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Autore: Pheebss    20/06/2018    0 recensioni
“Era una rosa. Una rosa pura, una fresca rosa appena sbocciata, con la rugiada sui gracili petali, e profumava di primavera, ma, allo stesso tempo, abbracciarla faceva così male. Troppo male. Ogni volta che la prendeva tra le mani, le sue spine gli squarciavano la pelle.”
»»»»
“Lui lo sapeva, lo sapeva quel bicchiere di whisky e lo sapeva pure la cameriera che continuava a servirgliene; lo sapevano tutti, in quel locale fatto apposta per gli uomini tristi, che ciò che Neville stava facendo era sbagliato. Quello che provava era sbagliato, le occhiate che le lanciava erano sbagliate, e tutte le bugie di cui nutriva sua moglie erano l’errore più grande che avesse mai potuto commettere.”
»»»»
Non è un segreto che Neville Paciock fosse diventato un uomo a dir poco affascinante con il passare degli anni, e molte professoresse, sue colleghe, gli avevano più volte dato l’impressione di essere attratte da lui. Eppure mai, mai avrebbe immaginato che qualcosa potesse accadere tra lui e la figlia dei suoi più grandi amici.
(Neville x Rose)
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hannah Abbott, Il trio protagonista, Neville Paciock, Nuova generazione di streghe e maghi, Rose Weasley
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Nuova generazione
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«Credi che le piacerà?»
Le mattine dei primi di settembre non erano mai state i momenti preferiti di Rose Weasley. Trascorreva minuti su minuti seduta sul letto, ad abbracciarsi le ginocchia, con occhiaie che sembravano lividi e una folta chioma di capelli rossi talmente gonfia da poter essere scambiata per una parrucca vittoriana. Hugo, dal canto suo, era sempre pieno di energie, e, puntualmente, sempre con qualche storia da raccontare sulla bella, diciassettenne Bonnie, la ragazza più attraente e fredda di Serpeverde.
«Secondo me sì. È nel suo stile. Non trovi, Rose? Ma cosa ne vuoi capire, tu, di cose da ragazze… stavo pensando di darglielo stasera, prima della cerimonia di Smistamento. Anche se… oh Dio, credi che possa scambiarlo per una proposta di matrimonio? Insomma… non che mi dispiacerebbe, ma è un po’ troppo affrettato, no?»
«Affrettato?» rispose Rose, con la voce rauca e annoiata. «Assolutamente no. Hai quindici anni, alla tua età sono tutti già sposati… oh no, scusa, mi ero confusa con il 1600.»
Hugo era abituato ai commenti sarcastici della sorella, perciò decise di non ascoltarla, e continuò il suo disperato monologo: «Che poi, sono sicuro che lei mi abbia già notato, e sono pure sicuro che le piaccio. Lo avrà pensato, almeno una volta: “Wow, carino quel Grifondoro”, o no? No?»
Ma, quando si voltò verso Rose per ottenere conferma, trovò il suo letto vuoto. La ragazza era già andata a prepararsi: Hugo riusciva a darle energia più di quanto facessero litri e litri di caffè.
Rose non era particolarmente entusiasta di andare a Hogwarts: sarebbe stata Prefetto per la seconda volta, e la prospettiva non era molto invitante, considerate le voci che si erano sparse sul suo conto l’anno precedente, e l’essere in possesso di un ruolo tanto importante quanto fastidioso peggiorava la situazione.
Lanciò uno sguardo furtivo allo specchio del bagno, e, istintivamente, si appiattì i capelli con le mani, prima di spogliarsi e infilarsi sotto la doccia. Cercò di fare tutto il più lentamente possibile, perché non le andava di lasciare la sua casa e rinchiudersi in quella prigione che tutti ritenevano un “posto magico”, e non solo con il suo significato letterale. A lei Hogwarts non aveva fatto altro che dare delusioni una dopo l’altra, e non aveva il temperamento inspiegabilmente positivo di Hugo: lui, nonostante fosse una delle persone più impopolari e sfigate della scuola, trovava sempre un modo per elogiare le disavventure a cui andava incontro.
Quando il tempo stava ormai per esaurirsi e Rose non aveva più nessuna scusa per procrastinare la loro partenza, i ragazzi presero le loro valigie e le infilarono in macchina, pronti a ricominciare con un altro, totalmente indesiderato anno scolastico.
 
