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Autore: SandraWillock    26/06/2018    1 recensioni
Harry era abbattuto all'idea di essere posseduto da Voldemort. E aveva paura: non per se stesso, ma per quelli che gli stavano accanto. Harry decide di scappare da Grimmauld Place senza dire niente a nessuno, ma proprio mentre vagava senza una meta precisa trovò qualcuno che gli ostacolò la strada. E quel qualcuno non era altri che Severus Piton.
* * *
"«Potter, alzati» gli ordinò.
Harry non si mosse. Rimase lì, fermo, fingendosi sordo.
«Obbedisci. Ora»
Non c’erano vie di scampo. Niente di niente. Socchiuse per un attimo gli occhi, cercando di riprendere la calma. Con le ginocchia tremanti staccò le mani dal pavimento di pietra e incominciò ad alzarsi. Fu proprio in quel momento che accadde. Lo colse del tutto alla sprovvista, talmente all’improvviso da togliergli il fiato in corpo."
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Severus Piton, Sirius Black, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Capitolo 40




La punizione terminò e, senza troppi convenevoli, la Umbridge lo fece alzare.
«Oh, poveri noi, sono già le nove e mezzo! Il professor Piton sarà fuori di sé» ammiccò, con un sorriso tirato. «Spero che non se la prenda troppo con te»
Harry le lanciò un’occhiataccia, irritato. Fu tentato di risponderle come si deve, ma dopodiché si morse la lingua e tacque, con i pugni stretti dalla rabbia.
La Umbridge lo accompagnò fino ai sotterranei, camminando felicemente accanto a lui. Gli scoccava un’occhiata di tanto intanto, sicuramente per vedere quanto fosse inquieto il giovane per l’imminente incontro con il professore di Pozioni. Harry tuttavia celò i suoi sentimenti e procedette dritto, senza guardarla.
«Le punizioni del professor Piton non sono facili da affrontare, vero? Ho sentito dire che è piuttosto severo con gli studenti» domandò.
«Infatti»
«E per te prova un disprezzo particolare, non è così?» A quel punto la Umbridge si fece sfuggire un’espressione troppo compiaciuta per nascondere i suoi pensieri.
«Sì»
«E come mai?»
«Non lo so»
«Ci sarà pur una ragione» insistette.
«Le ho detto che non lo so»
«Magari perché sei un ragazzo sfacciato e presuntuoso, Potter. Dovresti pensarci su sul perché la maggior parte dei docenti ti disprezzano. Persino il Mastro Gazza mi ha rivelato opinioni non troppo dilettevoli sul tuo conto»
«Il Custode è solito odiare tutti gli studenti»
«E tu? Tu lo odi? È per questo che commetti tutte quelle crudeltà verso i suoi confronti?»
A quel punto Harry si fermò per un attimo, osservandola. Che diamine le aveva detto Gazza?
«Quali crudeltà?»
«Oh, lo sai fin troppo bene quali e non ti darò la soddisfazione di sentirmele pronunciare a voce»
«Non ho commesso nessuna crudeltà a Gazza»
«Sfacciato, presuntuoso e pure bugiardo. Quando la smetterai di mentire, Potter? Quando la smetterai di dire in giro che Tu-Sai-Chi è tornato? Sono pure e semplici baggianate infantili le tue, dette da un ragazzino viziato e desideroso di attenzioni. Ti rendi conto che in questo modo spaventi l’intera Comunità Magica?»
«Me ne rendo conto, sì. E desidero avvertire tutti sul male che sta per arrivare. La gente deve sapere la verità e prima o poi si renderanno conto dello sbaglio commesso di non credermi. Voldemort arriverà, e presto»
«NON pronunciare il suo NOME!» urlò la donna, adirata. La sua faccia si deformò in un’espressione contorta. I muscoli si tesero e le sue labbra formarono una linea orizzontale.
«Perché no?»
«Ragazzino sfrontato che non sei altro! Ti credi così potente da osare pronunciare il nome del mago più oscuro che si sia mai visto?»
«Mi dicono che Grindelwald abbia fatto di peggio» la provocò Harry.
«Smettila di rispondermi!»
«Mi scusi»
«Finirai nei guai molto presto, Potter, se continui così. Ti avverto, la tua arroganza non ti porterà da nessuna parte e prima o poi ti ritroverai ad Azkaban per ingiurie e falsa testimonianza!»
Harry non rispose. Erano arrivati davanti all’ufficio di Piton e ormai la Umbridge era costretta di farla finita con tutte quelle provocazioni. Harry le augurò la buonanotte e la donna si limitò a voltargli le spalle e ad andarsene a passo svelto. Il ragazzo sospirò, felice che se ne fosse liberato. Bussò alla porta di Piton e udì la sua voce provenire dall’interno.
«Entra, Potter»
Abbassò la serratura e fece capolino nell’ufficio scuro del professore di Pozioni. Delle candele erano state accese e davano un’aria decisamente spettrale al luogo. «Buonasera» parlò Harry.
