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Autore: P h o e    18/06/2018    1 recensioni
Sul limitare del bosco, si nasconde un villaggio antico dagli oscuri segreti e dalle credenze popolari di un'era severa e rigida. La famiglia di Fine vive serena in questo villaggio, finché un malore non colpisce la madre Elsa.
Spezzata la quotidianità di quelle giornate con cui Fine era cresciuta e che amava, la fanciulla decide di intraprendere un viaggio che la porterà a scoprire i segreti più profondi di un bosco che si dice sia maledetto, per trovare una cura al malore della madre.
Ma non sarà sola.
| redmoon!centric/ con accenni di bluejewel | long fic | alternative universe |
Genere: Dark, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fine, Shade, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La maledizione del bosco
Capitolo II: amicizia stregata







 
L'aria gelida soffiava impetuosa, costringendo gli abitanti a stringersi nei pesanti mantelli di lana. Uno spiffero, che si distinse tra gli altri, fece scintillare gli spuntoni di ghiaccio formati durante il corso dell'inverno sui tetti delle abitazioni. Gli abitati evitavano di camminarci sotto per ridurre il rischio e altri facevano attenzione a non mettere i piedi sulle lastre di ghiaccio. 
Camminavo a passo spedito verso la bottega dello speziale, avevo bisogno di risposte e forse in uno spaccio che vendeva erbe medicinali e infusi, avrei trovato le risposte che cercavo. Spinsi la pesante porta di legno e mi scrollai di dosso la neve dai capelli. Conoscevo la ragazza a cui apparteneva quella bottega, o che se non altro le sarebbe appartenuta presto. 
La piccola campanella disposta sopra la porta suonò non appena varcai la soglia, l'aria profumava di mille odori diversi, speziati e floreali, non c'era una vera e propria definizione a quell'aroma miscelato.
Dal bancone spuntò improvvisamente un groviglio di ciuffi acquamarina che incorniciavano perfettamente un viso tondo e raggiante, Sophie possedeva quell'aria innocente che la contraddistingueva ancora da tutte le ragazze del paese, rivolgeva sempre i suoi sorrisi più luminosi a chiunque. 
«Fine!» esclamò infatti, scrollandosi dal viso una foglia che le era rimasta appiccicata, probabilmente si trattava di Eucalipto, «Come posso aiutarti?»
Sophie non era la vera proprietaria della bottega di medicinali, infusi e balsami lenitivi, sua madre gestiva lo spaccio e lei dava una mano quando poteva, ci sapeva fare nonostante la giovane età.
Mi affacciai al bancone, evitando prontamente di avvicinarmi troppo al calderone bollente che fumava e lei mi imitò, quel gesto mi ricordò quando io e Rein in tenerà età le confidavamo le nostre malefatte, ma la questione era molto più problematica e complessa.
«Si tratta di mia madre» sussurrai, nel caso ci fosse qualcuno nella bottega, «Ho bisogno di aiuto, non so a chi altri rivolgermi, siete ciò che di più vicino c'è ad una...»
Coraggio Fine, dillo.
«...Ad una strega» terminai, constatando che l'espressione di Sophie si era raggelata. 
Si scostò appena dal bancone e mi guardò come per capire le mie intenzioni, come se non mi conoscesse più e fossi stata ai suoi occhi una completa estranea. Strinsi le mani sul bancone e abbassai lo sguardo colpevole: Ciò che le stavo chiedendo andava contro ogni legge di quel villaggio.
Parlare di stregoneria era considerato un tabù, il terrore era così diffuso nel villaggio che al solo pronunciare quella parola gli abitanti cambiavano argomento per paura di essere accusati di praticare stregoneria e venir torturati. 
«Di che stai parlando? Non starai insinuando che qui prepariam» scattò subito Sophie, accigliata.
«Non intendevo dire quello, ho solo bisogno di sapere se voi avete mai venduto erbe ad una strega o qualcosa del genere» mi corressi subito, alzando lo sguardo disperato sull'amica, l'unico indizio da cui potevo cominciare me lo avrebbe potuto fornire solo lei, «Ti prego, mia madre è molto malata».
Sophie mi guardò compassionevole e alla fine sospirò, estraendo un pezzo di pergamena ingiallita e tagliuzzata male e intinse la piuma nell'inchiostro, iniziando a tracciare lettere lungo la carta. Pensai che in altri casi non avrebbe mai acconsentito a fornire tali informazioni, ma doveva essere stata riconoscente a mia madre per il dono di saper leggere e scrivere.
Mia madre non aveva mai sopportato le differenze sessiste che vigevano come legge all'interno del villaggio, si era sempre impegnata ad amare la propria famiglia, ma al tempo stesso di venir rispettata indipendentemente dal genere. E grazie alla sua tenacia aveva creato un progetto che forniva istruzione alle bambine che non potevano frequentare la scuola, insegnando loro a leggere e a scrivere.
Era un'ideale di donna che io ammiravo e che consideravo già avanti rispetto ai tempi di marcia di tutti gli altri. 
Nessuno era mai venuto a saperlo, il Borgomastro sicuramente non avrebbe mai approvato, ma finché veniva mantenuto segreto, non si correvano pericoli. E tra le bambine che vi parteciparono quando ancora avevamo poco più di sei anni vi era proprio Sophie.
Quando mi consegnò il biglietto con le informazioni, lo ripiegai e lo infilai nella tasca della gonna. Le dovevo molto, la ringraziai ripetutamente e corsi fuori. 
Il vento gelido mi travolse come un carro trainato dai cavalli, ma non ci badai troppo: Ero contenta perché avevo qualcosa con cui cominciare, avevo un indizio e potevo cimentarmi in qualcosa di nuovo e ottenere almeno dei risultati, non ero intenzionata a piangermi addosso mentre mia madre lentamente ci lasciava.
Immersa in quei pensieri, il mio scarponcino si impigliò inavvertitamente in un ramo basso e io ruzzolai rovinosamente a terra, con la faccia nella neve. 
Se le missioni dovevano iniziare con un primo passo, pensai che quello fu il peggior primo passo della storia. 
Fortunatamente una voce soave e una mano affusolata si posò sulla mia spalla, cautamente. Alzai lo sguardo e riconobbi subito la figura avvolta in un lungo mantello blu impreziosito sul fondo da complicati intrecci di passamaneria dorata. 
«Fine, tutto a posto?» domandò cortesemente. Non era altri che la madre di Shade, i suoi occhi erano così simili e così diversi a quelli del figlio, che adottavano lo stesso colore, ma al contempo quelli della madre erano dolci e cristallini, invece quelli di Shade erano duri e misteriosi.
Mi rialzai grazie al suo aiuto e scrollai via la neve dal mantello.
«Sì, sto bene...» risposi, tastandomi la tasca per capire se avessi ancora con me il biglietto.
Lei sembrò notarlo e sorrise, «Dovresti fare più attenzione, sai?»
E quella frase mi fece rabbrividire, il tono che aveva usato sembrava facesse riferimento ad una cosa soltanto: Il biglietto. I suoi occhi blu come la notte erano corsi subito alla mia tasca anteriore e con un'occhiata d'intesa mi fece capire di quante cose fosse al corrente.
«Posso offrirti una tazza di tè?» chiese cortesemente e io, stuzzicata dalla curiosità, accettai di buon grado.

