Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Himenoshirotsuki    17/06/2018    2 recensioni
Le Jinian, un popolo, una leggenda. Dimenticate dagli umani e anche da tutte le altre razze, questa tribù di quasi solamente donne viaggia da una parte all'altra del mondo. Nascoste agli occhi di ogni mortale, sono le uniche ancora in grado di usare la magia elementale, senza che essa, a lungo andare, le corrompa. Nemeria è solo una delle tante bambine della tribù e non ha niente di speciale. Adora sua sorella Etheram e il suo dolce fratellino Rakhsaan, ama combinare guai e, come tutte le sue compagne, si è sempre esercitata nell'arte della magia e della manipolazione degli elementali che vivono in lei per poter un giorno diventare una Jinian. Ma tutto cambia all'improvviso quando la sua tribù viene attaccata da una banda di briganti, vestiti con un'armatura completamente nera e una maschera bianca a coprir loro il viso. Il destino mette Nemeria davanti a una scelta: diventare un vero guerriero e combattere per sopravvivere oppure vivere all'ombra di ciò che il fato ha scritto per lei.
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Fuoco 2

25

Memorie di luce

"Il ricordo delle cose passate non è necessariamente il ricordo di come siano state veramente."
Marcel Proust

I curatori sopraggiunsero poco dopo. Due erano uomini anziani, con la barba crespa come la coda di un cane randagio e un ciondolo di un leone di profilo che pendeva sulla tunica blu chiaro. Kaymar pareva quasi sostenere il più vecchio mentre camminava.
Nemeria li attendeva stesa su una branda di una piccola anticamera. Le guardie l'avevano scortata lì e poi avevano lasciato tre di loro a sorvegliarla. Non che ce ne fosse davvero bisogno, ma non potevano sapere quanto il dolore avesse già spolpato qualsiasi sua volontà di fuga.
"Li ho impressionati troppo."
Una fitta più forte delle altre stroncò la risata e la tramutò in un gemito rantolante. Kaymar ritrasse la mano, imitato dagli altri due curatori.
- Non ti ho ancora toccata e già ti lamenti? -
- Fa male... -
- Lo so. Cercheremo di fare piano. - la rassicurò con un sorriso.
Nemeria non aveva il coraggio di guardarlo, le faceva accapponare la pelle pensare che quell'appendice di sangue e carne esposta le appartenesse.
I tre parlottarono tra di loro, in un rapido scambio di battute che lei non riuscì a seguire. Quello che Kaymar aveva accompagnato uscì dalla stanza e tornò seguito da Sayuri e, sorprendetemente, da Tyrron. O forse era sempre stato lì? Non ne era sicura e la paura la teneva inchiodata in quella posizione scomoda, a respirare più piano che poteva per non risvegliare il dolore.
- Riesci ad aprire gli occhi? -
Nemeria schiuse le palpebre. Le mani di Kaymar erano ai lati del suo viso ed erano bagnate. Il refrigerio dell'acqua, o di qualsiasi cosa fosse, a contatto con le sue guance calde attenuò appena il fuoco che la stava divorando da dentro.
- Il tuo braccio è messo molto male. Adesso lo puliamo e poi operiamo. Vedrai che andrà tutto bene. -
C'era una certa apprensione nella sua voce, che la turbava al di sotto della soglia della coscienza. Nemeria non sapeva spiegarselo, ma il senso di disagio che l'ultima affermazione le aveva messo addosso la faceva tremare fin nel midollo.
Pian piano, Kaymar allontanò le mani dal suo viso e arretrò per lasciare spazio a Sayuri e al terzo uomo, che, ora che Nemeria lo osservava bene, non era poi così vecchio come aveva pensato. Era stata la barba a ingannarla.
- Al mio tre. - la avvisò, - Uno, due... -
L'ultimo numero non giunse mai. Nemeria sentì soltanto il microscopico movimento dei frammenti d'osso nelle ferite slabbrate. Nella cornice sanguigna del suo sguardo, quei dentelli arrossati erano le zanne del dolore che la stava sbranando dall'interno. Le mancò il fiato e il suo corpo si svuotò, comprimendosi fino a perdere la sua reale consistenza.
"Madre, aiuto..."
Le palpebre erano incollate, il sudore filtrava attraverso le ciglia e le bruciava gli occhi. Nemeria provò a muovere le dita e a sollevare il braccio, ma qualcuno, una delle tante presenze che le ronzavano attorno, la bloccò. Le parole rimasero in apnea nelle sue orecchie e poi sgocciolarono a terra, di nuovo confuse nel tramestio di sottofondo.
- Bevi. -
Una lieve pressione sulle guance, due mani che le sollevavano la testa. Nemeria schiuse le labbra e bevve. Somigliava ad acqua, ma aveva una consistenza più densa e un pungente retrogusto amaro. I muscoli si tesero e rilassarono in una sincronia perfetta e dolorosa. Quando le allungarono le gambe e le braccia, Nemeria aveva di nuovo perso la percezione del suo corpo e di ciò che la circondava. Sopravviveva solo l'olfatto, attaccato dall'olezzo rancido e penetrante di vino.
- Sono qui, Nemeria. - sussurrò Sayuri, per poi premere i pollici sulle sue tempie e le altre dita sulla fronte, - Portami dove vuoi tu. -
- Non... non posso muovermi. -
- Sì che puoi. -
Il vento scacciò l'odore di alcol e sudore. Sul braccio stavano spennellando una mistura viscosa e densa che profumava di miele e latte. Ogni volta che sfioravano i frammenti d'osso, il suo corpo si tendeva in uno spasmo.
- Sat, Chit, Ananda. - scandì Sayuri, - Ascolta le mie parole: Sat, Chit, Ananda. -
Tante mani scorrevano su di lei, alcune reali, altre immaginarie. Attraverso le palpebre, ombre evanescenti sfrecciavano sullo specchio offuscato della pupilla.
- Sat, Chit, Ananda. -
La pressione sulle tempie aumentò, così come il vento che le ingrossava la veste. Trasportava con sé una fragranza di erba e terra bagnata.
- Sat, Chit, Ananda. -
Lo scrosciare dell'acqua la trascinò via.
 
- ...ria! Nemeria! -
Nemeria si voltò. Taleyta la stava guardando dalla riva, con i panni appena lavati arrotolati tra le braccia. Li posò su un masso e, saltando di scoglio in scoglio, le arrivò abbastanza vicino per poterle acchiappare il polso.
- Stai più vicina o il Dunărea ti inghiottirà. -
Nemeria sbatté le palpebre e tornò a guardare il fiume. Era di un intenso blu – blu cobalto, l'avrebbe corretta Etheram – ed era largo parecchie braccia. Il profilo lontano della riva opposta era una semplice linea frastagliata d'alberi che si inerpicavano lungo il fianco della collina. Le chiome non ancora fitte erano un indizio di una primavera pellegrina sulla strada del ritorno.
Nemeria indietreggiò fino a ridurre il livello dell'acqua ben al di sotto delle ginocchia. Abbassò lo sguardo sulla tunica e, senza dire una parola, riprese a strofinare la macchia.
- Non riuscirai mai a farla andare via solo con l'acqua. - Taleyta si guardò intorno e si mise i pugni sui fianchi, - Dove hai messo il tuo sapone? -
Non se lo ricordava. Tra il momento in cui era uscita dalla tenda e quello in cui Taleyta l'aveva ripresa c'era solo un enorme buco nero. Eppure doveva averlo avuto, perché le sue mani profumavano d'anice e alloro.