«Dovrei darti una reale punizione per quello che hai fatto, ma non lo farò. Mi limiterò a divertirmi con la Legilimanzia questa sera»
Piton era seduto, come suo solito, dietro la scrivania, intento a scrivere chissà cosa. Non alzò lo sguardo su di lui mentre parlava. La sua lunga piuma nera volteggiava tra le sue dita affusolate, frettolosamente.
A Harry venne un groppo in gola nel sentire quella frase e sbiancò, impaurito. «Lei non può…»
E fu solo allora che gli occhi neri di Piton incontrarono i suoi, pericolosi. «Non posso cosa, Potter?»
Harry deglutì prima di rispondere. «…torturarmi!»
Il professore ghignò e posò la penna sul tavolo, lentamente. I suoi movimenti furono eleganti, e quel suo sguardo penetrante non abbandonò Harry neanche un istante. Si alzò piano dalla sedia e gli camminò incontro. Il mantello nero sfiorò delicato il pavimento di pietra, frusciando leggermente attorno a lui.
«Mi sono spinto a chiedere di te fino alla Torre di Grifondoro non vedendoti arrivare. La Granger e Weasley mi hanno riferito che avevi una punizione con Dolores Umbridge questa sera e che ti hanno accompagnato fino al suo ufficio. Pensavano erroneamente che mi avessi in qualche modo avvertito della cosa e invece non era così. Magari, Potter, non hai ancora capito l’importanza di queste lezioni? Cos’è che ti sfugge ancora?»
Harry si costrinse a non scostare lo sguardo dagli occhi severi di Piton. Non doveva cedere. «Lo so che l’Occlumanzia è importante per trattenere Voldemort fuori dalla mia testa. Ormai l’ho capito»
«Eppure a me sembra di no»
Il ragazzo si morse il labbro inferiore, adirato. «Mi dispiace, okay? Sapevo che sarei finito nei guai. Sapevo che avrei dovuto scegliere a quale porta presentarmi questa sera. E ho scelto la Umbridge per non invogliare il Ministero a tormentarmi ancora di più!»
«Siediti» disse semplicemente l’uomo.
Harry lo fissò, ambiguo. Non osava obbedire, non dopo ciò che gli aveva detto. «Non mi farò torturare da lei, professore. Mi rifiuto»
Piton alzò gli occhi al cielo, esasperato. «Ed io non mi farò licenziare per colpa tua, Potter. So che se solamente ci provassi a torturarti andresti a frignare direttamente dal Preside. Siediti. Incominciamo con la lezione prima che si faccia troppo tardi»
«Non…?» Ma Piton gli rispose prima che lui avesse finito di formulare la domanda.
«No, Potter»
E così Harry si decise e prese posto sulla solita banale sedia di legno in mezzo alla stanza. Ma fu proprio in quel momento che commise un errore fatale. La manica della sua felpa si alzò involontariamente e Piton notò immediatamente ciò che il ragazzo aveva cercato di nascondere.
«Che cos’hai alla mano?» chiese, strizzando gli occhi per vedere meglio.
Harry si abbassò la manica velocemente, cercando di farlo apparire come un gesto distratto. «Nulla» disse, sollevando la mano sana e facendogliela vedere.
L’uomo si spazientì. «L’altra mano»
«Nulla, davvero. È solo un graffio…Grattastinchi, il gatto di Hermione, mi ha graffiato questo pomeriggio senza volerlo e…»
«Spero che il Signore Oscuro non ti catturi mai, Potter. Rischieresti di rivelargli tutte le informazioni dell’Ordine soltanto aprendo bocca»
Il ragazzo arrossì e abbassò lo sguardo, non riuscendo più a sostenerlo. Si sentì tremendamente in imbarazzo.
«Mostrami la mano, avanti»
«Non posso»
«Non lo ripeterò due volte»
Ma Harry non obbedì. Se ne restò seduto lì, senza guardarlo, ad aspettare non si sa bene cosa. E a quel punto Piton non poté più sopportare la sua disobbedienza. Fece due passi in avanti, torreggiando spaventosamente su di lui. Gli afferrò la mano ferita bruscamente, senza preoccuparsi di procurargli dolore. Harry gemette istintivamente, sentendo le dita dell’uomo posarsi sul taglio aperto e ancora sanguinante.
Piton gli sollevò la manica e fissò per dei lunghi istanti la scritta rossastra che aveva sul dorso della mano. Harry, umiliato, continuava a guardare dall’altra parte, cercando di reprimere le lacrime. Perché mai sentiva il disperato bisogno di piangere, in quel momento? Di solito non si comportava così… Riuscì ad ogni modo a trattenersi, sebbene con fin troppa difficoltà.
«Da quanto ha incominciato a punirti in questo modo?» chiese Piton, interrompendo quel silenzio tesissimo che aveva invaso l’ufficio.
«…fin dall’inizio»
«Lo sa qualcun altro?»
«Hermione e Ron»
«Perché non sei andato dal Preside?»
