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Autore: Hypnotic Poison    18/06/2018    3 recensioni
A Thousand Worlds To Break Our Hearts: The End.
« Ah, voglio, voglio, voglio! Quindi proprio non l'hai capito che è proprio questo che vi causa così tanti problemi. E io che pensavo che magari questi viaggetti vi avrebbero fatto capire qualcosa. Così ottusi... Costanti delusioni, voi umani. Sappiate, però, che solo perché lasciate questo posto, non significa che esso lascerà voi. » [...]
«Fatemi capire bene. Siete andati su Gea per cercare una caverna magica, dove avete incontrato una specie di strega in un labirinto uscito dal nulla, che vi ha fatto vedere solo mondi alternativi in cui non siete insieme?»
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish, Mint Aizawa/Mina, Ryo Shirogane/Ryan
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A thousand worlds to break our hearts'
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Thursday

 

 

Ichigo si controllò un’ennesima volta allo specchio, in cerca di ogni minimo dettaglio fuori posto. Si voltò per osservare il modo in cui il corto vestito mono-manica nero, di un morbido tessuto arricciato, le abbracciava le forme, poi sistemò le increspature dolci e rigide dorate che le incorniciavano la spalla destra, aggrottando la fronte perché l'ennesimo ritocco continuava a non convincerla. E dire che le era piaciuto così tanto quell'abito quando l'aveva trovato da non avere avuto il minimo dubbio che sarebbe stato ciò che avrebbe indossato alla sua cena di prova.

Anche se era vero che al tempo aveva avuto molti meno dubbi su tante cose.

Fece un respiro e si sistemò un'ultima volta i capelli – per l'occasione portati indietro solo da un lato da un pettinino anch'esso dorato e morbidamente arricciati – prima di passare sulle labbra uno strato veloce di rossetto matte rosso scuro.

« Baby, are you ready? We can't be late. »

La voce allegra di Ryo la raggiunse in bagno, provocandole un brivido di nervosismo più del solito.

« Mi metto le scarpe e ho fatto, » rispose sottovoce.

Lui comparve sulla porta, elegante nella camicia bianca, facendo penzolare i suoi sandali neri intrecciati da un dito: « Al suo servizio, principessa. »

La rossa scosse la testa e alzò gli occhi al cielo mentre li afferrava di scatto: « Sono costosi, » borbottò.

« Really, I would have never thought so. »

Decise di ignorare il suo sarcasmo e si sedette sulla vasca da bagno per allacciarsi le scarpe. Il cuore le stava battendo forte contro il petto, portandole una fastidiosa sensazione di mancanza d’aria nei polmoni. Deglutì forte, cercando di schiarirsi i pensieri e far calare il tappo che provava nelle orecchie.

E pensare che fino a quel pomeriggio era andato tutto bene.

Aver fatto pace con Minto, la giornata precedente, aver passato una serata tranquilla sul suo divano a cercare di distrarla con gelato, pettegolezzi e particolari organizzativi critici del suo matrimonio l’aveva riempita di una calma che non si era resa conto di mancare da un po’. Il sorriso della sua migliore amica e il modo in cui in cinque secondi le aveva risolto la disposizione degli ospiti, al tempo stesso, le avevano riportato di nuovo a galla i sensi di colpa, soprattutto quando si era soffermata sulle occhiaie scure della ballerina. Ma le era sembrato tutto un buon segno, in fondo. Aveva pensato che se Minto aveva accettato di ragionare con lei, non si sarebbe preclusa la possibilità di ragionare al più presto possibile con Kisshu, e le aveva confidato borbottando ciò che era successo e come si erano salutati al loro ultimo incontro. Ichigo non aveva voluto altro che anche quella sera passasse perché così tutto si potesse finalmente rimettere a posto.

Non aveva calcolato che tutta l’ansia di tutta quella circostanza sarebbe piombata su di lei non appena si fosse infilata quel maledetto vestito nero.

Fece un altro respiro e si alzò dalla vasca da bagno, soffermandosi un secondo per confermare di avere equilibrio sui tacchi di dieci centimetri – per quanto le piacessero, non riusciva ancora a capire come Zakuro potesse camminare su cose del genere come se stesse camminando scalza sul parquet, ma dopotutto, lei non era una modella rinomata in tutto il mondo. 

Uscì nel corridoio, agguantando nel frattempo la pochette nera lucida che aveva appoggiato sulla libreria lì davanti esattamente con l’intento di non dimenticarsela. Ryo stava aspettando all’inizio delle scale, l’attenzione rivolta al telefonino stretto in mano; la luce del corridoio era spenta, quella che proveniva dal piano di sotto era l’unica che lo colpisse, scolpendogli ancora di più i tratti magri e ben disegnati del viso. Ichigo si fermò a osservarlo, il cuore che accelerò i battiti gonfiandosi di necessità e amore per quel ragazzo, un briciolo di consapevolezza che le scoppiettò allegramente nello stomaco. Si avvicinò a lui in fretta, una mano che si posò sulla sua nuca per tirarlo vicino, l’altra che sgusciò attorno alla sua vita.

« Sono pronta. »

Ryo sorrise e le baciò la fronte, evitando accuratamente le labbra tinte: « Brava gattina. Saremo incredibilmente in orario. »

Lei chiuse gli occhi, godendosi il calore del corpo contro al suo, la sensazione delle labbra contro la sua pelle: « I love you. »

L’americano rise e le prese il viso tra le mani, sfiorandole il naso col proprio: « Aaah,  ma questo non vale, vestita così… »

« Ti piaccio? » domandò contenta lei, stringendogli i palmi e allontanandosi quanto bastava per farsi ammirare.

« Sempre, ginger, » rispose lui e la riagguantò per la vita, « Ma non posso mostrarti esattamente quello che penso o faremo tardi. »

Ichigo rise e si agganciò al suo braccio così da essere sicura di un appoggio mentre scendevano lentamente le scale, il cuore un po’ più tranquillo come tutte le volte che sentiva il profumo del suo fidanzato così vicino a lei. Si strinse ancora a lui, lanciandogli un sorriso, tentando di tenere sotto controllo anche l’ansia che sentiva indugiare alla bocca dello stomaco. Ryo le aprì la portiera della macchina quando arrivarono in garage, sorreggendola per la mano mentre lei scivolava sul sedile basso mugugnando come al solito su quanto quel veicolo fosse affascinante quanto scomodo.

« Lo sai che un certo giorno dovremmo cambiare macchina, no? » lo prese in giro mentre iniziavano a sfrecciare tra le vie affollate della città.

Ryo le lanciò un’occhiata divertita dal sotteso di quella frase: « A quel punto, ginger, mi limiterò a comprarne una tutta per te così da tenere la mia bambina per i viaggi in solitaria. »

« La tua bambina, ma sei serio? » sbuffò lei, offesa per finta, pescando il cellulare dalla pochette e scorrendo i messaggi che le erano arrivati con un pollice coperto dallo smalto scuro che Minto le aveva applicato “prima della manicure vera e propria per sabato, così avrebbe smesso di mangiarsi le unghie”.  «Spero che gli altri arrivino dopo di noi, » continuò dopo poco, « Così sarà meno imbarazzante entrare nel ristorante. »

La mano destra di Ryo si posò sul suo ginocchio per darle conforto: « Ci sono solo persone che conosci da una vita, non preoccuparti. E poi è per questo che bisogna essere puntuali. »

« Ora non ti puoi lamentare. »

L’americano le diede una stretta giocosa, poi le lanciò un’occhiata veloce, studiando il volto tondo impegnato a rispondere ai trecento messaggi che sapeva esserle arrivate sul gruppo chat con le altre ex Mew Mew. Gli sembrava calma, anche se stanca. Non che lui fosse così ingenuo da pensare che tutto fosse completamente a posto, e gli rodeva ammettere che probabilmente quel goccio di angoscia che provava non si sarebbe acquietato finché non l’avesse vista accanto a lui in bianco, una fede di oro bianco sicura al suo anulare. L’aver fatto pace con Minto, almeno, sembrava aver avuto un effetto non da poco sull’umore della rossa, e lui era anche certo di dovere almeno una bottiglia di vino pregiato a Zakuro, che l’aveva presa sotto la sua ala negli ultimi giorni ancora più del solito.

