Audrey aveva ormai preso l’abitudine di vivere da sola
nel proprio appartamento. Si era sempre adattata in fretta alle novità, anche
quando queste non erano di suo gradimento. Tuttavia, anche se era riuscita ad
accettare una casa vuota, le fu molto più complicato imparare a convivere con
il fatto di non poter più vedere Oliver con l’assidua frequenza antecedente al
matrimonio. Da quando si era sposato, infatti, quella era solo la seconda volta
che i due si trovavano uno di fronte all’altro e i giorni avevano lasciato
spazio alle settimane.
Oliver aveva già raccontato di Venezia alla ex
coinquilina, mostrandogli anche diverse fotografie – perché glielo aveva
chiesto lei, per lo più – e ora, mentre erano insieme, la loro conversazione
non poteva che essere incentrata sul provino di Audrey per la BBC Scottish Symphony Orchestra. La pianista era rientrata da
Glasgow il giorno prima e quel pomeriggio – tardo – Oliver l’aveva raggiunta
nella casa che avevano condiviso per anni per chiederle com’era andato tutto
quanto.
Audrey si era persa per una decina di minuti buoni a
parlare di Glasgow e dell’audizione. Aveva iniziato proprio da quest’ultima e
aveva speso parole su parole per osannare il pianoforte che aveva avuto la
fortuna di suonare. Descrisse Dominic McAllister, la buona impressione che aveva avuto di lui e
delle cose che le aveva detto quando aveva finito di suonare entrambe le sue
canzoni. Infine raccontò a Oliver della città e della sua serata al Blue Jam, l’aspetto
che dovrebbe avere secondo lei il paradiso.
L’amico l’ascolto per tutto il tempo come solo lui
sapeva fare, dimostrando che nulla era ancora cambiato nel loro rapporto.
«Mi sembra di capire che l’esito di quell’audizione
sia stato più che positivo» osservò infine, appena la pianista smise di
parlare.
Lei ci pensò un momento. Non voleva farsi false
illusioni, o elevare le sue aspettative perché poi queste la deludessero,
tuttavia non poteva fare a meno di ripetere nella sua testa le parole di McAllister. Anche considerando il modo in cui il resto
dello staff lo aveva guardato mentre pronunciava quelle frasi, Audrey aveva
intuito che c’era qualcosa che l’uomo non avrebbe dovuto dire, o che non aveva
ancora detto prima. Per tale ragione non riusciva a evitare di farsi delle
aspettative e sentiva sempre di più di potercela fare a entrare nell’orchestra
della BBC. Ora che quella possibilità le sembrava tanto concreta, si era resa
anche conto di volerlo, di desiderare di vedersi trascorrere il resto dei suoi
giorni a Glasgow, per suonare in quel prestigioso complesso musicale. Londra le
sarebbe mancata, certo, ma avrebbe imparato a vivere lontano da essa, così come
avrebbe fatto del proprio meglio per mantenere saldi i preziosi legami che
aveva nella capitale inglese.
«Sono molto ottimista» disse poi, finendo con il
mordersi appena il labbro inferiore. «So che non dovrei farmi illusioni, lo so
perfettamente. È solo che...beh, avessi visto il modo in cui McAllister ha detto quelle cose. E anche come lo hanno
guardato gli altri, come se avesse detto qualcosa impronunciabile. Come se si
fosse esposto, ecco» concluse.
Oliver annuì a quelle parole. «Beh, in effetti è ben
augurante. Stando a quello che mi hai detto, intendo.»
«Non riesco a smettere di pensare che posso farcela
davvero. Forse se lui non avesse fatto quelle allusioni ora non starei così.»
«Questo è poco ma sicuro» bofonchiò l’amico.
«Secondo te mi sto illudendo?» domandò di punto in
bianco Audrey. Si fidava totalmente del parere di Oliver, al punto che sapeva
che lui avrebbe potuto aiutarla a fare chiarezza dentro di sé. Il ragazzo era
un prezioso supporto.
