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Memorie di luce
I curatori sopraggiunsero
poco dopo. Due erano uomini anziani, con la
barba crespa come la coda di un cane randagio e un ciondolo di un leone
di profilo che pendeva sulla tunica blu chiaro. Kaymar pareva quasi
sostenere il più vecchio mentre camminava.
Nemeria li attendeva stesa su una branda di una piccola anticamera. Le
guardie l'avevano scortata lì e poi avevano lasciato tre di
loro a sorvegliarla. Non che ce ne fosse davvero bisogno, ma non
potevano sapere quanto il dolore avesse già spolpato
qualsiasi sua volontà di fuga.
"Li ho impressionati troppo."
Una fitta più forte delle altre stroncò la risata
e la tramutò in un gemito rantolante. Kaymar ritrasse la
mano, imitato dagli altri due curatori.
- Non ti ho ancora toccata e già ti lamenti? -
- Fa male... -
- Lo so. Cercheremo di fare piano. - la rassicurò con un
sorriso.
Nemeria non aveva il coraggio di guardarlo, le faceva accapponare la
pelle pensare che quell'appendice di sangue e carne esposta le
appartenesse.
I tre parlottarono tra di loro, in un rapido scambio di battute che lei
non riuscì a seguire. Quello che Kaymar aveva accompagnato
uscì dalla stanza e tornò seguito da Sayuri e,
sorprendetemente, da Tyrron. O forse era sempre stato lì?
Non ne era sicura e la paura la teneva inchiodata in quella posizione
scomoda, a respirare più piano che poteva per non
risvegliare il dolore.
- Riesci ad aprire gli occhi? -
Nemeria schiuse le palpebre. Le mani di Kaymar erano ai lati del suo
viso ed erano bagnate. Il refrigerio dell'acqua, o di qualsiasi cosa
fosse, a contatto con le sue guance calde attenuò appena il
fuoco che la stava divorando da dentro.
- Il tuo braccio è messo molto male. Adesso lo puliamo e poi
operiamo. Vedrai che andrà tutto bene. -
C'era una certa apprensione nella sua voce, che la turbava al di sotto
della soglia della coscienza. Nemeria non sapeva spiegarselo, ma il
senso di disagio che l'ultima affermazione le aveva messo addosso la
faceva tremare fin nel midollo.
Pian piano, Kaymar allontanò le mani dal suo viso e
arretrò per lasciare spazio a Sayuri e al terzo uomo, che,
ora che Nemeria lo osservava bene, non era poi così vecchio
come aveva pensato. Era stata la barba a ingannarla.
- Al mio tre. - la avvisò, - Uno, due... -
L'ultimo numero non giunse mai. Nemeria sentì soltanto il
microscopico movimento dei frammenti d'osso nelle ferite slabbrate.
Nella cornice sanguigna del suo sguardo, quei dentelli arrossati erano
le zanne del dolore che la stava sbranando dall'interno. Le
mancò il fiato e il suo corpo si svuotò,
comprimendosi fino a perdere la sua reale consistenza.
"Madre, aiuto..."
Le palpebre erano incollate, il sudore filtrava attraverso le ciglia e
le bruciava gli occhi. Nemeria provò a muovere le dita e a
sollevare il braccio, ma qualcuno, una delle tante presenze che le
ronzavano attorno, la bloccò. Le parole rimasero in apnea
nelle sue orecchie e poi sgocciolarono a terra, di nuovo confuse nel
tramestio di sottofondo.
- Bevi. -
Una lieve pressione sulle guance, due mani che le sollevavano la testa.
Nemeria schiuse le labbra e bevve. Somigliava ad acqua, ma aveva una
consistenza più densa e un pungente retrogusto amaro. I
muscoli si tesero e rilassarono in una sincronia perfetta e dolorosa.
Quando le allungarono le gambe e le braccia, Nemeria aveva di nuovo
perso la percezione del suo corpo e di ciò che la
circondava. Sopravviveva solo l'olfatto, attaccato dall'olezzo rancido
e penetrante di vino.
- Sono qui, Nemeria. - sussurrò Sayuri, per poi premere i
pollici sulle sue tempie e le altre dita sulla fronte, - Portami dove
vuoi tu. -
- Non... non posso muovermi. -
- Sì che puoi. -
Il vento scacciò l'odore di alcol e sudore. Sul braccio
stavano spennellando una mistura viscosa e densa che profumava di miele
e latte. Ogni volta che sfioravano i frammenti d'osso, il suo corpo si
tendeva in uno spasmo.
- Sat, Chit, Ananda. - scandì Sayuri, - Ascolta le mie
parole: Sat, Chit, Ananda. -
Tante mani scorrevano su di lei, alcune reali, altre immaginarie.
Attraverso le palpebre, ombre evanescenti sfrecciavano sullo specchio
offuscato della pupilla.
- Sat, Chit, Ananda. -
La pressione sulle tempie aumentò, così come il
vento che le ingrossava la veste. Trasportava con sé una
fragranza di erba e terra bagnata.
- Sat, Chit, Ananda. -
Lo scrosciare dell'acqua la trascinò via.
- ...ria! Nemeria! -
Nemeria si
voltò. Taleyta la stava guardando dalla riva, con
i panni appena lavati arrotolati tra le braccia. Li posò su
un masso e, saltando di scoglio in scoglio, le arrivò
abbastanza vicino per poterle acchiappare il polso.
- Stai più
vicina o il Dunărea ti inghiottirà. -
Nemeria
sbatté le palpebre e tornò a guardare il
fiume. Era di un intenso blu – blu cobalto, l'avrebbe
corretta Etheram – ed era largo parecchie braccia. Il profilo
lontano della riva opposta era una semplice linea frastagliata d'alberi
che si inerpicavano lungo il fianco della collina. Le chiome non ancora
fitte erano un indizio di una primavera pellegrina sulla strada del
ritorno.
Nemeria
indietreggiò fino a ridurre il livello dell'acqua
ben al di sotto delle ginocchia. Abbassò lo sguardo sulla
tunica e, senza dire una parola, riprese a strofinare la macchia.
- Non riuscirai mai a
farla andare via solo con l'acqua. - Taleyta si
guardò intorno e si mise i pugni sui fianchi, - Dove hai
messo il tuo sapone? -
Non se lo ricordava. Tra
il momento in cui era uscita dalla tenda e
quello in cui Taleyta l'aveva ripresa c'era solo un enorme buco nero.
Eppure doveva averlo avuto, perché le sue mani profumavano
d'anice e alloro.
- Forse l'hai appoggiato
da qualche parte e ti è caduto. Non
importa, puoi usare il mio. - prese un grossolano cubetto non
più grande del palmo della sua mano e glielo porse, -
Finisci, dai, che mio fratello ******** ti sta aspettando. -
Annuì e
subito tornò a strofinare. Aveva il
sentore che quella stupida macchia non sarebbe andata via nemmeno con
tutto l'olio di gomito del mondo, ma non poteva ripresentarsi da sua
madre senza averci nemmeno provato. Tanto meno quel giorno, che per
colpa del suo ciclo di luna riusciva a malapena a stare in piedi.
Un lungo fischio
risuonò nell'aria. Nemeria venne investita
da una sventagliata di spruzzi. Già battagliera, Taleyta si
girò e rispose tirando addosso a suo fratello una piccola
onda.
- ******* , ha
funzionato una volta, non credere di potermi sorprendere
ancora! -
La figura bassa, fatta
di pura luce bianca, si acquattò e
prese a rincorrere sulla superficie dell'acqua Taleyta.
