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Autore: JAPAN_LOVER    19/06/2018    1 recensioni
Misa fece spallucce e, inarcando maliziosamente un sopracciglio, punzecchiò il ragazzo rachitico che le era affianco:
“Non sarai mica gay, Ryuzaki?”
“No, Misa – rispose lui, con la solita voce priva di emozioni – non sono affatto gay!”
“Allora dimostramelo – lo incalzò, con tono di sfida – baciami!”



Sospettata di essere il secondo Kira, Misa era tenuta sotto stretta sorveglianza al Quartier generale. Questo, in fondo, le stava bene perché avere accanto un Light che sembrava non volerne sapere niente di lei, era più facile da riconquistare.
Se è vero che le migliori armi di seduzioni per una donna sono la bellezza e la gelosia, lei su queste cose era sicurissima di poter contare.

L era il più grande detective del mondo impegnato sul caso Kira. Lucido, freddo, razionale, era disposto a ricorre a ogni mezzo pur di catturare il suo nemico. Figuriamoci se si fosse fatto scrupoli ad approfittare di un’ingenua e innamoratissima modella, per raggiungere i suoi scopi.

Uniti da un tacito accordo, chi per primo tra i due verrá meno al patto?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Light/Raito, Misa Amane
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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CONFUSIONE



Il sovrintendente riportò subito Light e Misa furono al quartier generale. Quando le porte automatiche della sala monitor si aprirono, i due ragazzi furono accolti con trepidazione da Matsuda, Mogi e Aizawa, i poliziotti che tanto auspicavano la loro scarcerazione.
“Bravi ragazzi! – esclamò con entusiasmo il poliziotto più giovane – avete tenuto duro!”
Misa riconobbe immediatamente in quel ragazzo, rannicchiato di spalle su una poltrona girevole: era proprio il compagno di università di Light. I durissimi giorni di prigionia sembravano aver sbiadito qualche ricordo, ma lui era indubbiamente il ragazzo che aveva conosciuto il giorno del suo arresto: pallido, rachitico e con una folta e disordinata capigliatura scura.
‘Che sia lui L? Che sia lui il responsabile di tutto?’ si domandò lei, con stizza.
Il detective balzò giù dalla sedia. Non dimostrava l’entusiasmo degli agenti, tuttavia sembrò lanciare a Light un sorriso di sfida.
“Ryuzaki, ho fatto come mi hai detto!” disse il sovrintendente.
L affondò le mani nelle tasca e avanzò lentamente verso i due nuovi ospiti.
“Molto bene, Yagami! – disse atono il ragazzo dai capelli corvini – come promesso porrò immediatamente fine alla vostra prigionia”
Misa, immensamente felice, abbracciò Light.
“Finalmente – strillò, strapazzando un Light che cercava debolmente di divincolarsi – ce ne avete messo di tempo!”
In quel momento, le porte automatiche si aprirono ed entrò un uomo anziano, spingendo un carrello colmo di quegli squisiti pasticcini colorati francesi, che il detective tanto amava.
“Watari, accompagna i nostri nuovi ospiti nei rispettivi alloggi!”
“Sì, subito!” rispose mite l’uomo, con un chiaro accento inglese.
“N…nei loro alloggi? – chiese Light, preso in contro piedi – come sarebbe a dire, Ryuzaki?”
Il detective piegò le labbra in un ghigno soddisfatto.
“Vi informo che, finché il caso non sarà risolto, dovrete vivere qui sotto la nostra costante sorveglianza! – disse L – i vostri effetti personali e tutto il necessario sono già nelle vostre stanze. Per qualsiasi cosa, vi basterà chiamare la linea interna: Watari sarà disponibile per qualsiasi tipo di esigenza!”
La bionda era furiosa del fatto che, nonostante la lunga detenzione, si sospettasse ancora di lei. Tuttavia, se essere tenuta sotto sorveglianza significava vivere insieme a Light, non chiedeva di meglio.
“E’ proprio necessario, Ryuzaki?” replicò Light, senza nascondere la sua irritazione.
