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Autore: MadAka    20/06/2018    3 recensioni
Audrey è solita prendere la District line a Tower Hill station ogni giorno. Pianista di professione, amante di musica jazz e cinema, trascorre il tempo in attesa ripercorrendo mentalmente note e partiture, allontanandosi totalmente dal mondo reale.
Tower Hill è anche la fermata metropolitana di Peter, in cui prende la Circle line, la linea gialla. Illustratore dalla fantasia contagiosa, divoratore di musica e consumatore di matite, il ragazzo trascorre il tempo alla stazione con gli auricolari inforcati, riempiendo con le note di Bastille, Coldplay e OneRepublic il mondo intorno a sé.
Proprio la musica o, in questo caso, la sua assenza, sarà causa dell'incrociarsi delle loro strade in quella sconfinata metropoli che è Londra.
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"La vita è un viaggio solitario. Ma con un po' di fortuna trascorri gran parte di essa con la giusta compagnia."
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Audrey aveva ormai preso l’abitudine di vivere da sola nel proprio appartamento. Si era sempre adattata in fretta alle novità, anche quando queste non erano di suo gradimento. Tuttavia, anche se era riuscita ad accettare una casa vuota, le fu molto più complicato imparare a convivere con il fatto di non poter più vedere Oliver con l’assidua frequenza antecedente al matrimonio. Da quando si era sposato, infatti, quella era solo la seconda volta che i due si trovavano uno di fronte all’altro e i giorni avevano lasciato spazio alle settimane. 

Oliver aveva già raccontato di Venezia alla ex coinquilina, mostrandogli anche diverse fotografie – perché glielo aveva chiesto lei, per lo più – e ora, mentre erano insieme, la loro conversazione non poteva che essere incentrata sul provino di Audrey per la BBC Scottish Symphony Orchestra. La pianista era rientrata da Glasgow il giorno prima e quel pomeriggio – tardo – Oliver l’aveva raggiunta nella casa che avevano condiviso per anni per chiederle com’era andato tutto quanto.

Audrey si era persa per una decina di minuti buoni a parlare di Glasgow e dell’audizione. Aveva iniziato proprio da quest’ultima e aveva speso parole su parole per osannare il pianoforte che aveva avuto la fortuna di suonare. Descrisse Dominic McAllister, la buona impressione che aveva avuto di lui e delle cose che le aveva detto quando aveva finito di suonare entrambe le sue canzoni. Infine raccontò a Oliver della città e della sua serata al Blue Jam, l’aspetto che dovrebbe avere secondo lei il paradiso. 

L’amico l’ascolto per tutto il tempo come solo lui sapeva fare, dimostrando che nulla era ancora cambiato nel loro rapporto.

«Mi sembra di capire che l’esito di quell’audizione sia stato più che positivo» osservò infine, appena la pianista smise di parlare.

Lei ci pensò un momento. Non voleva farsi false illusioni, o elevare le sue aspettative perché poi queste la deludessero, tuttavia non poteva fare a meno di ripetere nella sua testa le parole di McAllister. Anche considerando il modo in cui il resto dello staff lo aveva guardato mentre pronunciava quelle frasi, Audrey aveva intuito che c’era qualcosa che l’uomo non avrebbe dovuto dire, o che non aveva ancora detto prima. Per tale ragione non riusciva a evitare di farsi delle aspettative e sentiva sempre di più di potercela fare a entrare nell’orchestra della BBC. Ora che quella possibilità le sembrava tanto concreta, si era resa anche conto di volerlo, di desiderare di vedersi trascorrere il resto dei suoi giorni a Glasgow, per suonare in quel prestigioso complesso musicale. Londra le sarebbe mancata, certo, ma avrebbe imparato a vivere lontano da essa, così come avrebbe fatto del proprio meglio per mantenere saldi i preziosi legami che aveva nella capitale inglese.

