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Autore: Doux_Ange    26/06/2018    0 recensioni
Partendo dal titolo con una citazione del nostro Capitano in 'Scegli me!', una serie di one-shot per raccontare come, in molte puntate, la storia tra Anna e Marco sarebbe potuta andare diversamente.
I capitoli saranno in parte presi dall'altra fanfiction che ho scritto, 'Life-changing frenzy' relativamente alle parti immutate.
*Grazie alle mie brainstormers, Federica, Clarissa e Martina!*
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IL POTERE DEL PERDONO

 

N/A La parte compresa tra i tre asterischi (***) è la copia del capitolo 'Il potere del perdono' nell'altra mia fanfiction 'Life-changing frenzy', che ho inserito perché procede regolarmente come in puntata. Oltre gli asterischi, la parte alternativa. Buona lettura!

 

 

*** In queste settimane stiamo avendo una tregua al lavoro. È stato un periodo più calmo, almeno dal punto di vista di casi da risolvere.

 

Se poi dobbiamo parlare del clima lavorativo, e anche privato, al contrario, è un'altalena continua. Naturalmente mi riferisco alla mia esperienza personale.

Già, perché ultimamente, specie da quando è tornato il pretino, con Anna non sto capendo più nulla. Un giorno ci ignoriamo, l'altro ci insultiamo, quello dopo ancora ci comportiamo come fossimo fidanzati.

E intendo soprattutto fuori dalla caserma.

Poi, quando c'è Chiara, la situazione sta diventando sempre più complicata da gestire.

Qualche giorno fa proprio Chiara, per cercare di distrarre sua sorella che ultimamente è sempre nervosa, ha proposto di fare una bella gita fuori porta trascinandoci tutti e due al castello medievale di Val Tiberina. Pur se con qualche esitazione, Anna alla fine si è convinta, così loro due sono andate in auto, insieme, e io le ho raggiunte in moto con un po' di ritardo.

Al mio arrivo, erano già lì ad ascoltare la guida spiegare del castello.

Anna era attentissima, Chiara un po' meno.

“...e un giardino all'italiana che è suddiviso in sette spazi, con limonaie, lecci, aiuole, giochi d'acqua e anche un labirinto di siepi di bosso...” Sento dire alla guida.

“Ragazzi, ragazzi, ragazzi,” sussurra Chiara all'improvviso, “ma se andassimo nel labirinto?”

Non è male.

“Chiara, non stiamo a casa nostra, dobbiamo seguire la guida.” La contraddice immediatamente Anna, sempre prudente.

Io invece sono attratto dall'idea, anche per metterla alla prova.

“A me il labirinto sembra più interessante,” dico quindi.

Anna allarga le braccia, sconfitta. “La gita del liceo,” commenta, sarcastica, “andiamo a giocare, dai.”

Io ridacchio, imitato da Chiara, e tutti e tre ci avviamo verso il labirinto, seguendo le indicazioni sui cartelli poco più avanti.

Chiara apre la fila guardandosi intorno con curiosità, mentre io e Anna restiamo più indietro a parlare. Visto che sono arrivato in ritardo, mi racconta un po' la storia di questo posto.

“La guida ci ha detto che questa prima era una fortezza, e nel Rinascimento è stata trasformata in villa dal Vasari,” mi spiega con un tono appassionato che ormai so distinguere senza difficoltà.

“Quindi... anche nella fortezza più inespugnabile può nascondersi un giardino incantato,” commento, riferendomi a ben altro che questo castello. Lei lo intuisce immediatamente, e abbassa lo sguardo, le guance che si tingono di rosso.

Chiara sceglie quel momento per interromperci, e spezzare la magia. “Ragazzi, ecco il labirinto!” Ci fa notare, e io spero che non si sia accorta dello scambio appena avuto con sua sorella.

“Wow,” sussurra Anna, “sembra di essere in una fiaba!”

“Facciamo un gioco,” interviene Chiara, “entriamo, ci sparpagliamo e poi torniamo qua. L'ultimo che arriva perde, okay?”

“Io ci sto!” Accetto immediatamente, lanciando uno sguardo di sfida ad Anna, che ricambia senza esitare. “Io vado di qua.” Affermo, scegliendo la strada di fronte a me. Una rapida occhiata dietro le spalle mi indica che le due sorelle hanno appena imboccato altre due direzioni diverse.

Decido allora di lasciare alla sorte la mia scelta: se non so come comportarmi con loro, sarà questa occasione a scegliere per me. Se riesco a vincere in questo intreccio di siepi, la prima che mi raggiunge sarà colei che destino avrà deciso di pormi accanto. Allora mi comporterò di conseguenza.

Con un tuffo al cuore, quando torno all'inizio non c'è nessuno.

“Primo!” dico allora a voce alta.

“Anna, muoviti, se no arrivi ultima!” Sento Chiara replicare.

“No, io non perdo mai!” È la risposta di Anna. Significa che sono entrambe vicine.

Resto lì in attesa per qualche minuto, prima di sentire un rumore dietro l'angolo.

Il fiato mi si blocca in gola.

 

Il destino è proprio strano. Non ho ancora capito se sia a mio favore o meno.

 

Spero solo significhi che sto agendo nel modo giusto.

 

***

 

Oggi alle 13.30 ho un appuntamento con Anna in caserma per discutere di faccende burocratiche relative a un sequestro di qualche giorno fa.

Quando arrivo, con qualche minuto di anticipo, lei non c'è ancora, così decido di aspettarla nel suo ufficio.

Passano una ventina di minuti e di lei ancora nessuna traccia. Questo suo ritardo mi mette ansia.

Ad un tratto entra Cecchini con un fascicolo, che mi porge. “Il signor Capitano mi ha detto di darle questi.”

“Ah... grazie. Ma... lei dov'è?” Chiedo, sedendomi davanti alla scrivania.

“Non lo so... magari aveva qualche appuntamento e... arriverà.”

“No, che appuntamento,” obbietto, infastidito. “Ce l'aveva qua con me, l'appuntamento, e lei non è mai in ritardo.”

“Si vede che stanotte avrà fatto tardi... sa com'è.”

Io spalanco gli occhi, interdetto, e mi giro a fissarlo. “No, non lo so com'è.”