“Temo di si, Light – rispose L, con finta espressione di rammarico – tu mi darai una mano con le indagini qui tutto il giorno, mente tu, Misa, potrai riprendere il tuo lavoro. Abbiamo già pagato la tua agenzia, per far si che d’ora in avanti, Matsuda ti accompagni sempre, sia in privato che a lavoro, in qualità di manager! Il suo nome sarà Taro Matsui e nessuno dovrà sapere che è un poliziotto, quindi stai bene attenta a non smascherarlo, chiaro?”
Matsuda salutò con la mano, pieno di entusiasmo:.
“Agli ordini!”.
La modella, allibita, lanciò un’occhiata a quell’agente goffo e con gli occhi da pesce palla.
“Non ci tengo proprio ad avere questo tizio come manager!” rispose la ragazza incrociando le braccia, indispettita.
“M…ma perché? – piagnucolò Matsuda – che cos’ho che non va? Eh, Misa-Misa?”
Il detective alzò gli occhi al cielo, spazientito:
“Light, falla ragionare, per favore!”
“Su, Misa! Smettila di fare i capricci e cerca di collaborare! – la rimproverò Light, severamente– dovresti essergli grata. Ti permette di stare in libertà, sebbene ormai sia accertato che sei stata tu a spedire i nastri alla Sakura TV”
La bionda non poteva credere che proprio Light non credesse alla sua innocenza.
“Ma che dici, Light? Ti ci metti anche tu – sussultò Misa, portandosi una mano al petto – sono la tua ragazza! Non ti fidi della tua fidanzata?”
Confuso, Light sgranò gli occhi e alzò gli occhi al cielo.
“Fidanzata? – le fece eco, interdetto – ma se sei tu che mi stai sempre appiccicata da quando sei sbucata fuori dal nulla, dicendo di aver avuto un colpo di fulmine!”
Quelle parole giunsero alle orecchie di Misa come uno schiaffo. Amava Light e, nonostante la confusione che aveva in testa, i ricordi di quando lui aveva detto di amarla e di quando avevano fatto l’amore erano nitidi, e Misa li conservava nel cuore. Senza freni, la modella inveì ripetutamente con i suoi gracili pugni contro il petto di Light.
“Allora ti sei solo approfittato del fatto che ti ho dichiarato il mio amore per baciarmi e tutto il resto?” protestò lei, ferita.
Light – confuso e allo stesso tempo tormentato di sensi di colpa – afferrò gentilmente i polsi i e glieli riportò giù.
“A proposito di quel colpo di fulmine – la incalzò il detective – quel 24 luglio sei stata ad Aoyama, vero?”
La ragazza deglutì, riuscendo a stento at rattenere le lacrime, e si voltò verso quel detective dalla schiena di ricurva.
“Si, ero lì!” ammise lei, singhiozzando.
“Mi dici perché era lì e che cosa indossavi?” chiese L, premendo l’indice contro le labbra sottili.
Misa alzò gli occhi al cielo. Quelle domande le erano state fatte ogni singolo giorno durante la sua prigionia, fino alla nausea.
“Ti ho già detto che non ricordo cosa indossavo, né tanto meno cosa mi passasse per la testa quel giorno!” rispose la bionda, esasperata.
“Però quando sei tornata a casa, non soltanto sapevi il nome di Light, ma eri già perdutamente innamorata di lui!” la incalzò nuovamente il detective.
“Esatto!” rispose lei seccamente.
In effetti, la bionda aveva notato qualche incongruenza nei suoi ricordi, ma concluse che doveva trattarsi degli effetti della reclusione e che, una volta ritornata alla realtà, tutto sarebbe tornato chiaro. Tuttavia, quel ragazzo pallido stava cominciando seriamente a innervosirla.
“Non ho altro da aggiungere!” tagliò corto il detective, rivolgendosi questa volta al sovrintendente Yagami e ai suoi uomini.
Più che a provocare Misa, quelle domande inquisitorie servivano a L per avvalorare i suoi sospetti e a dimostrare agli agenti – troppo emotivamente coinvolti, per via del coinvolgimento del figlio del sovrintendente – che la sua condotta nei confronti dei sospettati aveva senz’altro ragione d’essere.
