudenti" disse la donna facendo l'occhiolino alle altre due.
Lentamente infilò la chiave nella toppa e facendo il minor rumore possibile fece scattare la serratura e spostò la porta in avanti.
Con passo agile entrò nel piccolo appartamento, mentre le altre due sostavano pazientemente nel pianerottolo.
Ellie stava incominciando a perdere la pazienza quando ne riemersse Mary che con cipiglio sicuro dichiarò il via libera.
Ellie ed Anthea si fecero strada nella casa della prima, ormai un familiare rifugio per entrambe.
"Faccio in fretta, voi in tanto mettetevi comode" borbottò indicando il divano e sparendo verso la camera da letto.
La casa era veramente molto piccola, dall'ingresso si poteva vedere uno squarcio della cucina dipinta a tinte tenui e una parte della camera da letto.
La casa era in leggero disordine, di quel disordine piacevole che faceva intendere che quella casa era una casa vissuta ogni giorno a pieno.
Mary si guardò intorno, cercando di cogliere dettagli della personalità di quella giovane donna.
Solo molti libri, per lo più classici, qualche scatola vuota di un takeway sul tavolino da caffè.
Si spostò nella cucina, ma anche li niente di troppo personale, solamente un calendario con i vari appuntamenti.
Corso preparto.
Ecografia.
Si rese conto all'improvviso che quello che lei giudicava scontato, come decidere il colore della cameretta insieme a John e progettare insieme il futuro della loro bambina per lei e Mycroft invece era una cosa pericolosa, che metteva a repentaglio la vita di quella neonata.
"Ehi ragazze" la voce di Ellie ridestó Mary dai suoi pensieri.
Anthea si avvicinò alla stanza da letto della donna, che era seduta sul bordo del letto con una tutina in mano.
"Secondo voi dovrei portarmi delle tutine per la bambina? Infondo non so quando potrò tornare qui o quanto Sherlock ci metterà a trovare Mycroft" si strinse nelle spalle.
Anthea sembrava senza parole, come poteva rispondere ad una domanda del genere?.
Mary Watson arrivò in suo soccorso.
"Tra quante settimane hai il temine?" domandò.
"Dieci" rispose la mora.
"Allora credo che magari una tutina in caso di emergenza sia il caso di portarla, in fondo non si sa mai cosa potrebbe succedere" disse Mary.
Con un cenno del capo Ellie infilò anche quella nella borsa, chiudendola e infilandosela in spalla.
"Bene, andiamo" proruppe Anthea.

Sherlock aveva analizzato qualsiasi piccola cosa presente nell'ufficio del fratello, ma non riusciva a trovare neanche uno straccio di indizio, le guardie uccise stavano ancora per terra come bambole di pezza.
"Qualcuno deve occuparsi dei cadaveri, non possiamo lasciare otto cadaveri in un ufficio gpvernativo"sibilò John.
"Credo di non aver bisogno di indagare oltre" proruppe il moro
John indirizzò uno sguardo interrogativo in direzione dell'amico.
Notò che nella mano guantata il detective stringeva un bigliettino da visita.
"A quanto pare vogliono farsi trovare".
 
 
  
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