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Autore: Abby_da_Edoras    18/06/2018    13 recensioni
Questa mia storia è una long fic ispirata agli avvenimenti di Infinity War. La storia inizia legandosi alle storie su Steve e Bucky che avevo scritto tre anni fa, riallineando ciò che è accaduto in Civil War secondo la mia versione e preparando la strada a quello che dovrà succedere in Infinity War. Si tratta però di una storia AU, in cui tengo conto solo marginalmente dei film e faccio andare diversamente molte cose: Visione ha una premonizione del futuro e perciò avvertirà in anticipo tutti gli Avengers del pericolo rappresentato da Thanos, spingendoli a rimanere uniti e a combattere insieme.
Nella mia storia le ships saranno:
Steve/Bucky
Stark/Parker
Grazie a chiunque seguirà questa mia storia.
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a autori, registi e produttori dell'universo cinematografico Marvel e a chiunque ne detenga i diritti.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Legends never die'
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YO CONTIGO TU CONMIGO

 

Capitolo 1: Unstoppable

 

I put my armor on show you how strong I am

I put my armor on I’ll show you that I am

I’m unstoppable

I’m a Porsche with no brakes

I’m invincible

Yeah I win every single game

I’m so powerful

I don’t need batteries to play

I’m so confident

Yeah I’m unstoppable today…

(“Unstoppable” – Sia)

 

Steve Rogers osservava le stanze appena ammobiliate e dipinte di fresco del suo nuovo appartamento, ricavato dal suo vecchio bilocale di Brooklyn ampliato e rimodernato. Mentre guardava soddisfatto la sua nuova abitazione, che ricordava tanto quella di quando era ragazzo e allo stesso tempo appariva completamente diversa, ripercorreva nella memoria tutto ciò che era accaduto e che lo aveva condotto fino a quel punto.

Gli ultimi tre anni erano stati densi di avvenimenti: era riuscito a ritrovare Bucky e, per alcuni mesi, era stato anche in grado di gestirlo, rieducarlo, abituarlo a vivere di nuovo come un ragazzo normale. In ciò era stato aiutato da Tony Stark, che aveva offerto loro un appartamento nella Stark Tower e aveva sempre appoggiato Steve quando si era trattato di proteggere il suo compagno.

Poi, però, tutto era precipitato.

Due anni prima un nuovo nemico, Zemo, aveva dimostrato che Bucky poteva essere ancora pericoloso e instabile, bastava che ascoltasse una certa sequenza di parole in russo e il giovane tornava ad essere il temibile Soldato d’Inverno. Lo stesso Zemo, che aveva perduto la sua famiglia in Sokovia e perciò voleva distruggere gli Avengers, aveva ordito un piano diabolico per minare il gruppo proprio alle sue fondamenta. Prima di essere catturato, aveva fatto in modo che Stark vedesse il video del 1991 in cui Bucky, condizionato dall’Hydra, assassinava a sangue freddo i suoi genitori.

Dopo, nulla era stato più lo stesso.

Steve era partito con Bucky per Wakanda dove il giovane, consapevole di essere ancora una minaccia, si era fatto ibernare, assistito da T’Challa, Re di Wakanda e nuovo membro degli Avengers, nella speranza che i suoi scienziati riuscissero a trovare una soluzione per impedire nuovi eventuali condizionamenti mentali. Steve, nel frattempo, si sarebbe riunito al gruppo degli Avengers che avevano rifiutato di firmare gli Accordi di Sokovia, voluti dalle Nazioni Unite dopo i fatti avvenuti in quel Paese e che avrebbero portato alla creazione di un ente governativo apposito per monitorare i superumani e gestire le loro missioni. Sarebbe rimasto al loro fianco per lottare per la libertà degli Avengers…

In realtà, però, il Capitano non era riuscito a tollerare a lungo questa situazione: non poteva aver faticato e lottato tanto allo scopo di ritrovare Bucky per poi doverlo perdere di nuovo! Era grato a T’Challa per ciò che stava facendo per lui e Bucky, ma non accettava di restarsene con le mani in mano senza cercare di aiutare a modo suo l’amico di un tempo, la persona più importante che aveva al mondo, il suo compagno. Tra una missione e l’altra, aveva deciso di acquistare il suo vecchio appartamento di Brooklyn, lo aveva fatto ampliare e ristrutturare e aveva creato un luogo dove lui e Bucky avrebbero potuto vivere in pace e felici come quando erano ragazzi. Poi aveva fatto ritorno in Wakanda e chiesto a T’Challa di liberare il giovane dall’ibernazione per riportarlo con sé a Brooklyn: si era ritirato dagli Avengers per non creare problemi a nessuno e aveva scelto di vivere una vita tranquilla, ritirata e anonima al fianco del suo compagno. Aveva scritto una lettera a Tony in cui spiegava le sue ragioni e sperava che avrebbe compreso: non gli avrebbe più imposto la sua presenza né, tantomeno, quella di Bucky, ma non poteva rinunciare al compagno di una vita, a colui che era tutta la sua famiglia e tutto il suo mondo; per lo stesso motivo si ritirava dagli Avengers, sia per non causare problemi allo stesso Tony per il suo rifiuto di uniformarsi agli Accordi di Sokovia, sia perché non voleva far parte di un gruppo nel quale Bucky non potesse essere compreso.