Lo scalpitare degli zoccoli delle pecore al di fuori dell'abitazione si sovrapponeva allo scricchiolio del fuoco nel caminetto. L'aria calda che produceva il fuoco mi riscaldò le ossa ormai congelate, insieme al tepore del tè che Maria aveva preparato appositamente per entrambe.
La casa di Shade era più grande della mia, sebbene vivessero solo in tre: L'ampio ingresso era sorretto da delle travi così elaborate che forse solo quelle valevano una fortuna, dai muri partivano una serie di fiaccole a muro che si estendevano fino alla cucina, di fronte. 
Diversamente dalla casa in cui abitavo io, nella casa di Shade una volta salite le scale non vi era solo un soppalco, ma un vero e proprio piano, di cui poche case potevano vantarne il privilegio. I divani erano rivestiti dalla lana di pecora per riscaldare durante l'inverno e il camino occupava gran parte del muro, risalendo fino al soffitto.
Il bollitore di rame era stato portato in cucina con un centrino ricamato. Vedevo il mio riflesso stravolto attraverso il bollitore: Avevo un aspetto orribile per colpa dell'ansia. 
Sorseggiai amaramente il tè caldo e cercai di non guardare più la mia immagine riflessa. 
Speriamo che Shade non entri in casa proprio adesso, mi ritrovai a pensare egoisticamente in un momento del genere.
«Ho saputo di Elsa» esordì Maria con rammarico.
Non dissi nulla, mi limitai a serrare le labbra e a scrollare le spalle consapevole del fatto che in qualche modo il dolore ci accumunava, ma non potei frenarmi dal pensare che il dispiacere di quelli al di fuori della mia famiglia veniva esternato per dimostrare finta empatia per generalità che forse nemmeno comprendevano, forse si sentivano meglio così. Detestavo la pietà, ma quella donna era così dolce che per un attimo la mia collera si placò.
Un dubbio mi ronzava nella testa: Maria sapeva del biglietto e del nome che vi era stato scritto sopra?
Lo estrassi velocemente senza perdermi in troppi giri di parole e glielo mostrai. La vidi imperturbabile, come se già ne fosse a conoscenza e che anzi, mi fosse grata di averlo tirato fuori.
«Chi è Grace?» domandai impaziente, mostrando chiaramente il foglio di pergamena ingiallito.
Lei posò la tazza e si alzò, girando per la stanza in modo enigmatico. 
«Eravamo grandi amiche» rispose inaspettatamente, come se stesse per iniziare a raccontare una storia, «Vivevamo nello stesso villaggio, eravamo amiche d'infanzia, proprio come te e Shade»
Notai il suo sguardo rabbuiarsi e le dita lunghe stringersi nello scialle, «Poi, in età da marito, mentre io sognavo una famiglia e una casa, lei mi confessò di non sentirsi più parte del villaggio e che voleva praticare il suo mestiere nei meandri del bosco»
«Stregoneria» commentai, incapace di trattenermi. Quella precisazione però non fece altro che rabbuiare la donna dinanzi a me. 
«Se ne andò, mentre io restai qui per costruire la mia vita» continuò come se non avesse udito quello che avevo detto, «Passarono cinque anni e alla fine tornò, non mi sembrava vero, al tempo Shade era appena nato e quando la ospitai in casa lei rivelò ogni segreto, ero indignata»
Potevo solo immaginare: un argomento che se fatto uscire allo scoperto portava direttamente al rogo, doveva essere esiliato per ridurre ogni rischio.
Maria guardava fuori dalla finestra, oltre la coltre di nebbia che si era alzata insieme al tramonto del sole. Pensai che fosse bellissima, nonostante l'età, eppure così addolorata per quello che aveva passato.
«Al tempo avevo paura, con Shade ancora neonato, e la cacciai senza ripensamenti» terminò, passando silenziosamente un dito sotto l'occhio per asciugare i rimasugli di lacrime, «Se avessi saputo che non tutta la magia era cattiva...»
La guardai confusa: La stegoneria era un peccato vietato dalla chiesa, profanava Dio e sporcava l'anima fino a renderla impura. Era questa l'unica magia che conoscevo.
Ma poi, dal riflesso del vetro mi parve di scorgere il sorriso di Maria: Un sorriso comprensivo e paziente.
«Lei era una strega bianca» confessò.

