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Autore: IneedLemons    21/06/2018    0 recensioni
- Credo che tu volessi colpire me invece di quel malcapitato. – una voce nuova si insinuò nella mia testa e questo portò a girarmi.
Il presunto assassino, vero questa volta, osservava gli alberi con fare risoluto.
- Peccato che quel tronco è lontano altrimenti avrei rimediato senza problemi. – risposi a tono a quell’affermazione.
Sogghignò.
- Sicura di non essere tu l’assassina? Forse tuo padre ha ragione a rinchiuderti in casa. – si voltò verso di me osservandomi. Potei giurare di aver scorto un leggero senso di ribrezzo. Chiusi le mani a pugno.
Mi avvicinai, molto.
- Meglio del tuo che ti ha cacciato dalla propria. – sibilai.
Inspirò in modo sospetto come se avessi toccato un tasto dolente, stava per rispondere ma…
A volte sembra che quel filo rosso della fantomatica leggenda cinese per noi non esista, che siamo destinati alla solitudine, senza trovare quella persona in grado di farci provare quelle emozioni così forti da perdere il fiato.
Così pensava Taissa, una giovane ragazza scozzese rassegnata al suo destino da proprietaria di un bed and breakfast, fino a quando...
ENJOY THE STORY XX
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Bondage | Contesto: Contesto generale/vago
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Diedi un pugno così forte al muro da imprecare sottovoce mentre saltellavo per il dolore.
Non potevo non pensare a quello che mi aveva detto Evan poco fa, eppure il suo ragionamento non faceva una piega, o forse si: a me stava bene lasciare tutto e tutti, era tutto ciò che da sempre bramavo, a lui evidentemente no dato che si comportava da stronzo principe insoddisfatto da quando aveva messo piede in questo posto.
Avanzavo per i corridoi con la mano poggiata alla parete trascinandola di pari passo alla mia camminata. Conoscevo ogni angolo di quella struttura, ci ero cresciuta, avevo visto cambiarne il colore, gli arredi, i dettagli. Lei aveva visto le mie arrabbiature, le lacrime, le risate e anche qualche momento felice. Adesso dentro di me sentivo un senso di oppressione così forte da provocarmi la nausea. Avanzai verso la mia camera ma mi ferma alla porta precedente. Cosa attirò la mia attenzione? La voce scocciata, adirata di una persona a me nota.
 