“È che c'è... Giò, Giovanni, il suo ex. È tornato alla carica. Magari hanno fatto... tardi, hanno fatto le ore piccole...” Insinua il Maresciallo.

Io cerco di mostrarmi indifferente, tenendo gli occhi sul fascicolo. “Buon per loro...” mormoro.

Buon per loro un cavolo.

“'Buon per loro'?” Mi provoca lui. “Voglio vedere se si rimettono insieme, se dice ancora 'buon per loro'.”

Pure lui ci mancava. Queste allusioni da dove vengono? Sono davvero così semplice da leggere?

“Maresciallo, posso ricordarle che io sono felicemente fidanzato con Chiara?” Provo a rettificare, forse in maniera eccessiva.

“Felicemente?” Mi istiga ancora Cecchini. Ma allora la fa apposta! … come l'ha capito?

“Sì, felicemente, e se il Capitano vuol rimettersi con... don Giovanni, io sono più che contento per lei.” Ribatto, una nota ironica nella mia voce che sfugge al mio controllo. Ma allora te le cerchi. 'Don Giovanni'... bah.

Cecchini sta per dire qualcosa ma viene interrotto da Zappavigna, che entra spedito in ufficio.

“Senti, ma nessuno t'ha insegnato a bussare?” Gli chiede il Maresciallo. Che ironia.

“Scusate, ma è un'urgenza. Hanno ritrovato un uomo morto in via Machiavelli. Si tratta di omicidio.”

Io mi alzo. “Maresciallo, andiamo io e Lei. Zappavigna, chiama la Dottoressa Olivieri per avvisarla, va bene?” Chiedo all'appuntato, leggermente irritato del fatto che lei mi abbia dato buca così.

Sì, semmai sei irritato per le insinuazioni del Maresciallo. Per quello che ne sai, potrebbe aver ragione. Dopotutto, quando sei stato a cena da Cecchini, quella volta, lei era effettivamente a casa di Giovanni, che ha traslocato letteralmente a due passi da casa sua.

 

È strano trovarmi sulla scena del crimine senza Anna e le sue acute osservazioni. È come se mancasse qualcosa.

Provo a pensare a cosa farebbe lei, quando parlo con la moglie dell'ucciso, e a comportarmi di conseguenza. Poi provo a chiamare Anna, ma il suo cellulare è sempre irraggiungibile. Cecchini commenta che è strano che non si veda Don Matteo nei paraggi, e per quanto lo rimproveri per l'osservazione (sì, come farebbe Anna... mi ha contagiato), non posso non notarlo anch'io. È decisamente strano.

 

***

 

Quando rientro in caserma dopo il sopralluogo, verso le 15, vado dritto nell'ufficio di Anna, tentando di nuovo di chiamarla. Inutilmente. A questo punto sono preoccupato.

Cerco di non pensare al peggio, ma non abbiamo notizie di lei da stamattina, e non riusciamo a rintracciarla. Ho dovuto per forza chiamare Chiara a un certo punto, sperando che Anna si fosse... non so, solo sentita poco bene, magari, e aveva dimenticato di comunicarlo, e invece niente. Naturalmente lei è entrata in panico, dicendomi che era uscita la mattina presto, non sapeva dove dovesse andare, ma che non le aveva lasciato detto nulla. Ho cercato di tranquillizzarla al meglio, con la promessa di darle notizie non appena avrei saputo qualcosa.

Ormai è pomeriggio inoltrato, e il groppo in gola aumenta ogni istante di più. Provo ancora a chiamarla. Niente.

Cecchini arriva dopo qualche istante, agitatissimo, spiegandomi che è andato in canonica per avere notizie di Don Matteo, e Pippo gli ha detto che anche lui è uscito quella mattina presto ma non è ancora rientrato, benché avesse detto che non avrebbe ritardato oltre le 15. Sono già passate le 16.

“Sono tutti e due insieme, non può essere un caso.” Fa, iniziando a camminare avanti e indietro, nervoso. “Sono spariti tutti e due, e tutti e due hanno il cellulare irraggiungibile.”

“Oh, Maresciallo, io sono preoccupato come Lei, va bene?” Gli faccio notare. Se davvero ha intuito qualcosa di quello che c'è tra me e Anna, lo capirà. “Però stia fermo, per cortesia.” Mi sta facendo venire il mal di testa.

“Non possiamo stare mani nelle mani!”

“Non stiamo mani nelle mani, Maresciallo, stiamo avviando le procedure del caso e le ricerche.” Gli ricordo, tentando di mantenere la calma, anche se dentro lo stomaco si attanaglia di più ogni secondo che passa. “Abbiamo anche un omicidio da risolvere, giusto? Abbiamo novità?” Chiedo, cercando di distrarlo per un attimo.

“No, non abbiamo novità perché non ci sono telecamere in zona. Poi la moglie non può essere stata perché dalla banca hanno detto che lei è uscita dal lavoro alle ore 13.30, il medico legale dice che il marito, Dario Corsi, è morto alle ore 12, quindi non può essere stata lei.”

Sospiro, cercando di pensare a una nuova pista, quando Zappavigna spalanca la porta dell'ufficio, un'espressione tesa in volto. “Hanno ritrovato la macchina del Capitano.”

Io e Cecchini ci scambiamo uno sguardo terrorizzato, e mi alzo di scatto. Il mio cellulare squilla, ma la conversazione con Chiara dura pochi istanti, il tempo di dirle che non ho novità.

Salgo in auto con il cuore in gola, senza riuscire a parlare.

Non può essere. No. Mi rifiuto di crederci.

 

Arriviamo sul posto, un luogo isolato, e la macchina è posizionata come se fosse andata a sbattere contro un albero.

Mentre io mi guardo intorno, Cecchini si avvicina, e dentro il cofano scopre... la bicicletta di Don Matteo.

“È la sua, sicuro?” Chiedo, più per dire qualcosa che altro.

“Sì... li hanno rapiti, o forse peggio...” mi risponde con voce rotta, appoggiandosi alla macchina per sostenersi. “Non ci posso pensare...”

Cerco di tranquillizzarlo, e tranquillizzare anche me. “Magari sono venuti qua insieme, e sono ancora qua intorno, Maresciallo...” dico, senza crederci.