- Sei terribile! -
Balzò sulla
superficie anche lei e corse lontano, con
******* che la inseguiva bersagliandola con rapidi e mirati spruzzi, ai
quali lei contrattaccava prontamente. L'acqua si increspava appena,
come se in realtà fosse solo un lieve strato buttato su un
pavimento blu da lavare.
- Taleyta, Taleyta! -
esultò Nemeria.
******** la
guardò malissimo e Taleyta ne
approfittò per fargli sbucare una fontanella tra le gambe a
tradimento. Nemeria scoppiò a ridere e riprese a fare il
tifo per la sua amica ancora più forte.
- **********. -
- Hai perso la mia
fedeltà quando mi hai bagnata fino al
midollo la volta scorsa! - gli rispose di rimando.
Taleyta
dirottò un'onda, la ingrossò e gliela
mandò contro. ********* non fece in tempo a pensare a una
contromossa che si ritrovò lungo disteso sull'acqua. Al suo
fianco, sua sorella lo fissava vittoriosa dall'alto in basso.
- Sei ancora troppo
piccolo per pensare di battermi. -
- ***********. -
- Un anno sono tanti
giorni di esperienza in più.
Sarò sempre irraggiungibile per te. -
Gli porse la mano e lo
aiutò a rimettersi in piedi. Dopo un
breve istante d'esitazione, lui accettò il suo aiuto e, mano
nella mano, tornarono a riva. Le trecce di Taleyta si erano del tutto
disfatte e le si erano appiccicate un po' ovunque sulla fronte e sulle
guance. Quando lasciò la mano a suo fratello, la prima cosa
che fece fu strizzarsele e rilegarsele in una piccola crocchia simile a
un nido.
- Io torno in tenda.
Posso lasciarvi un attimo da soli? -
- Sissignora! - rispose
Nemeria.
********
sbuffò, bofonchiando qualcosa su quanto sua sorella
fosse noiosa. Taleyta gli scoccò un'occhiata di rimprovero e
raccolse i panni.
- Mi raccomando, torno
tra poco. -
Non appena Taleyta
sparì oltre i primi alberi, Nemeria si
sedette su un masso e focalizzò di nuovo l'attenzione sulla
la tunica.
- *********** ? -
- Sì. Mamma
non sta molto bene e mi ha chiesto di pensare al
bucato. -
- ********** . -
- Devo provarci ancora
un po', poi andiamo a giocare a palla. - si
volse e gli indicò la palla che aveva lasciato di fianco al
cumulo di abiti lavati, - E come vedi, stavolta non me la sono
dimenticata. -
**********
volteggiò su se stesso e l'acqua lo
seguì, avvolgendolo in due ampie spire liquide. Un'anguilla,
finita per sbaglio all'interno assieme ad altri piccoli pesci azzurri,
si dibatté finché lui non si accorse della sua
presenza.
- ********** ? -
- Se decidi di lasciarla
andare, dimmelo. Io quella cosa non voglio
nemmeno che mi sfiori. -
- **********. -
- Fa schifo lo stesso. -
Lui scoppiò a
ridere.
- **********. -
Nemeria raccolse tutto e
corse a gambe levate sulla riva. La striscia
d'acqua si allungò e poi "sputò" l'anguilla, che
serpeggiò via, sparendo tra i flutti.
- ***********?-
Nemeria
sbuffò e lo fissò nel modo più
truce che le venne, ma ********** non sembrava avere intenzione di
desistere. Dedicò alla tunica un'altra occhiata prima di
piegarla e riporla sopra tutti gli altri panni, in una montagnetta
pericolante.
- Però non
posso stare tutto il pomeriggio. -
- ***********. -
- Tu prometti che non
proverai a bagnarmi, se vincerò? -
Fu il turno di
********** di sbuffare.
- **********. -
- Sei davvero simpatico.
-
Gli passò la
palla e fece qualche passo indietro. Si sarebbe
dovuta rimettere le scarpe, ma non aveva voglia di perdere altro tempo.
E poi, a parte qualche sassolino, la terra era morbida.
- Stavolta non farla
finire sugli alberi, per favore. -
********
ridacchiò. Afferrò la palla con due mani
e la lanciò più in alto che poté.
Nemeria ne seguì per un breve tratto la parabola, prima di
scattare per provare a riprenderla.
Si svegliò distesa su un letto morbido. Dovette sbattere
più di una volta le palpebre per snebbiare la vista e capire
di trovarsi in infermeria.
Nande sedeva dietro la scrivania, le gambe accavallate e il solito
libro di botanica sotto gli occhi, con ancora la piuma blu e verde
infilata nel mezzo. Pure Ozgur era lì. La polvere turbinava
sul suo palmo aperto, seguendo il lento movimento circolare del dito.
Sembrava un vasaio intento a modellare il collo di un’anfora.
Ozgur si accorse dello sguardo di Nemeria per caso, una mezza occhiata
accidentale, alla quale seguì un'altra venata dalla
consapevolezza di essere stato scoperto. Disperse la polvere e si
portò l'indice davanti alle labbra per intimarle il silenzio.
- Morak'uyr, si è svegliata. -
Nande chiuse il libro e Nemeria assunse un'espressione intontita per
farle credere di essere appena riemersa dal mondo dei sogni.
- Vai a chiamare aghà Tyrron. - gli ordinò la
donna.
Ozgur infilò veloce la porta e lei prese uno sgabello per
sedersi vicino a Nemeria. Si era tirata indietro i capelli con una
fascia colorata che esaltava l'incarnato scuro.
- Questa volta hai giocato davvero molto con la sorte. -
- Stavo per morire...? -
- No, ma stavi per perdere il braccio. -
Nemeria seguì la traiettoria del suo sguardo. Le avevano
disteso il braccio con il palmo rivolto verso l'alto. Dalle bende si
intravedeva un alone viola che colorava la pelle, schiarendo in un
giallo malato sulla spalla.
- Però hai vinto. È ciò che conta di
più per te, giusto? -
Aveva vinto. Quelle parole le procurarono un brivido. Aveva sconfitto
Zahra da sola e il pubblico l'aveva acclamata. Anche senza chiudere gli
occhi, le voci esultanti le riempirono di nuovo le orecchie.
La porta si aprì e Tyrron marciò fino al suo
capezzale. Nande gli lasciò lo sgabello e, a un suo gesto,
tornò a sedersi dietro il tavolo. A Nemeria parve che avesse
riaperto il libro a una pagina diversa, ma da lì non poteva
esserne certa.
- Come ti senti? -
- Come se fossi finita sotto le ruote di un carro. -
- Metafora calzante, considerando quanto fosse grossa la tua
avversaria. - scherzò, si protese verso di lei e
appuntò la sua attenzione sul braccio.
Nemeria lo fissò un po' stralunata.
- Ha esagerato. In uno scontro normale, non sono ammesse ferite
così invalidanti. Non si è limitata a metterti
fuori uso il braccio, ha fatto a pezzi l'osso. Se non fosse stato per
l'intervento di Serafim, Sayuri e Kaymar, non sono sicuro che saresti
sopravvissuta. -
- Quindi adesso sarà frustata? -
- Chiederò il massimo della pena. Mina mi
sosterrà. -
Nemeria rimase in silenzio. Non le dava alcuna soddisfazione che Zahra
venisse frustata.
- È proprio necessario? -
- Che venga punita? Sì. Adel ha preteso che tu fossi
frustata anche quando non era colpa tua. Zahra conosceva le regole. Non
dovresti mostrare pietà per chi non ne ha avuta per te. -
- Non è questione di pietà. - ci pensò
e chiuse un momento gli occhi per riunire le parole in frasi, - Solo
che non ce l'ho con lei. Avevamo un conto in sospeso e lo abbiamo
saldato nell'arena. -
Tyrron parve sovrappensiero. La scrutò intensamente, le dita
intrecciate proprio sotto il naso.