“Allora, vogliamo andare?” domandò il signore anziano con gli occhiali e dall’aria distinta.
Watari, lasciò il carrellino accanto alla poltrona sulla quale Ryuzaki tornò a raggomitolarsi nella sua bizzarra posizione.
“D’accordo!” rispose Light, arrendevolmente.
“Seguitemi!” disse l’uomo anziano, rivolgendosi bonariamente ai due ragazzi.
Una volta usciti dalla sala monitor, Misa e Light seguirono Watati fino a un ampio ascensore. .
Misa, ferita e imbarazzata, non osava guardare Light negli occhi e a stento tratteneva le lacrime. Il pensiero di poter riabbracciare Light l’aveva tenuta in vita durante l’isolamento, le aveva dato la forza necessaria per continuare a resistere e a lottare, nonostante la disperazione.
Al suo fianco, Light la guardava profondamente dispiaciuto: era stato troppo duro con lei.
Forse per lo stress a cui era stato sottoposto durante la prigionia o forse per i sospetti che continuavano a pendere su di lui, il ragazzo castano era consapevole di non essersi comportato bene nei riguardi di Misa. Tuttavia, non era da lui rivolgersi a una ragazza in quel modo.
Il ragazzo castano stava per scusarsi, quando le porte dell’ascensore si spalancarono al 10° piano.
“Prego, da questa parte!” disse Watari, interrompendo il filo dei suoi pensieri.
Usciti dall’ascensore si ritrovarono in un pianerottolo che dava su due porte.
“Quello è l’appartamento di Ryuzaki!” disse l’anziano signore, indicando la porta a destra.
Watari, aprì la porta a sinistra che dava su un piccolo, ma accogliente soggiorno. L’arredamento era assolutamente in stile occidentale e di buona fattura. La sala era provvista di una piccola libreria, di un comodo divano, di due poltrone e di un televisore. In fondo, vi era uno due porte: un bagno e un’ampia camera da letto.
“Tenga con sé pure le chiavi – disse Watari consegnandogli un piccolo mazzo – nella tua stanza troverai i tuoi vesti e tutto ciò che il signor Yagami ha ritenuto che potessero servirti!”
“Grazie infinite!” disse Light, facendo un inchino pieno di gratitudine.
Molto formalmente, Watari rispose all’inchino e poi si rivolse a Misa che, tutta corrucciata, si guardava attorno:
“Vogliamo procedere?”
La bionda, distrattamente, come se fosse stata destata da un sogno alla realtà, annuì a quell’uomo. Seguendo l’uomo anziano verso la porta, Missa si voltò verso a guardare un Light, profondamente dispiaciuto.
‘Cosa ti succede, Light? – avrebbe voluto gridargli contro – è bastato così poco a farti dimenticare di me?’
Poi, Watari la accompagnò al piano di sopra. Questa volta, giunti all’11° piano, all’uscita dell’ascensore trovarono una sola porta. Con grande sorpresa, Misa si ritrovò in un gran bell’appartamento, molto più ampio e confortevole di quello di Light.
“Wow!” esclamò semplicemente la modella.
Il soggiorno ampio e luminoso – con sofà, mobilia e tappezzeria in stile shabby moderno – si affacciava, a sua volta, su due camere e un bagno. Tutto era così diverso dal suo piccolo e cupo appartamento di Shibuya. Tuttavia, andando nella camera da letto trovò tutte le sue cose e, improvvisamente, si sentì davvero a casa. Finalmente.
“In questo mazzo, ci sono anche le chiave del tuo vecchio appartamento – la informò gentilmente Watari, porgendoglielo – il contratto d’affitto non è stato reciso, Ryuzaki se ne farà carico fino alla conclusione del caso”
Misa era sul punto di controbattere, ma ingoiò qualsiasi cosa stesse per uscire dalle sue labbra, persino lei si meravigliava del suo autocontrollo. Voleva semplicemente chiudere gli occhi e scoprire che tutto quello che aveva sofferto era stata solo un brutto sogno.
Stava per accompagnare Watari alla porta, quando un urlò le scappò dalla bocca, facendo trasalire per un attimo quell’uomo anziano:
“Cosa succede?”