“No, no, ma il Capitano non l'avrebbe mai lasciata la macchina qui... Qualcuno l'ha presa e l'ha abbandonata...”

“Lo so, Maresciallo...” Lo blocco, senza voler sentire altro. Apro lo sportello dal lato passeggero, dando un'occhiata all'interno alla ricerca di qualcosa. Qualsiasi cosa che mi dica dov'è Anna. Apro il cruscotto, e ci trovo dentro un fascio di carpette, fogli e documenti vari tenuti insieme da un elastico.

Io questi documenti li ho già visti.

Li tiro fuori, mostrandoli a Cecchini.

 

Torniamo in fretta in caserma, e chiamo Chiara affinché ci raggiunga il prima possibile.

Mentre aspettiamo, io do un'occhiata al contenuto delle carpette, e noto subito un nome ricorrente: Claudio Lisi.

L'uomo che ha truffato suo padre fino a portarlo al suicidio.

Che cosa ci facevano tutti questi documenti in macchina di Anna? Anzi, che ci facevano a casa sua, prima? Sono sicurissimo di averglieli visti in giro in più di un'occasione, ora che ci penso.

Continuo a controllare, quando arriva Chiara accompagnata da Cecchini. Siamo solo noi tre nell'ufficio del Capitano. Lei scoppia immediatamente a piangere quando la informiamo di aver trovato la sua macchina abbandonata e nessuna traccia di lei, ma io non riesco a fare nulla, nemmeno ad abbracciarla. Non riesco nemmeno a pensare in maniera lucida.

Le indico le carte che continuo a sfogliare. “Sono tutti riguardanti Claudio Lisi, questi documenti.” Spiego, senza esitare ma con voce roca.

“Cosa?!” Domanda lei, subito. È chiaro che quel nome fa male anche a lei.

“Sì, è qui a Spoleto e lavora in un'azienda vinicola.”

“Ma chi è questo Claudio Lisi?” Chiede Cecchini, ma prima che possiamo rispondergli, la porta si apre ed entra Giovanni, teso.

“Maresciallo... dov'è Anna? È tutto il giorno che la cerco...” Fa, esitante, rendendosi subito conto che qualcosa non va.

“Purtroppo anche noi la stiamo cercando ma non siamo riusciti a trovarla,” risponde lui. Io non riesco ancora a dire nulla. “Abbiamo trovato la sua auto abbandonata.”

Lui spalanca gli occhi, girandosi verso Chiara, che ricomincia a piangere. “Cioè, che volete dire? Che è stata rapita?”

“Temiamo di sì.” Ammette Cecchini, e Giovanni si lascia cadere sulla sedia libera, una mano davanti alla bocca.

Per quanto io possa detestarlo, in questo momento posso solo provare empatia per lui. So perfettamente come si sente.

“Aveva un appuntamento con qualcuno o-”

“No no no, ufficialmente no,” rispondo io, ritrovando la voce, “però nella sua macchina abbiamo trovato questo fascicolo. Ci sono appunti, documenti, e sono tutti riguardanti... Claudio Lisi.”

Lui solleva lo sguardo, incrociando il mio per la prima volta da quando è entrato. “Claudio Lisi?”

Dalla sua espressione e dal tono capisco che sa di chi sto parlando.

Certo che lo sa. È comunque l'ex di Anna, sono stati insieme per cinque anni. È ovvio che lo sappia.

“Ma esattamente chi è questo Claudio Lisi?” Torna a chiedere il Maresciallo, l'unico adesso a non capire questa connessione.

Lasciamo che sia Chiara a rispondere. “È... è l'uomo che ha causato la morte di nostro padre.” Dice soltanto, la voce rotta.

Cecchini spalanca gli occhi, poi li abbassa, e noto che diventano lucidi.

Io scambio uno sguardo con Giovanni, e dalla sua espressione intuisco che ha capito che anch'io so benissimo chi sia Lisi, e cosa c'entri con Anna.

 

Lascio che si occupi lui di Chiara, mentre io e il Maresciallo ci dirigiamo immediatamente all'azienda vinicola presso cui lavora quel... quell'uomo, se così si può definirlo. In auto, gli spiego in breve il legame di Lisi con le sorelle Olivieri, omettendo però tutti i dettagli personali che Anna mi ha raccontato.

Incontriamo i fratelli Bonetti, i proprietari, proprio all'ingresso della villa. Chiediamo dove sia Lisi, e l'uomo che sta camminando dietro di loro si ferma di colpo.

È lui. L'uomo che ha causato così tanta sofferenza ad Anna.

Claudio Lisi.

Entriamo all'interno per potergli parlare in privato, ma mentre lui e Cecchini si avvicinano al divano posto in un angolo, io preferisco appoggiarmi al bancone del bar, più distante. Meglio stare lontano, non si sa mai cosa potrebbe succedere.

Il maresciallo gli chiede subito se conosce il Capitano, usando però le sue generalità.

“Anna Olivieri. Sì, certo che la conosco. Suo padre era un mio vecchio amico.”

Mi trattengo dal fare una risata sprezzante alla sua osservazione, obbligandomi a tacere e lasciando che sia lui a fare le domande.

“Un vecchio amico... che si è suicidato quando Lei l'ha truffato e l'ha mandato in carcere.” Ribatte il Maresciallo.

Quello ha anche il coraggio di replicare. “Maresciallo, sono passati tanti anni, e se il reato c'è stato penso che oggi sia caduto in prescrizione.”

“Certo, è per questo che Lei è tornato qua in Italia!”

“E anche se fosse? Scusate, io non capisco di che cosa mi si sta accusando.”

“Il Capitano Olivieri e un mio vecchio amico sono scomparsi da stamattina, e Lei ne sa qualcosa!”

“Mh. Anna è scomparsa? No, no che non lo sapevo, perché dovevo saperlo?”

Basta. Mi ha stancato con queste storie. Deve dirmi dov'è.

“Adesso però la faccia finita,” esclamo infine, avvicinandomi a passo svelto, “perché Lei sa benissimo perché. Anna Olivieri stava conducendo un'indagine su di Lei, e io scommetto che vi siete incontrati. Vero o no?”