- Forse l'hai appoggiato da qualche parte e ti è caduto. Non importa, puoi usare il mio. - prese un grossolano cubetto non più grande del palmo della sua mano e glielo porse, - Finisci, dai, che mio fratello ********  ti sta aspettando. -
Annuì e subito tornò a strofinare. Aveva il sentore che quella stupida macchia non sarebbe andata via nemmeno con tutto l'olio di gomito del mondo, ma non poteva ripresentarsi da sua madre senza averci nemmeno provato. Tanto meno quel giorno, che per colpa del suo ciclo di luna riusciva a malapena a stare in piedi.
Un lungo fischio risuonò nell'aria. Nemeria venne investita da una sventagliata di spruzzi. Già battagliera, Taleyta si girò e rispose tirando addosso a suo fratello una piccola onda.
- ******* , ha funzionato una volta, non credere di potermi sorprendere ancora! -
La figura bassa, fatta di pura luce bianca, si acquattò e prese a rincorrere sulla superficie dell'acqua Taleyta.
- Sei terribile! -
Balzò sulla superficie anche lei e corse lontano, con ******* che la inseguiva bersagliandola con rapidi e mirati spruzzi, ai quali lei contrattaccava prontamente. L'acqua si increspava appena, come se in realtà fosse solo un lieve strato buttato su un pavimento blu da lavare.
- Taleyta, Taleyta! - esultò Nemeria.
******** la guardò malissimo e Taleyta ne approfittò per fargli sbucare una fontanella tra le gambe a tradimento. Nemeria scoppiò a ridere e riprese a fare il tifo per la sua amica ancora più forte.
- **********. -
- Hai perso la mia fedeltà quando mi hai bagnata fino al midollo la volta scorsa! - gli rispose di rimando.
Taleyta dirottò un'onda, la ingrossò e gliela mandò contro. ********* non fece in tempo a pensare a una contromossa che si ritrovò lungo disteso sull'acqua. Al suo fianco, sua sorella lo fissava vittoriosa dall'alto in basso.
- Sei ancora troppo piccolo per pensare di battermi. -
- ***********. -
- Un anno sono tanti giorni di esperienza in più. Sarò sempre irraggiungibile per te. -
Gli porse la mano e lo aiutò a rimettersi in piedi. Dopo un breve istante d'esitazione, lui accettò il suo aiuto e, mano nella mano, tornarono a riva. Le trecce di Taleyta si erano del tutto disfatte e le si erano appiccicate un po' ovunque sulla fronte e sulle guance. Quando lasciò la mano a suo fratello, la prima cosa che fece fu strizzarsele e rilegarsele in una piccola crocchia simile a un nido.
- Io torno in tenda. Posso lasciarvi un attimo da soli? -
- Sissignora! - rispose Nemeria.
******** sbuffò, bofonchiando qualcosa su quanto sua sorella fosse noiosa. Taleyta gli scoccò un'occhiata di rimprovero e raccolse i panni.
- Mi raccomando, torno tra poco. -
Non appena Taleyta sparì oltre i primi alberi, Nemeria si sedette su un masso e focalizzò di nuovo l'attenzione sulla la tunica.
- *********** ? -
- Sì. Mamma non sta molto bene e mi ha chiesto di pensare al bucato. -
- ********** . -
- Devo provarci ancora un po', poi andiamo a giocare a palla. - si volse e gli indicò la palla che aveva lasciato di fianco al cumulo di abiti lavati, - E come vedi, stavolta non me la sono dimenticata. -
********** volteggiò su se stesso e l'acqua lo seguì, avvolgendolo in due ampie spire liquide. Un'anguilla, finita per sbaglio all'interno assieme ad altri piccoli pesci azzurri, si dibatté finché lui non si accorse della sua presenza.
- ********** ? -
- Se decidi di lasciarla andare, dimmelo. Io quella cosa non voglio nemmeno che mi sfiori. -
- **********. -
- Fa schifo lo stesso. -
Lui scoppiò a ridere.
- **********. -
Nemeria raccolse tutto e corse a gambe levate sulla riva. La striscia d'acqua si allungò e poi "sputò" l'anguilla, che serpeggiò via, sparendo tra i flutti.
- ***********?-
Nemeria sbuffò e lo fissò nel modo più truce che le venne, ma ********** non sembrava avere intenzione di desistere. Dedicò alla tunica un'altra occhiata prima di piegarla e riporla sopra tutti gli altri panni, in una montagnetta pericolante.
- Però non posso stare tutto il pomeriggio. -
- ***********. -
- Tu prometti che non proverai a bagnarmi, se vincerò? -
Fu il turno di ********** di sbuffare.
- **********. -
- Sei davvero simpatico. -
Gli passò la palla e fece qualche passo indietro. Si sarebbe dovuta rimettere le scarpe, ma non aveva voglia di perdere altro tempo. E poi, a parte qualche sassolino, la terra era morbida.
- Stavolta non farla finire sugli alberi, per favore. -
******** ridacchiò. Afferrò la palla con due mani e la lanciò più in alto che poté. Nemeria ne seguì per un breve tratto la parabola, prima di scattare per provare a riprenderla.
 
Si svegliò distesa su un letto morbido. Dovette sbattere più di una volta le palpebre per snebbiare la vista e capire di trovarsi in infermeria.
Nande sedeva dietro la scrivania, le gambe accavallate e il solito libro di botanica sotto gli occhi, con ancora la piuma blu e verde infilata nel mezzo. Pure Ozgur era lì. La polvere turbinava sul suo palmo aperto, seguendo il lento movimento circolare del dito. Sembrava un vasaio intento a modellare il collo di un’anfora. Ozgur si accorse dello sguardo di Nemeria per caso, una mezza occhiata accidentale, alla quale seguì un'altra venata dalla consapevolezza di essere stato scoperto. Disperse la polvere e si portò l'indice davanti alle labbra per intimarle il silenzio.
- Morak'uyr, si è svegliata. -
Nande chiuse il libro e Nemeria assunse un'espressione intontita per farle credere di essere appena riemersa dal mondo dei sogni.
- Vai a chiamare aghà Tyrron. - gli ordinò la donna.
Ozgur infilò veloce la porta e lei prese uno sgabello per sedersi vicino a Nemeria. Si era tirata indietro i capelli con una fascia colorata che esaltava l'incarnato scuro.
- Questa volta hai giocato davvero molto con la sorte. -
- Stavo per morire...? -
- No, ma stavi per perdere il braccio. -
Nemeria seguì la traiettoria del suo sguardo. Le avevano disteso il braccio con il palmo rivolto verso l'alto. Dalle bende si intravedeva un alone viola che colorava la pelle, schiarendo in un giallo malato sulla spalla.
- Però hai vinto. È ciò che conta di più per te, giusto? -
Aveva vinto. Quelle parole le procurarono un brivido. Aveva sconfitto Zahra da sola e il pubblico l'aveva acclamata. Anche senza chiudere gli occhi, le voci esultanti le riempirono di nuovo le orecchie.
La porta si aprì e Tyrron marciò fino al suo capezzale. Nande gli lasciò lo sgabello e, a un suo gesto, tornò a sedersi dietro il tavolo. A Nemeria parve che avesse riaperto il libro a una pagina diversa, ma da lì non poteva esserne certa.
- Come ti senti? -
- Come se fossi finita sotto le ruote di un carro. -
- Metafora calzante, considerando quanto fosse grossa la tua avversaria. - scherzò, si protese verso di lei e appuntò la sua attenzione sul braccio.
Nemeria lo fissò un po' stralunata.  