Tutto ciò era accaduto mesi prima e adesso, finalmente, Steve sedeva sulle scale che portavano all’appartamento, scale che racchiudevano tanti ricordi della sua infanzia e adolescenza, ripercorrendo con la mente gli avvenimenti e cercando di convincersi che d’ora in poi la sua vita sarebbe stata quella, una vita quotidiana, tranquilla, al fianco di Bucky e senza più dover pensare a missioni, alieni da combattere, governi corrotti e quant’altro.

Steve sorrise vedendo Bucky che, dopo aver trasportato gli scatoloni vuoti fino al contenitore adibito alla raccolta della carta, adesso tornava verso di lui. Era stato lui ad insistere per fare i lavori più pesanti e Steve lo aveva lasciato fare, rendendosi conto che per il suo compagno era molto importante sentire che la sua forza poteva essere usata per cose belle quali un trasloco e l’arredamento di una casa, piuttosto che per distruggere e uccidere. Sapeva che Bucky aveva bisogno di sentirsi normale.

Il giovane salì le scale e si sedette accanto al compagno. Non era stanco, ma sembrava che qualcosa lo turbasse.

“Va tutto bene, Buck?” gli chiese Steve.

Barnes abbozzò un sorriso che però gli uscì come una mezza smorfia.

“Immagino di sì. Mi chiedevo solo… sei davvero sicuro di ciò che fai, Steve? Io non ti ho chiesto niente” disse.

“Ne sono più che sicuro” replicò deciso il Capitano. “Anzi, non sono mai stato così sicuro di una cosa in vita mia.”

“Nemmeno quando volevi arruolarti a tutti i costi?”

Il volto di Steve si illuminò. Se Bucky scherzava, se Bucky rievocava con affetto il loro passato, allora c’era davvero una speranza!

“Diciamo allora che sono convinto di quello che ho fatto proprio come quando volevo arruolarmi e combattere contro i nazisti” precisò, sorridendo. “Ho fatto il mio dovere per troppo tempo ed è ora che vada in pensione. Del resto, abbiamo anche l’età giusta, no?”

Una lieve risata addolcì i lineamenti del Soldato d’Inverno.

“Vorrei solo che, un domani, non ti pentissi della tua scelta. Hai già perso fin troppo a causa mia e io non voglio che…”

“Cosa avrei perso, Bucky? Guarda che tutto ciò che rimpiango è non aver potuto vivere una vita normale, insieme a te. Certo, avrei voluto che fossimo tornati entrambi sani e salvi dalla guerra e che ci fossimo ritrovati nel nostro mondo, nella realtà di allora. Avrei voluto contribuire alla ricostruzione del mondo distrutto dal nazifascismo, vivere quegli anni di fatica e allegria in cui tutto sembrava possibile. Questo avrei voluto, ma sono passati più di settant’anni e quel mondo non esiste più. Di quel mondo restiamo solo noi due, io e te. E, anche se non potrà mai essere la stessa cosa, voglio fare in modo che la nostra realtà sia il più possibile simile a come sarebbe stata allora” dichiarò con decisione Steve. Una lieve malinconia velava i suoi occhi, ma non si sarebbe lasciato abbattere dalle difficoltà, non lo aveva mai fatto.

“E i tuoi amici?” insisté Bucky.

“Buck, non siamo più in Wakanda!” sdrammatizzò il Capitano. “Sam, Nat, Clint e Scott sanno benissimo dove abitiamo e possono venire a trovarci ogni volta che vogliono. Mi sono ritirato dagli Avengers ma non significa che non avrò più rapporti con loro.”

“E Stark?”

Un attimo di silenzio imbarazzato, una sorta di disagio che Steve fu pronto a spazzare via.

“Tony capirà, ne sono sicuro. Non subito, non sarebbe nemmeno giusto chiederglielo, ma prima o poi capirà” affermò, quasi più per se stesso che per il compagno.

“Non so nemmeno se potrò mai capirlo io” mormorò Barnes, lo sguardo perduto in qualcosa di lontano e doloroso. “Maledizione, Steve, Howard era mio amico e io… mi sono reso conto solo dopo di quello che mi avevano costretto a fare! E se lo facessero ancora? Basterebbe che mi telefonassero e dicessero quella sequenza di parole e potrebbero ordinarmi qualunque cosa, di assassinare il presidente, di far saltare la sede degli Avengers, perfino… di uccidere te…”

Steve lo strinse forte tra le braccia. Non era uno sciocco, era consapevole del pericolo, ma sapeva anche che avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggere Bucky.