È per questo che Anna era così nervosa in questi giorni. Giovanni non ha mai avuto niente a che fare con questa storia.

“Sì, ci siamo incontrati l'altro ieri. Non la vedevo da più di dieci anni.” Ammette.

“Di cosa avete parlato?”

Lui esita un momento. “Del suicidio di suo padre. Sentite, che voi ci crediate o no, non mi importa.”

Al sentire questa affermazione, sento la bile risalire in gola. Lui si siede sul divano prima di continuare. “Quando ho saputo che Carlo Olivieri si era tolto la vita, ho pensato di ammazzarmi anch'io.”

Io gli lancio un'occhiata di sprezzante. “Però non l'ha fatto.”

“No, non ho avuto il coraggio.” Risponde arrogantemente, guardandomi dritto negli occhi. Avrei solo voglia di prenderlo a pugni.

“Una storia veramente straziante, sa? Mi sta colpendo un sacco.” Ribatto, sarcastico, ignorando l'occhiata di Cecchini. “Adesso mi dice dov'è Anna?” Chiedo, facendola finita con i giochetti.

Devi dirmi dov'è. Ho bisogno di sapere dov'è.

“Non lo so,” nega però lui, “vi giuro che non lo so.”

Non gliela faccio passare liscia, sta mentendo di sicuro. Lo sa. Deve saperlo.

“Dov'è stato oggi tutto il giorno?”

“Qui al casale con me, dalle nove di stamattina,” ci informa la proprietaria, entrata in quel momento nella stanza. “Sì, abbiamo lavorato tutto il giorno sui conti dell'azienda. Mio padre è morto due mesi fa e ci ha lasciati in una situazione finanziaria disastrosa, e Claudio ci sta aiutando ad evitare il fallimento.” Ci spiega, ma io non riesco a crederci, quantomeno non all'ultima parte. Non dopo quello che ha fatto al padre di Anna.

Gli lancio un'occhiata gelida. “Si tenga a disposizione.” Mi limito a dire, prima di uscire con il Maresciallo al seguito.

 

Una volta in auto, lui cerca di capire il mio comportamento.

“Quindi Lei sapeva di Lisi?” Mi domanda cautamente.

Io deglutisco. “Sì, Anna me l'ha raccontato tempo fa, del suicidio di suo padre e... tutto il resto.” Dico soltanto.

Chiudo gli occhi, massaggiandomi le tempie.

Anna sta bene. Deve stare bene. E devo trovarla.

 

Torniamo in caserma a mani vuote, giusto per verbalizzare quanto abbiamo scoperto, poi chiamo Chiara per aggiornarla e torno a casa.

So che probabilmente dovrei stare con lei, starle accanto e consolarla, ma la verità è che non ce la faccio.

Non posso starle accanto senza perdere il controllo. Senza rendere evidente che sto come, o forse peggio, di lei. Perché lei è sua sorella, e ha tutto il diritto di esprimere la sua paura, io invece non posso. Non nel modo che sento. L'unica cosa che vorrei è correre a cercarla, anche se non so minimamente dove andare, da dove cominciare perché non abbiamo indizi su dove possa essere. Mi sento totalmente impotente, e non poter far nulla mi fa impazzire. Vorrei urlare, vorrei prendere a pugni il muro, vorrei piangere... e invece sono paralizzato. Non so più nemmeno che ore sono. Sono seduto sul divano da un sacco di tempo, non ho trovato nemmeno la forza di salire al piano di sopra.

 

Provo a pensare a qualche indizio, qualcosa che magari mi è sfuggita, o al momento ho ignorato, qualsiasi cosa, ma niente.

Ho visto Anna con quei documenti praticamente tutti i giorni, ma non ho pensato a chiederle cosa fossero, pensavo fosse comune roba di lavoro... Non le ho chiesto perché fosse così tesa, nervosa... ho dato per scontato che fosse per il ritorno di Giovanni, ma anche lì non ho indagato, per pura gelosia.

Sì, lo ammetto, non ho domandato nulla per gelosia. Perché dopo tutto quello che è successo tra noi in questi mesi, e soprattutto nell'ultimo periodo, il fatto di ritrovarmelo tra i piedi mi ha infuriato, e il comportamento di Anna non ha fatto che alimentare le mie paure.

E adesso lei non c'è... Adesso è chissà dove, e non so se sta bene, e solo l'idea che possano averle fatto qualcosa mi fa andare fuori di testa.

Non ci posso pensare.

 

Non le ho mai detto che l'amo.

 

Forse non riuscirò mai a dirglielo.

 

Un rumore di qualcosa che si rompe mi fa tornare alla realtà, e mi accorgo di aver lasciato scivolare a terra il bicchiere d'acqua che avevo in mano senza rendermene conto. Recupero uno straccio e asciugo l'acqua, poi raccolgo i pezzi di vetro sparsi sul pavimento come un automa, prima di tornare a sedermi sul divano nel punto in cui stavo prima.

 

No. Non devo nemmeno pensarci. Anna sta bene. Deve stare bene. Deve.

E io riuscirò a dirle che l'amo.

Devo trovarla.

 

***

 

Il mattino dopo mi sforzo di andare in ufficio. Non ho praticamente chiuso occhio.

Arrivo presto, perché non vedo ragione di restare a casa e perdere tempo che potrei invece impiegare per darmi da fare.

L'atmosfera in caserma è decisamente cupa, sono tutti preoccupati per Anna e Don Matteo.

Faccio un breve cenno salutando tutti, e mi chiudo nell'ufficio di Anna, sedendomi al solito posto davanti alla sua scrivania. Abbasso lo sguardo su una foto poggiata lì: la sua, il giorno che ha ricevuto la nomina a Capitano. Mi ricordo di averle chiesto perché accidenti tenesse una foto di se stessa, e come al solito la sua risposta mi ha spiazzato: 'Per ricordarmi ogni momento chi sono. Il Capitano, ma anche la figlia di mio padre'. Sì, la sua vita gira attorno al suo ricordo, l'ho capito pian piano, e riesco a mala pena a immaginare quanto si sia concentrata su quest'indagine, quando tempo vi abbia dedicato per raccogliere tutto quel materiale. Osservo il suo sguardo fiero, e il groppo in gola torna, prepotente, a togliermi il respiro.