- Ha esagerato. In uno scontro normale, non sono ammesse ferite così invalidanti. Non si è limitata a metterti fuori uso il braccio, ha fatto a pezzi l'osso. Se non fosse stato per l'intervento di Serafim, Sayuri e Kaymar, non sono sicuro che saresti sopravvissuta. -
- Quindi adesso sarà frustata? -
- Chiederò il massimo della pena. Mina mi sosterrà. -
Nemeria rimase in silenzio. Non le dava alcuna soddisfazione che Zahra venisse frustata.
- È proprio necessario? -
- Che venga punita? Sì. Adel ha preteso che tu fossi frustata anche quando non era colpa tua. Zahra conosceva le regole. Non dovresti mostrare pietà per chi non ne ha avuta per te. -
- Non è questione di pietà. - ci pensò e chiuse un momento gli occhi per riunire le parole in frasi, - Solo che non ce l'ho con lei. Avevamo un conto in sospeso e lo abbiamo saldato nell'arena. -
Tyrron parve sovrappensiero. La scrutò intensamente, le dita intrecciate proprio sotto il naso.
- Capisco. - concluse, come a chiudere una lunga discussione, - Non posso lasciar correre, ma non chiederò il massimo. -
- Davvero? -
- Quello che dico, lo faccio, ormai dovresti saperlo. E poi hai vinto, posso acconsentire a questa tua richiesta. A tal proposito, Koosha è rimasto davvero impressionato. Dopo quello di Abayomi, il tuo incontro è stato il più entusiasmante. Hai attirato l'attenzione di molti. -
- Questo significa che potrò riavere Batuffolo? -
- Si sarà sicuramente ammorbidito, ma non mi sbilancio. Stasera, quando verrà a cena, glielo chiederò. Dovresti cominciare a pensare a chi affidarne le cure quando sarai ad allenarti. Adesso se ne sta occupando Morad, ma se ti sarà dato il permesso di tenerlo non avrai il tempo di occupartene tu. Inoltre, cosa ancor più importante, tutte le spese legate al suo mantenimento saranno a carico mio, almeno finché non avrai uno sponsor. Questo significa che il tuo debito aumenterà. -
- Io rivoglio Batuffolo... mi basta che me lo ridiate. -
- Ci vorrà molto più tempo per riavere la tua libertà. - cercò di farla ragionare.
- Non mi importa. -
Si era impegnata molto in quel torneo, e uno dei motivi era stato Batuffolo. Si asciugò gli occhi umidi e afferrò il polso di Tyrron.
- Per favore, se Koosha dirà di sì, restituiscimi Batuffolo. -
- Allora spera che il vino lo renda bendisposto. -
Le diede una pacca sulla mano e Nemeria lasciò la presa.
- Ho già detto a Noriko di lasciarti riposare, ma lo ripeto anche a te: cerca di riprenderti in fretta. So che avrai voglia di riposare, ma domani ci saranno le semifinali e tu devi dare il meglio di te. Ti sei fatta amare troppo per mollare ora. -
Prima di alzarsi, Tyrron si sistemò le maniche e la treccia dietro la testa. Forse era solo una sua impressione, ma a Nemeria pareva provato. Persino l'eleganza sobria dei suoi vestiti risentiva della sua stanchezza.
- Tyrron, c'eri anche tu nell'infermeria all'arena? -
- Non eri quindi del tutto incosciente. -  ridacchiò sulla porta, - Sì, ero lì. Non appena l'incontro è finito, sono venuto da te con Kaymar e Serafim. -
- Grazie. - si umettò le labbra secche, - Non credo che tutti i lanisti lo avrebbero fatto. -
- Io non sono tutti i lanisti, Nemeria. Il mio nome è Tyrron Occhi di Lince, ricordatelo bene. -
Detto ciò, aprì la porta e uscì.
- Hai sete? - le domandò Nande, distogliendola dai suoi pensieri.
Aveva lo sguardo ancora immerso tra le pagine e la postura disinvolta.
- Sì, un po'. -
- Ozgur, portale dell'acqua. -
Come se non avesse atteso altro, il bambino rientrò nella stanza e versò il contenuto della caraffa sulla scrivania in un bicchiere, mentre Nande l'aiutava a mettersi seduta.
- Il braccio ti fa male? -
- No. Ma in compenso mi sento la testa pesante. -
- È normale. Con quello che ti hanno dato, mi stupisco che tu ti sia svegliata così presto. -
Mentre beveva, Nemeria guardò verso la finestra. La luce del sole aveva la sfumatura calda del tramonto e le solleticava la punta dei piedi attraverso il lenzuolo.
- Che fine hanno fatto i ragazzi che erano qui in infermeria tempo fa? Quelli malati e senza lanista, intendo. -
- Uno di loro è morto, gli altri sono stati spartiti tra Mina e Siamak. Come mai ti interessa? -
Nemeria fece spallucce e porse il bicchiere a Nande.
- Non lo so. Penso mi sia tornato in mente perché mi avete messo nello stesso letto dove era steso uno di loro. -
- Pensa piuttosto a riprenderti o alla tua vittoria di oggi. Come ti ha detto aghà Tyrron, domani, volente o nolente, dovrai combattere. -
Se non avesse avuto tutta quella sonnolenza addosso, probabilmente sarebbe corsa per tutta la Scuola a vantarsi. Si portò una mano sul cuore e sorrise percependo il potere di Agni zampillare sotto le dita. Sebbene non ne potesse udire la voce, sapeva che anche lei condivideva la sua euforia.
- Dai, ora dormi. Ti sveglio io per l'ora di cena. -
Nande le sprimacciò il cuscino e l'aiutò di nuovo a stendersi. Il sonno arrivò quasi subito ad appesantirle le palpebre. Nemeria non oppose nessuna resistenza.
Piombò in un limbo di oscurità confortevole, simile a un'ampia stanza buia, dove l'unica cosa che riusciva a percepire era il calore. A volte la porta sul fondo si schiudeva e una figura di luce si affacciava oltre la soglia, ma Nemeria non faceva in tempo a guardarla che quella spariva. Quando quel qualcuno finalmente entrò, non c'era più alcuna aura luminosa, ma solo una figura che si portava dietro un lungo strascico e un bastone piumato nella mano destra. Si inginocchiò sopra di lei e le prese la testa tra le mani.
- Vedo lontano, oltre le nebbie. Vedo un mondo che non mi è più caro, un eterno inverno dove il sangue scorrerà imbrattando la virginea bellezza della primavera. Il disonore prevarrà, la lealtà verrà calpestata, il coraggio arderà nelle fiamme degli incendi. Ogni uomo diverrà un traditore, ogni tradito un omicida. Allora sarà l'Era della Falce e verrà emesso il giudizio sul mondo. -
La voce dell'Alta Sacerdotessa era tenue e priva di inflessione. Il suo tocco però era accorto, come quello di una madre. Le passò le dita tra le ciocche aggrovigliate, fermandosi a districarne i nodi o a lisciare quelle più disobbedienti.
- Figlia mia, considera il lato nascosto delle cose e chiediti cosa non conosci. Scruta al di là delle ombre, diffida dalla luce, segui il sentiero che ti trascinerà verso l'abisso e ti innalzerà al di sopra degli altri miei figli. -
Non era un sogno, non era nemmeno una visione. Non era niente che Nemeria avesse mai sperimentato, eppure era reale.
