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Autore: RYear    17/06/2018    0 recensioni
1942.
Elisabeth Erskine - figlia dello scienziato Abraham Erskine – conosce, grazie al suo amico ‘Bucky’, Steve Rogers a una festa e se ne innamora. Quando scopre che suo padre vuole rendere il ragazzo un super soldato, decide di diventare come lui per proteggerlo e per mantenere una promessa. Tuttavia l’impresa avviene con non poche difficoltà: a seguito dell’uccisione dello scienziato, Elisabeth dovrà ricorrere all’aiuto di una vecchia conoscenza, Howard Stark. Sarà lui a realizzare il desiderio della fanciulla i cui unici obbiettivi sono diventati vendicare suo padre e sterminare l’Hydra. Nel cercare di raggiungerli, però, finirà in grossi guai che la porteranno all'eterna fuga.
Cosa accadrà quando, per sdebitarsi di un favore con una sua conoscenza, si ritroverà ad ospitare gli Avengers durante l’attacco di Ultron, incrociando di nuovo gli occhi del suo Steve?
L’ordine cronologico degli eventi è volutamente casuale.
La storia è presente anche su Wattpad, sul mio profilo: D_Year
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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ESPERIMENTO


Inutile dire che passai i giorni a seguire litigando con papà nella speranza che cambiasse idea riguardo quel suo dannatissimo progetto. Ma era del tutto inutile, non mi dava ascolto. Lui sosteneva che amassi Steve, io invece non ne avevo la più pallida idea. Come può esserne così tanto certo lui quando nemmeno io sapevo cosa provassi? Ero esausta.
Poiché non c’era verso di fargli cambiare idea, provai con l’ultima carta.
-    Allora usa prima me, come cavia – dissi quella frase velocemente e ad occhi chiusi.
Eravamo in giardino, dapprima steso sulla sdraio a leggere il giornale e sorseggiare un buon thè, mi raggiunse poi mettendosi di fronte a me con gli occhi sbarrati e la bocca spalancata dopo quella mia ‘uscita sacrificale’, con il vento che scompigliava i suoi ed i miei capelli.
-    Io sono folle ma tu di più – esordì.
-    Ho preso dal migliore – sorrisi nervosamente.
-    Non puoi chiedermi questo.
-    E tu non puoi fare questo a Steve. Quindi scegli, o rinunci o prendi me.
-    E se prendessi entrambi?
Rimasi interdetta con l’amaro in bocca.
Non credevo che papà potesse spingersi così tanto nella scienza al punto di sacrificare anche sua figlia. Ok Steve con cui non aveva legami, ma io… scossi la testa sospirando, in fondo me la sono cercata.
-    Lo farai a me per prima, nel caso dovesse andar male non oserai toccare un capello a Steve, intesi?
-    No – scosse la testa con energia – non se ne parla – si avvicinò a me prendendomi tra le mani e guardandomi dritto negli occhi, preoccupato – ho già perso tua madre tempo fa, non posso perdere anche te. Beth, il siero è già stato somministrato una volta a… Schmidt e vedi com’è andata a finire.
Questo non me l’aveva mai detto. Fui sorpresa.
-    Sei stato tu a farlo?
-    Sono stato costretto, ma sto cercando di rimediare e Steve è la persona giusta.
-    Io no?
-    Anche tu lo sei ma…
-    Due e meglio di uno, no? – provai a sorridere – ascolta papà, andrà tutto bene. Potremmo fare grandi cose, io e lui. Sconfiggeremmo l’Hydra, salveremmo il mondo. Pensaci! Il siero non era ancora stato perfezionato, hai lavorato sodo e credo in te, ce la farai.
Negò col capo e tornò dentro, in cucina. Non avrebbe acconsentito, ero disperata. Avrei dovuto farlo senza il suo consenso ma… non volevo tradirlo.  
-    Prima lui, poi tu.
-    Papà, tutto quello che voglio, è proteggerlo…
-    Sono certa che lo farai e mi prometterai di tenerlo d’occhio, mi fido di te tesoro, ma dopo che l’avrà fatto lui per primo. L’hai detto anche tu stessa, andrà tutto bene – sorrise.
Lo guardai sorpresa e corsi ad abbracciarlo.
-    Cadrò a questo compromesso, ti ringrazio papà. Dovremmo scrivere quest’accordo su un foglio? – chiesi guardandolo sospettosa.
-    Non serve, hai la mia parola. Te lo prometto.
-    Okay – gli schioccai un bacio sulla guancia e raggiunsi la porta di casa per uscire.
-    Dove vai?
-    Mi vedo con Christine papà, non farò tardi te lo prometto.
-    Ehi, tesoro – mi richiamò a bassa voce correndomi dietro.
-    Si? – mi voltai verso lui sorpresa. Ed ora cosa vuole?
-    Ho grandi piani per te, ma devi giurare di tenere la bocca chiusa. Non devi svelare a nessuno per niente al mondo della tua… ‘trasformazione’. Sarà un segreto che durerà nei secoli, d’accordo?
-    Come riuscirò a controllarlo?
-    Ce la farai, ne sono certo.
Annuii e mi lasciò un bacio sulla fronte.