Doveva resistere soltanto fino a dopodomani, si disse, e poi tutto sarebbe andato a posto come i pezzi di un puzzle.

Guidarono in silenzio, lui che continuò ad accarezzarle la gamba nuda mentre Ichigo canticchiava sottovoce tranquilla le canzoni che passavano alla radio.

Il ristorante che avevano scelto, sotto consiglio e influenza di Zakuro, aveva riservato loro un’intera sala privata per quella cena – molto più intima della cerimonia che si sarebbe celebrata da lì a poco -, con una lunga tavolata imbandita di centrotavola fioriti e candele, al centro della stanza completamente circondata da vetrate da cui si potevano ammirare tutte le luci della città. Ichigo non riuscì a trattenersi, spalancando occhi e bocca estasiata dall’eleganza di quel luogo.

« Minto sarà invidiosissima! » trillò divertita, girando su se stessa per osservare al meglio il luogo.

Ryo alzò gli occhi al cielo, il portafoglio improvvisamente più leggero anche dopo la contribuzione dei signori Momomiya per quella serata e il pensiero della bottiglia di vino per una certa lupa già quasi del tutto scartato, e le premette una mano sull’incavo della schiena per condurla dentro verso il tavolo a parte in cui erano già stati composti dei bicchieri di champagne.

« Facciamo un brindisi prima che arrivino tutti gli altri, che dici? » fece per passarle un flûte, ma poi si fermò a pochi millimetri dalle sue dita, « Anche se devi promettere di non esagerare. »

Ichigo storse il naso e afferrò il sottile gambo di cristallo: « Non essere troppo Shirogane. È la mia penultima sera da donna libera, dopotutto. »

« Ah-ah, divertente, davvero, » lui scosse la testa e batté appena il bordo dorato contro quello che teneva lei, « Alla mia simpaticissima fidanzata. C’è voluto tanto per farcela, ma tra due giorni finalmente la gattina più bella di Tokyo sarà mia. »

« Saresti tu quello simpatico? » gli fece il verso lei, poi gli strinse la mano e se la portò dietro la schiena per tirarsi più vicina a lui, guardandolo negli occhi, « C’è voluto tanto ma ne vale la pena, no? »

« I would wait my whole life for you, red, » Ryo le sfiorò appena le labbra, i rumori degli invitati poco lontani che cominciavano ad arrivare, ma lei sentì lo stomaco contrarsi solo a quel contatto, alla voglia e alla tenerezza che riusciva a trasmetterle solo così. Avrebbe voluto essere capace, in quel momento, di dimostrargli altrettanto, ma una voce conosciuta la distrasse, facendola ridere.

« Ma non bisognava aspettare la prima notte di nozze per tutte queste smancerie? »

Ichigo si illuminò nel vedere la seconda testa più bionda del loro gruppo, e si staccò da Ryo per andare a stringere Purin in un abbraccio caloroso.

« Ce l’hai fatta, allora! »

« Non potevo mica perdermi le nozze del decennio! » replicò lei, tutta un sorriso, « Sono atterrata stamattina giusto per l’occasione! »

« Ovviamente Taruto non ti mancava e non ha avuto niente a che fare con il tuo arrivo anticipato.»

« Vecchia, sarà anche il tuo matrimonio ma ci sono giusto un paio di piante qua che potrebbero tornare utili,»

Ichigo rise ancora e prese sottobraccio Purin, impaziente di farsi raccontare qualcosa del suo ultimo viaggio in Cina.

Ben presto la ventina di altri ospiti cominciò ad arrivare, riempendo la sala giusto in tempo per l’aperitivo di benvenuto con un chiacchiericcio allegro, ognuno indossando una rivisitazione del tema oro e nero che Ichigo aveva tanto voluto per quell’occasione. Molte paia di occhi, soprattutto i pochi colleghi di Ryo che poteva ormai considerare amici e che erano poco avvezzi alla sua presenza, si voltarono speranzosi verso Zakuro non appena lei fece il suo ingresso, come al solito cercando di mescolarsi alla folla senza riuscirsi troppo, Purin che richiamò subito la sua attenzione. Ryo fece appena in tempo ad alzare il calice nella sua direzione in segno di saluto, prima che una raggiante Sakura raggiungesse la coppia di fidanzati con affianco uno Shintaro ancora non troppo contento di dover lasciar andare Ichigo.

La modella sorrise appena nel vedere l’espressione di disagio e arresa del biondo, poi esaminò la sala in cerca di una testa corvina di sua conoscenza che aveva lasciato a cuocere nel suo brodo abbastanza a lungo.

Minto stava salendo le scale in quel momento, il viso di qualcuno che avrebbe preferito davvero fuggire da lì. La modella la vide prendere un respiro e drizzare le spalle prima di entrare nella sala, proprio come avrebbe fatto un secondo prima di entrare in scena sul palco, un sorriso di circostanza davvero studiato che le si disegnò sulle labbra coperte di rossetto scarlatto. Si fece largo tra la gente e la raggiunse, Minto che la osservò da capo a piedi prima di rivolgerle un sorriso stanco.

« Stai per dirmi che è solo una cosa che hai trovato in fondo all’armadio, vero? » cercò di scherzare, riferendosi allo slip dress nero con un ghirigoro dorato leggero sul busto.

Zakuro sorrise e le passò un calice di champagne: « Omaggio di un photoshoot dell’anno scorso. »

La mora scosse appena la testa e prese subito un sorso, il dito indice che picchiettò nervoso sul gambo del bicchiere: « E’ molto bello, qui. Era da un sacco che volevo provarlo, ma le sale sono sempre riservate per eventi del genere. Ovvio che Shirogane sia riuscito a farsi spazio. »

La modella sbuffò sommessa: « Se lo meritano, non credi? »

Minto sospirò grave, cercando la figura morbida dell’amica tra gli altri: « Già… »

La viola la studiò un istante, incerta se aprire il vaso di Pandora. Ancora non aveva intravisto Pai o Retasu tra gli invitati, e viste le ultime coordinate di un altro fratello Ikisatashi, dedusse che nemmeno lui fosse già arrivato. La ballerina salutò Purin con una mano, e Zakuro sperò che Taruto le avesse fatto un resoconto veloce della situazione, così da evitare ulteriori catastrofi.

« Ti va se sabato mattina facciamo tutto a casa mia? » le domandò « Ho già detto a Ichigo che avrei fatto ritirare il vestito così saremmo state più libere, e ho tanto spazio vuoto in ogni caso. E meno oggetti fragili.»

Minto cercò di ridere: « Sì, me l’ha detto Ichigo che l’hai accompagnata tu sabato scorso, » Zakuro non mancò il tono leggermente irritato, come una frecciatina perché lei invece non aveva potuto godere della sua presenza, « Comunque a me va bene qualsiasi cosa, tanto so già che le verrà un attacco isterico e faremo tardissimo. »

Zakuro la osservò scrutare preoccupata la folla prima di prendere un sorso, poi schioccare la lingua e guardarla da sotto in su.