- Capisco. - concluse, come a chiudere una lunga discussione, - Non
posso lasciar correre, ma non chiederò il massimo. -
- Davvero? -
- Quello che dico, lo faccio, ormai dovresti saperlo. E poi hai vinto,
posso acconsentire a questa tua richiesta. A tal proposito, Koosha
è rimasto davvero impressionato. Dopo quello di Abayomi, il
tuo incontro è stato il più entusiasmante. Hai
attirato l'attenzione di molti. -
- Questo significa che potrò riavere Batuffolo? -
- Si sarà sicuramente ammorbidito, ma non mi sbilancio.
Stasera, quando verrà a cena, glielo chiederò.
Dovresti cominciare a pensare a chi affidarne le cure quando sarai ad
allenarti. Adesso se ne sta occupando Morad, ma se ti sarà
dato il permesso di tenerlo non avrai il tempo di occupartene tu.
Inoltre, cosa ancor più importante, tutte le spese legate al
suo mantenimento saranno a carico mio, almeno finché non
avrai uno sponsor. Questo significa che il tuo debito
aumenterà. -
- Io rivoglio Batuffolo... mi basta che me lo ridiate. -
- Ci vorrà molto più tempo per riavere la tua
libertà. - cercò di farla ragionare.
- Non mi importa. -
Si era impegnata molto in quel torneo, e uno dei motivi era stato
Batuffolo. Si asciugò gli occhi umidi e afferrò
il polso di Tyrron.
- Per favore, se Koosha dirà di sì, restituiscimi
Batuffolo. -
- Allora spera che il vino lo renda bendisposto. -
Le diede una pacca sulla mano e Nemeria lasciò la presa.
- Ho già detto a Noriko di lasciarti riposare, ma lo ripeto
anche a te: cerca di riprenderti in fretta. So che avrai voglia di
riposare, ma domani ci saranno le semifinali e tu devi dare il meglio
di te. Ti sei fatta amare troppo per mollare ora. -
Prima di alzarsi, Tyrron si sistemò le maniche e la treccia
dietro la testa. Forse era solo una sua impressione, ma a Nemeria
pareva provato. Persino l'eleganza sobria dei suoi vestiti risentiva
della sua stanchezza.
- Tyrron, c'eri anche tu nell'infermeria all'arena? -
- Non eri quindi del tutto incosciente. -
ridacchiò sulla porta, - Sì, ero lì.
Non appena l'incontro è finito, sono venuto da te con Kaymar
e Serafim. -
- Grazie. - si umettò le labbra secche, - Non credo che
tutti i lanisti lo avrebbero fatto. -
- Io non sono tutti i lanisti, Nemeria. Il mio nome è Tyrron
Occhi di Lince, ricordatelo bene. -
Detto ciò, aprì la porta e uscì.
- Hai sete? - le domandò Nande, distogliendola dai suoi
pensieri.
Aveva lo sguardo ancora immerso tra le pagine e la postura disinvolta.
- Sì, un po'. -
- Ozgur, portale dell'acqua. -
Come se non avesse atteso altro, il bambino rientrò nella
stanza e versò il contenuto della caraffa sulla scrivania in
un bicchiere, mentre Nande l'aiutava a mettersi seduta.
- Il braccio ti fa male? -
- No. Ma in compenso mi sento la testa pesante. -
- È normale. Con quello che ti hanno dato, mi stupisco che
tu ti sia svegliata così presto. -
Mentre beveva, Nemeria guardò verso la finestra. La luce del
sole aveva la sfumatura calda del tramonto e le solleticava la punta
dei piedi attraverso il lenzuolo.
- Che fine hanno fatto i ragazzi che erano qui in infermeria tempo fa?
Quelli malati e senza lanista, intendo. -
- Uno di loro è morto, gli altri sono stati spartiti tra
Mina e Siamak. Come mai ti interessa? -
Nemeria fece spallucce e porse il bicchiere a Nande.
- Non lo so. Penso mi sia tornato in mente perché mi avete
messo nello stesso letto dove era steso uno di loro. -
- Pensa piuttosto a riprenderti o alla tua vittoria di oggi. Come ti ha
detto aghà Tyrron, domani, volente o nolente, dovrai
combattere. -
Se non avesse avuto tutta quella sonnolenza addosso, probabilmente
sarebbe corsa per tutta la Scuola a vantarsi. Si portò una
mano sul cuore e sorrise percependo il potere di Agni zampillare sotto
le dita. Sebbene non ne potesse udire la voce, sapeva che anche lei
condivideva la sua euforia.
- Dai, ora dormi. Ti sveglio io per l'ora di cena. -
Nande le sprimacciò il cuscino e l'aiutò di nuovo
a stendersi. Il sonno arrivò quasi subito ad appesantirle le
palpebre. Nemeria non oppose nessuna resistenza.
Piombò in un limbo di oscurità confortevole,
simile a un'ampia stanza buia, dove l'unica cosa che riusciva a
percepire era il calore. A volte la porta sul fondo si schiudeva e una
figura di luce si affacciava oltre la soglia, ma Nemeria non faceva in
tempo a guardarla che quella spariva. Quando quel qualcuno finalmente
entrò, non c'era più alcuna aura luminosa, ma
solo una figura che si portava dietro un lungo strascico e un bastone
piumato nella mano destra. Si inginocchiò sopra di lei e le
prese la testa tra le mani.
- Vedo lontano, oltre le nebbie. Vedo un mondo che non mi è
più caro, un eterno inverno dove il sangue
scorrerà imbrattando la virginea bellezza della primavera.
Il disonore prevarrà, la lealtà verrà
calpestata, il coraggio arderà nelle fiamme degli incendi.
Ogni uomo diverrà un traditore, ogni tradito un omicida.
Allora sarà l'Era della Falce e verrà emesso il
giudizio sul mondo. -
La voce dell'Alta Sacerdotessa era tenue e priva di inflessione. Il suo
tocco però era accorto, come quello di una madre. Le
passò le dita tra le ciocche aggrovigliate, fermandosi a
districarne i nodi o a lisciare quelle più disobbedienti.
- Figlia mia, considera il lato nascosto delle cose e chiediti cosa non
conosci. Scruta al di là delle ombre, diffida dalla luce,
segui il sentiero che ti trascinerà verso l'abisso e ti
innalzerà al di sopra degli altri miei figli. -
Non era un sogno, non era nemmeno una visione. Non era niente che
Nemeria avesse mai sperimentato, eppure era reale.
Ad un tratto, riconobbe l'agati e le pelli di muflone cucite assieme
sopra la sua testa. Si alzò di scatto e vide l'Alta
Sacerdotessa sulla soglia della tenda. Indossava la lunga cappa
smanicata bianca a motivi geometrici, la stessa del giorno dell'attacco
dei predoni. Erano diverse le ferite che le deturpavano la pelle, ma ce
n'era una profonda sotto il costato che ancora sanguinava. Sanguinava
troppo.
- Alta Sacerdotessa, tu sei... -
- Sì. -
Nemeria rimase pietrificata. Faceva male, ma non così tanto
come si sarebbe aspettata, forse perché, in fondo, lo aveva
sempre saputo. Si morse le labbra e tornò a guardarla. La
testa di gatto assisa sul bastone degli Spiriti pareva scrutarla
attraverso le sue orbite vuote.