Ad un tratto, riconobbe l'agati e le pelli di muflone cucite assieme sopra la sua testa. Si alzò di scatto e vide l'Alta Sacerdotessa sulla soglia della tenda. Indossava la lunga cappa smanicata bianca a motivi geometrici, la stessa del giorno dell'attacco dei predoni. Erano diverse le ferite che le deturpavano la pelle, ma ce n'era una profonda sotto il costato che ancora sanguinava. Sanguinava troppo.
- Alta Sacerdotessa, tu sei... -
- Sì. -
Nemeria rimase pietrificata. Faceva male, ma non così tanto come si sarebbe aspettata, forse perché, in fondo, lo aveva sempre saputo. Si morse le labbra e tornò a guardarla. La testa di gatto assisa sul bastone degli Spiriti pareva scrutarla attraverso le sue orbite vuote.
- Cos'è questo posto? -
I tatuaggi biancheggiarono di una luce perlacea e l'Alta Sacerdotessa puntò gli occhi sulla figura di luce che si divertiva a tirare la palla in alto. Come si accorse di essere osservata, corse a nascondersi dietro una tenda.
- È la strada per la Verità. -
- Ma che significa? Che cosa intendi? -
Un vento soffiò lieve ed estinse le fiamme. Nemeria non fece in tempo ad alzarsi che l'Alta Sacerdotessa uscì. La tenda si richiuse dietro di lei e i contorni svanirono nel buio.
 
- Lo sapevi che questo fiume ha un sacco di nomi? -
- ***********. -
- O anche il "fiume dei re". Solo l'Atil lo supera in lunghezza. -
****** ridacchiò e si stravaccò per terra. Nemeria lo seguì, anche se con più attenzione.
- *******************. -
- Non lo so. Stavo giocando a nascondino con mia sorella, sono inciampata e ho sentito un dolore fortissimo. - alzò il braccio fasciato quanto più poté, - Mamma dice che un osso per guarire ci mette anche più di un mese. Io spero che si spicci... sono giorni che non chiudo occhio. -
- ***********************************?-  
- Mamma lo ha già chiesto, ma nessuna delle Anziane ha ceduto. Dicono che bisogna imparare a vivere come se non avessimo nessun elementale ad aiutarci. -
- *****************. - sbuffò e incrociò le mani dietro la nuca, - ************. -
Nemeria si ritrovò ad annuire: se non potevano usare il potere elementale per accelerare la guarigione, che senso aveva fare tutta quella fatica per imparare a controllarli?
- *****************************************. -
- Lo so che ti sta antipatico, ma ***** non è così insopportabile. - non lo credeva davvero, ma era divertente far finta di non essere dalla sua parte, - Tu lo detesti solo perché riesce a volare più in alto e più in fretta di te. -
****** tirò fuori il labbro e aggrottò le sopracciglia, come se avesse appena detto un'eresia. Nemeria gonfiò le guance per provare a trattenersi, ma la sua espressione così sinceramente sorpresa la fece piegare in due dalle risate.
- ********************************************. -
- Ma se non fai altro che lamentarti dei complimenti che riceve da Fakhri! -
********** la fulminò e le diede un pizzicotto sul braccio. Non forte, ma Nemeria si ritrasse lo stesso, prima che la assalisse per farle il solletico.
- ***********************************************. -
- Anche perché, se tu lo facessi, mi metterei a urlare. -
- *********************! -
A questo non aveva pensato. Lui dovette intuire di averla colta in fallo perché la punzecchiò sul fianco.
- ***********************************************************. -
-Sì, Etheram quando si arrabbia fa davvero paura. - concordò Nemeria.
Appoggiò la testa contro la sua spalla e si coprì la bocca per reprimere uno sbadiglio. Anche se era stata tutto il giorno nella tenda a sonnecchiare, si sentiva stanca. Chissà, forse era la noia a renderle gli occhi così pesanti.
- *****************************************************************************. - le lanciò una lunga occhiata, tale che Nemeria aveva già capito cosa voleva chiederle prima ancora che glielo dicesse. - *****************? -
- A me piacerebbe molto, però non so se mamma mi lascerà venire. -
- ***************************************************************************. -
Nemeria si mordicchiò l’interno della guancia. Era anche molto tardi, sicuramente a quell’ora sarebbe dovuta essere a letto già da un pezzo. Hediye aveva un sonno leggero e le aveva detto di svegliarla per qualsiasi cosa. Però ******* ci teneva molto e anche lei era curiosa di vedere cosa aveva in mente Fakhri per aver deciso di organizzare una lezione a quell’ora della notte.
- Vado a chiedere, ma non ti assicuro nulla. -
Lui si mise seduto e aprì una breccia nella sfera d’aria che aveva creato attorno a loro per proteggerli dal venticello della notte. Lì, nel Dawalh settentrionale, la primavera non era ancora arrivata.
- Mamma? -
Nemeria accese la fiamma sulla mano e, stando attenta a dove metteva i piedi, avanzò nella semioscurità. Le braci del focolare spandevano un alone dorato che disegnava le spalle di Hediye. Il suo respiro regolare, a volte interrotto da un sibilo simile a un fischio, arricchiva il silenzio della notte.
- Mamma. - ripeté-
Nemeria la scosse con delicatezza e allontanò il braccio quando la donna si girò.
- Nemeria? Che ci fai ancora sveglia? Stai male? -
- No, no, sto bene. - si rese conto di quanto fosse stupido quello che stava facendo in quell’esatto momento, ma era troppo tardi per tirarsi indietro, - So che sarei dovuta essere già a letto, ma è venuto a trovarmi ******* e mi ha chiesto se volevo andare con lui ad assistere alla lezione di maestra Fakhri. -
- Una lezione? A quest’ora? -
- Sì, anche a me è sembrato strano, ma magari non vuole che gli altri si arrabbino sapendo che è uno dei suoi allievi preferiti. -
Hediye si puntellò sui gomiti e si passò una mano sul viso.
- Dove si terrebbe questa lezione? -
Nemeria rimase stranita dalla domanda. Si era preparata a una sfuriata, non di certo a un possibile “sì”. Scavalcò il corpo di Etheram avvolto nelle coperte e si affacciò fuori dalla tenda. Il vento freddo le procurò un brivido dietro la nuca.
- Mamma vuole sapere dove. - gli chiese.
- ********************************************************************. -
- Hai sentito? -
Hediye si era fatta più vicina, quel che bastava perché non dovesse ripetere nulla.
- Mi dispiace, ********, ma Nemeria deve riposare. -
- Ma ci sarà anche Fakhri! - protestò Nemeria, - Non mi farò male, starò attenta. Anzi, ti prometto che non farò nulla, guarderò e basta. -
- Sono sicura che maestra Fakhri capirà. - Hediye sorrise e scompigliò i capelli di ******* .
Il bambino abbassò lo sguardo, dispiaciuto.
- La prossima volta verrò, te lo prometto. - tentò di confortarlo Nemeria, - E poi non sarà l’ultima volta. Tu sei troppo bravo. -
Quel complimento gli strappò un sorriso. Si strinse nel mantello e fece un passo indietro.
- ***********************. -
- Va bene, ti aspetto. A te va bene, mamma? -
- Basta che non venga più così tardi. La signorina qui deve starsene ferma. -
Entrambi i bambini scoppiarono a ridere. ****** poi si strinse nel mantello e saltellando si allontanò nel buio.