« Non c’è bisogno che vieni a controllarmi, comunque, onee-sama, » mormorò piano, « Sto bene, davvero. Sono grande e vaccinata, posso sopravvivere a una cena. »

La Mew lupo annuì, ben poco convinta: « Volevo solo sapere come stavi. Non mi hai risposto ultimamente.»

« Ho guardato poco il cellulare, » mentì lei, evitando lo sguardo viola, « Comunque… tutto okay. Ho solo voglia di rilassarmi, stasera.»

« Sono stata più vicina a Ichigo perché pensavo lei avesse più bisogno di te, » sentenziò Zakuro, « E perché se anche fossi venuta a dirti ciò che pensavo, qualcosa mi dice che tu non mi avresti comunque ascoltata.»

La mora sembrò accusare il colpo, annuì svogliata: « Lo so, e… ti ringrazio di avermi lasciato spazio. Io e Ichigo abbiamo già… risolto, in ogni caso.»

L’altra non domandò dell’altra persona coinvolta nella questione, ma fece solo un cenno della testa verso il tavolo con gli aperitivi: « Prendiamo qualcosa, ti va? »

Minto assentì subito, contenta del poter tallonare l’amica e cercare silenzioso conforto da lei tutta sera, seguendola tra la gente e reimpostando automatica il sorriso che in tutti quegli anni di ballo aveva imparato a ostentare convinta.

 

 

Retasu uscì dal taxi con uno sbuffo, una mano sul pancione e l’altra che si protese a stringere quella che Pai le stava porgendo per aiutarla.

«Dovremmo essere all’ultimo piano, » esclamò il marito, « Questo posto sarà assolutamente da Momomiya, vero? »

« Sarà elegantissimo, » lo riprese lei divertita, avviandosi su per la scalinata dell’entrata « Kisshu-kun, ci sei? »

Questi stava indugiando sul marciapiedi, fissando con aria nervosa quel palazzo: « Sì, voi andate su, io vi raggiungo tra cinque minuti. »

Gli occhioni blu di Retasu lo scrutarono preoccupati, ma lei mormorò un okay e si incamminò insieme a Pai lungo l’androne. Quando rimase da solo – per quanto da solo poteva essere in centro a Tokyo – Kisshu prese un respiro profondo, l’adrenalina che gli rombava nel petto da quel pomeriggio. Era da così tanto che aspettava quel momento, come una scolaretta agitata, e ora quasi temeva ciò che sarebbe potuto succedere. Doveva lottare contro il suo corpo perché i piedi si staccassero dal suolo e si muovessero verso l’entrata. Si passò una mano tra i capelli e poi infilò un dito nel colletto della camicia, tentando di allargarlo per riuscire a respirare meglio.

Si convinse che in ogni modo sarebbe andata, quello era il momento di risolverla. Non ne poteva più di non sapere, di non capire, di essere lasciato da solo con i suoi pensieri e la sua rabbia. Fece un altro respiro, esalando piano tra i denti, lo stomaco che si contorse tra l’ansia e la stizza che non era riuscito a farsi andare via in due settimane. In barba a tutte le regole, evitò l’ascensore, per lui decisamente claustrofobico, e si teletrasportò dietro l’angolo della sala da cui sentiva provenire un vocio allegro. Sbirciò appena per confermare che fosse quello lo spazio riservato ai futuri signori Shirogane, si stirò appena con le mani la camicia, ed entrò, il cuore che gli martellava in petto.

Non lo fece nemmeno apposta, ma sapeva che ormai era diventata quasi un’azione automatica: i suoi occhi individuarono subito la figura minuta ed elegante di Minto tra la folla, la chioma scura che lo chiamava a lei. Sentì il petto dolergli, la mancanza che sentiva che lo schiacciò come un macigno e che gridava perché andasse da lei, l’orgoglio che lo teneva lì inchiodato. Come aveva previsto, Zakuro le stava vicina, intrattenendola in una conversazione che sembrava abbastanza casuale, ma lei gli dava le spalle quindi non poteva ancora vedere il suo viso. Iniziò a muoversi ed incrociò invece lo sguardo della modella, che aveva cercato apposta. Si sarebbe aspettato di vederla minacciosa come al solito nei suoi confronti, invece le iridi lillà sembrarono quasi incalzarlo, una muta adesione nei suoi confronti.

O forse lui era impazzito del tutto.

Si fermò un secondo, a pochi metri da loro due, giusto mentre Zakuro si allontanava con una scusa che lui non udì ma che non sembrò allarmare la Mew bird. Kisshu prese un ultimo respiro e si avvicinò del tutto a lei, la gola in una morsa e le mani che si strinsero da sole.

«Stasera la damigella d’onore è più bella della sposa.»

Minto avvertì un brivido freddo nel percepire Kisshu dietro di sé, una calma inaspettata nella sua voce. Si voltò lentamente, stringendo il bicchiere che teneva in mano.

«Ciao, Kisshu

Lui la guardò con un sorriso accennato, riempendosi gli occhi di lei dopo quella settimana. Indossava una elegante tuta di seta nera con dei pantaloni a palazzo, accollata davanti ma che le lasciava la schiena scoperta fino a sotto le fossette di Venere, un fiocco dorato dai lunghi nastri che si chiudeva intorno al collo, lasciato libero dai capelli acconciati in una bassa crocchia sapientemente disordinata.

Forse anche gli altri l’avrebbero capito, ma lui, che ormai poteva leggerla come un libro aperto, sentì il cuore raggelarsi e scendere vertiginosamente nello stomaco a vedere l’ombra di tristezza sul suo volto, e sapere che – anche involontariamente – lui ne era la causa.

Non avrebbe potuto resistere oltre.

Si schiarì la gola, trovandola improvvisamente secca, e cercò di mantenere una certa compostezza mentre le porgeva la mano e faceva un cenno verso la veranda del ristorante: «Parliamo un attimo?»

La solita Minto lo avrebbe guardato storto, sibilandogli di non azzardarsi a fare scenate in pubblico e che certe cose andavano tenute per i momenti privati, invece annuì in silenzio, ignorò il suo palmo e lo seguì semplicemente, senza emettere fiato.

Uno splendido giardino artificiale, con i sentieri in ciottolato e tanti alberi in fiore, si stagliò davanti a loro, in contrasto con le pareti completamente a finestra com’era il ristorante, e i rumori della cena si acquietarono dietro al vetro della porta. Minto sospirò, appoggiandosi alla ringhiera e guardandolo, aspettando.

«Vivere in casa di Retasu e Pai sta diventando stretto,» Kisshu cercò di scherzare con una finta risata, poggiando anch’egli un braccio sul parapetto. Si sarebbe aspettato che lei gli rispondesse a tono, arrabbiata, qualcosa sulle linee del allora forse non saresti dovuto uscire di casa, imbecille, e invece spostò lo sguardo per fissare la città sotto di loro, annuendo poco convinta.

Kisshu si rese conto che non aveva mai visto la ragazza così vulnerabile, e di quanto lo stesse consumando lentamente. Non riusciva nemmeno a ritrovare quella collera nei suoi confronti che l'aveva alimentato nella testardaggine di ignorarla come lei stava ignorando lui, svanita all'improvviso nel guardarle il volto. E dire che aveva almeno tentato di prepararsi tutto un discorso, mantenere un certo atteggiamento, almeno tentare di fare il sostenuto, ma non si sarebbe mai aspettato di trovarsela davanti così… sconfitta. Come se si fosse aspettata un certo risultato da quell’incontro e non avesse possibilità di scelta, di cambiarne l’esito.

