Frustrazion d’uccidere (dalla “Storia del terrorista”)
Chi va dicendo in giro che odio il mio lavoro
non sa con quanto amore mi dedico al tritolo,
è quasi indipendente, ancora poche ore
poi gli darò la voce
il detonatore.
Cominciando con quello che fu un folle assassino, e che ora scappava lontano, in piena notte e con qualche stella in cielo, dalla prigione da cui era evaso: farabutto e parassita quale era occupava la strada; percorrendo senza permettersi un sospiro di più, tenendo con sé la falce che mai lo tradiva e dava retta alla sua ira; egli stava correndo verso la sua amica, che gli era amica come lo era della morte, che probabilmente in quel momento si stava struggendo poiché non sapeva o meno se commetter peccato.
E proprio quel preciso istante, al ricercato pluriomicida Foster venne alla mente il ricordo del suo primo omicidio commesso con delusione e rammarico: a proposito di quella giovane che gli aveva mentito.
Quella gli aveva mentito due volte: la prima, dicendogli che in realtà ella non aveva paura di lui; e la seconda, pretendendo ch’egli mentisse a se stesso! Cominciando a parlargli di presunti sensi di colpa –magari sperava di scampar la morte– e molte cose inutili: “In realtà non vuoi davvero commetterli questi delitti! Sei un’anima in pena Zack, sei un’anima in pena!”
Quante menzogne per una preghiera ad un assassino.
Così continuava, senza perder forze, a correre nel buio, e nella solitudine dei suoi stessi ricordi, mentre il freddo dell’inverno che era alle porte passava attraverso le sue bende, chiedendone il passaggio per poter raggelar le bollenti cicatrici.