L'aroma del té offerto dalla donna si era rivelato soporifero, la salvia aveva lavorato bene sulla stanchezza che mi portavo dalla sera precedente. La notte passata a rimuginare era rimasta insoluta e ora ne pagavo il prezzo. 
Non mi ero nemmeno resa conto di essere caduta in un profondo sonno, tra un racconto e l'altro di Maria ero riuscita a racimolare abbastanza informazioni che mi sarebbero certamente tornate utili. 
Ero consapevole del fatto di dovermi svegliare, ma la lana che ricopriva il divano era così accogliente che non ci fu possibilità per la mia coscienza di svegliarmi, oltretutto il calore che emava il caminetto mi costringeva a soccombere nei miei stessi sensi di colpa.
Nel delirio del sonno, avvertì due braccia forti avvolgere il mio corpo per trasportarlo in un posto più confortevole. Non compresi se fosse un sogno o effettivamente la realtà, ero in dormiveglia e l'unica prova certa che ebbi fu quando aprì lentamente gli occhi e strinsi la mano sul petto solido di qualcuno che non poteva di certo appartenere a Maria. 
Inalai gelosamente il suo profumo di cuoio e muschio e strofinai inconsapevole la guancia sul suo petto. 
Shade...







 

 
Nota autrice: 
Ed eccomi con il secondo capitolo bello fresco appena sfornato!
So di andare a rilento, ma voglio spiegare ogni capitolo in modo dettagliato e ovviamente mi sono permessa di lasciare una scenda redmoon alla fine, perché in questa storia ne vedrete tanta ;)
Spero vi sia piaciuto, alla prossima! 
P h o e
  
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