Giardino, al mattino
C'è una strana poesia.
Un cinguettio sciolto, da qualche parte,
nell'etere a coriandoli baby blue
oltre il ficus non ancora affumicato
dallo squarcio nel mezzo del giorno -
è il mattino,e lo specchio dell'acqua
impastata di torba nel suo battistero;
la chiamano con voci di ninfa le conche dei vasi
esplodendo basilico in ciuffi
e la menta ostile -
e quinci piastrelle idilliche,
piovute dalla cancellata, a incipriata,
dove riesce a stormire il rosmarino.
E' chiaro, è il vento: sussulta il giardino,
Nausicaa ondeggiante,e sospira
l'anelito ctonio e azzurro del ventre
vorrebbe - respira - che il cuore le si infittisse di selva
odorosa d'unguenti
di uno stesso giardino, alla sera.
Note
Ritorno a sei giorni dalla precedente, in un ritmo che spero possa consolidarsi. Questa poesia ha toni meno aspri della prima, è più uno "spaccato botanico" risultato di una sensazione reale, con qualche implicazione altra, che siete liberi di cogliere. Ho cambiato qualcosa, rispetto a una prima stesura, consonanze "ideali" di termini e punteggiatura che desse meglio conto dell'ondeggiare dei versi. E nulla, piccola oasi in mezzo agli studi, che già mi porterebbero a scrivere di cose più atroci. Ma lasciamo questa qui, come una mini-sequenza descrittiva spiovente, per una natura che stavolta è urbanizzata, ma non meno dolce e nostalgica. Rin grazio tutti quelli che hanno letto.
A presto.