Ero furiosa. Nonostante il nostro patto, il signor “scienziato Abraham Erskine” aveva vietato a me, sua figlia, l’accesso a quel suo laboratorio segreto in cui quel giorno tanto atteso si sarebbe tenuta la realizzazione del suo famigerato progetto, ritenendomi non pronta a poter assistere a una cosa del genere. Davvero credeva che avrei perso le staffe una volta visto Steve soffrire?
Ok sì, è probabile. Ma davvero credeva che mi sarei arresa così facilmente? Si sbagliava di grosso. Io sono Elizabeth Erskine, non mi arrendo mai.
Silenziosamente lo seguii nelle vesti di un’agente dell’esercito ma, una volta arrivata a quel negozio di libri d’antiquariato che funge da copertura, scoprii che c’era bisogno di una frase in codice o qualcosa del genere per entrare. Sempre ben coperta affinché nessuno potesse riconoscermi, mi appostai al muro esterno del locale e aspettai che qualcun altro entrò.
Di lì a poco, scortato dalla bellissima Peggy Carter, arrivò Steve. Per un soffio non rischiai di farmi vedere, mi accostai il più vicino alla porta e ascoltai ciò che dicevano.
Vidi un’anziana signora uscire dal retro della biblioteca e dire:
-    C’è un tempo splendido sta mattina, non è vero?
-    Sì, ma io porto sempre l’ombrello – rispose con tono sicuro l’agente Peggy.
Di che diavolo parlavano? Non ha senso!
La vecchia si avvicinò al bancone e subito dopo una porta segreta alla sua destra si aprì.
Che stregoneria è mai questa? Quindi quel loro ‘dialogo’, se così può essere chiamato, era la frase segreta? Mi stanno prendendo in giro, di sicuro.
Mi ricomposi spolverandomi i vestiti ed entrai nel negozio a testa alta. L’anziana rifece la domanda cui risposi con la frase detta poco prima dalla Carter. La porta si aprì e feci un cenno riconoscente con la testa verso la signora.
Senza farmi notare oltrepassai la soglia di quel passaggio segreto e proseguii lungo il corridoio. Arrivata alla destinazione, aspettai in cabina insieme a tutti gli altri.
Vidi Steve spogliarsi per poi entrare in una capsula ricoperto da cavi collegati alle macchine. Peggy al suo fianco fu allontanata e chiesto di raggiungere noi altri da qui su alla cabina. Li vidi guardarsi attentamente, ma Steve fu il primo a distogliere lo sguardo. E a ogni loro occhiata il mio cuore perdeva un battito con tante piccole crepe che andavano creandosi attorno ad esso. Ero davvero innamorata e… gelosia? Era questo l’effetto che mi faceva Steve?
Papà diede il via all’esperimento e la capsula fu chiusa. Dall’interno, oltre alle grida di Steve, fuoriusciva un’intensa luce blu dovuta probabilmente ai Vita-Rays.
Cominciai a sudare freddo, ero preoccupata e avrei voluto fare qualsiasi cosa per aiutarlo. Papà sembrò quasi leggermi nel pensiero – nonostante non sapesse che fossi anch’io lì – ed ordinò a Stark di fermarsi ma Steve, dall’altra parte, incitò di continuare. Ci fu un’esplosione di luce e poi il nulla. Tutti allungarono il collo per vedere il risultato fin quando la capsula si aprì e ne uscii fuori… uno Steve completamente diverso, alto e muscoloso. Rimasi a bocca aperta per la sorpresa.
-    Non può essere vero – sussurrai.
Peggy corse giù fiondandosi su di lui per assicurarsi che stesse bene e… ammirare i suoi muscoli, ovviamente. Strinsi i pugni irritata e voltai lo sguardo ponendolo altrove, per la precisione su un individuo al quanto sospetto che era rimasto indietro rispetto al gruppetto che cominciava a scendere giù in laboratorio. Li raggiunsi anch’io avvicinandomi con discrezione ma questo estrasse un qualcosa dalla tasca e, premendolo, diede il via all’incendio alla cabina dov’eravamo poco fa. Mi fiondai su di lui ma fui troppo lenta: estrasse una pistola dalla giacca e sparò in direzione di… papà.
Urlai disperata con le lacrime che sgorgavano dagli occhi. La mia copertura era saltata ma al diavolo! Mio padre era morto ed io non ero riuscita a salvarlo.
Steve, tuttavia, non si accorse di me e, da bravo super soldato qual era diventato, si apprestò a mettere al riparo i presenti.
La rabbia mi ribolliva dentro e corsi più veloce che potei nel tentativo di inseguire il criminale che fuggiva con una fiala del siero, l’ultima secondo i loro calcoli. Cercai di rendermi utile almeno in questo, entrai nella macchina di papà e lo seguii.
Dallo specchietto retrovisore vidi una chioma bionda correre verso di noi ad una velocità supersonica. Più si avvicinava e più riuscii a distinguerlo: Steve. Con le sue nuove doti sovraumane atterrò sulla calotta del taxi giallo in cui c’era il nostro obiettivo.
Ci ritrovammo nella zona di porto, scesi dalla macchina impugnando la pistola che papà deteneva segretamente sotto il sedile del passeggero, e sparai nella sua direzione. Non riuscii a prenderlo – ok lo ammetto, avevo una pessima mira – e finii anche i proiettili. Sorrise verso di me con un ghigno malefico per poi raggiungermi e bloccarmi tenendo un braccio attorno al collo e l’altro sulla vita. Stringeva e faceva terribilmente male, più mi dimenavo più faceva male.
Steve avanzò verso di noi preoccupato.
-    Lasciala andare – urlò ma il tipo dietro di me non gli diede ascolto. Sparò ancora una volta verso Steve che riuscì a pararsi con lo sportello del vecchio taxi.
Il criminale indietreggiò portandomi con sé. Gli morsi il braccio e riuscii a fargli allentare la presa, ma mi spinse e caddi in acqua. Riemersi con il fiato corto e i vestiti che mi appesantivano spingendomi sempre più giù.
Steve si affacciò lanciandomi un’occhiata.
-    Va’, rincorrilo e prendi il siero, me la caverò.
Annuì e scappò via.

Avevo fallito, come figlia e come ‘agente’. Ma non mi sarei mai arresa, bramavo vendett
a.
 
   
 
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