- In questo schifo di posto non c’è neanche una cazzo di presa per usare un caricabatterie? Peggio di Machu Picchu. – non stava urlando e forse io non avrei dovuto origliare ma il tono con cui aveva detto quella frase mi fece rizzare i capelli dalla rabbia.
Non mi feci trattenere dalla buona educazione e…
- Bene signor principe, se ne può anche andare se questo posto non è di suo gradimento. La cosa, ovviamente, risulterà positiva per la sottoscritta. – risposi da dietro la porta.
All’improvviso tutti i rumori provenienti da quella stanza cessarono. Susseguì un silenzio sospetto. Sperai fosse caduto in un buco nero o magari che le sue neurotrasmissioni fossero improvvisamente scomparse, quindi avanzai verso la mia camera…
- E poi sarei io quello che non si fa i fatti suoi? Sciocca amish. – quella risata mi bloccò.
Chiusi la mano a pugno accanto al mio fianco e il mio viso assunse una smorfia di irritazione pura. Scaraventai la porta facendola sbattere accanto la parete e creare un rumore assordante. Bene Taissa.
- Pensavo stessi nascondendo le tue armi, serial killer. – lo accusai entrando nella sua camera.
- Si avevo intenzione di uccidere prima te. – disse fissandomi in cagnesco.  Anche lui aveva gli occhi chiari.
Ti ha battuto” – la mia coscienza era risorta dopo un periodo di quiescenza.
- Non dirlo neanche per scherzo. – sibilai rendendomi conto dopo che stavo parlando da sola.
Evan piegò la testa di lato studiandomi.
-Mi sa che hai un piccolo problemino tu. – dichiarò qualche secondo dopo.
Sospirai rumorosamente avvicinandomi a lui.
- Il mio problemino, anzi, problemone, sei tu. –
- Forse perché ho sconvolto la tua lunga e monotona vita amish? Dovresti ringraziarmi. Grazie a me te ne andrai da questo schifo di posto. – fece lui abbassandosi sotto al letto e afferrando qualcosa.
Rimasi in silenzio e mi sentii improvvisamente a disagio. Dopotutto non era uno schifo di posto…sì, era sperduto nel mondo ma questo aveva i suoi vantaggi: evitare persone come Evan, ma guarda il caso, che mi odiava insieme alla setta di divinità che controllano il mondo, era capitato nel triangolo delle bermuda Scotland edition. Incrociai le braccia al petto come per abbracciarmi. Non so se lo feci per proteggermi oppure per trattenermi dal buttare Evan giù dalla finestra.  In quel momento non pensai che avrebbe potuto prendere anche un machete lì sotto ed io ero indifesa. Tornai su di lui osservandolo: aveva le spalle larghe coperte da una maglia grigia a maniche corte. I muscoli erano leggermente definiti, segno che praticava sport ma evidentemente non ne aveva tanta voglia. Sorrisi tra me e me.
- Hey amish. – esclamò il biondo.
Mi ripresi quasi subito.
- C-Che vuoi? – risposi in tono acido.
- Perché sorridi? – chiese improvvisamente. Avvampai leggermente.
Non risposi limitandomi ad un gesto della mano per scampare a quella situazione.
- Dato che sei qui, nella mia camera importunandomi, trovami una presa dove collegare questo. – mi lanciò dietro il caricabatterie, incurante di provocarmi dolore.
Mi scostai in tempo facendolo cadere per terra e vedendo l’oggetto rompersi in due. Materiale scadente di sicuro. Mi voltai verso Evan alzando un sopracciglio come per mostrare la mia superiorità in campo di stronzaggine. Non sembrò contento. E fui contenta di questo.
- Ma sei idiota per caso? Che cazzo fai! – urlò imprecando per tutta la stanza. Recuperò il suo caricabatterie come se fosse la salma di un parente.
- Tanto non ti sarebbe servito il telefono qui. – dichiarai in modo pacato.
- Giusto, voi amish usate le lettere per comunicare. – si beffeggiò di me con un tono così stizzito che mi venne voglia di scaraventarlo con la testa nel muro.
- Smettila di chiamarci così, saputello del cazzo. – stavo urlando io. – tu non sai niente di noi. – terminai ma non ebbi il tempo di respirare che…
- Neanche tu sai niente di me eppure non ti limiti nel chiamarmi assassino e altre stronzate…sei solo un’egoista del cazzo, ha fatto bene tuo p… -
Un sonoro suono riecheggiò nella stanza. La fonte proveniva dalla mia mano che si era posata con veemenza sulla guancia di quel ragazzo che adesso mi stava fissando con un’aria particolare; non era sorpreso, impaurito o arrabbiato; forse si aspettava quel gesto…oppure era abituato a quel gesto? Mi scansai quasi subito afferrando la mano colpevole con l’altra e massaggiandola. Abbassai lo sguardo fissandomi le scarpe ma subito dopo ritornai su di lui.
- Scusami. – lasciai la sua stanza, chiudendomi nella mia a pochi metri dopo.
 