«Sono molto ottimista» disse poi, finendo con il mordersi appena il labbro inferiore. «So che non dovrei farmi illusioni, lo so perfettamente. È solo che...beh, avessi visto il modo in cui McAllister ha detto quelle cose. E anche come lo hanno guardato gli altri, come se avesse detto qualcosa impronunciabile. Come se si fosse esposto, ecco» concluse.

Oliver annuì a quelle parole. «Beh, in effetti è ben augurante. Stando a quello che mi hai detto, intendo.»

«Non riesco a smettere di pensare che posso farcela davvero. Forse se lui non avesse fatto quelle allusioni ora non starei così.»

«Questo è poco ma sicuro» bofonchiò l’amico. 

«Secondo te mi sto illudendo?» domandò di punto in bianco Audrey. Si fidava totalmente del parere di Oliver, al punto che sapeva che lui avrebbe potuto aiutarla a fare chiarezza dentro di sé. Il ragazzo era un prezioso supporto.

Lui ci pensò un momento, giocando distrattamente con la fede nuziale – gesto che si era insinuato in fretta fra quelli che compiva sovrappensiero. «Beh, non saprei, in totale onestà» rispose poi. «Se devo essere sincero, forse sì. Ambienti come quelli sono altamente selettivi, Audrey, lo sai bene anche tu. Tuttavia, anche visto quello che ti hanno detto, mi pare normale che tu ti stia facendo delle aspettative così alte. Anche io al tuo posto avrei di certo fatto lo stesso.»

Quelle parole la consolarono: come sempre l’amico aveva saputo aiutarla. 

«E come ti sentiresti a dover lasciare Londra?» le chiese poi.

La pianista, che aveva rimuginato sulla questione per l’ennesima volta solo pochi istanti prima, si lasciò sfuggire un lieve sospiro. «Immagino che me ne farò una ragione. Una simile occasione capita solo una volta nella vita e se avessi fortuna mi conviene coglierla al volo. Sai, subito pensavo di non avere bisogno ad ambire a più di quanto già avevo, ma ora che ne ho concretamente la possibilità vorrei approfittare al massimo della cosa. Sarebbe una svolta troppo importante.»

«Saresti una folle a non farlo, infatti» le diede ragione l’amico, poi proseguì: «A meno che qui non ci fosse qualcosa di più importante.»

Il modo in cui concluse la frase, lasciandola in sospeso, fece intuire alla pianista che c’era qualcosa che lui stava provando a farle capire. Audrey aggrottò la fronte, perplessa e lanciò un’occhiata sospettosa all’amico. Convinta che stesse alludendo a se stesso gli disse: «Oliver, il mio possibile trasferimento non cambierà più di tanto il nostro rapporto. Esattamente come il tuo matrimonio.»

A Oliver sfuggì una risata a quelle parole, specie per il tono consolatorio usato dalla ragazza. «Audrey,» disse, ancora sorridente, «sono consapevole di essere il tuo migliore amico e, credimi, sono lusingato della cosa. Ma quando faccio questo genere di affermazioni non è che alludo sempre a me.»

La ragazza arricciò le labbra. «I miei genitori?» tentò, ma ricominciò a parlare prima di dare tempo all’altro di provare a dire qualcosa: «Beh ma anche adesso non ci vediamo così spesso. Noi veniamo dal Surrey» disse, alludendo anche a Oliver e parlando come se non credesse al fatto che lui si fosse dimenticato le sue origini.

Tuttavia Oliver non alludeva neanche a quello. 

«April e Sadie già non vedono l’ora di trascorrere i week end a Glasgow e in giro per la Scozia. Dove, per la cronaca, dovrò portarle io» continuò borbottando la ragazza. 

«Che mi dici di Peter?» provò Oliver, decidendo di smetterla di consentirle di tirare a indovinare.

Audrey lo guardò subito appena il ragazzo ebbe pronunciato quel nome. La sua suonava come una tattica, forse per scoprire qualcosa di ben preciso. 

«Spiegati» lo incalzò Audrey, facendosi improvvisamente seria.