« A cosa pensi? » le chiese, senza nemmeno ponderare sul perché di quella domanda.

Minto si strinse nelle spalle, giocherellò con il bracciale d’oro bianco che indossava: « Non avevamo mai litigato così. »

« C’è sempre una prima volta per tutto, no? »

« Non necessariamente. »

Kisshu annuì, strinse la bocca in una linea sottile: « Non hai risposto alla domanda che ti ho fatto la settimana scorsa. »

La vide trasalire, continuare a fissare le proprie mani: « Credo che sia tu quello venuto a lasciarmi, no? »

Lui fece schioccare la lingua e sbuffò: « Non giocare la carta della vittima, Minto. Sai benissimo che le cose non stanno così. Non sarei qui a parlarti altrimenti. »

Un barlume del fuoco che l’accendeva sempre sembrò riapparire: « Mi verrebbe da pensare che mi si concederebbe almeno la grazia di lasciarmi faccia a faccia, dopo tutto questo tempo. »

« Non ho smesso un secondo di amarti, né ho mai pensato di lasciarti, » sbottò arrabbiato lui, cercando di regolare il volume della voce, « Quindi per una volta smettila di dire stronzate e ascoltami. »

Minto sembrò farsi più piccola, spostò nervosamente il peso da un piede all’altro intanto che continuava a evitare lo sguardo dorato che sentiva perforarla.

« Mi manchi, passerotto. A volte non vorrei, perché rende tutto più difficile, ma è così. Ed è normale, perché sono schifosamente innamorato di te da sei anni, e non ho intenzione di buttare la nostra storia nel cesso per i giochetti mentali di una disturbata,» Kisshu si passò rabbiosamente una mano nei capelli, scompigliandoli ancora di più, prendendo fiato dopo aver sciorinato quelle parole quasi senza pensarci, « A te non è piaciuto ciò che hai visto, ma non puoi farmene una colpa, perché non sono stato io a fare quelle cose. E non è piaciuto neanche a me quello che ho visto, sai, la differenza è che poi certe cose di te in effetti si sono avverate.»

La mora sussultò e strinse le labbra, le nocche che si tinsero di bianco attorno al bicchiere, così tanto che giudicò più sicuro poggiarlo su un tavolino di legno lì accanto.

«… è difficile fare i conti con i propri difetti sbandierati ai quattro venti e ingigantiti di sei volte, » sussurrò dopo un po’.

« Sì, specialmente quando si è una viziata permalosa, orgogliosa e maledettamente testarda. Tutti aggettivi che puoi usare anche con me, la differenza è che io per te mi faccio il culo in ogni caso. »

« Vuoi ricominciare a litigare? » la voce tremula non nascose ciò che lei stava cercando di celare standogli davanti di profilo, il viso girato verso le piante.

Kisshu sospirò piano: « No, passerotto, però, non posso neanche far finta di nulla. »

« Credi che non l’abbia capito? » la sentì tirare appena su con il naso, « Credi che sia stata a farmi i cavoli miei tutto il tempo, che non sia stata male da morire a ripensare a tutte le cose orribili di me che ci hanno mostrato? Per te è sempre tutto così… semplice. Tu sei quello sempre con i sentimenti chiari e facili, quello che si butta nelle cose senza pensare, per me invece… »

L’alieno fece un passo verso di lei, ma nello stesso istante Minto ne fece uno indietro, stringendosi le braccia intorno al petto.

« Stare come sono stata in questi giorni, senza di te… » scosse la testa, il viso rivolto verso il basso, « Mi ha fatto paura. »

« Io non voglio starci senza di te, » lui tentò di nuovo di avvicinarsi, cercò di incontrare i suoi occhi senza riuscirci, «Se ho capito qualcosa da questa esperienza, è che non voglio smettere di lottare per quello che abbiamo. Anche se a volte dovrò fare il lavoro per due perché tu hai la testa troppo dura. Ma non posso essere l’unico che lotta, e che si piega a certi compromessi. Sei così flessibile tu, poi, potresti sforzarti anche di esserlo in quella testolina. »

Minto gli lanciò un’occhiataccia, poco divertita dalla sua battutina: « Non te ne dovevi andare. »

« Lo so, ho fatto una stronzata. Tu però potevi venirmi a cercare. Ora che siamo giunti a questa conclusione, cosa? Credi che sia saggio rinfacciarci i se e i ma? »

« … hai passato troppo tempo con Retasu, stai quasi diventando una persona matura. »

Kisshu rise piano e le si avvicinò ancora, il suo odore che gli solleticò piacevolmente le narici, infondendogli una calma che gli era mancata: « Ci sono un po’ di cose di te che cambierei, tortorella, ma non potrei mai cambiare te. Credo di essere decisamente certo del fatto che tu sia la donna della mia vita, e lo sai che quando mi fisso faccio fatica a cambiare idea. »

La mora lo guardò da sotto in su, come se stesse riflettendo sulla cosa, poi sospirò: « Lo sai che… ho paura di perderti. È irrazionale pensare a te e Ichigo, lo so, però è incancellabile e… » scrollò le spalle, scostando lo sguardo con una punta di vergogna a dover ammettere di riportare ancora a galla quel discorso ormai antico.

« Tortorella, lo so. Anche Shirogane non è felice che Masaya sia stato invitato al matrimonio e che lui e Ichigo si scambino gli auguri di Natale, come Pai non è felice che Retasu abbia avuto una cotta per il biondino. Lo capisco, ma più che dirti che ormai per me è solo un ricordo anche abbastanza infelice, non posso fare altro. Se non dimostrarti tutti i giorni quello che provo per te. Però tu mi devi venire incontro. »

« Ho esagerato, » ammise dopo un attimo Minto, e lui poté vedere quanto le stesse costando pronunciare quelle parole, « Ma ho avuto paura. Era tutto più grande di me. »

« Non è molto difficile essere più grande di te. »

« Idiota. »

Lui rise e fece un altro passo avanti: « Anche io ho esagerato, tortorella. E mi dispiace, davvero. Però da un lato credo ci abbia fatto bene. Ci ha messo davanti degli specchi enormi e ci ha fatto capire molte cose. »

Minto annuì, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi: « Non ti azzardare mai più ad andare via di casa. »

« Non ti azzardare mai più tu a dire che non sei la cosa più importante della mia vita. »

Lei non rispose, ma fece un passo avanti e gli cinse il torso con le braccia, appoggiando il mento alla sua spalla e sospirando nel sentire la familiarità del suo profumo. Kisshu la strinse forte a sua volta, inspirando l’odore della sua pelle e approfittandone subito per riconquistare con le labbra la pelle liscia delle spalle.

«Lo sai che ti amo da impazzire,» le sussurrò all’orecchio, « Non ho intenzione di farti liberare di me così facilmente. E se proprio vuoi saperlo, ho tutta l’intenzione di dimostrartelo come si deve e ricordartelo ogni dannatissimo giorno dopo giorno dopo giorno, per il resto della vita. Specialmente le volte che te lo scorderai. »

Minto si staccò appena per guardarlo, curiosa e confusa: « … stai dicendo che - »

« Ah-ah-ah, » la interruppe lui, sogghignando, una mano che scese pericolosamente sotto al livello della sua vita: « Questo è il grande momento di Shirogane e Ichigo, non possiamo rovinarglielo. Pazienta un po’.»

Minto sussultò e strinse gli occhi, divertita, poi sospirò irritata: « Sei davvero un idiota. »

Lui rise e le prese la guancia per baciarla, incurante degli ospiti dall'altra parte della vetrata.

