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Autore: Mozaik    28/06/2018    5 recensioni
Invece di ritrovarsi nell'aldilà, dopo il suo sacrificio Regulus si risveglia nel suo vecchio letto, con un corpo da bambino e un treno da prendere il giorno successivo per andare ad Hogwarts. Tornato indietro nel tempo con solo un breve messaggio misterioso come guida, Regulus dovrà lottare in un mondo che già conosce per cambiarne gli eventi, fra inganni, sofferenze, scoperte e cambiamenti.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Corvonero, Famiglia Black, I Malandrini, Nuovo personaggio, Regulus Black
Note: De-Aging, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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The Struggles and Rebirth of Regulus Arcturus Black
 
 
V Capitolo - Ritorno a Hogwarts





 
Fecero a malapena in tempo a raggiungere il piano superiore prima che le gambe di Regulus cedessero.
Si dovette appoggiare al parapetto della grossa scalinata per evitare di cadere, lasciando la presa della mano di Sirius che si voltò verso di lui a guardarlo, preoccupato.
Oh no. Pensò. Cazzo. Cazzo, cazzo, cazzo. Dopo pochi attimi realizzò di starlo anche mormorando, e che Sirius si era portato più vicino a lui. Gli fece segno di allontanarsi e si lasciò cadere a terra, con la schiena contro il parapetto e le mani nei capelli.
“Porco schifo, Reg.” Esclamò Sirius, portandosi una mano alla fronte. La sua espressione era un misto fra incredulità ed eccitazione. Fece una risatina nervosa. “Ti avevo detto di dar contro a Bellatrix ma… così… nemmeno io sono un folle del genere.”
Non ancora. Pensò per un attimo Regulus.
“Nostra madre ti ucciderà, nostra madre ci ucciderà, sei riuscito a…” Sirius sembrò ritrovarsi senza parole, qualcosa che Regulus avrebbe accolto con piacevole sorpresa se si fossero trovati in qualsiasi altra situazione.
Invece, sospirò. “Sono riuscito a umiliare me stesso, ad umiliare nostra madre, a gettare all’aria tutti i valori in cui la nostra famiglia crede, a mettermi contro metà della famiglia e una pazza psicotica alleata con un terrorista e probabilmente a compromettere tutto quello che… In una conversazione di a malapena due minuti.”
“Cos’è un “terrorista”?” Chiese Sirius.
“Congratulazioni, Regulus Arcturus Black.” Lo ignorò lui, stringendosi ciocche di capelli intere fra le mani e tirando. “Tu sì che sei un totale e perfetto idiota.”
Sirius sembrò esserne scandalizzato. “Non sei un idiota. Diamine Reggie, le cose che hai detto…!” Si bloccò, per un attimo, e poi sorrise. “Sono, beh, sono fiero di te! Okay, c’è sempre quel piccolo fattore dell’inferiorità ma… wow. Ma non era proprio il momento adatto.”
Regulus non alzò lo sguardo. “Non darmi lezioni a riguardo”
“Beh, nemmeno io ho urlato davanti a tutti i nostri parenti che preferirei stare con dei Nati Babbani piuttosto che con il loro idolo assoluto, Voldescem.”
“Non ancora.” Ripeté Regulus, questa volta borbottandolo, ma Sirius lo ignorò.
“E parlavi proprio come un adulto!” Rise. “E la cosa sul suo essere un Mezzosangue!? Non so se tu te la sia inventata oppure…”
“Ho sentito qualcuno parlarne, l’anno scorso, durante le vacanze. Forse era Lucius, forse era Narcissa.”
“Bellatrix era livida. Totalmente. E il nome che stavi dicendo…?”
