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Autore: kibachan    17/06/2018    2 recensioni
Un excursus su vari momenti della vita di Loki, dalla sua nascita in poi, sui legami e le relazioni con la sua famiglia, in particolare con sua madre Frigga, che l'hanno condotto lentamente a diventare il dio degli inganni.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Frigga, Loki, Odino, Sif, Thor
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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CAP 9 – 1 ANNO DOPO
 
Loki si guardò le palme delle mani tremando. Erano blu. La sua pelle era blu! Traslucida e cosparsa di sottilissime vene di una tonalità più scura.
Con riluttanza incrociò lo sguardo con il suo riflesso nella parete lucidata a specchio della galleria della stanza dei trofei. Gli occhi che lo riguardarono sgomenti erano rossi, la sclera nera.
Erano i suoi occhi, i suoi veri occhi.
Tutto quello che al dunque Odino gli aveva confessato era vero: lui era un gigante del ghiaccio. Odino. Non suo padre.
Quell’uomo che l’aveva sempre respinto non era suo padre.
Sentì una rabbia talmente violenta montar su che si spaventò quasi. Non per la bugia, non perché fosse stato adottato e nessuno si fosse preso la briga di dirglielo, ma per le domande che finalmente avevano una risposta, ora che la bugia era stata svelata.
Era il figlio del suo nemico.
Per questo non lo aveva mai amato davvero, per questo lo aveva sempre trattato in maniera diversa da Thor.
Non era suo figlio, per questo non sarebbe mai diventato re, la scelta di Mijolnir non aveva mai cambiato nulla.
Era un gigante del ghiaccio, per questo solo lui non avrebbe mai potuto toccare il Tesseract, o sarebbe diventato troppo potente per essere controllato.
Non poteva neanche dare un nome ai sentimenti che provava tanto erano violenti.
Si voltò verso quell’uomo, quel vecchio, che ora lo guardava impaurito, senza un briciolo dell’arroganza e della sicurezza con cui l’aveva sempre apostrofato
 
-Loki…- tentò lui con un filo di voce
 
-sta zitto- lo gelò, tremando di rabbia –tutti questi anni, l’eternità, a cercare di compiacerti, ma come avrebbe mai potuto essere degno della tua stima un…- si fermò per cercare la parola adatta –cosa sono io per te? Un animale da compagnia? Una reliquia? Adatta a questo luogo forse?- sputò.
 
Odino non si era mai sentito così schiacciato, così debole in tutta la sua vita
 
-no!- tentò di protestare –tu sei mio figlio! Il mio primo figlio! E ti amo come tale…- forse lo pensava davvero per la prima volta, ma la sua epifania venne interrotta dalla forzata e amara risata di Loki
 
-NON RACCONTARMI ALTRE PALLE!!- gli urlò –mi ami? Si come no! Mi ami a tale punto, a tal punto sono tuo figlio, che avresti preferito MORIRE!  Piuttosto che vedere un gigante del ghiaccio sul trono di Asgard!- gridò.
 
Odino reagì come se le parole di Loki l’avessero colpito in pieno petto e dopo un rantolo si accasciò a terra.
Il ragazzo ansimò sorpreso, lo vide tentare di rialzarsi e poi abbandonarsi lì sui gradini dov’era. Istintivamente gli si avvicinò.
Che il vecchio avesse avuto un infarto?
Non lo sapeva, ma sembrava morto.
Loki provò un misto di sensazioni a cui non seppe dare un nome in quel momento, e confuso lo scavalcò e lasciò di fretta la sala dei trofei.
 
Nel panico si guardò intorno nel corridoio, improvvisamente tutto gli sembrava estraneo. Udì delle voci e di scatto si nascose dietro un’armatura che ornava l’anticamera della sala. Una coppia di guardie che, ancora in allarme per l’intrusione di qualche giorno prima pattugliava quella zona, lo superò senza per fortuna entrare nella sala dei trofei.
Loki aveva l’affanno dall’ansia, incrociò di nuovo il suo sguardo nel riflesso dell’armatura dietro cui si riparava, era ancora blu.
Si raddrizzò e chiuse gli occhi, facendo appello ad ogni grammo di concentrazione che riuscì a reperire, per rinnovare l’illusione che l’aveva reso simile a tutti gli altri abitanti di Asgard fino a quel momento.
Ci riuscì.
Ora nel riflesso vedeva di nuovo la pelle diafana e gli occhi scuri che conosceva.
Gli fece male più di tutto realizzare che non poteva essere stato nessun altro se non Frigga a creare per prima quell’illusione così ben fatta.
Anche lei era complice di quelle bugia orrenda?
 
In quel momento così sconvolgente Loki non ebbe la lucidità di capire che la madre l’aveva sempre amato incondizionatamente, era accecato dall’odio.
 
Pensò a Sif, e per un istante fu tentato di rifugiarsi tra le sue braccia sicure. Ma poi gli venne in mente il disprezzo con cui lei aveva guardato quei giganti del ghiaccio che si erano messi contro di loro a Jotunheim, e ancora una volta fu travolto dalla rabbia.
Non avrebbe mai capito, non lo avrebbe mai accettato.
Ripensò a Jotunheim, al ghiaccio che copriva ogni cosa che a lui, ora ci faceva caso, non aveva fatto provare freddo.
Era lì che doveva andare se voleva delle risposte, se voleva la verità.
 