Solo Ichigo, però, li stava guardando, mordendosi un labbro. Si arricciava nervosamente una ciocca di capelli attorno al dito, desiderando che quella fastidiosa sensazione alla bocca dello stomaco le sparisse. Era contenta per la sua migliore amica, ovviamente; non c’era assolutamente l’ombra di dubbio su quello, l’aveva desiderato fortemente da quando aveva visto la sua espressione fuori dal Caffé, appena tornati da quel viaggio dell’incubo. Al tempo stesso, però, una parte di lei era tremendamente invidiosa. Aveva parlato e riparlato con Ryo, aveva cercato incessamente il suo calore in tutti quei giorni e sapeva che per lui non era cambiato nulla. In lei non erano cambiati i sentimenti, di quello era certa, ma…

C’era sempre un piccolo, misero, insignificante ma che le faceva paura. 

Avrebbe voluto mettere una pietra sopra tutto e poter affermare che non sentiva né dubbi, né rabbia, né colpa.

Avrebbe voluto fare quello che sapeva – ogni tanto – Minto fosse più brava di lei a compiere: riuscire a parlare di certi argomenti come un'adulta, pensare razionalmente e senza mettere da parte il cuore al tempo stesso.

Uno scoppio di risa la distrasse e lei sobbalzò, ritornando al presente. Ryo stava parlando con alcuni colleghi di lavoro, ma continuava a lanciarle occhiate preoccupate, e lei non poteva sopportare di sapere che lui temeva se ne sarebbe andata proprio in quel momento, che gli dicesse che il matrimonio stava saltando. Si odiava per quello. E si odiava perché non sapeva come risolverlo.

Lui le si avvicinò e le sorrise, le sfiorò una guancia: «Tra cinque minuti inizieranno a servire la cena. Dovremmo cominciare a far sedere tutti.»

Lei annuì, nonostante i tacchi si sporse in punta di piedi e gli lasciò un bacio che, sperava, potesse essere rassicurante. Ryo lo fece durare qualche secondo di più del necessario, poi ridacchiò: «Credo che tuo padre non approverà queste smancerie almeno fino a sabato.»

Ichigo storse il naso, ironica: «Chi ti dice che dopo gli andrà bene?»

Lui le diede un buffetto sulla fronte: « Point taken. »

Le prese la sedia e l'aiutò a sedersi, prendendo poi posto accanto a lei mentre tutti gli altri commensali si riunivano intorno a loro. Ichigo vide Zakuro sorridere contenta verso Minto e Kisshu, ovviamente non mano nella mano ma che camminavano vicini, i visi un po’ più illuminati rispetto a prima. La rossa cercò lo sguardo dell'amica mentre si sedeva due sedie più in là dalla parte opposta, e Minto ricambiò un sorriso leggero, un'ancora di salvezza. I camerieri iniziarono a sfilare intorno a loro, ogni piatto accuratamente spiegato a lei e a Ryo e di cui era sicura della bontà, che però lei non riusciva a gustarsi a pieno.

Le sembrò che tutta la cena stesse passando velocemente mentre lei era avvolta da una bolla. Poteva sentire il tintinnio delle posate sui piatti, il chiacchiericcio vivace, la mano di Ryo sul suo ginocchio, il sapore del vino sulla lingua, ma c'era sempre un ronzio di sottofondo che la distraeva e la portava lontano da lì.

Avrebbero dovuto essere i giorni più felici della sua vita, e lei si sentiva come se stesse rovinando tutto.

I camerieri avevano appena portato via i piatti dei secondi quando Minto si alzò, facendo rintoccare piano la forchetta sul bicchiere di champagne per attirare l’attenzione, la tavolata che si acquietò pian piano.

« Buonasera a tutti, » salutò elegantemente, un sorriso cordiale in viso, « E’ mio onore e onere, in quanto damigella d’onore, offrire a Ichigo e Ryo un brindisi anche in occasione di questa piacevole serata. »

Un mormorio di incoraggiamento felice si levò dagli invitati mentre Ichigo arrossiva imbarazzata e Shirogane l’avvolgeva con un braccio intorno le spalle, lasciandole un bacio veloce sui capelli scarlatti.

« Sarò breve, dopotutto devo lasciare il meglio per dopodomani, » l’ammiccare della mora scatenò un paio di risate, e Ichigo si chiese come l’amica – che lei poteva vedere ancora scossa e stanca – poteva sempre comportarsi così perfettamente, « L’unica cosa che mi preme dire stasera, oltre a ringraziare i signori Momomiya per averci offerto questa splendida cena, è che finalmente posso augurare a quei due testoni tutta la felicità del mondo. Anche se, avessero aspettato un anno di più, io avrei vinto la mia scommessa.»

Gli invitati risero ancora, Shirogane che scosse la testa ben poco divertito dalle continue battute su quanto ci avesse messo effettivamente a conquistare Ichigo, e Minto continuò tranquilla.

« Vi conosco ormai da quindici anni.  Vi sopporto da quindici anni, e Shirogane, dovresti seriamente ringraziarmi per fare costantemente da supporto morale alla tua dolce metà, » la suddetta protestò fievolmente, e Minto fece un respiro, il dito indice sinistro che batteva sul tavolo che tradiva il suo nervosismo, « E Ichigo… sei la mia migliore amica. Per quanto tu sia impossibile a volte, è davvero un onore essere la tua damigella d’onore. Siete ahimé terribilmente perfetti insieme, vi guardate ancora come due sedicenni in piena tempesta ormonale, e io vi auguro tutta la felicità del mondo. »

Ichigo sentì il cuore gonfiarsi di affetto mentre si specchiava nelle iridi scure della ballerina, un’improvvisa impressione di sollievo a quell’ennesima conferma che sarebbe stata al suo fianco, che l’aveva perdonata, e annuì commossa, appoggiandosi di più su Ryo, che continuava ad accarezzarle il braccio.

« Prometto che avrò altri racconti molto più esaltanti sabato sera, dopotutto come dicevo siamo amiche da una vita quindi un pochino dovreste tremare, ma ora torniamo a concentrarci sulla cena e a goderci il resto della serata! »

Un giro di applausi salutò Minto mentre si risiedeva, Kisshu che le mormorò qualcosa all’orecchio che la fece arrossire e alzare gli occhi al cielo. Ichigo si alzò di scatto e girò intorno al tavolo, raggiungendola per abbracciarla d’impeto.

« UffffMomomiya se mi spettini poi… ! »

« Grazie, » esclamò la rossa, sedendosi con ben poca grazia sulle ginocchia dell’amica, la quale comprese subito che non si stesse riferendo solamente al discorso che aveva appena terminato. « Ciao, Kisshu-kun. »

« Ciao micetta, » rispose lui, divertito dall’espressione già scocciata di Minto per tutte quelle inutili effusioni (e probabilmente anche dalle dita di lui che persistevano nello sfiorarle svagato la curva della schiena, proprio dove terminava la scollatura della tutina), « Elegantissima stasera. »

« Vi state divertendo? » tastò le acque lei, incerta su quanto potesse effettivamente indagare in quel momento.

« Prima che tu piombassi il tuo dolce peso su di me, sì, » borbottò Minto, cercando di farla spostare, «Pensi di rimanere qui a fare la bambina ancora per molto? »

Ichigo rise e le si strinse al collo un’ultima volta, Purin che ridacchiò rumorosamente poco più in là e esclamò a gran voce di star scattando una foto che avrebbe usato contro di loro alla prima occasione utile.