 
 

 
Quando Hannah Abbott si svegliò, l’odore di alcol mischiato al tanfo nauseante di sigaretta la fecero quasi vomitare. Allacciandosi la cintura della vestaglia in vita, si diresse in cucina. Non faceva una doccia da sei giorni, i suoi capelli erano unti e pesanti, gli occhi arrossati dalle notti insonni che trascorreva, perlopiù, piangendo. «Davvero?» disse, sarcastica, al marito che sorseggiava del gin, con la schiena china sul tavolo. «Di prima mattina?» Neville non le rispose, ma continuò a fissare il bicchiere in cui galleggiava il liquido trasparente, rigirandoselo tra le dita. Hannah si sedette davanti a lui, disegnando dei cerchi sul tavolo con l’indice, e quella scena continuò per un tempo indicibile: se fossero stati secondi, minuti od ore, nessuno dei due avrebbe saputo dirlo. Probabilmente avrebbero risposto che si trattava di un’eternità. Un’eternità trascorsa a non guardarsi, in silenzio.
«Devo andare» disse infine Neville, alzandosi e afferrando il cappotto. Si avvicinò alla moglie per baciarla sulla bocca, ma, all’ultimo secondo, Hannah si spostò, e le labbra dell’uomo toccarono la sua guancia. Si allontanò lentamente, la guardò per qualche secondo e poi uscì di casa. Non si salutarono neanche.
Una volta fuori, il professore di Erbologia si lasciò andare a un grido amareggiato, e diede un calcio alla porta, sperando che fosse l’ultima volta che l’avrebbe vista. Con molta probabilità Hannah sentì tutto, ma i due coniugi avevano smesso da tempo di interessarsi alle opinioni altrui.
Fermò il primo autobus per King’s Cross, caricò le valigie su di esso e si sedette sul primo posto che trovò disponibile. La maggior parte degli autobus di Londra erano impeccabili, ma solo l’incarnazione della sfortuna, ovvero Neville, poteva capitare in uno dei più sudici: si sedette su una vecchia gomma da masticare, e il palo a cui aggrapparsi era ricoperto di un’appiccicosa sostanza verdognola. Una ragazza vicino a lui ridacchiò per l’espressione disgustata dell’uomo, e, quando lui si voltò a vedere da dove provenisse quel suono, non poté fare a meno di notare quanto fosse carina. Le sorrise, e lei ricambiò. Aveva corti capelli biondi che le cadevano fino al collo, e gli occhi marroni più grandi e luminosi che avesse mai visto. La sconosciuta iniziò a mimare qualcosa con la bocca, una parola silenziosa che Neville non riuscì a comprendere, così lei afferrò un pezzetto di carta, uscì una penna dalla sua borsa e scarabocchiò qualcosa sul foglio, poi glielo porse. Sarah, 020 7238 0173. Neville se lo rigirò tra le mani e le lanciò un rapido sorriso, prima di piegare accuratamente il bigliettino e nasconderlo in una tasca del cappotto. Arrivato alla fermata, sollevò le pesanti valigie e scese, affrettandosi a dirigersi davanti alla parete del binario 9¾, dove già alcuni dei suoi conoscenti stavano salutando i loro figli.
«Ron! Hermione!» esclamò, correndo verso di loro. Salutò l’amica con due baci sulle guance, e questa assunse un’espressione a dir poco nauseata.
«Hai bevuto, Neville?»
«Cosa? No!» rispose frettolosamente, per poi rivolgersi ai loro figli, con l’intenzione di cambiare discorso. «Allora, ragazzi, nervosi?»
«Eh» commentò seccamente Hugo, scrollando le spalle. Rose restò in silenzio, guardandosi attorno con fare annoiato.
«Hey!» esclamò Harry, arrivando dietro di loro con estrema calma, tenendo le mani ben protette nelle tasche dei pantaloni. Ginny arrivò subito dopo di lui, tirandosi dietro Lily, James e Albus.
Neville lanciò un’occhiata all’orologio. «Sarebbe meglio se prendessimo i posti sul treno» fece notare.
«Dov’è Hannah?» chiese Ginny, ignorando l’affermazione dell’amico.
«Oh…» Neville si voltò verso di lei senza guardarla davvero, con la bocca leggermente socchiusa e l’espressione distratta. «È andata a lavoro molto presto. Vi saluta tutti» rispose senza espressione nella voce, e abbassando lo sguardo per evitare gli occhi dei suoi amici che, ovviamente, avevano colto la bugia nelle sue parole.
«Aspettate!» urlò una sottile voce in lontananza: Luna Lovegood stava correndo con i suoi due gemelli, Lorcan e Lysander, trascinando con sé i pesanti bagagli e le gabbie dei loro gufi. Giunse davanti al gruppo con un fiatone estenuante, senza neanche riuscire a dire una parola.
«Wow» commentò Harry, divertito. «Rolf non ti aiuta?»
«È molto… molto… malato» abbozzò Luna, facendo fatica a dare aria alle parole. Diede un colpetto sulle spalle dei figli undicenni, incitandoli a schiantarsi contro la parete che divideva la stazione Babbana dall’Espresso per Hogwarts, e loro, senza mostrare un minimo di esitazione, attraversarono il muro, seguiti da tutti gli altri ragazzi e da Neville.
 