“Per favore, smettiamo di parlare di ciò che ho fatto e concentriamoci sul fatto che l’ho fatto. Nostra madre ci ucciderà.” Sbottò Regulus, riuscendo finalmente a zittire il fratello. Sospirò e abbassò le mani dalla sua testa, rilassando lievemente le spalle. Provò ad ascoltare i rumori della casa: nessuna voce proveniva dalla sala da pranzo, forse perché troppo lontana. Chissà se stavano tutti parlottando di lui, di loro, o se si erano congedati per poter sparlare meglio a casa o nelle loro stanze. Forse avevano continuato il pranzo in un silenzio imbarazzato e pregno solo delle frecciatine di Irma e Cassiopeia. Forse Bellatrix se ne era andata a schiarirsi le idee.
Bellatrix aveva provato a colpirlo, ed era fortunato che effettivamente non avesse sguainato la bacchetta. Sua cugina era peggiorata nel corso degli anni, pian piano che passava il tempo con Voldemort, ma era sempre stata fuori di testa. Regulus era sicuro del fatto che se un giorno Voldemort avesse ordinato alla donna di sterminare la sua intera famiglia, lei lo avrebbe fatto senza battere ciglio. Si portò una mano alla guancia, quasi di riflesso, prima di congelarsi sul posto.
“Ti sei… messo davanti a me.” Mormorò.
Sirius si voltò, evidentemente confuso. “Uh?”
“Ti sei messo davanti a me” Ripeté Regulus. “Quando Bellatrix voleva colpirmi, stavi per prendere il… volevi essere colpito al posto mio?”
Suo fratello spalancò gli occhi in un’espressione di comprensione, e poi fece spallucce. “Beh, no, non è che volevo essere colpito al posto tuo, nessuno vuole essere colpito! Ma non potevo nemmeno lasciare che ti facesse del male, no?”
“Perché?”
“Perché?”
“Perché no? Perché ti sei messo di mezzo?” Chiese Regulus, incredulo. Non riusciva a capacitarsi di un’azione simile, perché avrebbe capito benissimo se Sirius fosse intervenuto – come stava facendo inizialmente – per difendere le sue idee, per difendere la sua Casa di Hogwarts e lo stato di sangue dei suoi amici, ma per difendere suo fratello?
Non mi hai difeso in nessun’altra occasione. Pensò. Non che Regulus pensasse di aver avuto bisogno di essere difeso, eh, né allora né ora: non ce n’era mai stata l’occasione. Regulus aveva deciso volontariamente di entrare nei Mangiamorte, nessuno l’aveva obbligato, nessuno lo aveva minacciato. Ma Sirius non ci aveva nemmeno provato. Non lo aveva mai preso da parte chiedendogli se fosse quello che voleva, non gli aveva mai chiesto se volesse andare via con lui. Certamente, Regulus avrebbe risposto di no, probabilmente lo avrebbe pure mandato a quel paese, e forse suo fratello questo lo aveva saputo: ma Sirius era sempre stato l’avvocato delle cause perse, quello che difendeva a tavola persino i lupi mannari, chissà poi perché. E con lui non ci aveva nemmeno provato.
Sirius lo guardò un po’ perplesso, e poi sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi, quello che faceva cadere tutte le ragazze ai suoi piedi, che faceva avvicinare Potter per abbracciarlo, e che aveva dato la nausea per tanti anni a Regulus. “Beh, sono il fratello maggiore, e tu sei il fratello minore. Devo proteggerti, no?” 
Regulus sentì la rabbia salirgli nel corpo. Strinse i pugni, forte. “Devi? Tu non “devi” niente, Sirius!”
“Perché sei arrabbiato!?” Esclamò Sirius, spalancando gli occhi. “Stavo facendo una cosa per te!”
“Wow, come sono onorato!” Il sarcasmo fuoriuscì da lui in maniera naturale. Non si accorse di aver alzato la voce, ma vide con la coda dell’occhio la testa di Kreacher fare capolino da dietro un angolo, probabilmente per controllare che tutto andasse bene e non si stessero per picchiare.
“Regulus, che cazzo!” Urlò Sirius. “Non ho fatto nulla!”
“È proprio questo il punto.” Sibilò lui, velenoso.