Watari, voltandosi, vide Misa tremare di rabbia e indicare qualcosa in alto, sulla parete. Una telecamera – e non era neanche la sola – pendeva dal soffitto.
L’anziano impiegò tutto l’autocontrollo di cui era capace per reprimere un sorriso divertito.
“Ryuzaki ve lo ha già spiegato – le fece notare placidamente, l’uomo – siete ancora sotto stretta sorveglianza. Temo proprio che fino a quando la task force speciale non catturerà Kira, sarete costantemente tenuti d’occhio da Ryuzaki!”
“Questo è troppo! – urlò lei, furibonda, rivolgendosi poi a quella telecamera che pendeva dal soffitto – allora avevo, ragione. Sei un dannato maniaco!”
“Temo che ci dovrete fare l’abitudine!” disse Watari, lasciando l’appartamento e una Misa fuori di sé.
***
***
***
Misa aveva ignorato completamente il carrellino con la cena, che le aveva portato Watari, mentre lei era a rilassarti in bagno, sotto una tanto agognata doccia calda. Finalmente si sentiva pulita e rilassata. Poi, aveva preso d’assalto il letto a una piazza e mazza, nella sua nuova stanza. Forse era l’effetto della dura detenzione, ma Misa non ricordava di aver mai dormito in vita sua su un letto così comodo e soffice. Tuttavia, non riusciva a chiudere occhio e si girava e rigirava, sotto le coperte.
Lo stato di agitazione che pulsava da dentro, la tormentava e le impediva il riposo di cui aveva tanto bisogno. La sua mente non riusciva a non pensare a Light, all’atteggiamento duro e distaccato che aveva avuto nei suoi riguardi. Era come essersi svegliata da un incubo ed essere rimpiombata subito dopo in un altro. Quel ragazzo non era il Light che conosceva, non era il suo Light.
Oltretutto, nemmeno lei sapeva chi fosse il vero Light. Durante la reclusione, molte cose erano finite nell’oblio, ma non ciò che era successo il suo ultimo giorno di libertà, all’Università di Tokyo, quando un gruppo di ragazzi, riconoscendola, l’avevano presa d’assalto.
*
“Ma quella non è Misa-Misa?”
“Sì, è proprio lei…”
“Che ci fa all’università di Tokyo?”
“Non starà mica con Light Yagami o con Ryuga Hideki?”
“Ma no, sciocca. Adesso Yagami sta con Takada, non ricordi?”
“Allora, forse si vede con Ryuga. Che nervi! È il primo nella graduatoria e se la fa pure con Misa-Misa!”
“Misa, lo sai che ti seguo sempre?”
“Sei grande! Continua così!”
*
In preda all’esasperazione, Misa non riuscì a resistere. Si scrollò di dosso le coperte e – con il suo pigiamino di ciniglia fuxia – sgattaiolò furtivamente fuori dall’appartamento. Doveva raggiungere assolutamente Light, aveva un disperato bisogno di parlare con lui.
Stando molto attenta a non fare rumore, chiuse la porta accompagnandola silenziosamente. Evitò di prendere l’ascensore e, di soppiatto, scese di sotto, al 10° piano. Ce l’aveva quasi fatta, ma quando giunse sul pianerottolo di trovò di fronte a quel signore anziano, con i baffi gli occhiali e ancora in abito scuro a quell’ora della notte. Misa, colta di sorpresa, si lasciò sfuggire un urlo.
“Dove stai andando?” le chiese, con un placido sorriso quell’uomo.
Misa, irritata, si arricciò nervosamente una ciocca dorata. Credeva di aver raggiunto finalmente una qualche libertà e, invece, si sbagliava di grosso.
‘Ma si può sapere chi sei? – si domandò indispettita – il mastino di Ryuzaki?’
“Da Light!” gli rispose semplicemente.
“Mi spiace, ma non è possibile – le disse pacato Watari – seguimi!”
“Dove?” strepitò lei, terrorizzata.
L’ultima cosa che voleva era che la imprigionassero nuovamente, dopotutto come poteva fidarsi di quei tizi che l’avevano bendata, imprigionata e torturata senza il minimo scrupolo.