 
La mattina seguente, non venne nessuno a svegliarla. Quando Nemeria aprì gli occhi, l’infermeria era ancora avvolta nel silenzio. Si mise a sedere e sorseggiò un bicchier d’acqua, lo sguardo fisso nel vuoto. Non si rese conto di averlo finito finché non ebbe di nuovo la gola secca. Rimase a guardare il gioco di luci sul pavimento, mentre pian piano rimetteva insieme le immagini dei… come doveva chiamarli? Sogni? Visioni? Qualsiasi cosa fossero, erano nitidi come dei ricordi. Come se lei quelle situazioni le avesse già vissute.
“C’è qualcosa che manca, però.”
Strizzò le palpebre e cercò di ricostruire il viso del suo compagno di giochi preferito, il fratellino di Taleyta. Nulla, il vuoto. Si rese conto con un brivido di orrore che anche da sveglia non riusciva a ricordare il suo nome. Era come se non fosse mai esistito, e più tentava di ricordare, più la sensazione di smarrimento aumentava. Alla fine, si afflosciò sul letto, la stanza che girava sopra e sotto di lei come una nave in burrasca.
“La strada per la Verità...”
Studiò la propria mano in controluce e la lasciò ricadere sulle lenzuola. Realizzare che l'Alta Sacerdotessa era morta pose fine a quel fastidioso vorticare. Si aggrappò a quella certezza e si sforzò di riprendere a respirare. Non sentiva l'impulso di piangere o gli occhi lucidi. Avrebbe voluto farlo, ma non ci riusciva. Si rese conto, invece, che i polmoni incanalavano meglio l'aria, come quando si guarisce da una lunga malattia.
- Madre, nell'ora più buia, guida a te chi non ha più stelle. - mormorò.
Il silenzio della mattina rimase l'unico spettatore del suo cordoglio. Nel fascio obliquo della luce del sole, Agni danzava sulle note allegre di un flauto.
Circa due ore dopo, Merneith venne a comunicarle che le coppie delle semifinali erano già state decise e che lei avrebbe gareggiato la mattina seguente. Nemeria immaginava che ci fosse lo zampino di Tyrron e che il suo scopo fosse quello di lasciarla riposare, ma non aveva nessuna intenzione di rimanere tutto il giorno in infermeria.
- Voglio andare a vedere Noriko combattere. -
- Il padrone aveva immaginato che avresti fatto una richiesta del genere. -
Merneith si fece avanti e depose un cambio d'abiti – una semplice tunica bianca smanicata e il suo amato paio di endromis – sullo sgabello. Mentre l'aiutava a vestirsi, Nande entrò e diede loro il buongiorno. Nemeria notò la sua espressione contrita, come se disapprovasse. Non poteva rimanere lì, però. Doveva essere lucida per trovare un senso alle parole dell'Alta Sacerdotessa e a quei ricordi che aveva dimenticato di avere. Se fosse rimasta, sapeva che non ce l'avrebbe fatta. Per quanto Ozgur avesse spalancato le finestre, l'infermeria odorava di malattia.
Più d'ogni altra cosa, voleva essere la prima a congratularsi con Noriko quando avrebbe vinto contro Abayomi: per nessuna ragione al mondo si sarebbe voluta perdere quello scontro.
- Morad ci aspetta qui fuori assieme al padrone. - la informò Merneith e le porse il braccio con un sorriso più che cordiale, - Appoggiati pure a me, non devi compiere sforzi inutili. -
Nemeria accettò volentieri il suo aiuto. Anche se non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, era abbastanza sicura che sarebbe caduta se non ci fosse stata lei a sostenerla mentre scendevano le scale.
Mentre camminavano per i corridoi, diversi occhi si posarono su di lei. Non erano solo quelli degli allievi, ma anche quelli dei servi, dei soldati, di molte persone con le quali non aveva mai scambiato una parola. Tutti le sorridevano meravigliati, richiamando l'attenzione del compagno con una gomitata o con uno schiocco di dita.
- Comincia ad abituarti: tra poco avrai bisogno di una scorta anche qui dentro. -
L'affermazione di Merneith aveva una nota scherzosa, ma Nemeria non faticava a immaginarsi così famosa. Il calore nel petto si espanse e il sorriso sulle labbra si allargò ancora di più.
Sulla strada, fecero una deviazione verso il panificio di Branka, quello dove lei, Morad e Bahar si erano fermati la seconda volta che andata in arena. Oltre alla ragazza, c'era un'anziana signora con le braccia e il collo tatuati con ramoscelli, cerchi e croci di colori sbiaditi. Aveva un marcato accento straniero e la parlata sihamnstica saltava, sostituita da spezzoni di frasi in una lingua che Nemeria non capiva. Era Branka a recuperare il filo della conversazione, traducendo per loro quello che sua madre aveva detto. Tyrron pagò una pita di formaggio e spinaci a tutti e, mentre mangiavano, si avviarono all'arena. Nemeria terminò l'ultimo boccone della sua colazione quando si sedette sugli spalti, tra Tyrron e Merneith.
- Speriamo che abbia capito. - sospirò Tyrron, accavallando le gambe, - E se così non fosse, penso che avrò bisogno di un buon bicchiere di vino quando tornerò a casa. O magari tre. -
Uno squillo di tromba annunciò l'entrata in scena dei gladiatori. Noriko aveva il tessen infilato nella cintura alla vita e avanzava tranquilla, con quel suo passo leggero che sollevava appena la sabbia. Abayomi aveva tutto fuorché un atteggiamento marziale: non appena uscì, incrociò in alto le due spade corte e si profuse in diversi inchini, scoccando baci qua e là alla platea. Nemeria non sapeva se trovava più odiosa la sua sfrontatezza o il fatto che fosse davvero arrivato fino a lì.
- Dunque, alla fine è giunto il momento. - ghignò, mulinò le spade e schioccò la lingua contro il palato, - Che dire, speravo di scontrarmi con la dolce fiammella, ma questa volta la fortuna ha giocato a mio sfavore. -
Noriko aprì il ventaglio. Le acclamazioni cessarono, ridotte a un brusio così basso che Nemeria poté udire chiaramente lo schiocco metallico del tessen.
- So che non vedi l'ora che la tromba suoni per saltarmi addosso. Anche se sei una donna silenziosa, riesco a leggere l'odio che provi negli occhi. Sotto certi aspetti, somigli molto alla tua amica, solo che tu fai finta di ignorarmi. Se sapessi combattere come si deve, sarebbe stato uno scontro quasi alla pari. -
Sembrava stesse leggendo un copione. Qualcuno, nelle file più indietro rise e domandò a chi si stesse riferendo Abayomi. Tyrron le lanciò un'occhiata in tralice, che Nemeria finse di non notare. Cosa stavano aspettando a dare inizio allo scontro?
- Quindi, ieri notte, ho pensato a un modo per movimentare il nostro incontro. - tirò fuori da sotto l'armatura il ciondolo con la pietra di luna e lo alzò in alto, in modo che anche il pubblico potesse vederlo, - Facciamo una scommessa: se riuscirai a battermi, io ti ridarò questa bellissima collana, tanto preziosa per la nostra fiammella. Se invece perderai... - ghignò e si rivolse al pubblico, - Se perdesse, voi cosa vorreste che la costringessi a fare? -
- Che divenga la tua schiava, Abayomi! - gridò un uomo dalle ultime file.
- Se vinci, devi farla rotolare nel fango come la cagna che è! -
- Falla spogliare! Vogliamo vedere se le tiannesi hanno le tette! -
Piovvero altre richieste, una più umiliante dell'altra. Nemeria strinse così forte i denti da farli scricchiolare. Abayomi non rideva, ma non si difece dell'espressione strafottente.