 
 

 
Incontrò le sue due amiche, Deanna e Sal, in mezzo alla confusione di ragazzi strillanti che popolavano il treno di Hogwarts. Senza neanche salutarla, la afferrarono per un polso e la trascinarono in uno scompartimento vuoto, sedendosi opposte a lei come in un interrogatorio. «Raccontaci tutto» le ordinò Deanna, fremendo dall’eccitazione.
«Tutto cosa?» domandò una confusa Rose, alzando un sopracciglio.
«Di Scorpius, idiota!» replicò Sal, tormentandosi le mani.
Rose ridacchiò, ancora smarrita e imbarazzata. «Questa storia è finita un anno fa» tagliò corto, lasciandosi andare sullo schienale del sedile e giocando con i propri indici. Le due amiche la guardarono maliziosamente, continuando a volerle strappare le parole di bocca con il solo utilizzo dei loro sguardi. «Dico sul serio» aggiunse la Weasley, notando le loro espressioni affamate.
«Lo sa tutta la scuola, che non è finita un anno fa» la articolò Deanna, chinando la testa di lato.
Qualcuno bussò alla porta scorrevole del loro scompartimento. «È permesso?» chiese una voce ben più profonda di quanto ci si sarebbe potuto aspettare. Sbucò il volto di Neville, che osservò con attenzione le compagne di scompartimento. «A quanto pare sono arrivato troppo in ritardo e i posti per gli insegnanti erano tutti occupati.»
La bocca di Rose si allargò in un grande, svagato sorriso. «Siediti, Neville.» L’uomo prese posto il più lontano possibile dalle ragazze, appiccicato all’angolo dello scompartimento. Nel piccolo spazio calò un silenzio imbarazzante.
«Vi prego, continuate le vostre conversazioni» disse Neville, abbozzando un sorriso.
«Non credo che tu le voglia sentire» gli fece notare Rose.
«Come mai?»
«Parlavamo di ragazzi
«Oh» commentò lui, alzando le sopracciglia. «Beh, posso sempre tapparmi le orecchie.»
Rose si lasciò andare a una risata intensa. «Non ce n’è bisogno, Neville.»
«Rose» disse lui con tono ammonitorio. «Gradirei che mi si desse del lei
«Solo se me lo dai anche tu.»
Neville sorrise di lato. «Come vuole, signorina Weasley
«Perfetto, Professor Paciock
«Uhm…» abbozzò Sal, mettendosi in piedi. «Devo… andare da mia sorella. Me ne ero completamente dimenticata» mormorò prima di uscire dallo scompartimento.
«E io…» aggiunse Deanna, alzandosi subito dopo. «Devo andarci pure perché… doveva darmi una cosa… ma se n’era dimenticata. Torno presto, eh!» Rose sapeva benissimo che non sarebbe tornata.
«È davvero così imbarazzante, sedere accanto a me?» chiese Neville, una volta che le ragazze furono uscite.
«Beh, sono certa che tu, da giovane, non desiderassi stare per ore accanto a Piton.»
Quando la ragazza pronunciò quel nome, il volto del professore si fece leggermente più cupo. «Già» si limitò a dire. Ancora una volta, lo spazio angusto fu inondato dal silenzio.
«Quindi, come va con Hannah?» chiese Rose senza pensarci, nel tentativo di eliminare quella sensazione tesa che si era venuta a creare.
«Molto bene» rispose l’uomo, lambendosi le labbra e mantenendo lo sguardo lontano dall’interlocutrice.
«Sicuro?» chiese lei, aggrottando le sopracciglia.
«Certo.»
«Neville» lo ammonì, abbassandosi per incontrare lo sguardo del professore. «Siamo amici, lo sai, vero?»
«No, siamo un insegnante e la sua alunna» ribatté lui, alzando gli occhi sulla ragazza.
«Siamo amici» decise Rose, incrociando le braccia sul petto. «E tutti, in famiglia, sanno che le cose con Hannah non sono delle migliori.»
«Beh, n-» stava per negare, ma incontrò l’espressione feroce di Rose, che gli fece capire che una menzogna, con lei, non avrebbe funzionato. «Sono dei momenti…» spiegò. «Che nella vita di una coppia accadono. Quando crescerai lo capirai anche tu.»
«Questa storia va avanti da mesi» gli fece notare.
«A volte possono durare tanto tempo, ma questo non vuol dire che non ci amiamo.»
«E state insieme da meno di un anno.» Neville sospirò, guardandosi le mani.
«Riusciremo ad andare oltre» rispose solamente, ma Rose riuscì a percepire la peggiore delle bugie in quell’affermazione.
«Posso?» Un’altra voce maschile si fece avanti nello scompartimento. James Sirius, senza aspettare una risposta, chiuse la porta alle sue spalle e si gettò sul sedile in cui era posta Rose, appendendo i piedi alla parete. «Di che parlavate?» chiese, annoiato.
Rose guardò Neville in cerca di approvazione, ma, vedendo il suo sguardo ancora basso e incerto, rispose: «Di Erbologia.»
«Agh» mormorò disgustato il diciassettenne. Poi si voltò verso il professore, notando il suo sguardo stupito e, allo stesso tempo, rimproverante, così si corresse: «E con “agh” intendevo… wow
Rose ridacchiò, e fu contenta nel vedere che un minuscolo, impercettibile raggio di felicità si era fatto spazio anche nel volto tenebroso di Neville Paciock.
   
 
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