- Cos'è questo posto? -
I tatuaggi biancheggiarono di una luce perlacea e l'Alta Sacerdotessa
puntò gli occhi sulla figura di luce che si divertiva a
tirare la palla in alto. Come si accorse di essere osservata, corse a
nascondersi dietro una tenda.
- È la strada per la Verità. -
- Ma che significa? Che cosa intendi? -
Un vento soffiò lieve ed estinse le fiamme. Nemeria non fece
in tempo ad alzarsi che l'Alta Sacerdotessa uscì. La tenda
si richiuse dietro di lei e i contorni svanirono nel buio.
- Lo sapevi che questo
fiume ha un sacco di nomi? -
- ***********. -
- O anche il "fiume dei
re". Solo l'Atil lo supera in lunghezza. -
******
ridacchiò e si stravaccò per terra.
Nemeria lo seguì, anche se con più attenzione.
- *******************. -
- Non lo so. Stavo
giocando a nascondino con mia sorella, sono
inciampata e ho sentito un dolore fortissimo. - alzò il
braccio fasciato quanto più poté, - Mamma dice
che un osso per guarire ci mette anche più di un mese. Io
spero che si spicci... sono giorni che non chiudo occhio. -
-
***********************************?-
- Mamma lo ha
già chiesto, ma nessuna delle Anziane ha
ceduto. Dicono che bisogna imparare a vivere come se non avessimo
nessun elementale ad aiutarci. -
- *****************. -
sbuffò e incrociò le mani
dietro la nuca, - ************. -
Nemeria si
ritrovò ad annuire: se non potevano usare il
potere elementale per accelerare la guarigione, che senso aveva fare
tutta quella fatica per imparare a controllarli?
-
*****************************************. -
- Lo so che ti sta
antipatico, ma ***** non è
così insopportabile. - non lo credeva davvero, ma era
divertente far finta di non essere dalla sua parte, - Tu lo detesti
solo perché riesce a volare più in alto e
più in fretta di te. -
****** tirò
fuori il labbro e aggrottò le
sopracciglia, come se avesse appena detto un'eresia. Nemeria
gonfiò le guance per provare a trattenersi, ma la sua
espressione così sinceramente sorpresa la fece piegare in
due dalle risate.
-
********************************************. -
- Ma se non fai altro
che lamentarti dei complimenti che riceve da
Fakhri! -
********** la
fulminò e le diede un pizzicotto sul braccio.
Non forte, ma Nemeria si ritrasse lo stesso, prima che la assalisse per
farle il solletico.
-
***********************************************. -
- Anche
perché, se tu lo facessi, mi metterei a urlare. -
- *********************!
-
A questo non aveva
pensato. Lui dovette intuire di averla colta in
fallo perché la punzecchiò sul fianco.
-
***********************************************************. -
-Sì, Etheram
quando si arrabbia fa davvero paura. -
concordò Nemeria.
Appoggiò la
testa contro la sua spalla e si coprì
la bocca per reprimere uno sbadiglio. Anche se era stata tutto il
giorno nella tenda a sonnecchiare, si sentiva stanca.
Chissà, forse era la noia a renderle gli occhi
così pesanti.
-
*****************************************************************************.
- le lanciò una lunga occhiata, tale che Nemeria aveva
già capito cosa voleva chiederle prima ancora che glielo
dicesse. - *****************? -
- A me piacerebbe molto,
però non so se mamma mi
lascerà venire. -
-
***************************************************************************.
-
Nemeria si
mordicchiò l’interno della guancia. Era
anche molto tardi, sicuramente a quell’ora sarebbe dovuta
essere a letto già da un pezzo. Hediye aveva un sonno
leggero e le aveva detto di svegliarla per qualsiasi cosa.
Però ******* ci teneva molto e anche lei era curiosa di
vedere cosa aveva in mente Fakhri per aver deciso di organizzare una
lezione a quell’ora della notte.
- Vado a chiedere, ma
non ti assicuro nulla. -
Lui si mise seduto e
aprì una breccia nella sfera
d’aria che aveva creato attorno a loro per proteggerli dal
venticello della notte. Lì, nel Dawalh settentrionale, la
primavera non era ancora arrivata.
- Mamma? -
Nemeria accese la fiamma
sulla mano e, stando attenta a dove metteva i
piedi, avanzò nella semioscurità. Le braci del
focolare spandevano un alone dorato che disegnava le spalle di Hediye.
Il suo respiro regolare, a volte interrotto da un sibilo simile a un
fischio, arricchiva il silenzio della notte.
- Mamma. -
ripeté-
Nemeria la scosse con
delicatezza e allontanò il braccio
quando la donna si girò.
- Nemeria? Che ci fai
ancora sveglia? Stai male? -
- No, no, sto bene. - si
rese conto di quanto fosse stupido quello che
stava facendo in quell’esatto momento, ma era troppo tardi
per tirarsi indietro, - So che sarei dovuta essere già a
letto, ma è venuto a trovarmi ******* e mi ha chiesto se
volevo andare con lui ad assistere alla lezione di maestra Fakhri. -
- Una lezione? A
quest’ora? -
- Sì, anche a
me è sembrato strano, ma magari non
vuole che gli altri si arrabbino sapendo che è uno dei suoi
allievi preferiti. -
Hediye si
puntellò sui gomiti e si passò una mano
sul viso.
- Dove si terrebbe
questa lezione? -
Nemeria rimase stranita
dalla domanda. Si era preparata a una sfuriata,
non di certo a un possibile “sì”.
Scavalcò il corpo di Etheram avvolto nelle coperte e si
affacciò fuori dalla tenda. Il vento freddo le
procurò un brivido dietro la nuca.
- Mamma vuole sapere
dove. - gli chiese.
-
********************************************************************.
-
- Hai sentito? -
Hediye si era fatta
più vicina, quel che bastava
perché non dovesse ripetere nulla.
- Mi dispiace, ********,
ma Nemeria deve riposare. -
- Ma ci sarà
anche Fakhri! - protestò Nemeria, -
Non mi farò male, starò attenta. Anzi, ti
prometto che non farò nulla, guarderò e basta. -
- Sono sicura che
maestra Fakhri capirà. - Hediye sorrise e
scompigliò i capelli di ******* .
Il bambino
abbassò lo sguardo, dispiaciuto.
- La prossima volta
verrò, te lo prometto. -
tentò di confortarlo Nemeria, - E poi non sarà
l’ultima volta. Tu sei troppo bravo. -
Quel complimento gli
strappò un sorriso. Si strinse nel
mantello e fece un passo indietro.
-
***********************. -
- Va bene, ti aspetto. A
te va bene, mamma? -
- Basta che non venga
più così tardi. La
signorina qui deve starsene ferma. -
Entrambi i bambini
scoppiarono a ridere. ****** poi si strinse nel
mantello e saltellando si allontanò nel buio.
La mattina seguente, non venne nessuno a svegliarla. Quando Nemeria
aprì gli occhi, l’infermeria era ancora avvolta
nel silenzio. Si mise a sedere e sorseggiò un bicchier
d’acqua, lo sguardo fisso nel vuoto. Non si rese conto di
averlo finito finché non ebbe di nuovo la gola secca. Rimase
a guardare il gioco di luci sul pavimento, mentre pian piano rimetteva
insieme le immagini dei… come doveva chiamarli? Sogni?
Visioni? Qualsiasi cosa fossero, erano nitidi come dei ricordi. Come se
lei quelle situazioni le avesse già vissute.
“C’è qualcosa che manca,
però.”
Strizzò le palpebre e cercò di ricostruire il
viso del suo compagno di giochi preferito, il fratellino di Taleyta.