JOTUNHEIM
 
Quel luogo era desolato e buio. Loki si guardò intorno provando ora sensazioni nuove rispetto alla prima volta.
Ora riusciva a vedere il significato profondo di quel paesaggio triste, di quelle strade deserte.
Il mondo da cui proveniva, il popolo da cui proveniva, era stato annientato, non fisicamente, ma moralmente. Privato della fonte del loro potere, privato del loro re (e del loro principe), annichilito di modo che non potesse più osare ribellarsi ad Asgard.
Per questo quei tre giganti si erano imbarcati nella folle impresa di recuperare il Tesseract, perché senza di esso Jotunheim non era più niente.
Ancora come da bambino ciò gli sembrò mostruoso, sbagliato.
Per un atto sconsiderato di un sovrano folle non doveva rimetterci un’intera razza.
Era lo stesso errore che Thor aveva commesso e per il quale era stato punito, ma per la sua follia non era stata affondata l’intera Asgard.
D’altra parte la storia la scrivono i vincitori, e raramente i vincitori sono giusti.
Loki avanzò nella neve perenne ingoiato dal silenzio di quei luoghi, non percepiva freddo, né disagio a stare lì, lui era nato lì, provava solo rabbia, e odio.
Nessuno degli occhi rossi che si posarono su di lui lungo la traversata osò diventare più di una presenza alle spalle.
 
Raggiunse il castello di Laufey, deserto dalla sua morte.
Loki aveva studiato da ragazzo come ai giganti del ghiaccio, dopo di lui, fosse stato proibito di eleggere un nuovo sovrano unico.
Il rumore dei suoi passi riecheggiava all’infinito sul pavimento di pietra e ghiaccio. Era spoglio  di tutto e desolato, ma l’architettura era imponente e raffinata, Loki immaginò che ai suoi antichi fasti doveva essere stato un palazzo di tutto rispetto. Immaginò corti di giganti che festeggiavano, riunioni di soldati e consigli di guerra, e poi immaginò il ferro e il fuoco di Asgard radere al suolo tutto questo.
Arrivato davanti al trono salì i pochi gradini che lo rialzavano dal resto e lo fissò torvo. Era dunque quello il trono che gli spettava di diritto? Non era certo il trono di Asgard, e nonostante tutto Odino aveva ritenuto giusto privarlo anche di quello. Aveva ritenuto giusto renderlo un figlio bastardo senza alcun diritto, senza amore. Una mera pedina politica per i suoi piani.
La rabbia cresceva sempre di più. Ma non fu quello a fargli perdere il controllo sull’illusione che camuffava il suo aspetto, fu quando sollevò gli occhi dal trono e notò che la parete alle sue spalle era in realtà un gigantesco ritratto. Era realizzato con una sopraffina tecnica di incisione direttamente sul ghiaccio. Era incredibile l’accuratezza dei dettagli. L’opera ritraeva la famiglia reale al completo, Loki lo capì nel riconoscere nell’austera figura al centro il viso di Laufey, che tante volte aveva visto ritratto nei libri di storia.
 
-quello sono io…- sussurrò al vuoto della stanza, quando i suoi occhi si incontrarono con quelli di un grassoccio neonato blu, che Laufey sorreggeva su di un braccio, mostrandolo in avanti, quasi come un trofeo. Il suo primogenito.
 
Loki si sentì male ad osservare i lineamenti delle altre due figure del ritratto, a scorgere per la prima volte delle somiglianze con sé stesso: Laufey aveva il suo stesso profilo deciso, con il naso lungo e appuntito, la sua stessa fronte alta e le labbra sottili come le sue. Indubbiamente era suo padre.
La figura femminile invece, benché fosse indubbiamente un gigante del ghiaccio, era aggraziata e incredibilmente giovane, un’espressione quasi timorosa sul suo viso da bambina. Loki notò il mento sottile e affilato, come il suo, gli zigomi alti e pronunciati erano identici ai suoi, anche se indubbiamente a lei donavano di più, e soprattutto la folta chioma di capelli mossi e neri come la notte senza luna. Capelli neri come i suoi, come quelli che aveva invano immaginato su Odino da piccolo, come quelli che aveva donato a Sif.
Quella era sua….
La sua mente volò a Frigga e una stretta di dolore al petto gli impedì anche solo di formulare quella parola nella mente.
Distolse lo sguardo dal ritratto e strinse i pugni con rabbia fino a farli sanguinare.
Fu allora che maturò la sua vendetta.
Non per la sua famiglia di origine, né per il popolo che comunque non gli apparteneva e a cui lui non apparteneva.
Si guardò attorno e improvvisamente disprezzò tutto quello che vide, e la gente che ancora abitava quel mondo.
Oh no.
Troppo comodo per Odino che lui semplicemente andasse a ricoprire la carica per cui era nato e gli facesse una guerra impari da una terra straniera. No. Lui era il trono di Asgard che voleva, che aveva sempre voluto, che sapeva di essersi sempre meritato con ogni goccia di sudore che aveva stillato e ogni lacrima che aveva versato per non essere mai abbastanza.
Lui lo era.
E si sarebbe preso tutto quanto o lo avrebbe distrutto.
Non c’erano altre opzioni.
Il suo cervello architettò un piano in pochi istanti, Thor avrebbe pagato la sua arroganza con l’esilio a vita, Odino gli aveva fatto il favore di spedircelo al posto suo. Odino avrebbe assistito a tutto dal suo sonno forzato impotente, e se non fosse morto di livore così, lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani al risveglio. E Frigga… Frigga avrebbe potuto scegliere. Stare al suo fianco, come nuovo re di Asgard, o seguire la sorte di Thor.
Sorrise di un sorriso folle e maligno per la prima volta da quando aveva scoperto la verità.
Il mondo avrebbe conosciuto Loki, il vero Loki, avrebbe fatto onore al nome dio degli inganni.
  
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