«Il professor Silente ha già abbastanza grattacapi con il Ministero. E poi…volevo cavarmela da solo, per una volta. La prego, non glielo dica. È una cosa che riguarda soltanto la Umbridge e me»
«Anche se vederti torturato da quella donna non mi turba affatto, la Umrbidge sta oltrepassando il limite. Nessun docente ha il diritto di punire fisicamente gli studenti di Hogwarts. Informerò il Preside della cosa non appena mi sarà possibile, Potter»
«Non è necessario…»
«Se ha incominciato con te vuol dire che ben presto lo farà con altri, lo vuoi capire? Non si fermerà»
«Non voglio sembrare il ragazzino viziato che va a rifugiarsi dietro la schiena del Preside per ogni piccola cosa! Pensi a come la prenderebbero i giornali! “Harry Potter, incapace di sopportare un misero graffio”!»
«Questo non è un misero graffio, Potter! Non è un taglio superficiale! Saresti dovuto andare da Madama Chips immediatamente! Mi sa che sarà quasi impossibile evitare che ti rimanga la cicatrice, ora»
«Possiamo iniziare con la lezione, per favore?»
«Non finché non lo decido io!»
Piton lasciò andare la mano di Harry e si affrettò a raggiungere la dispensa delle innumerevoli pozioni che aveva a disposizione. Trovò quasi subito ciò che stava cercando e ritornò da lui con uno straccio bagnato, una garza e un piccolo contenitore grigio. Svitò il tappo di quest’ultimo, rivelando una sostanza verdognola all’interno. L’odore pungente di quella melma pastosa pizzicò il naso ad Harry. Era decisamente un odore troppo forte.
«Cos’è?» chiese.
«Un unguento per le ferite. Allunga la mano e tienila ferma» gli ordinò.
Harry, seppure un po’ titubante, lo fece. Piton gliela afferrò, saldamente. La tenne così stretta che Harry sapeva che se anche avesse voluto non sarebbe riuscito a sottrarsi dalla sua presa. L’uomo incominciò a tamponargli con lo straccio bagnato la ferita, cautamente, cercando di non premere troppo forte. I suoi furono movimenti così delicati che Harry se ne meravigliò. Quel uomo sarebbe stato un ottimo Guaritore, ora che ci pensava. Magari avrebbe fatto meglio accettare un lavoro al San Mungo piuttosto che starsene lì a svolgere una professione che nemmeno a lui piaceva davvero.
Non appena la ferita fu pulita dal sangue, Piton immerse due dita nella sostanza verde e la spalmò sul dorso del ragazzo. Quando l’unguento sfiorò la ferita, Harry si irrigidì di botto. Sentì la stretta di Piton farsi ancora più forte, poiché egli sapeva fin troppo bene ciò che quell’unguento provocava.
«Brucia!» urlò Harry, stringendo la mano in un pugno. Cercò di spingerla via da Piton, per non permettergli di continuare a spalmargli ulteriormente quella cosa sulla mano. Si dimenò, strattonò il suo braccio con fare violento, ma nulla servì. Piton continuò a trattenerlo, senza mollare. «No, no! Me lo tolga subito!»
«Oh, suvvia. Un po’ di contengo, Potter. Passerà presto»
Harry chiuse gli occhi e li strinse forte, cercando di non pensare al dolore. Merlino, gli sembrava come se la sua mano stesse andando a fuoco!
Il dolore scomparve così com’era arrivato, lasciandogli la mano indolenzita, ma completamente cicatrizzata. La scritta “Non devo dire bugie” non sanguinava più e quelle fitte insopportabili erano sparite completamente.
Piton gli lasciò andare la mano e Harry se la guardò, ammirato. «Grazie…»
«Vieni qui, è meglio se la fasciamo, per ora. La ferita potrebbe riaprirsi»
Piton gli fasciò la mano in silenzio, concentrato su ciò che stava facendo. Harry si sentì stranamente rincuorato da tutte quelle attenzioni che quel uomo gli stava riservando. Non ne era abituato.
Zio Vernon e zia Petunia non avevano mai dimostrato preoccupazione davanti a una sua ferita, a un livido o a qualsiasi genere di danno fisico che si procurava. Di solito era lui a occuparsi di se stesso. Si ricordò di come una volta un ragazzino a scuola lo aveva spinto per terra, sul cemento. Era ritornato a Privet Drive con le ginocchia sbucciate e i pantaloni intrisi di sangue. Si era aspettato di ricevere delle attenzioni da parte di sua zia, quel giorno. Infatti quando Dudley si faceva male zia Petunia lo riempiva di baci e di carezze, dandogli il permesso di mangiare tutte le caramelle che voleva per alleviare il dolore. Ma non successe tutto ciò. La zia, contrariamente come aveva pensato, non lo cosparse di baci e di caramelle, ma d’altro canto l’aveva pesantemente sgridato per aver conciato i vestiti in quel modo. Non le importava. Non le aveva mai importato. E Harry si era dato dello sciocco per aver pensato che in quell’occasione zia Petunia sarebbe stata più compassionevole verso i suoi confronti.
«Grazie, professore» sussurrò nuovamente Harry.
«Smettila di ringraziarmi. Ora passiamo alle cose serie... Ti sei esercitato a chiudere la mente in questi giorni, Potter?»
«Sì»
«Bugiardo. Sai, potresti anche tenere a mente ciò che hai scritto sulla mano»

  
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