Nulla, il vuoto. Si rese conto con un brivido di orrore che anche da
sveglia non riusciva a ricordare il suo nome. Era come se non fosse mai
esistito, e più tentava di ricordare, più la
sensazione di smarrimento aumentava. Alla fine, si afflosciò
sul letto, la stanza che girava sopra e sotto di lei come una nave in
burrasca.
“La strada per la Verità...”
Studiò la propria mano in controluce e la lasciò
ricadere sulle lenzuola. Realizzare che l'Alta Sacerdotessa era morta
pose fine a quel fastidioso vorticare. Si aggrappò a quella
certezza e si sforzò di riprendere a respirare. Non sentiva
l'impulso di piangere o gli occhi lucidi. Avrebbe voluto farlo, ma non
ci riusciva. Si rese conto, invece, che i polmoni incanalavano meglio
l'aria, come quando si guarisce da una lunga malattia.
- Madre, nell'ora più buia, guida a te chi non ha
più stelle. - mormorò.
Il silenzio della mattina rimase l'unico spettatore del suo cordoglio.
Nel fascio obliquo della luce del sole, Agni danzava sulle note allegre
di un flauto.
Circa due ore dopo, Merneith venne a comunicarle che le coppie delle
semifinali erano già state decise e che lei avrebbe
gareggiato la mattina seguente. Nemeria immaginava che ci fosse lo
zampino di Tyrron e che il suo scopo fosse quello di lasciarla
riposare, ma non aveva nessuna intenzione di rimanere tutto il giorno
in infermeria.
- Voglio andare a vedere Noriko combattere. -
- Il padrone aveva immaginato che avresti fatto una richiesta del
genere. -
Merneith si fece avanti e depose un cambio d'abiti – una
semplice tunica bianca smanicata e il suo amato paio di endromis
– sullo sgabello. Mentre l'aiutava a vestirsi, Nande
entrò e diede loro il buongiorno. Nemeria notò la
sua espressione contrita, come se disapprovasse. Non poteva rimanere
lì, però. Doveva essere lucida per trovare un
senso alle parole dell'Alta Sacerdotessa e a quei ricordi che aveva
dimenticato di avere. Se fosse rimasta, sapeva che non ce l'avrebbe
fatta. Per quanto Ozgur avesse spalancato le finestre, l'infermeria
odorava di malattia.
Più d'ogni altra cosa, voleva essere la prima a
congratularsi con Noriko quando avrebbe vinto contro Abayomi: per
nessuna ragione al mondo si sarebbe voluta perdere quello scontro.
- Morad ci aspetta qui fuori assieme al padrone. - la
informò Merneith e le porse il braccio con un sorriso
più che cordiale, - Appoggiati pure a me, non devi compiere
sforzi inutili. -
Nemeria accettò volentieri il suo aiuto. Anche se non
l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, era abbastanza sicura che sarebbe
caduta se non ci fosse stata lei a sostenerla mentre scendevano le
scale.
Mentre camminavano per i corridoi, diversi occhi si posarono su di lei.
Non erano solo quelli degli allievi, ma anche quelli dei servi, dei
soldati, di molte persone con le quali non aveva mai scambiato una
parola. Tutti le sorridevano meravigliati, richiamando l'attenzione del
compagno con una gomitata o con uno schiocco di dita.
- Comincia ad abituarti: tra poco avrai bisogno di una scorta anche qui
dentro. -
L'affermazione di Merneith aveva una nota scherzosa, ma Nemeria non
faticava a immaginarsi così famosa. Il calore nel petto si
espanse e il sorriso sulle labbra si allargò ancora di
più.
Sulla strada, fecero una deviazione verso il panificio di Branka,
quello dove lei, Morad e Bahar si erano fermati la seconda volta che
andata in arena. Oltre alla ragazza, c'era un'anziana signora con le
braccia e il collo tatuati con ramoscelli, cerchi e croci di colori
sbiaditi. Aveva un marcato accento straniero e la parlata sihamnstica
saltava, sostituita da spezzoni di frasi in una lingua che Nemeria non
capiva. Era Branka a recuperare il filo della conversazione, traducendo
per loro quello che sua madre aveva detto. Tyrron pagò una
pita di formaggio e spinaci a tutti e, mentre mangiavano, si avviarono
all'arena. Nemeria terminò l'ultimo boccone della sua
colazione quando si sedette sugli spalti, tra Tyrron e Merneith.
- Speriamo che abbia capito. - sospirò Tyrron, accavallando
le gambe, - E se così non fosse, penso che avrò
bisogno di un buon bicchiere di vino quando tornerò a casa.
O magari tre. -
Uno squillo di tromba annunciò l'entrata in scena dei
gladiatori. Noriko aveva il tessen infilato nella cintura alla vita e
avanzava tranquilla, con quel suo passo leggero che sollevava appena la
sabbia. Abayomi aveva tutto fuorché un atteggiamento
marziale: non appena uscì, incrociò in alto le
due spade corte e si profuse in diversi inchini, scoccando baci qua e
là alla platea. Nemeria non sapeva se trovava più
odiosa la sua sfrontatezza o il fatto che fosse davvero arrivato fino a
lì.
- Dunque, alla fine è giunto il momento. -
ghignò, mulinò le spade e schioccò la
lingua contro il palato, - Che dire, speravo di scontrarmi con la dolce
fiammella, ma questa volta la fortuna ha giocato a mio sfavore. -
Noriko aprì il ventaglio. Le acclamazioni cessarono, ridotte
a un brusio così basso che Nemeria poté udire
chiaramente lo schiocco metallico del tessen.
- So che non vedi l'ora che la tromba suoni per saltarmi addosso. Anche
se sei una donna silenziosa, riesco a leggere l'odio che provi negli
occhi. Sotto certi aspetti, somigli molto alla tua amica, solo che tu
fai finta di ignorarmi. Se sapessi combattere come si deve, sarebbe
stato uno scontro quasi alla pari. -
Sembrava stesse leggendo un copione. Qualcuno, nelle file
più indietro rise e domandò a chi si stesse
riferendo Abayomi. Tyrron le lanciò un'occhiata in tralice,
che Nemeria finse di non notare. Cosa stavano aspettando a dare inizio
allo scontro?
- Quindi, ieri notte, ho pensato a un modo per movimentare il nostro
incontro. - tirò fuori da sotto l'armatura il ciondolo con
la pietra di luna e lo alzò in alto, in modo che anche il
pubblico potesse vederlo, - Facciamo una scommessa: se riuscirai a
battermi, io ti ridarò questa bellissima collana, tanto
preziosa per la nostra fiammella. Se invece perderai... -
ghignò e si rivolse al pubblico, - Se perdesse, voi cosa
vorreste che la costringessi a fare? -
- Che divenga la tua schiava, Abayomi! - gridò un uomo dalle
ultime file.
- Se vinci, devi farla rotolare nel fango come la cagna che
è! -
- Falla spogliare! Vogliamo vedere se le tiannesi hanno le tette! -
Piovvero altre richieste, una più umiliante dell'altra.
Nemeria strinse così forte i denti da farli scricchiolare.
Abayomi non rideva, ma non si difece dell'espressione strafottente.
- Signori, le vostre proposte sono tutte molto interessanti.
È un vero peccato che per ogni scommessa si debba scegliere
un solo e unico pegno. - si sistemò la pietra di luna sotto
l'armatura ed esclamò, - Noriko, se perderà,
dovrà inginocchiarsi e implorare pietà! -
Il pubblico esplose in un'ovazione assordante. Nemeria
scrollò la testa per scacciare la patina rossa che le aveva
coperto la vista.