« Allora vado. Ci vediamo dopo? »

« Siamo letteralmente a mezzo metro di distanza, Ichigo. »

Mentre la rossa si alzava, e Minto ricercava contegno assicurandosi che l’acconciatura fosse assolutamente a posto, Zakuro le osservò con un sorriso soddisfatto e materno, prima di prendere un sorso dal suo bicchiere e scambiarsi uno sguardo di intesa con Ryo, che annuì e sembrò esalare piano il respiro che aveva trattenuto tutto quel tempo.

 

 

**

Friday

 

Ichigo prese un sorso di caffè, facendo penzolare i piedi dall’isola della cucina su cui era seduta, addosso soltanto la camicia stropicciata del pigiama, osservando con aria abbattuta Ryo che metodicamente si preparava un intruglio proteico che le faceva venire il voltastomaco solo a guardarlo.

« Sei tu quella che vuole rispettare le tradizioni, sai,» la prese in giro divertito, « Io dormo molto bene nel mio letto. »

« Anche Zakuro-san lo dice,» borbottò in risposta lei, « Non bisogna vedersi la notte prima. »

L’americano rise, si fece spazio tra le sue gambe nude per poggiare la fronte contro la sua: « Hai paura che scappi in queste trenta ore? »

« Ha detto la sera, non l’intera giornata. »

Ryo le prese le mani e se le portò attorno alla vita, baciandola dolce: « Tanto non mi avresti considerato comunque. Devi andare con Minto e le altre alla spa per un massaggio, no? E poi lo so che andrete in giro per shopping dell’ultimo minuto e a una cena ben più cara di quanto mi piacerebbe. »

La rossa mugugnò poco convinta, conscia delle tempistiche di Minto quando si trattava di fare la pace con Kisshu, e si strinse di più a lui, avvolgendogli anche le gambe intorno alla vita come un piccolo koala: «Non puoi andare in palestra dopo? »

« Ginger, devo portare quei documenti in ufficio prima di sparire per due settimane in un resort delle Bahamas. »

Lei fece una smorfia contenta al pensiero della loro luna di miele, strusciandosi un poco contro di lui: « E’ abbandono di consorte. »

« Futura consorte, e non ci provare, » Ryo le diede un buffetto sul naso, strappandole un altro bacio prima di districarsi da lei, « Devo andare, o farò tardi. »

« Okaay, » Ichigo rabbrividì appena alla mancanza di calore, piegò la testa di lato e sporse il labbro inferiore come una bambina indispettita, « Almeno scrivimi. »

Lui annuì, le scostò appena la frangia dagli occhi per poterli osservare bene: « Tranquilla, red, d’accordo?»

Ichigo annuì in silenzio, chiudendo le palpebre all’ultimo bacio che le diede e che le sembrò durare qualche istante più del dovuto, lo salutò con un a domani sussurrato e lo seguì con lo sguardo mentre si allungava nel corridoio per prendere la borsa da palestra.

Non appena sentì chiudere la porta, il silenzio l’avvolse pesantemente. Aveva evitato il più possibile di rimanere in casa da sola per lunghi periodi di tempo, cercando costantemente le attenzioni del biondo, per quanto avesse cercato anche di schiarirsi la testa quanto più potesse. Tamburellò con le dita sul bordo dell’isola, sbuffando nel ricontrollare l’orologio e vedere che persisteva integerrimo a segnare le nove del mattino, un orario che per lei continuava a essere impensabile.

Sarebbe probabilmente impazzita se non avesse trovato nulla da fare fino alle due di quel pomeriggio, da sola con la sua angoscia. Ma non poteva nemmeno disturbare le altre, a quell’ora, già le avrebbe viste più tardi, e tutta la mattina dopo… solo a pensarci le si mozzava il fiato in gola. Non era una brutta sensazione, non del tutto, di quello era convinta – assomigliava molto all’eccitato gorgoglio che aveva provato alla bocca dello stomaco tutti i primi appuntamenti che aveva avuto con Ryo, ormai così tanti anni prima, l’euforia dell’attesa che le faceva battere forte il cuore (e spesso spuntare le orecchie e la coda da gatto). Si tastò previdenziale la testa, giusto per controllare che in quel momento non stesse succedendo qualcosa di simile – e pregando sommessamente che non succedesse il giorno dopo, sarebbe stato un guaio non da poco – e sbuffò di nuovo, le dita che continuavano a torturare il povero piano di marmo. Allontanò la tazza di caffè, ben conscia che le stesse facendo più male che bene, e con un saltello si rimise a terra, iniziando a girovagare pe casa ripassandosi mentalmente ogni dettaglio della cerimonia.

Se fosse rimasto qualcosa da fare, si sarebbe almeno concentrata su quello. Invece era più che sicura che tutto fosse a posto, aveva ricontrollato con la sua wedding planner la sera prima, con Minto anche, e avrebbe verificato il tutto di nuovo appena dopo pranzo. E sperava davvero che il giorno successivo non avrebbe ricevuto messaggi inquietanti dall’organizzatrice, non aveva proprio voglia di dover fronteggiare qualsiasi problema che per lei, lo sapeva, si sarebbe ingigantito più del necessario. Contò sulle dita ogni cosa che si ricordava, dalla taglia del vestito delle damigelle all’indirizzo del negozio già fornito a Zakuro, al numero di centrotavola per il ricevimento. Aveva pure risolto quale tinta di rossetto nude indossare, e della manicure si sarebbe occupata la SPA.

Nemmeno lei riusciva a credere che tutto fosse già pronto.

Anche se forse, una cosa da fare in fondo c’era.

Si bloccò nel mezzo del corridoio, tre dita ancora alzate e la bocca spalancata. Se davvero voleva partire per il resto della sua vita con il cuore più convinto che mai, con quell’infinitesimale paura che la stava mangiando dentro… poteva esserci una soluzione. Poteva sfruttare il fatto che fosse così presto, che non ci fosse nessuno con lei, che anche Keiichiro fosse impegnato per gli ultimissimi preparativi per il suo matrimonio e…

Fece dietrofront senza indugiare, diretta al suo armadio. Come aveva fatto a non pensarci prima? Come poteva esserle sfuggita la risposta a tutte le sue domande?

La parte più razionale di sé – quella allenata da Ryo in anni e anni – le ricordò che forse l’aveva evitata proprio perché non era detto che sarebbe stata effettivamente la tattica giusta per risolvere la questione, visto che era stata essa stessa il principio di tutto quel casino. Ma d’altronde, come peggio poteva andare? Se avevano già risolto il novantanove percento dei problemi scaturiti, sarebbero stati risolti un’altra volta, se necessario. E comunque, stavolta sapeva cosa avrebbe affrontato, cosa l’aspettava, e magari c’era l’infinitesima possibilità che le cose andassero come lei chiedeva.

Succedeva poco spesso, ma succedeva.

Si vestì in fretta, cacciandosi un cardigan un po’ grosso sopra il vestitino primaverile – era maggio, a Tokyo, ma si ricordava la temperatura ostile della sua destinazione - agguantò il giubbino di jeans e la borsetta, e si catapultò fuori, senza pensarci, guidata soltanto dal suo istinto.

 

 

Minto si svegliò per i baci che Kisshu le stava lasciando languido sul collo, il corpo caldo premuto contro al suo, i vestiti della sera prima ancora arrotolati per terra ai piedi del letto. Aprì un occhio solo quanto bastava per dare uno sguardo alla sveglia sul comodino.