Lui ci pensò un momento, giocando distrattamente con
la fede nuziale – gesto che si era insinuato in fretta fra quelli che compiva
sovrappensiero. «Beh, non saprei, in totale onestà» rispose poi. «Se devo
essere sincero, forse sì. Ambienti come quelli sono altamente selettivi,
Audrey, lo sai bene anche tu. Tuttavia, anche visto quello che ti hanno detto,
mi pare normale che tu ti stia facendo delle aspettative così alte. Anche io al
tuo posto avrei di certo fatto lo stesso.»
Quelle parole la consolarono: come sempre l’amico
aveva saputo aiutarla.
«E come ti sentiresti a dover lasciare Londra?» le
chiese poi.
La pianista, che aveva rimuginato sulla questione per
l’ennesima volta solo pochi istanti prima, si lasciò sfuggire un lieve sospiro.
«Immagino che me ne farò una ragione. Una simile occasione capita solo una
volta nella vita e se avessi fortuna mi conviene coglierla al volo. Sai, subito
pensavo di non avere bisogno ad ambire a più di quanto già avevo, ma ora che ne
ho concretamente la possibilità vorrei approfittare al massimo della cosa.
Sarebbe una svolta troppo importante.»
«Saresti una folle a non farlo, infatti» le diede
ragione l’amico, poi proseguì: «A meno che qui non ci fosse qualcosa di più
importante.»
Il modo in cui concluse la frase, lasciandola in
sospeso, fece intuire alla pianista che c’era qualcosa che lui stava provando a
farle capire. Audrey aggrottò la fronte, perplessa e lanciò un’occhiata sospettosa
all’amico. Convinta che stesse alludendo a se stesso gli disse: «Oliver, il mio
possibile trasferimento non cambierà più di tanto il nostro rapporto.
Esattamente come il tuo matrimonio.»
A Oliver sfuggì una risata a quelle parole, specie per
il tono consolatorio usato dalla ragazza. «Audrey,» disse, ancora sorridente, «sono
consapevole di essere il tuo migliore amico e, credimi, sono lusingato della
cosa. Ma quando faccio questo genere di affermazioni non è che alludo sempre a
me.»
La ragazza arricciò le labbra. «I miei genitori?»
tentò, ma ricominciò a parlare prima di dare tempo all’altro di provare a dire
qualcosa: «Beh ma anche adesso non ci vediamo così spesso. Noi veniamo dal Surrey» disse, alludendo anche a Oliver e parlando come se
non credesse al fatto che lui si fosse dimenticato le sue origini.
Tuttavia Oliver non alludeva neanche a quello.
«April e Sadie già non vedono l’ora di trascorrere i
week end a Glasgow e in giro per la Scozia. Dove, per la cronaca, dovrò
portarle io» continuò borbottando la ragazza.
«Che mi dici di Peter?» provò Oliver, decidendo di
smetterla di consentirle di tirare a indovinare.
Audrey lo guardò subito appena il ragazzo ebbe
pronunciato quel nome. La sua suonava come una tattica, forse per scoprire
qualcosa di ben preciso.
«Spiegati» lo incalzò Audrey, facendosi improvvisamente
seria.
«Non c’è niente da spiegare direi. Ti ho solo fatto
una domanda. Stiamo cercando di capire se può esserci qualche motivazione che
può spingerti a rinunciare alla BBC Scottish Symphony
Orchestra per restare a Londra. Abbiamo detto che io non sono, escludiamo anche
April e Sadie. Rimangono principalmente due cose di altrettanto importanti per
te: il Menier Chocolate Factory e Peter» concluse, segnando su indice e medio i
due fattori.
Audrey rimase per svariati secondi a fissare l’amico,
domandandosi se le stava sfuggendo qualcosa. Il Menier Chocolate Factory sì che
poteva essere un motivo per rimanere a Londra, quel posto, le persone che vi
gravitavano intorno, tutto quanto.