- Accetti i termini della nostra scommessa, bambolina? Oppure
è troppo umiliante per te? -
Noriko fissò Abayomi da dietro il ventaglio, calma come lo
era quando era entrata. Quando non rispose, la tromba suonò.
Chiuse il ventaglio e vibrò un affondo diretto al centro
della fronte. Abayomi deviò il colpo e costrinse Noriko a
indietreggiare per evitare che una delle sue spade le aprisse uno
squarcio sotto l'ascella. Riguadagnò la distanza di
sicurezza e si mosse intorno a lui, dapprima a sinistra, poi a destra,
senza alzare quasi un un granello di sabbia.
- Cos'è, hai paura? - la provocò.
Abayomi si era riposizionato, una spada inclinata sopra la testa,
l'altra rivolta in avanti, le punte di entrambe allineate sui lati di
un triangolo immaginario.
- Vai, Noriko! - Nemeria si alzò in piedi e mise la mano sul
lato della bocca, - Sei la migliore! -
Noriko non guardò nella sua direzione. Intorno a lei si
alzò un mulinello d'aria che le ingrossò la
tunica e le scompigliò i capelli. Sferrò tre
pugni in rapida successione. Un proiettile a forma di freccia
colpì Abayomi alla spalla, un altro al fianco e un ultimo,
un dardo sottile come un ago, si abbatté sul petto,
sbalzandolo a terra.
- Rialzati, Abayomi! -
- Non puoi perdere! -
Abayomi si massaggiò il petto, si diede slancio con le gambe
e si rimise in piedi. Si pulì la striscia di saliva
all'angolo della bocca e prese la rincorsa. Noriko abbassò
il baricentro e allungò una gamba all'indietro. Descrisse
una mezzaluna col braccio, aprì e chiuse il ventaglio, per
poi portarlo in un affondo sulla linea dello sguardo. Di nuovo l'aria
si piegò al suo comando e saettò contro Abayomi.
La corsa, da dritta, divenne una linea spezzata di movimenti a zigzag.
Per ogni colpo schivato, si innalzava un'esplosione di sabbia, come se
la terra fosse stata colpita da una violenta frustata. Abayomi
però continuava, incurante di tutto, appena più
lento di quando era scattato.
Una sferzata alla coscia lo mandò a terra, ma
rotolò di fianco e si rimise in piedi, mentre la sabbia
schizzava in alto a ogni pestone di Noriko. Più avanzava
verso di lei, più i colpi si facevano forti e precisi. Uno
lo prese dritto sul viso e lo mandò con le gambe all'aria,
dritto disteso sulla schiena. Non ci fu stasi, perché
Abayomi balzò di nuovo in piedi e schivò un dardo
d'aria dall'alto. Deviò verso sinistra, si portò
quasi sotto la balconata e riprese a correre. Si buttò a
terra e rotolò mentre sopra la sua testa passavano le frecce
d'aria; fece perno sulla gamba e in uno scatto riguadagnò
distanza.
Noriko aprì il ventaglio e falciò l'aria davanti
a sé, un tondo da destra a sinistra che innalzò
un forte vento. Abayomi aumentò l'andatura,
eseguì una breve piroetta e lanciò la spada. La
lama sibilò attraverso l'aria e tagliò la frusta
di vento. Noriko riuscì appena a scansarsi per evitare di
essere trafitta. Si asciugò il sangue che stillava dal
taglio sotto lo zigomo, arretrò d'un balzo, sfuggendo a un
fendente ravvicinato, sferrò un pugno e si
abbassò sulle ginocchia. L'aria colpì dal basso
Abayomi, lo sollevò di tre piedi da terra e poi lo
schiacciò.
Molti si alzarono in piedi per applaudire. Tyrron, invece, rimase con
le braccia incrociate sul petto, con lo sguardo fisso sulla scena.
- Visto? Ce l'ha fatta! - esclamò Nemeria, - Non sei felice?
-
- Sarai anche una brava gladiatrice, ma ti manca il giusto spirito di
osservazione. L'incontro non è mai cominciato. -
- Che intendi? -
Un "oh" sbalordito la costrinse a voltarsi: Abayomi si era alzato e si
stava togliendo la polvere di dosso con gesti annoiati, come se non
fosse accaduto nulla.
- Cos'è che hai detto prima? Ah, sì, che "volevi
porre fine a questa pagliacciata". Che peccato che tu la definisca
così, mi sono impegnato tanto per diventare il migliore. Ma
è un bene che tu mi abbia scoperto: adesso posso fare sul
serio. -
Abayomi la caricò. Schivò la sventagliata,
riprese la spada e le balzò addosso. La incalzò
in una serie di colpi fulminei, pressandola in modo da costringerla ad
indietreggiare. Noriko arretrò, senza riuscire a passare al
contrattacco. Non faceva nemmeno in tempo a deviare la prima lama che
doveva già alzare una difesa contro l'altra.
Saltò e Abayomi la seguì. Le calciò la
sabbia negli occhi, fece una finta e menò un fendente a
distanza ravvicinata. Ruotò quando Noriko
piroettò indietro. Non appena lei si fermò, lui
affondò, distendendo tutto il gomito e il braccio. Noriko si
accucciò, spostando il peso da sinistra a destra, e
scattò via, rapida come un gatto.
- Quello non è leale! -
- No, non lo era. - confermò Tyrron.
Nemeria non sapeva come interpretare quella sua
tranquillità. Non capiva nemmeno come riuscisse a restare
calmo.
- Perché non interrompono lo scontro? Quel colpo poteva
ammazzarla! -
- Perché piace. Finché nessuno dei due si ferisce
sul serio, Abayomi può fare quello che vuole. -
- Quando la ucciderà, sarà troppo tardi per
intervenire. -
Tyrron non rispose e Nemeria dovette inghiottire il suo bolo d'insulti
prima di tornare a guardare lo scontro.
Noriko non faceva altro che deviare e schivare. Anche quando riusciva a
oltrepassare la difesa di Abayomi, i suoi colpi avevano meno forza e si
trovava costretta a cambiare bersaglio, dal collo alla spalla, dal naso
alla guancia. Un'esitazione di una frazione di secondo che a lui
bastava per cambiare combinazione. Attaccava così in fretta
che per Noriko era impossibile reagire.
"Ce la devi fare, forza!"
Noriko arretrò e caricò un pugno al fianco.
Abayomi ruotò di qualche pollice, inclinò la
schiena e le diede una spallata abbastanza forte da incrinare il suo
equilibrio. Sfruttò la sua perdita di concentrazione per
attaccarla. Una lama addentò la tunica all'altezza del
braccio e l'altra, in un fendente diagonale, la ferì alla
spalla opposta. Noriko si distanziò con un repentino salto
all'indietro e rimase a fissarlo immobile. La sua espressione
impassibile la faceva sembrare una statua in attesa. Abayomi le corse
incontro e descrisse due ampi tondi all'altezza del collo. Noriko non
si mosse.
- Togliti! - urlò Nemeria e anche qualcun altro nel pubblico.
Le spade si chiusero sotto la mandibola come una forbice. Il filo delle
due lame premette contro la pelle. Abayomi ghignò e la pelle
bruciata si tese sulle ossa sporgenti del suo teschio.
- Che sfortuna, anche questa volta mi hai scoperto. Sei proprio una
guastafeste. - gettò entrambe le armi a terra e
alzò le mani, - Mi arrendo. -
Noriko lo afferrò per le spalle e lo tirò a
sé. Raffiche di vento sollevarono la sabbia in sferzate
violente.