 

Sento la porta aprirsi e poso in fretta il portafoto al suo posto. È il Maresciallo.

“È riuscito a dormire?” Mi chiede, anche se probabilmente conosce già la risposta.

“Un'oretta, credo. Nemmeno di fila.” Biascico. Mi sono sforzato per cercare di riposare, ma ogni volta che chiudevo gli occhi il viso di Anna compariva dietro le palpebre, insieme a ogni tipo di scenario in cui poteva trovarsi in quell'istante, e allora li aprivo di scatto rifiutandomi di chiuderli di nuovo. “Lei?”

“Zero.” Poi si mette a spiegarmi che Corsi non è stato ucciso dove l'abbiamo trovato, ma nella sua officina, come risulta dal GPS. Mi alzo per andare proprio lì col Maresciallo, quando Giovanni entra in stanza.

“Ci sono novità?” Domanda dopo un breve saluto, ed è chiaro che nemmeno lui ha dormito stanotte.

“No, per il momento no, abbiamo però delimitato tutta la zona dove potrebbero essere. Quella è l'ultima cella a cui si sono attaccati i cellulare.” Spiego, indicando il plico di fogli sulla scrivania dietro di noi. “Però adesso noi dobbiamo occuparci di un altro caso.”

Lui fa un'espressione scandalizzata. “Come? E le ricerche chi le fa?”

“Tutti gli altri nostri uomini, perché dobbiamo occuparci di un caso di omicidio, che non è una cosa da poco.” Tento di mantenere la calma.

“Anna è scomparsa da ventiquattr'ore e questo per Lei è una cosa da poco?” Mi accusa.

Devo trattenermi per non insultarlo. Io vorrei fare solo quello, idiota. Ma non posso.

“Avvocato, Lei sa che stiam facendo tutto il possibile per trovarla!” Urlo quasi.

“Evidentemente da soli non ce la fate.” Mi contraddice, riuscendo meglio di me a tenere a bada la rabbia. “Per favore, mi dica come posso rendermi utile.”

“Ad ognuno il suo lavoro. La ringrazio, ma-”

“No, facciamo una cosa, facciamo una cosa,” mi interrompe Cecchini, “magari lui potrebbe studiare questi documenti, magari salta fuori qualcosa che a noi ci è sfuggito. In questo momento qualsiasi cosa è utile per noi!” Suggerisce, e sono costretto ad ammettere che ha ragione.

Io e Giovanni ci scambiamo uno sguardo di sfida, e per questa volta l'ha avuta vinta lui.

Mi sbrigo a uscire, non riuscendo a stare in quella stanza un minuto di più.

 

***

 

Arriviamo all'autofficina poco dopo, sequestrando il locale e fermando la gru che sistema i veicoli nella pressa per demolirli.

Troviamo la scena del crimine e la probabile arma del delitto: l'ufficio di Corsi e un cacciavite.

Spiego al maresciallo e Zappavigna che l'autofficina per me è solo una copertura, e chiedo all'appuntato di occuparsi del computer di Corsi, magari dentro c'è qualcosa di utile.

Speriamo almeno qui di riuscire a trovare qualcosa.

 

Una volta in caserma, Zappavigna scopre delle mail sospette, dove vengono nominati i Bonetti, i proprietari dell'azienda vinicola.

“Che c'entrano con Corsi, questi?” Mi chiedo. “Il mittente chi è?”

“L'indirizzo è anonimo, ma posso risalire all'IP.”

In quel momento Giovanni emerge dall'ufficio di Anna con una carpetta in mano.

“Forse ho scoperto qualcosa.” Ci informa. “Non è stato facile perché gli appunti di Anna sono scritti con quella sua calligrafia terribile... Qui parla di un conto off-shore, cointestato tra Claudio Lisi e... un certo Dario Corsi...”

Io spalanco gli occhi. Non è possibile. Gli prendo immediatamente i documenti dalle mani. “Il rapimento e l'omicidio sono collegati, allora. Corsi e Lisi si conoscevano e scommetto che la mail arriva proprio da lui. Bene, convochiamoli subito.” Ordino al Maresciallo, che si mette subito in moto.

“Grazie Giovanni, grazie, forse ci siamo.” Mi congratulo sinceramente, dandogli una pacca sulla spalla, poi entro nell'ufficio di Anna per posare quella carpetta e dare un'occhiata al resto, adesso che abbiamo una pista magari sarà più semplice mettere insieme i pezzi.

“Sei davvero preoccupato per Anna,” commenta Giovanni, che deve avermi seguito senza che me ne accorgessi. “Non pensavo.”

Io mi volto ad osservarlo. “Beh... è una collega, è normale, no?” Cerco di giustificarmi. Devo aver mostrato molto più di quanto intendessi, se anche lui l'ha notato così tanto. Anche se Anna non è solo una collega per me.

Lui si sbottona i polsini della camicia che aveva arrotolato fino ai gomiti.

Lo vedo esitare. “Ha raccontato anche a te la storia di Lisi?” Mi chiede, guardingo.

Io mi mantengo sulla difensiva. “Sì... perché?” Fingo di non capire.

“No, niente. Pensavo fosse una cosa sua personale, e invece...”

Faccio del mio meglio per non cambiare espressione.

E invece niente. È una cosa sua personale, e me l'ha raccontata lei stessa mesi fa. Non puoi prendertela perché hai scoperto che si è confidata anche con me.

“No, beh, stiamo insieme tutto il giorno, non è che parliamo di lavoro, lavoro, lavoro...” Mi limito a dire, senza dilungarmi in dettagli. Non c'è bisogno che sappia altro.

No, decisamente non hai bisogno di sapere che, con Anna, abbiamo parlato dei nostri desideri da bambini, di come il rapporto con i nostri genitori ci abbia segnato. Di come per amore si sia disposti a fingere, di quanto faccia male soffrire in silenzio. Abbiamo riso fino alle lacrime. Abbiamo pianto fino a scoppiare a ridere. Ci siamo odiati, ma ci siamo anche amati. L'ho trattata male, ma l'ho anche baciata.

“No, certo... Non capisco perché non mi abbia mai detto che aveva continuato ad indagare. Avrei potuto aiutarla.” Mi dice in tono un po' deluso.