«Perchè Peter?» domandò infine, dando voce ai suoi
pensieri.
«Perché no?» replicò immediatamente Oliver.
«Perché no non è una risposta, non lo è mai stata, lo
sai.»
Nuovamente Oliver sorrise. «Te l’ho detto, sto solo
cercando di capire la situazione. Ho inserito Peter in questo discorso perché
direi che per te lui è importante.»
La pianista non replicò subito, rimase a guardare il
ragazzo quasi aspettandosi una spiegazione degna di quel nome. Era certa che
Oliver stesse cercando di farle fare un ragionamento preciso e, quando sospetto
di cosa potesse trattarsi, Audrey rispose: «Peter è un amico. Segnalo insieme a
April e Sadie nel tuo elenco di “possibili motivi a favore di Londra”.» Fece un
segno di spunta in aria, considerando la faccenda chiusa. Rimaneva solo il
Menier Chocolate Factory da analizzare.
«Beh, io te l’ho solo chiesto per...» Oliver pensò al
termine giusto da usare, ma Audrey lo interruppe prima che potesse trovarlo.
«Per cosa?»
Aveva la sua tipica espressione sospettosa, nota a
Oliver come tante altre.
«Pensavo solo provassi qualcosa per lui, tutto qui.»
«Sì, simpatia.»
Il ragazzo fece una smorfia, guardandola di traverso. «Non
alludevo a questo.»
«Allora non capisco a cosa ti riferisci» proseguì
caparbiamente Audrey. Tuttavia appena ebbe concluso l’affermazione, qualcosa in
lei si destò. Una strana sensazione le strinse lo stomaco e un’altra le si
annidò dentro all’altezza del cuore.
«A niente di che, in verità. È solo che mi hai parlato
molto di quel ragazzo, soprattutto nelle ultime settimane. Pensavo solo ti
potesse interessare» tagliò corto lui, alzando le spalle. In verità era molto
più sicuro di così; sapeva leggere bene i messaggi nascosti, specie quelli di
Audrey. Lui aveva visto molto di più di quello che appariva in superficie nel
modo in cui la pianista lo aggiornava dei momenti trascorsi con l’illustratore.
«Peter non... Siamo amici» disse lei, sebbene non
parve estremamente convinta delle sue parole.
Oliver, che era stato aggiornato su tutto ciò che era
avvenuto a Glasgow – anche la cosa più insignificante, come il cioccolatino
lasciato sul cuscino nella stanza d’albergo – ne approfittò per domandare: «E
il fatto che lui sia stato il primo a cui hai pensato, il primo a cui avresti
voluto raccontare tutto, non ti dice niente?»
Per un primo momento Audrey si pentì di averlo
informato della cosa. «Che c’entra questo?» chiese poi. «Non è mica stato Peter
il primo a cui ho detto tutto, sei stato tu. Ora.»
«Sì ma le cose sarebbero potute andare diversamente.
Io sarei stato il secondo se tu ieri sera avessi avuto il coraggio di premere
il tasto di chiamata.» Si stava riferendo al fatto che lei avesse preferito non
disturbare Peter anziché chiamarlo per condividere con lui la viva
soddisfazione del momento.
La pianista fece per replicare ancora, ma quell’ultima
affermazione le diede da riflettere. In fondo, Oliver aveva ragione – tanto per
cambiare. Peter era stato il suo primo pensiero appena lei era tornata alla
realtà dopo aver suonato l’Epilogo davanti
a McAllister e con tutta probabilità non si trattava
di una semplice coincidenza. Anche il desiderio di chiamarlo per dirgli di com’era
andata l’audizione, al Blue Jam, doveva pur significare qualcosa. Non si era
mai fermata a pensarci, ad analizzare cosa, il ragazzo, potesse rappresentare
per lei, eppure dopo le parole di Oliver la sua mente cominciò a ragionare
sulla questione a una velocità folle. Ripensò al tempo passato insieme, ai
rientri in metropolitana, ai caffè da Starbucks. Quando era con Peter si
accorgeva a malapena dello scorrere del tempo, del fatto che la District line e
la fermata di Whitechapel arrivassero senza che lei
se ne rendesse conto. Aveva sempre pensato fosse dovuto al fatto che parlavano
di argomenti interessanti, o di come le uscisse semplice intavolare una
conversazione con il ragazzo, tuttavia, alla luce delle parole di Oliver, si
chiese se non ci fosse altro. Si sentì avvampare a quel pensiero. Puntò gli
occhi in quelli dell’amico e mormorò: «Tu credi...»