- Oh, la bambolina si è arrabbiata? Allora hai dei
sentimenti, lì dentro. Se avessi tirato fuori questa grinta
prima, forse non mi sarei stancato di giocare con te. -
Nemeria non riuscì a sentire la risposta di Noriko, ma la
sua espressione furiosa parlava per lei. Abayomi, però,
scoppiò in una grassa risata. Le grate vennero sollevate e
le guardie li accerchiarono.
- Lascialo andare. - le intimò il capitano.
- Dagli retta. Insomma, la nostra cara fiammella ha già
perso un amico. Sarebbe tragico se perdesse anche te, non trovi? -
Abayomi gettò la testa all'indietro per incrociare lo
sguardo di Nemeria col suo unico occhio. Sapeva che era lì,
lo aveva sempre saputo, e quando la trovò, si
passò la lingua sulle labbra secche.
- Asira, lascialo andare. Non ho intenzione di ripeterlo una seconda
volta. -
I soldati sguainarono le spade e si fecero più vicini.
Noriko lo sollevò ancora più in alto senza che
lui opponesse resistenza. Quando lo scaraventò a terra e gli
strappò la pietra di luna dal collo, Abayomi rimase
interdetto e poi scoppiò a ridere. Non aggiunse altro,
nemmeno quando i soldati li scortarono fuori dall’arena.
- Non è andata così male. - commentò
Morad.
- Di sicuro è andata meglio della volta scorsa. - Tyrron si
volse verso Nemeria, - Non ho voglia di rimanere qui a vedere le altre
esibizioni. Andiamo a recuperare Noriko e vi riporto indietro. -
Bahar e Noriko erano fuori dagli spogliatoi ad aspettarli. Una volta
tornati alla Scuola, dopo un inchino si separarono.
- Ho bisogno di un bagno, e anche tu. - disse Noriko.
Nemeria non poté che annuire. Forse sarebbe stato saggio
parlare prima con Nande per far controllare il braccio, ma aveva
bisogno di lavarsi di dosso il sudore e la sensazione di sporcizia che
lo sguardo di Abayomi le aveva trasmesso. Passarono in camera giusto
per prendere un cambio e si diressero alle vasche. Noriko si immerse
del tutto, mentre Nemeria dovette accontentarsi di avere
l’acqua solo fino alle ginocchia.
- Questo è tuo. -
Noriko poggiò la spugna con cui le stava lavando la schiena
e le legò il ciondolo attorno al collo. Le fiamme di Agni si
affievolirono fino a diventare un crepitare di braci.
- Non avresti dovuto rischiare tanto per me. -
- Invece sì. So quanto significa per te. Non fare del mio
meglio sarebbe stato un’offesa nei tuoi confronti. -
Nemeria sfiorò con la punta delle dita la superficie liscia
della pietra di luna. Eccola lì, era di nuovo tutto come
doveva essere.
- Grazie… sono in debito con te. -
- No, non lo sei. -
Come a voler chiudere la conversazione, Noriko scivolò di
nuovo nella piscina e si abbandonò con la testa contro le
sue gambe. I capelli rossi galleggiavano sul pelo dell’acqua,
aperti come i petali di un gigantesco anemone.
- Cosa intendevi con “porre fine a questa
pagliacciata”? -
- Che mi ero stufata di essere presa in giro. Vedevo che non riuscivo a
colpirlo, ma lui continuava a fingere di incassare. -
- A fingere di incassare? -
- Sì, finché non ha deciso che aveva voglia di
applicarsi. -
Nemeria non riusciva a crederci. Lo aveva visto coi suoi occhi cadere e
aveva gioito per ogni colpo andato a segno, così come i
pochi sostenitori di Noriko. Aveva davvero creduto che stesse andando
tutto bene, finché non aveva guardato Tyrron.
- Era tutta una recita… -
Noriko annuì e volse lo sguardo verso il soffitto.
- E come facevi a sapere che non ti avrebbe uccisa? -
- È troppo astuto per fare una cosa del genere.
Ciononostante, non ne ho avuto la certezza finché non ha
cambiato bersaglio. - si abbracciò, passando le mani sulla
spalla e sul braccio dove, prima che i curatori intervenissero, ci
sarebbero dovute essere le due ferite, - Allora ho capito che stava di
nuovo recitando. -
Nemeria si mordicchiò le labbra, poi passò a
tormentarsi le dita.
- Al tuo posto, non so se avrei avuto così tanto coraggio. -
ammise.
- Ho solo valutato la situazione. Se non fossi stata sicura che si
sarebbe fermato, non lo avrei fatto. - Da dietro le ciglia schiuse, le
sue iridi avevano assunto la stessa sfumatura del cielo dopo un
terribile temporale, un azzurro intenso. Nemeria si piegò
sopra di lei e catturò un ciglio.
- Sopra o sotto? -
- Cosa? -
- Devi capire se il ciglio sarà sul dito di sopra o sul dito
di sotto. Se indovini, il desiderio che esprimerai si
avvererà.
-
Noriko rimase in silenzio, come se stesse soppesando la sua proposta.
- Sotto. -
Nemeria aprì le dita e le mise il pollice davanti al naso.
- Esprimi un desiderio. Non devi dirlo ad alta voce, però. -
- Perché? -
- Perché sennò non si realizza, ovvio. -
- Va bene, come vuoi. -
Tacque per un po’, galleggiando a braccia e gambe aperte. Si
chiuse il naso e immerse la testa un paio di volte, finché i
capelli non le scivolarono tutti all’indietro, in una chioma
compatta e in ordine.
- Andiamo. -
- Hai espresso il desiderio o hai solo fatto finta? -
- Hai detto tu di non dirlo ad alta voce. - si issò sul
bordo e poi l’aiuto ad alzarsi, - È ora di pranzo.
Sarai affamata. -
- No, non molto. E non guardarmi così! -
- Così come? -
- Come se stessi dicendo una cosa stupida. -
Noriko abbozzò un mezzo sorriso e le elargì una
carezza sulla testa, prima di darle le spalle per vestirsi.
All’ora di pranzo, venne servita la solita porzione di
legumi, uova e carciofi, accompagnata da una fetta di pane nero.
Nemeria si sedette a tavola e, ancor prima di realizzare che cosa ci
fosse nel piatto, le si aprì un buco nello stomaco che la
indusse a prendere le posate e a divorare tutto sotto lo sguardo
divertito di Noriko.
- Non dire niente. - la minacciò con la forchetta e la sua
amica tornò a mangiare, facendo finta di niente.
Né Durga né Ahhotep si fecero vedere. Nemeria
gettò di tanto in tanto un’occhiata
all’entrata e scandagliò i visi dei pochi
gladiatori che erano in refettorio con loro. Insistette per rimanere
ancora lì ad aspettare anche quando entrambe avevano finito
il pasto. Quando l’ultimo allievo rimise a posto il vassoio e
uscì, capì che non le avrebbe viste quel giorno.
- Forse dovremmo andare controllare se Durga sta bene. - disse, mentre
si avviavano in infermeria.
- Durga sarà la tua avversaria, domani. Se vedessi che si
sente male, durante lo scontro non daresti il meglio di te. -
- Ma Durga è una mia amica. Non posso starmene qui con le
mani in mano. -
- Anche se andassi da lei, non potresti fare nulla. -
sospirò e la costrinse a fermarsi sulla soglia
dell’infermeria, - Lo so che le vuoi bene, ma non devi
perdere di vista l’obiettivo. Come ti ha detto Tyrron, non
puoi più permetterti ripensamenti. -
Nemeria aggrottò le sopracciglia. Prese tra indice e medio
la pietra di luna e la fece rotolare tra le due dita.