“Beh, sai com'è fatta lei, no? Deve risolvere sempre tutto da sola...” Mormoro soltanto.

“Sì, lo so com'è fatta.” Risponde, risentito, oltrepassandomi per prendere la giacca, che ha lasciato appesa a una sedia.

Io mi volto a guardarlo, facendogli solo un cenno quando esce.

Ho tanto cercato di nascondere il mio legame con Anna, e ho finito per tradirmi con una frase apparentemente banale, ma che è stata sufficiente a fargli capire quanto in realtà la conosca bene.

Perché so che l'ha intuito, almeno in buona parte.

Mi rendo conto di aver usato un modo talmente naturale da aver lasciato trasparire la nostra vicinanza.

 

Questa conversazione con Giovanni mi dà un sacco da pensare. E capisco all'improvviso quando Anna mi abbia donato di sé in così poco tempo.

Ti ha rivelato qualcosa di estremamente personale. Ti ha fatto entrare nel suo mondo privato, lasciandoti vedere ciò che vede lei.

Giovanni l'ha intuito, e se già prima tra noi c'era attrito, adesso le cose possono solo peggiorare.

 

***

 

Quando più tardi convochiamo Lisi, il Maresciallo si siede al posto di Anna, io mi appoggio al mobile poco dietro di lui. Preferisco darmi un margine di distanza, quando c'è quell'uomo, perché temo che non potrei rispondere di me. Ma anche per trattenere Cecchini, che è già molto teso.

Quando inizio l'interrogatorio, però, faccio un passo avanti.

“Che rapporto c'è tra lei e Dario Corsi?” Domando subito, andando dritto al punto.

“E chi è?” Ha la faccia tosta di rispondere.

Io e il Maresciallo ci scambiamo un'occhiata basita.

“Quello che stato ucciso e uno con cui lei ha un conto cointestato. Sicuro che non lo conosce?” Lo provoco.

Lui nega ancora, così io continuo. “E questa mail, che Lei ha inviato a Corsi? 'Non calcare troppo la mano coi Bonetti', cosa significa?”

“Boh.”

“Boh? Allora provo io,” dico, trattenendomi dal fare cose che non vorrei, “i Bonetti avevano bisogno di liquidi, le banche non glieli concedevano, arriva Dario Corsi, il salvatore, e gli offre dei finanziamenti.”

“Sì, Corsi è uno strozzino d'accordo con Lei!” Si infiamma subito Cecchini. “E volevate rovinare i Bonetti dandogli i soldi a usura. Poi magari Lei ha cambiato idea, è successo qualcosa, avete litigato e l'ha ucciso!”

“Io? Io non ho ucciso nessuno!” Ride Lisi.

Stavolta perdo completamente la pazienza.

“Lei è nei guai fino al collo! E ha solo una possibilità di dirci dove sono Anna Olivieri e Don Matteo!” Gli urlo in faccia.

“Ancora con questa storia? Io non ne so nulla. Nulla, nulla, nulla!” Si ostina a dire quello.

Anche il Maresciallo si alza in piedi. “Senti, che cosa vorresti dire, che è un caso, che quando hanno ucciso Corsi è stato lo stesso giorno in cui è scomparsa Anna?”

È la prima volta che lo sento chiamare Anna per nome. Forse non è preoccupato solo per Don Matteo, allora... Forse ho sottovalutato la sua posizione.

“Sì, è un caso! E allora?”

Vorrei solo prendere Lisi per il bavero della giacca e togliergli quel sorrisetto dalla faccia. Come osa continuare a mentire, dopo tutto il male che ha già fatto? Non so come faccio a trattenermi.

“Dicci dov'è Don Matteo! E Anna!” Gli chiede Cecchini in tono disperato. Cerco di calmarlo mettendogli una mano sulla spalla.

Mi accorgo di un'ombra che passa sul volto di Lisi, come se si fosse reso conto solo in questo istante che le persone di cui lui dice di non sapere nulla, sono persone che noi amiamo profondamente, e che il non sapere dove siano ha fatto perdere il controllo anche a noi. Però non dice nulla.

“Portalo via, forza, portalo via... Guarda che è meglio per te se non gli succede nulla!” Lo minaccia ancora Cecchini, ma Lisi non fa niente per impedirglielo, con la stessa espressione di qualche istante fa.

Mentre lo portano fuori, dall'ingresso entrano Chiara e Giovanni, trovandosi faccia a faccia con Lisi.

Vedo Chiara fermarsi di colpo. “Mi riconosci?” Sussurra. “Sono Chiara. Eri il migliore amico di mio padre, eri il mio padrino... Almeno una volta nella tua vita dovresti fare una cosa giusta e dirmi dov'è Anna, adesso...” Lo implora con voce rotta. Lui però continua a non fiatare, prima di continuare verso l'uscita. Lei fa per seguirlo ma Giovanni la trattiene, facendola poi sedere su una sedia lì accanto e raggiungendo spedito l'ufficio del Capitano.

“Posso sapere perché l'avete lasciato andare?” Chiede.

“Perché non abbiamo nulla di concreto contro di lui, e perché ha un alibi, è stato tutto il giorno all'azienda vinicola.” Spiego, cercando di mantenere la pazienza.

“E quindi? Qualcosa sa, potevate comunque arrestarlo!” Si scalda lui.

“Sì, fai l'avvocato e ti stupisci perché arrestiamo un uomo senza una prova?” Rispondo con lo stesso tono.

“Sì,” mi risponde, guardandomi dritto negli occhi, “se quell'uomo è coinvolto nella scomparsa della donna che amo.”

Il mio sguardo di rimando è di puro odio. Non osare. Non provocarmi.

“E allora lasciaci fare il nostro lavoro, mh? Lo stiam facendo seguire, magari ci porterà da Anna.” Rispondo, sprezzante.

Lui esce senza dire altro.

Non ci provare, Giovanni. Sto facendo di tutto, di tutto per trovarla. Perché anch'io l'amo, e il pensiero di perderla non riesco nemmeno a tollerarlo.

Cecchini si alza. “Vado a parlare coi Bonetti,” sospira.

Io mi limito a un cenno d'assenso, afferrando il telefono e ricominciando il giro di telefonate per intensificare ulteriormente le ricerche.