“Non lascerò che si avvicinino a te in alcun modo, te lo prometto. Se anche dovessi proteggerti come tu facevi con me da ragazzino, lo farò. Sei tutto quello che ho, Buck, e non ti perderò, non più, non un’altra volta” disse, a bassa voce e tenendo il giovane stretto tra le braccia. Non lo lasciò finché non sentì allentarsi la tensione nel suo corpo e poi, finalmente, poté abbandonarsi ad un lungo bacio che era insieme amore, desiderio, tenerezza e promessa.

Quella era la loro casa, la loro vita, e niente e nessuno avrebbero più potuto metterla a rischio.

 

Nel nuovo quartier generale degli Avengers, Tony Stark aveva convocato Peter Parker per mostrargli le nuove caratteristiche e funzionalità che voleva inserire nella sua nuova tuta. Però, quando il ragazzo era arrivato, non aveva trovato subito il suo mentore ed era andato a cercarlo, piuttosto confuso. Forse si era sbagliato sull’orario concordato? O magari Stark aveva avuto un impegno improvviso? Poteva capitare, certo, il miliardario era sempre coinvolto in mille progetti…

Invece, alla fine, Peter trovò Tony in un ufficio, da solo, in piedi di fronte ad una delle grandi vetrate.

“Signor Stark, mi aveva fatto chiamare? Sono in ritardo?” chiese, dopo aver atteso inutilmente per qualche minuto che l’uomo si voltasse verso di lui.

Stark sembrò scuotersi nel sentire la sua voce. Si voltò lentamente e, sulle prime, parve non riconoscere nemmeno il suo giovane amico, era come se il suo sguardo lo attraversasse, fissato su qualcosa che nessun altro poteva vedere.

“Si sente bene, signor Stark? Posso anche tornare un altro giorno, se preferisce…”

Tony parve resettarsi mentalmente e ritornare nel qui ed ora.

“Sì, ti ho fatto chiamare e no, non sei in ritardo. E’ solo che, mentre ti aspettavo, mi sono messo a pensare a tante cose. Sei qui per vedere le nuove funzionalità della tua tuta, no?”

“Sì… almeno credo” rispose Peter, incerto. Il signor Stark si stava comportando in modo davvero strano, era come se… possibile che fosse ubriaco? No, sembrava piuttosto turbato, ma perché?

“Senti, ragazzo, forse sarebbe meglio che tornassi un altro giorno” disse poi Tony, lasciandosi cadere su una comoda poltrona dell’ufficio.

“Va bene, se oggi è impegnato possiamo occuparci della mia tuta un’altra volta, non c’è fretta” replicò Peter. “Allora arrivederci, signor Stark. Mi farà sapere lei quando sarà libero.”

Tony guardò il ragazzo che si accingeva a uscire dall’ufficio e ad andarsene e improvvisamente cambiò idea. Forse quello che gli era venuto in mente era assurdo, ma lo era poi davvero? Non aveva parlato con nessuno di ciò che lo tormentava e adesso voleva confidarsi con un ragazzino… che sciocchezze! O no?

“Aspetta, Peter” Stark aveva raggiunto il ragazzo sulla soglia della stanza, aveva chiuso la porta e adesso lo stava riportando indietro. Fece accomodare un Peter Parker molto perplesso su un’altra poltrona di fronte alla sua e iniziò a parlare.

Rhodes è stato qui stamattina e mi ha detto di aver parlato con il segretario di Stato Ross… beh, più che parlare pare che gli abbia sbattuto in faccia la sua opposizione agli Accordi di Sokovia e la decisione di voler riunire tutti gli Avengers senza alcun controllo governativo” spiegò. “Mi ha stupito, visto che lui era uno dei firmatari, ma poi ho capito dove voleva arrivare.”

Parker, invece, non aveva capito per niente dove Tony Stark volesse arrivare con quel discorso.

“Secondo lui la separazione degli Avengers è stata un grave errore e sta portando conseguenze sempre peggiori: eravamo un gruppo di amici, amici veri, e adesso la maggior parte di loro è lontana, alcuni operano in segreto, di altri non abbiamo più notizie…”

“Beh, ma se è così è facile: lei può fare un giro di telefonate, riunirli tutti e dire loro che non siete più d’accordo con le restrizioni del governo. Magari diventerete tutti dei fuorilegge, ma sarete di nuovo amici, no?” propose Peter con un’invidiabile ottimismo.

“Non è propriamente come invitare un gruppo di amici a prendere l’aperitivo” lo deluse Stark, “e comunque il problema non sono tanto gli Accordi di Sokovia e il segretario di Stato Ross… non più, almeno.”

“E allora cosa?” domandò il ragazzo, al quale non sarebbe dispiaciuto partecipare a un bel complotto antigovernativo…

Tony Stark lo guardò dritto negli occhi e gli fece la domanda che lo tormentava ormai da mesi.

“Tu potresti mai perdonare l’uomo che ha ucciso la tua famiglia?”

 

FINE

 

 

 

   
 
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