- Se dovessimo finire noi due in finale? -
Noriko non rispose subito. Ritirò la mano dalla sua spalla e
se la passò sul collo, mentre faceva scrocchiare i muscoli
delle spalle.
- Riavere la palla di pelo è la tua priorità.
Tutto il resto viene dopo. -
- Anche se il mio avversario fossi tu? -
- Sì. -
Aprì la porta e le fece cenno di entrare. Era il suo modo di
chiudere la conversazione e Nemeria capì che non era il caso
di insistere: quella indecisa era sempre stata lei, non Noriko.
Dopo la visita di Nande, il resto del tempo fino a sera trascorse quasi
senza che lei se ne accorgesse, tra gli esercizi per richiamare
l’elementale e gli allenamenti di Noriko. Ora che aveva di
nuovo la pietra di luna, attingere al potere di Agni le veniva
più difficile, anche se non di molto. La corda, quando
discendeva, si impigliava con maggiore facilità tra le
rocce, ma le bastava uno strattone, un impeto di volontà, e
riusciva a incanalare le fiamme sul palmo.
La sera cenarono da sole. Quando finirono e si avviarono in stanza,
Nemeria si fermò sulle scale: una delle ultime porte era la
stanza di Durga e Ahhotep. La distanza di pochi passi sembrava un
abisso.
- Nemeria, è tardi. Andiamo. - la esortò Noriko.
Nemeria indugiò, un piede a metà tra lo scalino e
il corridoio di pietra. Noriko si allontanò, lasciandola a
fare i conti con la sua scelta. Anche se stemperata,
l’amarezza era più straziante di un coltello tra
le costole. E mentre saliva le scale, Nemeria si sentì la
peggiore amica del mondo.
- ****! ***************!
–
Nemeria smise di
intrecciare la corona di fiori e alzò lo
sguardo. *****, Dendera e Chione le vennero incontro e si sedettero
vicino a lei.
- Vorrei finire qui. Mia
mamma non sta molto bene e ci tenevo a
portarle un regalo. -
- Però quando
finisci, se non vieni a giocare con noi mi
arrabbio. -
Dendera finse di
imbronciarsi. Sua sorella Chione le aveva appena
tagliato i capelli a caschetto, forse nella speranza di domarli.
Secondo Nemeria stava meglio prima, ma sapeva che la sua amica non
avrebbe accettato nulla all’infuori dei complimenti.
- Sbrigati a finire. Ce
ne manca uno per giocare a palla avvelenata e
tu ora stai meglio. Stai meglio, giusto? -
- Sì. Mamma
ha detto solo che devo stare attenta e cercare
di non sudare. -
- Allora forse sarebbe
meglio se tornassi in tenda, no? -
Nemeria le
riservò l’occhiata più truce
del suo repertorio. Da quando Chione era diventata amica di Ziba, non
riusciva a sopportarla. Voleva sempre estrometterla da tutto e si
divertiva a prenderla in giro alle sue spalle, quando pensava che lei
non potesse sentire. Come facessero Dendera e ***** a non risponderle
male era un mistero.
- Sto bene. -
ripeté, scandendo le parole, e si rivolse di
nuovo a Dendera, - Tra poco ho finito. Intreccio gli ultimi fiori e
sono da voi. -
Chione storse il naso,
ma non disse nulla. Aiutò sua sorella
ad alzarsi e tornarono nello spiazzo di terra che era stato adibito a
campo da gioco per comunicare la decisione agli altri. Ziba
sbuffò e Chione le si accostò
all’orecchio, sussurrandole qualcosa che la fece ridere.
“La
detesto.”
Nemeria agitò
le mani e attese che il calore regredisse: non
voleva dare fuoco né alla corona di fiori né al
prato, anche se la tentazione di mettere la mano rovente sulla faccia
di Ziba era tanta. Prese un bel respiro profondo, come le aveva
suggerito Etheram, e riprese il lavoro. La rilassava, in un certo
senso. Non le piaceva attendere o stare ferma, ma quando
l’anno precedente si era rotta il braccio era stata costretta
in tenda così a lungo che alla fine si era dovuta trovare
qualcosa da fare. E occuparsi delle piante di sua mamma si era rivelato
divertente, soprattutto quando Hediye le aveva insegnato a intrecciare
i fiori in bracciali e corone.
-
*****************************. -
Nemeria si interruppe e
aggrottò le sopracciglia. ******* si
stagliava contro il sole e proiettava la sua ombra su di lei. In
controluce, sembrava ancora più sottile di quello che
già era.
- Fa nulla. È
lei la stupida se si comporta così.
-
Pensava che ******* se
ne sarebbe andato, invece rimase lì a
farle ombra. Quando rialzò lo sguardo, vide che la stava
ancora fissando. Anche se in quella figura indefinita di luce non
riusciva a vedere il suo volto, sapeva che era lei il fulcro della sua
attenzione.
- **************? -
- Stasera? Non lo so.
Non credo, in realtà. Mamma non sta
molto bene e volevo stare un po’ con lei. -
Lui annuì. Si
accucciò davanti a lei, spostando
il peso da una gamba all’altra un paio di volte, prima di
decidersi a sedersi. Colse una margherita con i petali stropicciati
macchiati di fango e gliela porse.
- Non mi serve, grazie.
Ne ho già raccolte un po’,
vedi? - con un cenno del mento gli indicò il mazzetto che
teneva a portata di mano, - Anzi, ne ho prese anche troppe. -
- *********************.
-
Nemeria non si rese
conto che stava sorridendo quando prese il fiore.
- Davvero è
per me? -
- *****. -
- Sei gentilissimo,
grazie. -
Portò la
margherita sotto il naso e ne inspirò il
profumo. ****** si spostò più vicino a lei e
intrecciò le dita sopra le ginocchia. La tensione che gli
irrigidiva le spalle le fece capire che aveva altro da dirle e, anche
se Nemeria scalpitava e si sentiva le orecchie in fiamme, si morse la
lingua e aspettò che fosse lui a parlare per primo.
- ********************? -
- Ma le stelle sono
infinite, perderemmo il conto subito! -
- ******* - si
mordicchiò le labbra e inclinò la
testa di lato, - ***************************. -
Stavolta fu Nemeria a
distogliere lo sguardo. Strinse al petto la
margherita e se la infilò tra i capelli, sopra l'orecchio.
Non riusciva a smettere di sorridere.
- Sono sicura che mamma
mi dirà di sì. E anche se
non mi desse il permesso, verrò. Dove ci troviamo? -
-
*************************? -
- È quella
vicina ad Asa, giusto? -
Lui annuì e
scavò due piccoli ventagli nella
terra con la punta dei piedi. Si stringeva le ginocchia come se fossero
la sua unica ancora di salvezza.
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Nemeria sciolse le prime
tre dita e le incastrò con le sue.
Viste così, dalla sua angolazione, sembravano gli anelli di
una catena. Una in via di forgiatura, per quanto le sentiva
calde.****** alzò il capo e le scoccò un sorriso
lieve, impacciato. Liberò anche l’altra mano e la
lasciò scorrere sugli steli degli altri fiori che, subito,
si allungarono, intrecciandosi da soli in una ghirlanda.
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Nemeria
ridacchiò. Impilò le due corone e si
alzò, tirandolo su con lei.
- Stiamo in squadra
insieme? -
-
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Nemeria gli diede un
buffetto sulla guancia. Erano morbide e tonde,
come le sue, con una leggera peluria simile a quella sulle bucce di
pesca.
- Certo che mi va. -
mentre camminava si voltò, lo prese per
l’altra mano e lo strattonò per fargli capire di
muoversi, - Corri, o Ziba comincerà senza di noi. -