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Autore: Kim WinterNight    18/06/2018    5 recensioni
Avete mai notato che quando salite sui mezzi pubblici finite per incontrare le peggiori specie di umanità senza raziocinio?
Non serve che lo neghiate, capita a tutti!
Ebbene, ho deciso di raccontarvi cosa capita a me quando salgo a bordo di simpatici autobus o sfreccianti treni, per non parlare di quei meravigliosi aerei...
Insomma, tutto ciò che leggerete in questa raccolta di scempiaggini mi è capitato davvero; questa è la dimostrazione del fatto che la realtà è sempre peggio di ciò che è frutto della nostra fantasia o immaginazione!
Genere: Commedia, Demenziale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense, Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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ReggaeFamily

Brochure e vivavoce




Autobus extraurbano, primo pomeriggio


Stavolta me lo sento: morirò.

Sì, perché sono seduta sul primo sedile alla destra dell'autista, e posso vedere cosa sta combinando mentre guida.

È ovvio. Stare attenti alla strada è troppo difficile per chi conduce un autobus per lavoro, diventa noioso. Me ne rendo conto.

Ma forse quest'essere dovrebbe tenere in considerazione che su di lui ricade una certa responsabilità, ovvero l'incolumità di noi passeggeri.

Cerco di non pensarci, di concentrarmi sul panorama piuttosto penoso che si srotola oltre i finestrini e il parabrezza, ma è impossibile non notare il conducente che legge un depliant o una brochure, non sono in grado di capirlo perfettamente.

Cosa ci sarà di così importante in quel pezzo di carta? Non lo so, ma mi sento addosso un'ansia terrificante.

Dopo qualche tempo, il suo cellulare comincia a trillare per avvisarlo dell'arrivo di numerosi messaggi. Allora lui prontamente molla il depliant e afferra lo smartphone, cominciando a leggere messaggi su WhatsApp come se si trovasse nel salotto di casa sua.

Trascorre così alcuni minuti, e inoltre si impegna a rispondere a tutti o digitando sullo schermo, o registrando delle note vocali.

Quanto vorrei che per strada ci fosse un posto di blocco che lo fermi e gli impedisca per il resto della sua vita di guidare legalmente un qualsiasi mezzo di locomozione...

L'autobus rallenta e accelera a caso, visto che l'autista è distratto dalle sue attività super interessanti. Motivo per cui potrei anche rimettere il pranzo, ma meglio cercare di non farci caso.

Quando siamo poco distanti dal paese verso cui siamo diretti, il tizio riceve una chiamata.

E indovinate? Risponde!

«Oh, ciao. Sì, ascolta, per la partita di domenica di' a Fabrizio di portare quel foglio che ti stavo dicendo ieri... sì, sì, tranquillo... lui lo porta, tu firmi e basta. Facciamo una foto, così è tutto chiaro. Sì, tranquillo, è giusto una cosa burocratica, non preoccuparti. Macché, non pensarci! Dai, sì, ti ho detto: lui porta il foglio, tu firmi, stretta di mano, foto, fine. Tranquillo...»

Perché ho la vaga impressione che tutto ciò che sta dicendo assomigli a uno scambio illegale di sostanze stupefacenti o di documenti che potrebbero cambiare il corso dell'intero universo? Sta usando un tono cospiratorio che non mi piace affatto. Oddio, ci mancava solo questa.

«Sì, è tutto calcolato, non entrare in paranoia. I ragazzini poi fanno la partita, il presidente è contento e noi facciamo la nostra bella figura» continua l'autista, raggiungendo a tentoni una rotonda che ci permetterà di entrare in paese.

Stringo le dita attorno alla stoffa del giubbotto, aspettando il momento in cui ci sarà la curva.

«Okay, dai, tranquillo. Capito tutto? Ci vediamo domenica verso le tre. Anzi, alle tre. Puntuale. Ciao.»

Forse è la volta buona che questo mentecatto si concentrerà sulla guida. Giusto il tempo di entrare nel centro abitato, e l'autista afferra nuovamente la brochure, riprendendo a leggerla con estremo interesse.

Per fortuna sto per scendere, non ne posso più.

Una volta all'aria aperta, tiro un sospiro di sollievo. Sono arrivata anche oggi sana e salva.



Autobus extraurbano, tardo pomeriggio


Dopo il viaggio traumatico che ho vissuto all'andata, spero vivamente che ora vada meglio.

Quando mi rendo conto che l'autista è lo stesso che ho incontrato prima, il mio cuore perde un battito.

Posso solo sperare che abbia finito di organizzare la partita di domenica e il rito con tanto di foto e firma di chissà quali documenti, che abbia concluso l'avvincente lettura del depliant e che non abbia milioni di importantissimi messaggi su WhatsApp a cui rispondere nell'immediato.

Per fortuna tutto sembra andare meglio, il viaggio scorre abbastanza bene, tranne qualche interferenza causata dai messaggi sul cellulare dell'autista.

Mancano solo due fermate prima che io possa scendere e tornare finalmente a casa; ci troviamo di fianco alla stazione ferroviaria, e io so bene che gli autobus tendono a fermarsi un po' più a lungo in questo punto. A volte aspettano uno o due minuti, attendendo eventuali treni in ritardo.

Stiamo per ripartire, quando un gruppo di sessantenni raggiunge trafelato il mezzo e si arrampica su per i gradini, facendo un baccano incredibile. Sembra un branco di ragazzini delle medie in gita scolastica.

C'è chi oblitera biglietti, chi ride, chi cerca il posto più adatto a sé, chi grida da un capo all'altro del corridoio, chi ammicca con qualcun altro... un delirio. E poi gli adulti hanno anche il coraggio di criticare i giovani, dando loro dei maleducati? Io sono basita.

Uno di questi esemplari di sesso femminile si posiziona a pochi sedili dal mio, e subito comincia a urlare: «Anna? Anna? Non ti sento! Tu mi senti?».

Non riesco a capire con chi stia parlando, finché non sento una voce metallica provenire dal punto in cui si trova. Realizzo che ha impostato il vivavoce e che sta parlando al telefono.

Con l'altoparlante? Ma ha problemi di udito? Non ha delle cuffie?

«Sì, adesso ti sento! Dove sei?» risponde la voce di una donna al telefono.

«In pullman, stiamo rientrando! Ascolta, quando arrivo ti chiamo? No, aspetta... chiamo Augusto e faccio venire lui alla fermata!»

«Non fa niente, posso venire anche io! Eh, mi devo cambiare perché stavo facendo giardinaggio, però...»

Interessante. Chissà se questa povera vittima di Anna sa che tutto l'autobus sta ascoltando i fatti suoi.

Per fortuna non sento più altro, perché finalmente raggiungiamo la mia fermata e io posso uscire da quell'asilo nido di voci stridenti e pazzi invasati.


Come dice Caparezza in un suo brano:

Vorrei solo una vita serena, minchia!”



- - - -


Cari lettori, sono tornata finalmente a raccontarvi un altro po' di disavventure sui mezzi pubblici ^^

Non commenterò oltre, vorrei solo sapere, per l'ennesima volta, se queste cose succedono solo a me o se posso sentirmi meno sola, rendendomi conto che magari anche a qualcun altro capitano certi elementi fuori di testa o.o

Grazie per essere ancora qui, spero almeno di farvi sorridere con questi piccoli stralci di vita :D

Alla prossima ♥

  
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