« Sono le nove e un quarto, » mugugnò mezza addormentata e mezza divertita, « Ieri notte abbiamo fatto le cinque. »

Lui le sfiorò un fianco con la punta dell'indice: « Ma dobbiamo recuperare, non trovi? »

Minto rise, girandosi sulla schiena così da poterlo vedere in faccia: « Mi stai dicendo che ieri sera non abbiamo recuperato? »

Kisshu ghignò come un birbante: « Non è mai abbastanza! »

Lei finse di borbottare, ma intrecciò le braccia dietro al suo collo e ricambiò i baci, ridacchiando e sospirando contro di lui.

« Stiamo tutto il giorno a letto, » le mormorò, il viso premuto nell'incavo della sua spalla, « Guardiamo un film, ci facciamo le coccole, ci facciamo portare una pizza… »

« Guarda che il matrimonio è domani, sono a dieta ferrea! »

« Posso assicurarti che non sarà una pizza a rovinare questo fisico da urlo. E poi non ho detto di non avere intenzione di bruciare molte calorie. »

Minto storse il naso, passandogli piano le mani tra i capelli: « E' perché tu non hai visto quanto è stretto il vestito di domani. Oltre che rosa, ma vabbè.»

« E per quanto io non veda l'ora di adorarti in quel vestito, ti posso assicurare che non ti farò uscire da questo letto. »

La mora rise piano, il respiro che si spezzò appena quando la bocca fresca di Kisshu scese allettante nell’incavo dei seni: « Ho un appuntamento oggi pomeriggio con le ragazze alla nuova SPA, è un ingresso speciale. »

« Te lo faccio io il massaggio. »

« Kisshu! »

L’alieno rise, poi finse di mettere il broncio: « Allora dillo che non vuoi passare del tempo con me. »

Minto alzò appena gli occhi al cielo: « Non posso passare tutto il giorno con te oggi. Ma da domenica sono una donna libera. »

« Libera un corno. »

Le fece il solletico, ridendo anche lui quando la vide contorcersi cercando di fermarlo, il viso tra il divertito e l’arrabbiato, prima che le catturasse le labbra rubandole il sospiro di sollievo. La baciò lentamente, sistemandosi meglio tra le sue gambe per poter far combaciare ogni millimetro possibile di pelle, desiderando semplicemente avvertire tutto il tepore del suo corpo, il bisogno e la delicatezza con cui Minto si stringeva a lui, i mormorii spezzati di flebile pizzicore ogni volta che le sfiorava le anche con la punta delle dita. Aveva ancora gli occhi pesanti del sonno mancato la sera prima, passata molto di più a parlare in realtà, a rimettere insieme i pezzi e a farsi promesse di guardare avanti invece che ancorarsi al passato, che a suggellare il tutto facendo l’amore, ma ora voleva solo accertarsi che fossero davvero lì, carne contro carne e cuore contro cuore, senza bisogno di frasi o discorsi.

« Potresti essere così docile e paziente anche fuori dalle lenzuola, » le mormorò, un lampo divertito nelle iridi fulve.

« Tu non imparerai mai a stare zitto nei momenti opportuni, » replicò lei.

Kisshu rise, le accarezzò un’ultima volta i fianchi, stava già per infilare le dita intorno al bordo dell’intimo che Minto indossava quando il cellulare della mora si mise a vibrare insistentemente sul comodino. Lui grugnì insoddisfatto, concentrando la bocca sul suo punto preferito del collo della ragazza.

« Non rispondere. »

« Potrebbe essere importante, » borbottò lei controvoglia, allungando una mano alla cieca per afferrare il telefono, « Metti che è quell’isterica di… »

Si bloccò prima di terminare la frase, studiando le due chiamate perse e il messaggino che l’attendevano sullo schermo. Kisshu smise di baciarla, alzò la testa per incontrare il suo viso confuso e tinto di una vaga preoccupazione.

« … Ichigo, » spiegò lei, « Dice che potrebbe fare tardi oggi pomeriggio perché deve fare delle commissioni e di non cercarla perché non sentirà sicuramente il telefono, e se Ryo la cerca di informarlo. »

Si scambiarono un’occhiata impensierita, pensando entrambi la stessa cosa. Minto picchiettò un’unghia sullo display del cellualre, incerta sul da farsi, prima che Kisshu glielo levasse dalle mani per appoggiarlo di nuovo al suo posto, e intrecciasse le dita con le sue, portandole le braccia sopra la testa.

« Lascia che faccia, » le mormorò, « Tanto non riesci a farle cambiare idea, e io in questo momento non ho nessuna voglia di star dietro a Ichigo. Ci pensi dopo. »

« E se si caccia di nuovo nei pasticci? »

« Passerotto, » Kisshu quasi guaì, lamentoso, allungandosi su di lei, « Non possiamo sempre farle da baby sitter. Se la caverà, qualsiasi cosa voglia fare. Vorrei pensare a noi, che dici? »

Minto indugò un secondo, lo guardò arricciando il naso: « So io a cosa vuoi pensare. »

Lo vide ghignare contento: « Mi puoi forse biasimare? »

 

 

Come aveva previsto, il Caffé era completamente vuoto, Keiichiro aveva deciso di chiuderlo apposta i due giorni prima della cerimonia per terminare in pace la notevole torta di nozze (per cui aveva chiesto il gentile supporto nella manodopera ad un pasticcere di sua conoscenza) ed evitare potenziali catastrofi ad essa correlata. Ichigo scelse comunque la porta sul retro ed entrò di soppiatto, quasi in punta di piedi, scendendo con cautela i gradini fino al piano di sotto perché non scricchiolassero.

Ora capiva perché Pai non avesse mai gradito del tutto che anche le ragazze avessero diritti di accesso controllati al portale su Gea.

Ichigo fece un respiro profondo, ferma davanti allo scaffale dei coloranti alimentari, prima di appoggiare il palmo sul legno e far scattare il pannello che nascondeva lo scanner delle impronte digitali. A differenza degli Ikisatashi, a cui bastava semplicemente il riconoscimento della mano, lei dovette digitare un codice apposta, misura precauzionale in più per non allarmare né l’uno né l’altro capo del portale quando un essere non alieno cercava di avere accesso.

Il trillo positivo le fece capire di essersi ricordata la sequenza giusta di numeri, e lei dovette premere con tutta la schiena, puntellandosi sui piedi, per far scivolare lo scaffale e aprire lo spazio per il portale. Digitò nuovamente il suo codice e, al secondo trillo della giornata, la luce flebile di Gea la invitò a passare dall’altro lato.

Ichigo si lanciò dentro, sapendo che non avrebbe dovuto indugiare un istante di più per non perdere la convinzione che aveva, e subito si mise a correre in direzione della grotta. Una parte di lei avrebbe voluto avere con sé il ciondolo Mew, ancora funzionante dopo tutto quel tempo, per potersi trasformare in Mew Berry e saltare molto più velocemente, ma il costume rosa sgargiante con quell’irritante campanella avrebbe decisamente attirato troppo l’attenzione.

Arrivò all’entrata della caverna con il fiatone e i muscoli del collo che dolevano tanto si era guardata in giro per essere sicura che fosse troppo presto anche per gli abitanti di quel pianeta. Si piegò appena sulle ginocchia per riprendere fiato e farsi coraggio, ben rimembrando l’atmosfera cupa ed inquietante di quel luogo. Avrebbe tanto voluto non essere da sola, ma dopotutto, era una questione che solo lei poteva risolvere.

Fortunatamente non le ci volle molto per ritrovare i segni rossi sulle pietre, i vapori della caverna che subito le fecero apparire un accenno di mal di testa. Raggiunse veloce lo spiazzo, che si ricordava molto più grande e meno minaccioso, e vi si mise subito al centro, pestando i piedi per terra.