Lasciò la frase in sospeso, ma quelle due semplici
parole diedero ugualmente al ragazzo modo di continuare. «Me ne hai parlato a
sufficienza da aiutarmi ad avere un quadro generale della situazione. Non ti
sto dicendo che sei innamorata di lui, per carità, è troppo presto. Sto solo
dicendo» si bloccò, sospirando. Prima di continuare si stropicciò gli occhi con
indice e pollice borbottando: «Non posso credere di essere in procinto di dire
una cosa del genere.» Tornò a guardare l’amica. «Sto solo dicendo che lui
potrebbe essere il tuo Sebastian.»
A sentire quelle parole, Audrey non seppe cosa
replicare. Aveva ancora gli occhi fissi sull’amico e la sua espressione si fece
attonita.
«Volevo solo capire se ci ho visto bene o meno»
proseguì calmo. «Dal modo in cui mi parli di lui, dei discorsi che avete tenuto
in metro, del modo in cui disegna. L’ho chiesto perché so che tu non ti vedi o
non ti senti, ma da fuori sembra proprio che ci sia qualcosa di più fra voi.
Poi magari mi sbaglio e semplicemente il rapporto fra voi è simile al nostro.
Dopotutto pensano sempre che stiamo insieme» concluse con sarcasmo.
Audrey non avrebbe saputo dire se quella dell’amico
era tattica o semplice ingenuità, fatto sta che le sue parole la spinsero a
riflettere su tutta la faccenda come non aveva mai fatto prima.
Peter poteva essere il suo Sebastian? Un simile
pensiero non l’aveva mai sfiorata; fino a quel momento.
Con Peter ci stava bene, non poteva negarlo; avevano
molte cose in comune e altrettante di cui parlare e su cui confrontarsi.
Inoltre lo aveva sempre trovato molto carino, non poteva negarlo.
Che lui le interessasse ma lei non lo avesse ancora
capito perché lo aveva sempre considerato solo un amico?
Forse era dovuto a quello la sensazione di calore che
la pervadeva ogni volta che Peter le rivolgeva un sorriso.
Non riuscì a fermare la sua mente dall’immaginare come
sarebbero potute andare le cose se fra loro ci fosse stata più di un’amicizia.
Si immaginò di riservare a lui un posto per la prima dello spettacolo, di
raggiungerlo una volta terminato, di andare a bere con lui qualcosa al bar del
piano di sopra. Avrebbero potuto andare a Camden Town insieme, parlare di
qualsiasi cosa avessero voluto; avrebbe anche potuto vederlo disegnare. Non
aveva mai pensato a nulla di tutto ciò, ma, mano a mano che formulava quei
pensieri, ancora in silenzio e con le parole di Oliver che le riverberavano
nelle orecchie, si rese conto che quella prospettiva le piaceva. Forse lei e
Peter erano fatti per essere più di semplici amici, forse davvero aveva trovato
il suo Sebastian, ma non era riuscita a capire la cosa se non con l’aiuto di
Oliver.
Sospirò, sentendosi improvvisamente confusa. «Io non
lo so» ammise alla fine. «Peter mi piace, ma non so se mi piace in quel senso.»