L’uomo non ritenne necessario dover rispondere e, con l’ascensore, le fece strada fino al primo piano.
Misa si ritrovò in quella sala monitor, dove quel pomeriggio lei e Light erano stati accolti con calore dagli agenti di polizia. Tuttavia, in quel momento, lì c’era tutto solitario, quell’insopportabile compagno di università di Light. Molto probabilmente era l’unico responsabile di tutto ciò che aveva passato nell’ultimo mese.
“Ryuzaki, ho recuperato la fuggiasca – disse bonariamente l’anziano, sorridendo sotto i baffi – per qualsiasi cosa, chiamami!”
Quel ragazzo dalla schiena ricurva sorseggiò il suo caffè e, con tono piatto, gli rispose:
“Sì. Grazie, Watari!”
L’anziano signore sparì oltre le porte automatiche, lasciando una furiosa Misa in compagnia del detective.
“Devo supporre che non ti piace il tuo alloggio!” esordì L, con un tono che sembrava quasi dispiaciuto.
Misa strinse i pugni e si avvicinò alla poltrona su cui era accovacciato quel ragazzo tanto sfacciato e indisponente.
“Insomma, chi ti credi di essere? – sbraitò lei, senza curarsi di modulare la voce – non sai che questo è sequestro di persona?”
Il detective soffocò un sorriso, portandosi alle labbra la tazzina. Lui era l’unico uomo capace di mobilitare la polizia di tutto il mondo, figuriamoci se fosse stato passibile di denuncia per sequestro di persona.
Avvinandosi a Ryuzaki, Misa vide sui monitor di sorveglianza numerose inquadrature. Ciascuna di queste riprendevano gli interni del grande edificio in cui si trovavano; mostravano il parcheggio, i corridoi, l’ascensore, le stanze dei vari appartamenti. Infine, riconobbe il suo letto disfatto, ma anche quello che cullava Light in un profondo sonno. La bionda si sentì in colpa anche solo a violare un momento così intimo del ragazzo. Poi, inorridita, realizzò che Ryuzaki stava violando senza remore anche la sua di intimità.
“Allora avevo ragione! Che razza di persona sei? – gli disse, battendo i piccoli pugni sulla scrivania del detective – Ryuzaki, tu sei davvero un maniaco, e anche della peggiore specie!”
“Non vi osservo perché mi diverto – puntualizzò L, alzando gli occhi al cielo – ma perché siete ancora implicati nel caso, chiaro?”
Gli occhi scuri del detective rotearono verso la bionda che, con espressione assorta, osservava sul monitor il ragazzo castano che dormiva serenamente adagiato nei cuscini.
“E adesso chi sarebbe il maniaco?” la incalzò L beffardo.
Misa trasalì, colta in fallo. Come poteva quell’individuo senza scrupoli e senza morale, farla sentire in colpa perché rapita dalla tenerezza e della bellezza del ragazzo che amava?
“Senti un po’ chi parla! – lo rimbeccò lei – chi mi ha rapita? chi mi ha legato in quel modo, proprio come farebbe un pervertito?”
L incurvò spudoratamente le labbra in un sorriso. La modella ritornò a concentrarsi su Light che, con espressione beata e serena, era nel mondo dei sogni. La ragazza si rassegnò al fatto che, almeno per quella notte, i suoi dubbi non sarebbero stati sciolti.
Poi, Misa sprofondò su una sedia girevole lì accanto e vide che Ryuzaki, se ne stava davanti al suo portatile pieno di grafici e tabelle, di cui lei non riusciva a capire proprio nulla.
“Cosa fai qui a quest’ora tutto solo? – domandò poi lei – i tuoi colleghi sono andati tutti via”
“Continuo a lavorare” rispose placidamente il detective.
La bionda inclinò la testa di lato, incerta se credergli o se continuare a pensare che si trovasse lì solo per infrangere la sua privacy e quella di Light. Si soffermò sul profilo di quel ragazzo pallido e con gli occhi segnati da profonde occhiaie. Decise di concedergli in beneficiò del dubbio.
Ryuzaki, pur concentrato sulle cartelle del computer, si sentiva osservato. Non era abituato ad avere compagnia di notte, ma con grande sorpresa scoprì che la compagnia di quell’impetuosa ragazza non lo infastidiva.