- Signori, le vostre proposte sono tutte molto interessanti. È un vero peccato che per ogni scommessa si debba scegliere un solo e unico pegno. - si sistemò la pietra di luna sotto l'armatura ed esclamò, - Noriko, se perderà, dovrà inginocchiarsi e implorare pietà! -
Il pubblico esplose in un'ovazione assordante. Nemeria scrollò la testa per scacciare la patina rossa che le aveva coperto la vista.
- Accetti i termini della nostra scommessa, bambolina? Oppure è troppo umiliante per te? -
Noriko fissò Abayomi da dietro il ventaglio, calma come lo era quando era entrata. Quando non rispose, la tromba suonò.
Chiuse il ventaglio e vibrò un affondo diretto al centro della fronte. Abayomi deviò il colpo e costrinse Noriko a indietreggiare per evitare che una delle sue spade le aprisse uno squarcio sotto l'ascella. Riguadagnò la distanza di sicurezza e si mosse intorno a lui, dapprima a sinistra, poi a destra, senza alzare quasi un un granello di sabbia.
- Cos'è, hai paura? - la provocò.
Abayomi si era riposizionato, una spada inclinata sopra la testa, l'altra rivolta in avanti, le punte di entrambe allineate sui lati di un triangolo immaginario.
- Vai, Noriko! - Nemeria si alzò in piedi e mise la mano sul lato della bocca, - Sei la migliore! -
Noriko non guardò nella sua direzione. Intorno a lei si alzò un mulinello d'aria che le ingrossò la tunica e le scompigliò i capelli. Sferrò tre pugni in rapida successione. Un proiettile a forma di freccia colpì Abayomi alla spalla, un altro al fianco e un ultimo, un dardo sottile come un ago, si abbatté sul petto, sbalzandolo a terra.
- Rialzati, Abayomi! -
- Non puoi perdere! -
Abayomi si massaggiò il petto, si diede slancio con le gambe e si rimise in piedi. Si pulì la striscia di saliva all'angolo della bocca e prese la rincorsa. Noriko abbassò il baricentro e allungò una gamba all'indietro. Descrisse una mezzaluna col braccio, aprì e chiuse il ventaglio, per poi portarlo in un affondo sulla linea dello sguardo. Di nuovo l'aria si piegò al suo comando e saettò contro Abayomi. La corsa, da dritta, divenne una linea spezzata di movimenti a zigzag. Per ogni colpo schivato, si innalzava un'esplosione di sabbia, come se la terra fosse stata colpita da una violenta frustata. Abayomi però continuava, incurante di tutto, appena più lento di quando era scattato.
Una sferzata alla coscia lo mandò a terra, ma rotolò di fianco e si rimise in piedi, mentre la sabbia schizzava in alto a ogni pestone di Noriko. Più avanzava verso di lei, più i colpi si facevano forti e precisi. Uno lo prese dritto sul viso e lo mandò con le gambe all'aria, dritto disteso sulla schiena. Non ci fu stasi, perché Abayomi balzò di nuovo in piedi e schivò un dardo d'aria dall'alto. Deviò verso sinistra, si portò quasi sotto la balconata e riprese a correre. Si buttò a terra e rotolò mentre sopra la sua testa passavano le frecce d'aria; fece perno sulla gamba e in uno scatto riguadagnò distanza.
Noriko aprì il ventaglio e falciò l'aria davanti a sé, un tondo da destra a sinistra che innalzò un forte vento. Abayomi aumentò l'andatura, eseguì una breve piroetta e lanciò la spada. La lama sibilò attraverso l'aria e tagliò la frusta di vento. Noriko riuscì appena a scansarsi per evitare di essere trafitta. Si asciugò il sangue che stillava dal taglio sotto lo zigomo, arretrò d'un balzo, sfuggendo a un fendente ravvicinato, sferrò un pugno e si abbassò sulle ginocchia. L'aria colpì dal basso Abayomi, lo sollevò di tre piedi da terra e poi lo schiacciò.
Molti si alzarono in piedi per applaudire. Tyrron, invece, rimase con le braccia incrociate sul petto, con lo sguardo fisso sulla scena.
- Visto? Ce l'ha fatta! - esclamò Nemeria, - Non sei felice? -
- Sarai anche una brava gladiatrice, ma ti manca il giusto spirito di osservazione. L'incontro non è mai cominciato. -
- Che intendi? -
Un "oh" sbalordito la costrinse a voltarsi: Abayomi si era alzato e si stava togliendo la polvere di dosso con gesti annoiati, come se non fosse accaduto nulla.
- Cos'è che hai detto prima? Ah, sì, che "volevi porre fine a questa pagliacciata". Che peccato che tu la definisca così, mi sono impegnato tanto per diventare il migliore. Ma è un bene che tu mi abbia scoperto: adesso posso fare sul serio. -
Abayomi la caricò. Schivò la sventagliata, riprese la spada e le balzò addosso. La incalzò in una serie di colpi fulminei, pressandola in modo da costringerla ad indietreggiare. Noriko arretrò, senza riuscire a passare al contrattacco. Non faceva nemmeno in tempo a deviare la prima lama che doveva già alzare una difesa contro l'altra. Saltò e Abayomi la seguì. Le calciò la sabbia negli occhi, fece una finta e menò un fendente a distanza ravvicinata. Ruotò quando Noriko piroettò indietro. Non appena lei si fermò, lui affondò, distendendo tutto il gomito e il braccio. Noriko si accucciò, spostando il peso da sinistra a destra, e scattò via, rapida come un gatto.
- Quello non è leale! -
- No, non lo era. - confermò Tyrron.
Nemeria non sapeva come interpretare quella sua tranquillità. Non capiva nemmeno come riuscisse a restare calmo.
- Perché non interrompono lo scontro? Quel colpo poteva ammazzarla! -
- Perché piace. Finché nessuno dei due si ferisce sul serio, Abayomi può fare quello che vuole. -
- Quando la ucciderà, sarà troppo tardi per intervenire. -
Tyrron non rispose e Nemeria dovette inghiottire il suo bolo d'insulti prima di tornare a guardare lo scontro.
Noriko non faceva altro che deviare e schivare. Anche quando riusciva a oltrepassare la difesa di Abayomi, i suoi colpi avevano meno forza e si trovava costretta a cambiare bersaglio, dal collo alla spalla, dal naso alla guancia. Un'esitazione di una frazione di secondo che a lui bastava per cambiare combinazione. Attaccava così in fretta che per Noriko era impossibile reagire.
"Ce la devi fare, forza!"
Noriko arretrò e caricò un pugno al fianco. Abayomi ruotò di qualche pollice, inclinò la schiena e le diede una spallata abbastanza forte da incrinare il suo equilibrio. Sfruttò la sua perdita di concentrazione per attaccarla. Una lama addentò la tunica all'altezza del braccio e l'altra, in un fendente diagonale, la ferì alla spalla opposta. Noriko si distanziò con un repentino salto all'indietro e rimase a fissarlo immobile. La sua espressione impassibile la faceva sembrare una statua in attesa. Abayomi le corse incontro e descrisse due ampi tondi all'altezza del collo. Noriko non si mosse.
- Togliti! - urlò Nemeria e anche qualcun altro nel pubblico.
Le spade si chiusero sotto la mandibola come una forbice. Il filo delle due lame premette contro la pelle. Abayomi ghignò e la pelle bruciata si tese sulle ossa sporgenti del suo teschio.
- Che sfortuna, anche questa volta mi hai scoperto. Sei proprio una guastafeste. - gettò entrambe le armi a terra e alzò le mani, - Mi arrendo. -
Noriko lo afferrò per le spalle e lo tirò a sé. Raffiche di vento sollevarono la sabbia in sferzate violente.