 

***

 

Quando torna, mi riferisce che forse ha intuito qualcosa. Un legame diverso tra Raffaella Bonetti e Claudio Lisi, non solo lavorativo, che forse è la chiave per venire a capo di questo caos.

Chiediamo agli altri agenti di fare un controllo sui tabulati, nel frattempo noi torniamo nell'ufficio di Anna.

Si siede sul divanetto, e io faccio lo stesso.

“Secondo Lei sta bene? Il Capitano, dico.” Mi domanda a voce bassa.

“Spero di sì, Maresciallo... la conosce anche Lei, è una testa dura.” Dico, per tentare di alleggerire la tensione.

Lui fa una piccola risata. “Sì... è che...” Sospira. “Io ho già perso una figlia nella mia vita. Non ne voglio perdere un'altra.” Confessa.

Io sento risalire il groppo in gola.

“All'inizio non la potevo vedere, facevo pure gli incubi perché pensavo che non mi sopportava e che la faceva apposta a contraddirmi. E invece poi ho capito che è una furba, una capace di tenere testa pure a Don Matteo. Ma pure che è una ragazza che ha sofferto tanto nella sua vita, anche se non m'immaginavo niente di questa storia. E se le è successo qualcosa e noi non riusciamo a trovarla...” Lascia in sospeso la frase, prendendosi la testa tra le mani.

“La troveremo, Maresciallo. Vedrà che starà bene. Abbiamo tutti bisogno di lei, qui.” Aggiungo. Lui alza finalmente lo sguardo, forse capendo fino in fondo ciò che voglio dire. Annuisce soltanto, prima di darmi una pacca sulla spalla e alzarsi, andando a controllare per qualche novità. ***

 

 

Io resto seduto lì ancora qualche minuto. Ho detto quelle cose a Cecchini per tentare di tranquillizzarlo, ma io stesso fatico a crederci. Vorrei riuscirci, ho bisogno di sapere che Anna sta bene, però non posso averne la certezza, e questa cosa mi fa impazzire.

Sento la porta dell'ufficio aprirsi di nuovo, e quando alzo lo sguardo vedo che è Chiara.

“Ciao...” mi dice con voce roca. Noto gli occhi arrossati, e capisco che deve aver pianto. Mi sento uno schifo perché non riesco a starle accanto come dovrei, ma proprio non ce la faccio. “Non riuscivo a stare a casa, così ho pensato di venire qui, almeno se avete novità posso saperle subito anch'io...”

Io annuisco soltanto mentre lei si siede accanto a me, appoggiando la giacca e la borsa su una sedia libera.

“Come stai?” Mi chiede, e io mi giro di scatto a guardarla per la sorpresa.

“Dovrei essere io a chiedertelo...” Rispondo, amareggiato.

Chiara abbassa il capo, e noto un breve sorriso aleggiare sulle sue labbra per un istante, prima che torni a guardarmi anche lei.

“Sì, forse sì, però... L'ho capito, sai? Che sei innamorato di Anna.”

Io resto a fissarla senza parole. Tutto mi sarei aspettato tranne questo.

“Se prima avevo avuto qualche dubbio, adesso sono sicura... non avrebbe senso tutta la tua preoccupazione, se fosse solo una collega di lavoro o un'amica per te. L'ho visto, quello che stai facendo per ritrovarla, quanto impegno ci stai mettendo... Si vede che non hai dormito nemmeno tu in questi giorni, ma non sei mai venuto da me per consolarmi o altro... Come è successo qui in ufficio quando mi avete detto che avevate trovato la sua auto. Eri come... pietrificato. Continuavi a rigirare quei fogli come se potessero dirti dov'era Anna... E quando è arrivato Giovanni e gli hai detto che i documenti riguardavano Lisi, ho capito che sapevi chi è. E non perché l'avevi letto lì, ma perché conoscevi la storia. Te l'ha raccontata lei, vero?”

Decido che non servirebbe a niente mentire, e comunque adesso non ne avrei la forza.

“Sì... diverso tempo fa. Mi ha raccontato di vostro padre,” spiego, la gola arida, “di Lisi, e del perché sia diventata un Carabiniere... Io... non ci posso pensare-”

Mi interrompo, portandomi le mani sul volto. Anna sta bene. Andrà tutto bene.

Chiara mi appoggia una mano sulla spalla, asciugando le ennesime lacrime che versa in questi giorni. È una situazione talmente surreale che non sono sicuro di essere davvero sveglio.

“Se te l'ha raccontato, significa che sei davvero importante per lei. Non ne parla mai, di papà, con nessuno. Ci ha messo un sacco prima di raccontarlo a Giovanni, invece con te per qualche motivo ha scelto di aprirsi subito. E so che tu l'hai capito pure, quanto questa storia conti per lei.” Sospira, prima di riprendere a parlare. “Avevo intuito che ci fosse qualcosa tra voi che cercavate di reprimere, ma... Ora lo so. È di lei che hai bisogno. Mi dispiace di non aver capito prima... Ma forse succede tutto per un motivo, e sono contenta di aver fatto una parte di strada insieme a te. Ma quando torna, perché Anna torna... devi dirglielo.”

La osservo per un momento, scioccato dalle sue parole. Annuisco lentamente.

“Grazie,” mormoro, senza riuscire a dar voce alla gratitudine che provo nei suoi confronti. Per aver capito, per essersi messa da parte in modo così maturo e in una circostanza così terribile.

 

***

 

Chiara resta seduta in silenzio sul divanetto mentre io continuo a lavorare.

Quando convochiamo Raffaella Bonetti, dopo molta esitazione lei confessa di aver ucciso Corsi perché lui non voleva restituirle i soldi del prestito. Lisi a quanto pare si era pentito di aver organizzato una nuova truffa, e le aveva confessato tutto. Poi l'aveva aiutata a portare il cadavere di Corsi davanti casa sua, dove lo abbiamo trovato, e aveva procurato un alibi per entrambi.