«Ci hai dovuto pensare, però» la incalzò Oliver. Con
quelle parole smascherò all’amica che la sua era stata una tattica, cosa che le
fece aggrottare la fronte. Prima che potesse dire qualcosa, però, lui la
precedette: «Io sono abbastanza sicuro che lui ti piaccia. E da come ne parli
penso che vada bene per te e tu sai che non lo dico di tutti» precisò. «Credo
anche che tu non l’abbia mai visto sotto quell’ottica perché, da quando vi
conoscete, sei sempre stata presa da un mucchio di cose, lo spettacolo del
Menier, il mio matrimonio. Forse era l’ultimo dei tuoi pensieri cercare di
capire se il simpatico illustratore con cui tornavi a casa ogni giorno potesse
rappresentare qualcosa di più.»
«Perché mai, poi, mi stai dicendo tutto questo?»
«Perché sei la mia migliora amica e voglio vederti
felice. E se avessi ragione riguardo Peter mi sentirei il diretto responsabile
di questo successo e continuerei a prendermene il merito per tutta la durata
della vostra relazione» concluse sornione.
«Quindi lo fai solo per il tuo ego» lo punzecchiò lei,
guardandolo storto.
«Se lo facessi solo per quello avrei usato meno giri
di parole» ribatté lui, indifferente alla provocazione.
La pianista non fu in grado di dire altro. Ripensò a
quello che le aveva detto l’amico e al modo in cui la loro conversazione aveva
assunto in fretta un altro aspetto. Infine pensò a Peter. Oliver non l’aveva accusata
di essere innamorata di lui; “è troppo presto” aveva detto e lei sapeva di non
amare il ragazzo – della cosa se ne sarebbe senz’altro accorta. Però era vero
che fra loro due c’era un ottimo rapporto, era vero che sarebbe potuto
diventare qualcosa di più ed era vero che la sua mente era stata sempre
impegnata sul lavoro, sulle canzoni da imparare e infine dall’audizione per l’orchestra
scozzese da portarla ignorare tutto il resto.
Proprio il provino per la BBC Scottish
Symphony Orchestra le fece scattare qualcosa. «Ok, forse potresti avere ragione.»
Arrestò la possibile replica di Oliver con un gesto. «Ma farmelo capire adesso
potrebbe essere troppo tardi. Se la mia audizione per la BBC fosse andata bene?»
«Beh, vedila così» rispose lui dopo averci riflettuto
un momento, «se lui non ti ricambiasse non avresti nulla da perdere visto che
te ne scapperesti in Scozia» disse con un’innocente alzata di spalle.
«E se mi rendessi conto che lui non mi piace?» tentò
la pianista, senza un reale motivo.
«Ma io mica ti ho detto che devi andare a dirglielo
adesso. Prenditi qualche giorno, qualche settimana, alcuni mesi di distanza a
Glasgow e rifletti sulla questione. Non voglio che tu vada da lui a dichiararti
a tutti i costi. Solo, ho notato che stare con lui ti rende felice e direi che
questo vuol dire qualcosa.» Diede una veloce occhiata al telefono cellulare,
rendendosi conto che era ormai giunta l’ora di andare. «Senti, io devo andare,
mi dispiace. Ma possiamo parlarne di nuovo se vuoi.»
«No, no, non serve» rispose la ragazza con un gesto
della mano. «Ci penserò su.»
Accompagnò Oliver alla porta e lì si salutarono.
Audrey decise di andare in camera sua e suonare qualcosa, giusto per rilassare
la mente dalla conversazione appena avuta con l’amico, che l’aveva
scombussolata non poco. Nella sua stanza frugò nei cassetti in cerca dell’album
contenente alcune delle sue partiture e si imbatté negli spartiti dell’Epilogo di La La Land che le aveva regalato l’illustratore.
Le estrasse, sfogliando una a una le varie tavole e ammirandone i disegni come
fosse la prima volta.
Un pensiero l’attraversò d’improvviso: una vita intera
insieme a Peter. Perché tutto d’un tratto quell’idea le sembrava tanto
allettante?