«Non c’è niente da spiegare direi. Ti ho solo fatto una domanda. Stiamo cercando di capire se può esserci qualche motivazione che può spingerti a rinunciare alla BBC Scottish Symphony Orchestra per restare a Londra. Abbiamo detto che io non sono, escludiamo anche April e Sadie. Rimangono principalmente due cose di altrettanto importanti per te: il Menier Chocolate Factory e Peter» concluse, segnando su indice e medio i due fattori.

Audrey rimase per svariati secondi a fissare l’amico, domandandosi se le stava sfuggendo qualcosa. Il Menier Chocolate Factory sì che poteva essere un motivo per rimanere a Londra, quel posto, le persone che vi gravitavano intorno, tutto quanto.

«Perchè Peter?» domandò infine, dando voce ai suoi pensieri.

«Perché no?» replicò immediatamente Oliver.

«Perché no non è una risposta, non lo è mai stata, lo sai.»

Nuovamente Oliver sorrise. «Te l’ho detto, sto solo cercando di capire la situazione. Ho inserito Peter in questo discorso perché direi che per te lui è importante.»

La pianista non replicò subito, rimase a guardare il ragazzo quasi aspettandosi una spiegazione degna di quel nome. Era certa che Oliver stesse cercando di farle fare un ragionamento preciso e, quando sospetto di cosa potesse trattarsi, Audrey rispose: «Peter è un amico. Segnalo insieme a April e Sadie nel tuo elenco di “possibili motivi a favore di Londra”.» Fece un segno di spunta in aria, considerando la faccenda chiusa. Rimaneva solo il Menier Chocolate Factory da analizzare.

«Beh, io te l’ho solo chiesto per...» Oliver pensò al termine giusto da usare, ma Audrey lo interruppe prima che potesse trovarlo.

«Per cosa?»

Aveva la sua tipica espressione sospettosa, nota a Oliver come tante altre.

«Pensavo solo provassi qualcosa per lui, tutto qui.»

«Sì, simpatia.»

Il ragazzo fece una smorfia, guardandola di traverso. «Non alludevo a questo.»

«Allora non capisco a cosa ti riferisci» proseguì caparbiamente Audrey. Tuttavia appena ebbe concluso l’affermazione, qualcosa in lei si destò. Una strana sensazione le strinse lo stomaco e un’altra le si annidò dentro all’altezza del cuore. 

«A niente di che, in verità. È solo che mi hai parlato molto di quel ragazzo, soprattutto nelle ultime settimane. Pensavo solo ti potesse interessare» tagliò corto lui, alzando le spalle. In verità era molto più sicuro di così; sapeva leggere bene i messaggi nascosti, specie quelli di Audrey. Lui aveva visto molto di più di quello che appariva in superficie nel modo in cui la pianista lo aggiornava dei momenti trascorsi con l’illustratore. 

«Peter non... Siamo amici» disse lei, sebbene non parve estremamente convinta delle sue parole.

Oliver, che era stato aggiornato su tutto ciò che era avvenuto a Glasgow – anche la cosa più insignificante, come il cioccolatino lasciato sul cuscino nella stanza d’albergo – ne approfittò per domandare: «E il fatto che lui sia stato il primo a cui hai pensato, il primo a cui avresti voluto raccontare tutto, non ti dice niente?»

Per un primo momento Audrey si pentì di averlo informato della cosa. «Che c’entra questo?» chiese poi. «Non è mica stato Peter il primo a cui ho detto tutto, sei stato tu. Ora.»

«Sì ma le cose sarebbero potute andare diversamente. Io sarei stato il secondo se tu ieri sera avessi avuto il coraggio di premere il tasto di chiamata.» Si stava riferendo al fatto che lei avesse preferito non disturbare Peter anziché chiamarlo per condividere con lui la viva soddisfazione del momento.