- Oh, la bambolina si è arrabbiata? Allora hai dei sentimenti, lì dentro. Se avessi tirato fuori questa grinta prima, forse non mi sarei stancato di giocare con te. -
Nemeria non riuscì a sentire la risposta di Noriko, ma la sua espressione furiosa parlava per lei. Abayomi, però, scoppiò in una grassa risata. Le grate vennero sollevate e le guardie li accerchiarono.
- Lascialo andare. - le intimò il capitano.
- Dagli retta. Insomma, la nostra cara fiammella ha già perso un amico. Sarebbe tragico se perdesse anche te, non trovi? -
Abayomi gettò la testa all'indietro per incrociare lo sguardo di Nemeria col suo unico occhio. Sapeva che era lì, lo aveva sempre saputo, e quando la trovò, si passò la lingua sulle labbra secche.
- Asira, lascialo andare. Non ho intenzione di ripeterlo una seconda volta. -
I soldati sguainarono le spade e si fecero più vicini. Noriko lo sollevò ancora più in alto senza che lui opponesse resistenza. Quando lo scaraventò a terra e gli strappò la pietra di luna dal collo, Abayomi rimase interdetto e poi scoppiò a ridere. Non aggiunse altro, nemmeno quando i soldati li scortarono fuori dall’arena.
- Non è andata così male. - commentò Morad.
- Di sicuro è andata meglio della volta scorsa. - Tyrron si volse verso Nemeria, - Non ho voglia di rimanere qui a vedere le altre esibizioni. Andiamo a recuperare Noriko e vi riporto indietro. -
Bahar e Noriko erano fuori dagli spogliatoi ad aspettarli. Una volta tornati alla Scuola, dopo un inchino si separarono.
- Ho bisogno di un bagno, e anche tu. - disse Noriko.
Nemeria non poté che annuire. Forse sarebbe stato saggio parlare prima con Nande per far controllare il braccio, ma aveva bisogno di lavarsi di dosso il sudore e la sensazione di sporcizia che lo sguardo di Abayomi le aveva trasmesso. Passarono in camera giusto per prendere un cambio e si diressero alle vasche. Noriko si immerse del tutto, mentre Nemeria dovette accontentarsi di avere l’acqua solo fino alle ginocchia.
- Questo è tuo. -
Noriko poggiò la spugna con cui le stava lavando la schiena e le legò il ciondolo attorno al collo. Le fiamme di Agni si affievolirono fino a diventare un crepitare di braci.
- Non avresti dovuto rischiare tanto per me. -
- Invece sì. So quanto significa per te. Non fare del mio meglio sarebbe stato un’offesa nei tuoi confronti. -
Nemeria sfiorò con la punta delle dita la superficie liscia della pietra di luna. Eccola lì, era di nuovo tutto come doveva essere.
- Grazie… sono in debito con te. -
- No, non lo sei. -
Come a voler chiudere la conversazione, Noriko scivolò di nuovo nella piscina e si abbandonò con la testa contro le sue gambe. I capelli rossi galleggiavano sul pelo dell’acqua, aperti come i petali di un gigantesco anemone.
- Cosa intendevi con “porre fine a questa pagliacciata”? -
- Che mi ero stufata di essere presa in giro. Vedevo che non riuscivo a colpirlo, ma lui continuava a fingere di incassare. -
- A fingere di incassare? -
- Sì, finché non ha deciso che aveva voglia di applicarsi. -
Nemeria non riusciva a crederci. Lo aveva visto coi suoi occhi cadere e aveva gioito per ogni colpo andato a segno, così come i pochi sostenitori di Noriko. Aveva davvero creduto che stesse andando tutto bene, finché non aveva guardato Tyrron.
- Era tutta una recita… -
Noriko annuì e volse lo sguardo verso il soffitto.
- E come facevi a sapere che non ti avrebbe uccisa? -
- È troppo astuto per fare una cosa del genere. Ciononostante, non ne ho avuto la certezza finché non ha cambiato bersaglio. - si abbracciò, passando le mani sulla spalla e sul braccio dove, prima che i curatori intervenissero, ci sarebbero dovute essere le due ferite, - Allora ho capito che stava di nuovo recitando. -
Nemeria si mordicchiò le labbra, poi passò a tormentarsi le dita.
- Al tuo posto, non so se avrei avuto così tanto coraggio. - ammise.
- Ho solo valutato la situazione. Se non fossi stata sicura che si sarebbe fermato, non lo avrei fatto. - Da dietro le ciglia schiuse, le sue iridi avevano assunto la stessa sfumatura del cielo dopo un terribile temporale, un azzurro intenso. Nemeria si piegò sopra di lei e catturò un ciglio.
- Sopra o sotto? -
- Cosa? -
- Devi capire se il ciglio sarà sul dito di sopra o sul dito di sotto. Se indovini, il desiderio che esprimerai si avvererà. -                                                  
Noriko rimase in silenzio, come se stesse soppesando la sua proposta.
- Sotto. -
Nemeria aprì le dita e le mise il pollice davanti al naso.
- Esprimi un desiderio. Non devi dirlo ad alta voce, però. -
- Perché? -
- Perché sennò non si realizza, ovvio. -
- Va bene, come vuoi. -
Tacque per un po’, galleggiando a braccia e gambe aperte. Si chiuse il naso e immerse la testa un paio di volte, finché i capelli non le scivolarono tutti all’indietro, in una chioma compatta e in ordine.
- Andiamo. -
- Hai espresso il desiderio o hai solo fatto finta? -
- Hai detto tu di non dirlo ad alta voce. - si issò sul bordo e poi l’aiuto ad alzarsi, - È ora di pranzo. Sarai affamata. -
- No, non molto. E non guardarmi così! -
- Così come? -
- Come se stessi dicendo una cosa stupida. -
Noriko abbozzò un mezzo sorriso e le elargì una carezza sulla testa, prima di darle le spalle per vestirsi.
All’ora di pranzo, venne servita la solita porzione di legumi, uova e carciofi, accompagnata da una fetta di pane nero. Nemeria si sedette a tavola e, ancor prima di realizzare che cosa ci fosse nel piatto, le si aprì un buco nello stomaco che la indusse a prendere le posate e a divorare tutto sotto lo sguardo divertito di Noriko.
- Non dire niente. - la minacciò con la forchetta e la sua amica tornò a mangiare, facendo finta di niente.
Né Durga né Ahhotep si fecero vedere. Nemeria gettò di tanto in tanto un’occhiata all’entrata e scandagliò i visi dei pochi gladiatori che erano in refettorio con loro. Insistette per rimanere ancora lì ad aspettare anche quando entrambe avevano finito il pasto. Quando l’ultimo allievo rimise a posto il vassoio e uscì, capì che non le avrebbe viste quel giorno.
- Forse dovremmo andare controllare se Durga sta bene. - disse, mentre si avviavano in infermeria.
- Durga sarà la tua avversaria, domani. Se vedessi che si sente male, durante lo scontro non daresti il meglio di te. -
- Ma Durga è una mia amica. Non posso starmene qui con le mani in mano. -
- Anche se andassi da lei, non potresti fare nulla. - sospirò e la costrinse a fermarsi sulla soglia dell’infermeria, - Lo so che le vuoi bene, ma non devi perdere di vista l’obiettivo. Come ti ha detto Tyrron, non puoi più permetterti ripensamenti. -
Nemeria aggrottò le sopracciglia. Prese tra indice e medio la pietra di luna e la fece rotolare tra le due dita.