***
 
- Smettila oppure ti soffoco col cuscino, e sai che lo faccio. – ridevo a crepapelle nella camera di James quella mattina.
Erano passati tre giorni dalla discussione che avevo avuto con Evan e da allora lo evitavo. Quando lo vedevo, istintivamente cambiavo direzione oppure scappavo dagli sguardi che mi lanciava di tanto in tanto. Ancora non si era integrato bene ma come biasimarlo; vivevo lì da sempre eppure sembrava che non fosse il mio posto. Mia madre cercava di farlo sentire a suo agio con i suoi modi caldi e familiari, lui sembrava estraneo a tutto questo, il che mi fece percepire che qualcosa nella sua infanzia era mancato.
James si era rimesso, faceva ancora fatica ad alzarsi per l’intensità della botta ma il senso dell’umorismo non gli mancava pertanto considerai che stesse sulla via della completa guarigione.
Mi stava guardando con quegli occhi che mi mettevano in soggezione, non riuscivo a tenere il suo sguardo e lui lo aveva capito bene dato che moriva dal ridere ogni volta che si presentava quella situazione. Non che a me dispiacesse, adoravo quando mi guardava così. Nessuno mi aveva guardata così prima d’ora.
- Potrei sempre soffocarti io. – mi provocò con uno sguardo ammaliatore.
- Ma se non riesci neanche ad alzarti. – lo presi in giro poggiando la testa sul materasso.
- Questo è quello che pensi tu. – rispose lui.
Ero seduta di lato, mi sdraiai perpendicolarmente al letto. Inspirai profondamente e un senso di libertà mi pervase. Ancora qualche giorno e sarei andata via da lì, pronta per la mia vita. Avevo già preparato le valigie. La cosa più strana era che mio padre non aveva accennato nulla di quella notizia a mia madre e neanche io avevo intenzione di farlo. Me ne sarei andata di notte, così non avrei recato disturbo a nessuno.
Mentre pensavo alla mia fuga/libertà non mi accorsi che James era su di me e lo feci solo quando iniziò a solleticare tutto il mio corpo provocandomi fastidio/piacere/convulsioni. Risi così tanto che le lacrime uscirono copiose dai miei occhi e iniziai a contorcermi.
- T-Ti prego sm-smettila. – cercai di scostarlo ma aveva una forza incredibile.
- Ora chi è che soffoca? – eccolo, vittorioso con le ginocchia ai lati delle mie cosce e i suoi occhi su di me.
Smise quasi subito e iniziò a fissarmi; come se non aspettasse altro dall’inizio della giornata. Mi alzai sui gomiti e l’osservai di rimando: anche lui aveva spalle larghe, ben definite. Rimasi incantata a guardarlo. Salii con lo sguardo verso sopra soffermandomi sulle sue labbra, carnose ma non troppo, quei lineamenti non perfetti ma che per me davano l’idea dell’uomo per eccellenza, l’accenno di barba, il naso singolare e quegli occhi dannati. Mi coprii il viso con le mani disperandomi: ero cotta di James? Mio Dio, certo che si.
Con un gesto inaspettato, lui tirò via le mie mani.
- Non coprirti ti prego. – implorò.
- Devo per forza. – spiegai girando la testa di lato.
- Perché mai? – chiese lui gentilmente e a voce bassa.
- Perché…perché…il papa non è re. – lo spintonai liberandomi da lui ma, come sempre d’altronde, caddi all’indietro, ritrovandomi a terra.
James si affacciò dal materasso.
- Chi la fa se l’aspetti Tai. – strizzò l’occhio e io sentivo i miei sensi abbandonarmi.
Riuscii a mettermi in piedi faticosamente.
Passai accanto al letto ma una mano mi tirò e ricaddi sul materasso.
- Devo vendicarmi per quello che mi hai fatto, signorina. – la sua voce roca uscì in un sussurro e con mano, direi esperta ma non potei esserne sicura data la mia ridotta esperienza in quel campo, tracciò il perimetro del mio viso.
- Muoio di paura. – lo provocai alzandomi e mettendomi seduta.
Ero a pochi centimetri da James, potei sentire il suo fiato che usciva in modo accelerato dalla sua bocca, era agitato? Mai quanto me che avrei potuto scalare una montagna dall’adrenalina che avevo in corpo.
Lui, approfittando della situazione, posò una mano alla base del mio viso e cercò di avvicinarsi ancora di più.
Chiusi inevitabilmente gli occhi…
- Scusate l’interruzione ma- Evan, ovviamente, vide la nostra posizione e notai una leggera pressione che esercitò sul pomello della porta -  piccola amish, ti vogliono di sotto. –
- Bussare ti fa schifo? – dissi scostandomi da James e aggiustandomi.
- Come a te fa schifo non origliare. – ok, era impossibile avere una conversazione civile con quell’essere.
- Beh non sono l’unica. – tono sprezzante che vinse la battaglia.
Se ne andò chiudendo la porta in modo molto violento.
- Io lo uccido! – imprecai arrabbiata, facendo ridere James.
- Ma non era lui l’assassino? – disse sedendosi. Non risposi.
Mi prese la mano e mi avvicinò a lui guardandomi. Io ero in piedi e abbassai lo sguardo su di lui.
Quanto avrei voluto quelle labbra su di me ma qualcuno di estremamente irritante, urticante, arrogante, doveva sempre, e sottolineo 74829 volte SEMPRE, intromettersi. Sbuffai e mi allontanai.
- Ci vediamo dopo? – chiese speranzoso.
- Se non finisco in galera, sì. – assentii chiudendo la porta alle mie spalle.
 
Scesi di sotto cercando la persona che aveva chiesto di me. Era quasi ora di pranzo, evidentemente dovevo aiutare in cucina. Trovai Kitty indaffarata a preparare qualcosa di buono, sicuramente. Mi avvicinai a lei.
- Oh cara, hai messo il fiocco rosso. – notai contenta ricordando la sigla di Hello Kitty.
Kitty mi guardò in modo strano, mi scrutava.
- Sei cotta di lui. – mi indicò col mestolo e io non risposi limitandomi a sorridere e a coprirmi il volto con le mani.
Raccontai la situazione alla mia cara amica e lei sorrise di gioia per me.
- Mi fa piacere tesoro. – poggiò una mano sulla mia spalla. – te lo meriti.
- Se non fosse stato per Evan…a proposito. – mi fermai. – era salito prima sopra facendomi scendere… chi ha chiesto di me? – chiesi ricordando l’intrusione del principe stronzo killer.
Kitty mi guardò torva per qualche secondo e poi fece spallucce. Aspettate…
- Nessuno ha chiesto di me? – domandai in tono stizzito.
- No Tai, ti sarei venuta a chiamare io tra qualche minuto, infatti è sembrato strano averti già qui. – fece lei ritornando ai fornelli.
   
 
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