« Yuuko! » gridò, con un’audacia che non sapeva nemmeno lei da dove provenisse, « Yuuko, ho bisogno di parlarti! Riesci a sentirmi? »

L’eco delle sue parole fu la sola risposta che ottenne, mescolato ai sibili del vapore che usciva dalle crepe attorno a lei.

« Yuuko, per favore! Lo so che ci sei, da qualche parte! »

Le sembrò di avvertire un borbottio lontano, e per un istante si chiese se non fosse solo la sua mente che scambiava speranzosa il gorgoglio del suo stomaco per un segnale che qualcuno la stesse davvero ascoltando. Rimase in silenzio ancora un po’, girando su se stessa per controllare ogni centimetro di quel luogo, desiderando di poter sentire una voce, anche spaventosa come l’ultima volta, che le rispondesse.

« Yuuko, ti prego, » implorò ancora, un accenno di fastidiose lacrime che le pizzicarono gli occhi.

All’improvviso, la terra sotto i suoi piedi cominciò a tremare minacciosa, un boato che avvolse l’intera caverna, i vapori che sembrarono farsi più forti e densi. Ichigo strinse forte le palpebre, preparandosi alla caduta di cui ancora il suo fondoschiena si ricordava, ma le scosse si fermarono in pochi secondi, il rumore che scemò pian piano mentre la condensa sui suoi vestiti si raffreddava, facendola rabbrividire.

Era forse un uccellino quello che sentiva cantare?

Si tolse lentamente le mani dalle orecchie e aprì solo un’occhio, preoccupata. Non era decisamente più nella caverna, ma non sembrava nemmeno nel labirinto che si era aspettata di vedere. Sembrava piuttosto che il suolo sotto di lei, così latteo e vaporoso, fosse quello di una nuvola.

Aprì di scatto gli occhi e sobbalzò, tastando con cura il terreno per essere sicura che non cedesse. Dovette sbattere le palpebre un paio di volte per abituare gli occhi a quella luce così intensa, molto diversa da ciò per cui si era preparata. In quel luogo non c’era assolutamente nulla, per quanto lei potesse vedere, soltanto nuvole bianchicce che si avviluppavano l’una sull’altra senza apparente fine. Eppure, era sicura di poter sentire i cinguettii lontani di qualche volatile, come a prenderla in giro mentre lei cercava disperata di vederne almeno uno per essere sicura di non star perdendo del tutto la ragione.

« Hai finito di saltellare come un grillo impazzito? »

Dovette trattenere un gridolino di spavento, sussultando un’ultima volta mentre si voltava verso la voce svogliata e piccata di Yuuko, stesa questa volta su un trono che sembrava fatto della stessa sostanza del suolo intorno a loro.

« A-allora mi hai sentita, » boccheggiò la rossa.

La donna roteò gli occhi: « Come facevo a non sentirti, sberciavi come una pazza. Non è molto cortese, sai, mettersi a urlare in casa di qualcun altro. »

Ichigo aggrottò la fronte: « La caverna è casa tua? »

« E’ una metafora, ragazzina. Comunque. Cosa vuoi. »

Lei si morse un labbro, a disagio per la schiettezza con cui quella donna si stava rivolgendo a lei.

« Ehm… io… »

« Anche io non ho tutto il tempo del mondo, sai. »

« Ci hai fatto vedere solo cose orribili, » le parole scivolarono veloci dalla lingua della rossa, che strinse i pugni lungo i fianchi, « E tutti continuano a dire che l’hai fatto apposta, come per prenderci in giro. A me non interessa, » scosse la testa, cercando di mantenere salda la voce, « Ma… ma ti prego. Domani devo sposarmi, e mi basta anche solo un mondo, uno sprazzo piccolissimo di felicità. Non chiedo tanto. »

Yuuko la osservò per qualche istante, la guancia posata sul pugno chiuso, poi lanciò la testa all’indietro e rise ad alta voce, le labbra di un rosso intenso che scoprirono i denti perfetti: « E la felicità ti sembra poco, umana? Tsk, tsk, tsk, » prese un respiro profondo e fece finta di asciugarsi una lacrima con un indice magro, « Sei proprio recidiva, allora. E io che pensavo di avervi spaventato abbastanza. Eppure ve l’avevo detto che questo luogo non vi avrebbe lasciati facilmente. »

La strega si stiracchiò come un gatto e si lanciò giù dal trono, atterrando con perfetto equilibrio sui tacchi a spillo, facendosi vicina alla ragazza.

« Però devo rendertene conto, non molli facilmente, » commentò, « O forse sei solo testarda e non vuoi fare i conti con la realtà dei fatti. »

« Quella non era la realtà, » Ichigo avrebbe tanto voluto allontanarsi, ma resistette stoica, fissando le iridi scure, « Lo sai benissimo anche tu. E anche se fossero stati altri mondi davvero esistenti, da qualche parte, allora sicuramente non erano gli unici. »

« Hai imparato bene la filastrocca, vedo, » Yuuko la prese in giro, piegando ancora la testa di lato ed osservandola con aria divertita, « Immagino che i tuoi preziosi amici abbiano formato un circolo protettivo intorno a te per convincerti a non far saltare in aria il matrimonio dopo che le tue favolette sono state infrante. »

Le nocche della rossa diventarono bianche tanto stava stringendo i pugni: « Io sono convinta di volermi sposare. Amo Ryo più di qualsiasi altra cosa al mondo. »

Un sorriso inquietante si stese sulla bocca scarlatta della strega: « E allora perché sei qui? »

Ichigo tentennò un secondo, il cuore che le batté così forte contro al petto da spezzarle il respiro: «Perché non mi piace essere presa in giro per pura cattiveria. »

Yuuko la fissò come se stesse ponderando qualcosa, senza smettere di sorridere, poi sospirò rumorosamente: « Devo capire se Shirogane sia un ragazzo molto fortunato, o estremamente sventurato. »

La rossa si corrucciò, confusa: « Cosa - ? »

Ma Yuuko aveva già alzato una mano, e con un sorriso perfido schioccò le dita: « Bon voyage. »

 

 

 

 

 

 

§§

Voi pensavate che questa ff avrebbe avuto una fine normale, eh? ;) E invece…. ^^

Buon pomeriggio mie dolci <3 Mi sono tenuta un po’ da parte quest’ultimo capitolo anche perché, come vedete, ci sono un paio di cose che devono proseguire ;) E trovandomi momentaneamente in “vacanza forzata” (ah, i cambi di contratto, che belli -____- ) mi sto rilassando molto tra Playstation e divano mentre aspetto segnali divini sul mio futuro xD Quindi non sono molto nella forma mentis per scrivere, ma ovviamente sapete che cerco sempre di impegnarmi!

Siete contente? Siete soddisfatte, oppure vi ho fatto arrabbiare molto di più? :D Non potevate certo aspettarvi che da un’autrice crudele come me arrivassero cose belle tutte insieme :3

Se avrete ancora voglia di sapere come andrà a finire, solito trucchetto: pubblicherò una one-shot a sé che andrà a far parte della serie, dove vedrete dove va a finire Ichigo. Questo è l’unico spoiler che posso farvi ;) Voi mi raccomandato, seguite anche dalla spiaggia, cercherò di tenervi aggiornate anche attraverso FB :D

E ora, prima che le note diventino più lunghe della storia, colgo l’occasione per ringraziare Sissi1978, ryanforever, Ria e mobo per le recensioni e il supporto dell’ultimo capitolo <3 E ovviamente grazie a tutti i lettori silenziosi :D

Un bacione, a presto, e in bocca a l lupo a chi si trova in fase esami!

Hypnotic Poison

   
 
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