- Se dovessimo finire noi due in finale? -
Noriko non rispose subito. Ritirò la mano dalla sua spalla e se la passò sul collo, mentre faceva scrocchiare i muscoli delle spalle.
- Riavere la palla di pelo è la tua priorità. Tutto il resto viene dopo. -
- Anche se il mio avversario fossi tu? -
- Sì. -
Aprì la porta e le fece cenno di entrare. Era il suo modo di chiudere la conversazione e Nemeria capì che non era il caso di insistere: quella indecisa era sempre stata lei, non Noriko.
Dopo la visita di Nande, il resto del tempo fino a sera trascorse quasi senza che lei se ne accorgesse, tra gli esercizi per richiamare l’elementale e gli allenamenti di Noriko. Ora che aveva di nuovo la pietra di luna, attingere al potere di Agni le veniva più difficile, anche se non di molto. La corda, quando discendeva, si impigliava con maggiore facilità tra le rocce, ma le bastava uno strattone, un impeto di volontà, e riusciva a incanalare le fiamme sul palmo.
La sera cenarono da sole. Quando finirono e si avviarono in stanza, Nemeria si fermò sulle scale: una delle ultime porte era la stanza di Durga e Ahhotep. La distanza di pochi passi sembrava un abisso.
- Nemeria, è tardi. Andiamo. - la esortò Noriko.
Nemeria indugiò, un piede a metà tra lo scalino e il corridoio di pietra. Noriko si allontanò, lasciandola a fare i conti con la sua scelta. Anche se stemperata, l’amarezza era più straziante di un coltello tra le costole. E mentre saliva le scale, Nemeria si sentì la peggiore amica del mondo.
 
- ****! ***************! –
Nemeria smise di intrecciare la corona di fiori e alzò lo sguardo. *****, Dendera e Chione le vennero incontro e si sedettero vicino a lei.
- Vorrei finire qui. Mia mamma non sta molto bene e ci tenevo a portarle un regalo. -
- Però quando finisci, se non vieni a giocare con noi mi arrabbio. -
Dendera finse di imbronciarsi. Sua sorella Chione le aveva appena tagliato i capelli a caschetto, forse nella speranza di domarli. Secondo Nemeria stava meglio prima, ma sapeva che la sua amica non avrebbe accettato nulla all’infuori dei complimenti.
- Sbrigati a finire. Ce ne manca uno per giocare a palla avvelenata e tu ora stai meglio. Stai meglio, giusto? -
- Sì. Mamma ha detto solo che devo stare attenta e cercare di non sudare. -
- Allora forse sarebbe meglio se tornassi in tenda, no? -
Nemeria le riservò l’occhiata più truce del suo repertorio. Da quando Chione era diventata amica di Ziba, non riusciva a sopportarla. Voleva sempre estrometterla da tutto e si divertiva a prenderla in giro alle sue spalle, quando pensava che lei non potesse sentire. Come facessero Dendera e ***** a non risponderle male era un mistero.
- Sto bene. - ripeté, scandendo le parole, e si rivolse di nuovo a Dendera, - Tra poco ho finito. Intreccio gli ultimi fiori e sono da voi. -
Chione storse il naso, ma non disse nulla. Aiutò sua sorella ad alzarsi e tornarono nello spiazzo di terra che era stato adibito a campo da gioco per comunicare la decisione agli altri. Ziba sbuffò e Chione le si accostò all’orecchio, sussurrandole qualcosa che la fece ridere.
“La detesto.”
Nemeria agitò le mani e attese che il calore regredisse: non voleva dare fuoco né alla corona di fiori né al prato, anche se la tentazione di mettere la mano rovente sulla faccia di Ziba era tanta. Prese un bel respiro profondo, come le aveva suggerito Etheram, e riprese il lavoro. La rilassava, in un certo senso. Non le piaceva attendere o stare ferma, ma quando l’anno precedente si era rotta il braccio era stata costretta in tenda così a lungo che alla fine si era dovuta trovare qualcosa da fare. E occuparsi delle piante di sua mamma si era rivelato divertente, soprattutto quando Hediye le aveva insegnato a intrecciare i fiori in bracciali e corone.
- *****************************. -
Nemeria si interruppe e aggrottò le sopracciglia. ******* si stagliava contro il sole e proiettava la sua ombra su di lei. In controluce, sembrava ancora più sottile di quello che già era.
- Fa nulla. È lei la stupida se si comporta così. -
Pensava che ******* se ne sarebbe andato, invece rimase lì a farle ombra. Quando rialzò lo sguardo, vide che la stava ancora fissando. Anche se in quella figura indefinita di luce non riusciva a vedere il suo volto, sapeva che era lei il fulcro della sua attenzione.
- **************? -
- Stasera? Non lo so. Non credo, in realtà. Mamma non sta molto bene e volevo stare un po’ con lei. -
Lui annuì. Si accucciò davanti a lei, spostando il peso da una gamba all’altra un paio di volte, prima di decidersi a sedersi. Colse una margherita con i petali stropicciati macchiati di fango e gliela porse.
- Non mi serve, grazie. Ne ho già raccolte un po’, vedi? - con un cenno del mento gli indicò il mazzetto che teneva a portata di mano, - Anzi, ne ho prese anche troppe. -
- *********************. -
Nemeria non si rese conto che stava sorridendo quando prese il fiore.
- Davvero è per me? -
- *****. -
- Sei gentilissimo, grazie. -
Portò la margherita sotto il naso e ne inspirò il profumo. ****** si spostò più vicino a lei e intrecciò le dita sopra le ginocchia. La tensione che gli irrigidiva le spalle le fece capire che aveva altro da dirle e, anche se Nemeria scalpitava e si sentiva le orecchie in fiamme, si morse la lingua e aspettò che fosse lui a parlare per primo.
- ********************? -
- Ma le stelle sono infinite, perderemmo il conto subito! -
- ******* - si mordicchiò le labbra e inclinò la testa di lato, - ***************************. -
Stavolta fu Nemeria a distogliere lo sguardo. Strinse al petto la margherita e se la infilò tra i capelli, sopra l'orecchio. Non riusciva a smettere di sorridere.
- Sono sicura che mamma mi dirà di sì. E anche se non mi desse il permesso, verrò. Dove ci troviamo? -
- *************************? -
- È quella vicina ad Asa, giusto? -
Lui annuì e scavò due piccoli ventagli nella terra con la punta dei piedi. Si stringeva le ginocchia come se fossero la sua unica ancora di salvezza.
- ******************************************************. -
Nemeria sciolse le prime tre dita e le incastrò con le sue. Viste così, dalla sua angolazione, sembravano gli anelli di una catena. Una in via di forgiatura, per quanto le sentiva calde.****** alzò il capo e le scoccò un sorriso lieve, impacciato. Liberò anche l’altra mano e la lasciò scorrere sugli steli degli altri fiori che, subito, si allungarono, intrecciandosi da soli in una ghirlanda.
- ************************************. -
Nemeria ridacchiò. Impilò le due corone e si alzò, tirandolo su con lei.
- Stiamo in squadra insieme? -
- ***************************.  -
Nemeria gli diede un buffetto sulla guancia. Erano morbide e tonde, come le sue, con una leggera peluria simile a quella sulle bucce di pesca.
- Certo che mi va. - mentre camminava si voltò, lo prese per l’altra mano e lo strattonò per fargli capire di muoversi, - Corri, o Ziba comincerà senza di noi. -

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Himenoshirotsuki