La pianista fece per replicare ancora, ma quell’ultima affermazione le diede da riflettere. In fondo, Oliver aveva ragione – tanto per cambiare. Peter era stato il suo primo pensiero appena lei era tornata alla realtà dopo aver suonato l’Epilogo davanti a McAllister e con tutta probabilità non si trattava di una semplice coincidenza. Anche il desiderio di chiamarlo per dirgli di com’era andata l’audizione, al Blue Jam, doveva pur significare qualcosa. Non si era mai fermata a pensarci, ad analizzare cosa, il ragazzo, potesse rappresentare per lei, eppure dopo le parole di Oliver la sua mente cominciò a ragionare sulla questione a una velocità folle. Ripensò al tempo passato insieme, ai rientri in metropolitana, ai caffè da Starbucks. Quando era con Peter si accorgeva a malapena dello scorrere del tempo, del fatto che la District line e la fermata di Whitechapel arrivassero senza che lei se ne rendesse conto. Aveva sempre pensato fosse dovuto al fatto che parlavano di argomenti interessanti, o di come le uscisse semplice intavolare una conversazione con il ragazzo, tuttavia, alla luce delle parole di Oliver, si chiese se non ci fosse altro. Si sentì avvampare a quel pensiero. Puntò gli occhi in quelli dell’amico e mormorò: «Tu credi...»

Lasciò la frase in sospeso, ma quelle due semplici parole diedero ugualmente al ragazzo modo di continuare. «Me ne hai parlato a sufficienza da aiutarmi ad avere un quadro generale della situazione. Non ti sto dicendo che sei innamorata di lui, per carità, è troppo presto. Sto solo dicendo» si bloccò, sospirando. Prima di continuare si stropicciò gli occhi con indice e pollice borbottando: «Non posso credere di essere in procinto di dire una cosa del genere.» Tornò a guardare l’amica. «Sto solo dicendo che lui potrebbe essere il tuo Sebastian.»

A sentire quelle parole, Audrey non seppe cosa replicare. Aveva ancora gli occhi fissi sull’amico e la sua espressione si fece attonita. 

«Volevo solo capire se ci ho visto bene o meno» proseguì calmo. «Dal modo in cui mi parli di lui, dei discorsi che avete tenuto in metro, del modo in cui disegna. L’ho chiesto perché so che tu non ti vedi o non ti senti, ma da fuori sembra proprio che ci sia qualcosa di più fra voi. Poi magari mi sbaglio e semplicemente il rapporto fra voi è simile al nostro. Dopotutto pensano sempre che stiamo insieme» concluse con sarcasmo.

Audrey non avrebbe saputo dire se quella dell’amico era tattica o semplice ingenuità, fatto sta che le sue parole la spinsero a riflettere su tutta la faccenda come non aveva mai fatto prima.

Peter poteva essere il suo Sebastian? Un simile pensiero non l’aveva mai sfiorata; fino a quel momento. 

Con Peter ci stava bene, non poteva negarlo; avevano molte cose in comune e altrettante di cui parlare e su cui confrontarsi. Inoltre lo aveva sempre trovato molto carino, non poteva negarlo. 

Che lui le interessasse ma lei non lo avesse ancora capito perché lo aveva sempre considerato solo un amico?

Forse era dovuto a quello la sensazione di calore che la pervadeva ogni volta che Peter le rivolgeva un sorriso. 

Non riuscì a fermare la sua mente dall’immaginare come sarebbero potute andare le cose se fra loro ci fosse stata più di un’amicizia. Si immaginò di riservare a lui un posto per la prima dello spettacolo, di raggiungerlo una volta terminato, di andare a bere con lui qualcosa al bar del piano di sopra. Avrebbero potuto andare a Camden Town insieme, parlare di qualsiasi cosa avessero voluto; avrebbe anche potuto vederlo disegnare. Non aveva mai pensato a nulla di tutto ciò, ma, mano a mano che formulava quei pensieri, ancora in silenzio e con le parole di Oliver che le riverberavano nelle orecchie, si rese conto che quella prospettiva le piaceva. Forse lei e Peter erano fatti per essere più di semplici amici, forse davvero aveva trovato il suo Sebastian, ma non era riuscita a capire la cosa se non con l’aiuto di Oliver. 

Sospirò, sentendosi improvvisamente confusa. «Io non lo so» ammise alla fine. «Peter mi piace, ma non so se mi piace in quel senso.»