 

Il maresciallo parte immediatamente per l'azienda vinicola dove ci è stato segnalato si stia dirigendo Lisi, insieme a Zappavigna. Ci chiamano però poco dopo per dirci che Lisi è scappato per andare in direzione dell'autorimessa, e che la loro auto è fuori uso, quindi hanno bisogno di rinforzi. Ghisoni parte immediatamente per andarli a riprendere e dirigersi alla rimessa, sperando di trovarci lì anche Anna, mentre io mi occupo di tutta la parte burocratica, anche se vorrei solo andare con loro. Chiara informa Giovanni delle novità, e io non glielo impedisco. Nonostante tutto, anche lui merita di sapere. Arriva qualche minuto dopo, e si siede con noi, in attesa.

Passa un'ora, ma le lancette sembrano scorrere all'indietro, o troppo lentamente.

 

All'improvviso il mio cellulare suona, indicandomi che è arrivato un messaggio.

Quando vedo il nome sul display il mio cuore accelera, non so se per la paura o altro, e le parole che leggo mi fanno mancare il respiro.

Anna.

Ho finalmente capito tutto di noi...ma forse non potrò mai dirtelo. Anche se sei l'uomo più impossibile che conosco e fai un pessimo brasato... IO TI AMO!!

 

Le mie mani tremano, e non riesco a decifrare pienamente il contenuto di quelle frasi. Che significa, che forse non potrà mai dirmelo?

Mi ama.

Che sta succedendo?

 

Scatto in piedi quasi senza rendermene conto e spaventando Chiara e Giovanni, ma è l'ultimo dei miei pensieri in questo momento. Avvio la chiamata ad Anna, ma il suo cellulare risulta spento, rinviandomi alla segreteria.

“Marco, che succede? Cos'hai?” Tenta di domandare Chiara, ma io non riesco a risponderle.

Riprovo a chiamare. Spento.

Poi un pensiero mi balena in mente.

L'autofficina. La pressa.

No.

“Marco!” Prova ancora Chiara, e mi rendo conto di essere seduto. Non so nemmeno come, so solo che non riesco a respirare, e avverto forte un senso di nausea invadermi la bocca. Anche Giovanni è accanto a me, un'espressione spaventata in volto.

Non può essere.

Anna.

 

Nel momento in cui finalmente sentiamo arrivare l'auto appena qualche minuto dopo, mi precipito giù senza dire una parola. Sento vagamente i passi di Chiara e Giovanni dietro di me.

Quando vedo Anna scendere dalla macchina, sana e salva... penso di non aver provato mai tanto sollievo in vita mia.

“Anna...” sussurro, andandole incontro. “Anna...”

“Marco...”

Il mio nome, pronunciato da lei in questo istante, è il suono più bello che sia mai giunto alle mie orecchie. Le prendo il viso tra le mani, accarezzandole le guance con i polpastrelli, le mie dita che tremano.

“Ho avuto paura che... che... la pressa... il messaggio...” Non riesco nemmeno a parlare in modo coerente.

Lei spalanca gli occhi. “Ti è arrivato?” Sussurra, e leggo l'incertezza nel suo sguardo.

Io annuisco. Non so come, ma trovo il coraggio di alleggerire la tensione, adesso che so che sta bene.

“Solo su una cosa non sono d'accordo... Il mio brasato è buonissimo.”

Anna mi guarda sconvolta per un secondo prima di accennare una risata.

“Ti amo anch'io,” mormoro, azzerando poi la distanza tra noi due e posando le labbra sulle sue.

Avverto le sue mani salire a stringere il bavero della mia giacca lasciandomi approfondire il bacio, che sa di paura, sollievo e... amore.

Hai dovuto rischiare di perderla per capire che senza di lei niente avrebbe avuto più senso.

 

Quando ci separiamo, solo allora mi rendo conto che ci siamo baciati davanti alla Caserma, davanti ai suoi uomini, dove tutti hanno visto. Sinceramente, però, non mi importa.

Pensavo di averla persa.

Lei sorride, e capisco che nemmeno a lei importa di dove siamo. L'unica cosa importante è che sia qui. Con me.

 

Dopo qualche istante, notiamo Chiara avvicinarsi. Vedo Anna sbiancare.

È vero, lei non sa che sua sorella ha capito tutto.

Chiara intuisce il problema, e la abbraccia di slancio.

La sento sussurrarle qualcosa all'orecchio, probabilmente per tranquillizzarla su noi due, prima di farsi da parte e lasciare spazio a Giovanni.

Mi ero dimenticato che ci fosse anche lui.

Non so cos'ha pensato, ma il nostro bacio avrà di sicuro fugato ogni dubbio sui nostri sentimenti.

Si limita ad abbracciarla, dicendole soltanto che è felice che stia bene, prima di voltarsi e andare via.

 

“Capirà,” le dice Chiara prendendole una mano, Anna ricambia la stretta, mettendoci dentro tutto quello che a parole non è ancora riuscita a dire.

Anche Chiara va via poco dopo, e dopo che anche gli altri agenti salutano il rientro del loro Capitano, io e Anna restiamo soli davanti alla Caserma.

“Pensavo che il messaggio non ti fosse arrivato... il cellulare si è spento mentre cercavo di inviarlo...” Mi dice a voce bassa.

Le accarezzo piano i capelli.

“Invece è arrivato... mi sono sentito morire quando ho capito cosa intendessi con 'forse non potrò mai dirtelo'... Poi ho sentito l'auto arrivare, ed è stato come tornare a respirare. Non so cosa avrei fatto se...”

Anna prende la mia mano libera tra le sue. “Volevo che lo sapessi comunque, anche se non avrei potuto dirtelo direttamente... ma in quel furgone ho avuto tempo e modo di riflettere, e quando ho pensato di stare per morire non ho avuto più dubbi. Voglio bene a Giovanni, ma... amo te. Mi sono innamorata di te.” Ammette, arrossendo appena, e sentirle dire quelle parole mi riempie il cuore di gioia, se solo penso che ho rischiato di non poter sentire più la sua voce.

Torno a baciarla, prima di prenderla per mano e salire insieme le scale interne della Caserma.

Dobbiamo concludere il lavoro, anche se vorrei pensare a tutt'altro in questo momento, ma è necessario.

 

Avremo tutto il tempo del mondo per parlare. Chiarirci, spiegare, cancellare ogni incomprensione.

Per il momento, mi basta la certezza che sia viva, al mio fianco.

E la consapevolezza del nostro amore.

   
 
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