Ryuzaki…” lo chiamò lei.
“Sì?”
“Lo so che non ti importa, ma vorrei tanto vedere Light!” cercò di dire lei, con tono quasi supplichevole. Se voleva ottenere qualcosa da quel ragazzo prepotente, doveva cercare di prenderlo con le buone e usare un pizzico di diplomazia.
“Sta chiaramente dormendo!” osservò L.
“Non intendo adesso – eruppe lei alzando le mani al cielo – davvero, ho bisogno di chiarire alcune cose con lui. Sono disposta a fare tutto quello che vorrai, ma ti prego, concedimi per una sola volta di vederlo in privato”
“Mhm – mormorò il ragazzo dai capelli corvini, passandosi il pollice fra le labbra – e così saresti pronta a fare tutto quello che voglio. Interessante!”
“Sì! – piagnucolò lei congiungendo giungendo le mani, esasperata – sarei pronta a qualsiasi cosa!”
L raccolse i rimasugli di zucchero sedimentati sul fondo della tazzina di caffè e leccò golosamente il cucchiaino. La bionda teneva puntati i suoi occhioni nocciola su quel ragazzo pallido, dal quale dipendeva completamente la sua sorte.
“E va bene! – disse finalmente lui – ti concederò di vederlo domani, un’ora lontano dalle telecamere!”
Misa agitò i pugni dalla contentezza e lo abbracciò. L’espressione di Ryuzaki rimase impassibile ma, quando le braccia calorose di Misa circondarono il suo corpo, sentì ogni singolo muscolo irrigidirsi come le corde di uno stradivarius.
“Grazie, grazie, Ryuzaki! “cinguettò lei, piena di gratitudine.
Misa, tutta soddisfatta, sciolse l’abbraccio e si lasciò scappare qualche gridolino dalla contentezza.
“Oh, Ryuzaki!” – esclamò la bionda, sinceramente grata – ti avevo giudicato male. Non sei così insensibile! Sono sicura che diventeremo ottimi amici!”
“Già – disse L, increspando le labbra in un sorriso beffardo – ottimi amici!”
“Finalmente domani potrò affrontare Light e chiarire molte cose!”.
Quando la modella se ne tornò in camera, il giovane detective l’accompagnò con lo sguardo tramite le sue telecamere. La sua mente – sempre molto fredda e razionale – non poteva credere che una semplice parola potesse condizionare fortemente l’umore di una persona. Misa sembrava improvvisamente sbocciata, come un fiore a primavera, eppure lui non aveva fatto proprio niente se non concederle un piccolo incontro con Light. Beh, probabilmente non sarebbe stato l’incontro che lei si aspettava, ma L era di parola: se aveva detto lontano dalle telecamere, sarebbe stato un incontro lontano dalle telecamere.
Quando Misa si infilò sotto le coperte, L – ridendo sotto i baffi – si domandò come lei avrebbe preso le sue disposizione, il giorno dopo.
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CIAO A TUTTI,
RIECCOMI DOPO UN BEL PO’ CHE NON AGGIORNAVO. NEI PROSSIMI GIORNI CERCHERO’ DI PORTARE AVANTI ANCHE “VACANZA CON DELITTO”.
QUESTA SESSIONE DI ESAME MI DISTRUGGE, MA L’AFA CITTADINA ANCORA DI PIU’. SPERO CHE QUALCUNO DI VOI ABBIA GIA VISTO IL MARE (SI, QUELLA SPLEDIDA COSA CELESTE, CHE IN ESTATE VALE QUANTO UN’OASI NEL DESERTO :’D) PERCHE’ IO PROBABILMENTE NON FARO’ UN BAGNO DI LUGLIO :’ (
TORNANDO ALLA STORIA, NEL PROSSIMO CAPITOLO ASSISTEREMO FINALMENTE ALLA SCENETTA CHE HO RIPORTATO IN ANTEPRIMA! EH, EH… LE COSE COMINCERANNO DECISAMENTE A SCALDARSI.
A PRESTOOO : )
JAPAN_LOVER < 3
   
 
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