«Ci hai dovuto pensare, però» la incalzò Oliver. Con quelle parole smascherò all’amica che la sua era stata una tattica, cosa che le fece aggrottare la fronte. Prima che potesse dire qualcosa, però, lui la precedette: «Io sono abbastanza sicuro che lui ti piaccia. E da come ne parli penso che vada bene per te e tu sai che non lo dico di tutti» precisò. «Credo anche che tu non l’abbia mai visto sotto quell’ottica perché, da quando vi conoscete, sei sempre stata presa da un mucchio di cose, lo spettacolo del Menier, il mio matrimonio. Forse era l’ultimo dei tuoi pensieri cercare di capire se il simpatico illustratore con cui tornavi a casa ogni giorno potesse rappresentare qualcosa di più.»

«Perché mai, poi, mi stai dicendo tutto questo?»

«Perché sei la mia migliora amica e voglio vederti felice. E se avessi ragione riguardo Peter mi sentirei il diretto responsabile di questo successo e continuerei a prendermene il merito per tutta la durata della vostra relazione» concluse sornione. 

«Quindi lo fai solo per il tuo ego» lo punzecchiò lei, guardandolo storto.

«Se lo facessi solo per quello avrei usato meno giri di parole» ribatté lui, indifferente alla provocazione.

La pianista non fu in grado di dire altro. Ripensò a quello che le aveva detto l’amico e al modo in cui la loro conversazione aveva assunto in fretta un altro aspetto. Infine pensò a Peter. Oliver non l’aveva accusata di essere innamorata di lui; “è troppo presto” aveva detto e lei sapeva di non amare il ragazzo – della cosa se ne sarebbe senz’altro accorta. Però era vero che fra loro due c’era un ottimo rapporto, era vero che sarebbe potuto diventare qualcosa di più ed era vero che la sua mente era stata sempre impegnata sul lavoro, sulle canzoni da imparare e infine dall’audizione per l’orchestra scozzese da portarla ignorare tutto il resto.

Proprio il provino per la BBC Scottish Symphony Orchestra le fece scattare qualcosa. «Ok, forse potresti avere ragione.» Arrestò la possibile replica di Oliver con un gesto. «Ma farmelo capire adesso potrebbe essere troppo tardi. Se la mia audizione per la BBC fosse andata bene?»

«Beh, vedila così» rispose lui dopo averci riflettuto un momento, «se lui non ti ricambiasse non avresti nulla da perdere visto che te ne scapperesti in Scozia» disse con un’innocente alzata di spalle.

«E se mi rendessi conto che lui non mi piace?» tentò la pianista, senza un reale motivo.

«Ma io mica ti ho detto che devi andare a dirglielo adesso. Prenditi qualche giorno, qualche settimana, alcuni mesi di distanza a Glasgow e rifletti sulla questione. Non voglio che tu vada da lui a dichiararti a tutti i costi. Solo, ho notato che stare con lui ti rende felice e direi che questo vuol dire qualcosa.» Diede una veloce occhiata al telefono cellulare, rendendosi conto che era ormai giunta l’ora di andare. «Senti, io devo andare, mi dispiace. Ma possiamo parlarne di nuovo se vuoi.»

«No, no, non serve» rispose la ragazza con un gesto della mano. «Ci penserò su.»

Accompagnò Oliver alla porta e lì si salutarono. Audrey decise di andare in camera sua e suonare qualcosa, giusto per rilassare la mente dalla conversazione appena avuta con l’amico, che l’aveva scombussolata non poco. Nella sua stanza frugò nei cassetti in cerca dell’album contenente alcune delle sue partiture e si imbatté negli spartiti dell’Epilogo di La La Land che le aveva regalato l’illustratore. Le estrasse, sfogliando una a una le varie tavole e ammirandone i disegni come fosse la prima volta.

Un pensiero l’attraversò d’improvviso: una vita intera insieme a Peter. Perché tutto d’un tratto quell’idea le sembrava tanto allettante?

 

 

  
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