Suo fratello alzò le mani, evidentemente incredulo e arrabbiato – batteva un piede contro il pavimento, come per scaricare la tensione. “Se vuoi torno indietro e li insulto un po’ anche io, ma non è che avessi proprio il tempo al momento, con te che strepitavi tirandomi calci sotto la sedia!”
“No, non volevo dire quest- “
“Che cazzo Reg, non me lo merito! Non sono io quello che ti vorrebbe nell’esercito del male o che ti ha alzato le mani addosso!”
Rimasero in silenzio, entrambi, guardandosi. Sirius respirava affannosamente.
Forse dovrei smetterla di giudicare questo Sirius per le azioni della sua controparte futura. Il pensiero arrivò all’improvviso, e Regulus deglutì. Ma era così difficile non giudicare Sirius per ogni singola azione, non metterlo a paragone con l’altro Sirius. Gli veniva quasi automatico. Continuava a pensare, “E se lo avessi fatto l’ultima volta, magari ancora da Serpeverde, cosa sarebbe cambiato?”.
Però… era vero. Questo Sirius, adesso, non aveva fatto nulla di male. Anzi. “…No. Hai ragione. Non lo sei.” Regulus si passò le mani sul volto, in un gesto evidentemente di stanchezza. “È Bellatrix.”
Si rialzò, tremando ancora un po’ sulle gambe, ma questa volta Sirius non si fece avanti per aiutarlo. Era evidente che Regulus l’avesse indispettito. Il ragazzino sospirò, e fece qualche passo, evitando accuratamente di incrociare il suo sguardo. Nel farlo, i suoi occhi si posarono su una camera degli ospiti semiaperta.
Senza nemmeno pensarci, superò Sirius. Sotto il suo sguardo confuso, e ancora un po’ arrabbiato, Regulus aprì del tutto la porta e ci entrò, notando subito le valigie semiaperte e i vestiti seminati qua e là. E da una borsa semiaperta ai piedi del letto, una maschera estremamente familiare faceva capolino. Sirius, che lo aveva seguito ed era rimasto allo stipite della porta, si bloccò.
“Non lo nasconde nemmeno.” Regulus si chinò, e raccolse la maschera. Era decisamente quella di Bellatrix, perché Lucius era troppo cauto per portare le sue vesti in giro in questo modo, nel caso che qualcuno del Ministero avesse potuto fare irruzione all’improvviso dovunque fosse. E Bellatrix non era mai stata molto brava con gli incantesimi di appello o di evocazione. “È convinta che nessuno le dirà niente, solo perché non trovano prove che possa essere lei.”
E poi, in un improvviso gesto di rabbia che fece sussultare anche Sirius, Regulus scaraventò la maschera contro il muro della camera, con più forza possibile. Lo schianto fu rumoroso, e l’oggetto ricadde a terra ancora intatto, anche se un po’ ammaccato sulla parte destra. Regulus si ritrovò a fissare la maschera ansimando, come se avesse appena corso una maratona. Dopo qualche attimo, sentì la mano di Sirius prendere la sua.
“Già.” Mormorò Sirius. “Che cosa ci impedirebbe di andare al Ministero a denunciarla?”   
Regulus poggiò la testa contro la spalla di Sirius, avvicinandoglisi automaticamente. Non poteva di certo dirgli che il Sirius del futuro, cresciuto e più intraprendente del ragazzino di ora, ancora un po’ affezionato alla sua famiglia, lo aveva fatto, ma che non era servito a nulla. “Zia Cassiopeia e il suo ruolo nell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia?” Rispose, invece. “Il fatto che è un membro estimato del Wizengamot e che Nonno Arcturus ha il resto dei membri nelle sue mani? O i soldi di tutto il resto della famiglia? Coprirebbero tutto, Bellatrix nasconderebbe tutte le prove, e noi perderemmo non solo ogni credibilità, ma verremmo probabilmente diseredati e cacciati di casa. So che è il tuo sogno maggiore, ma non è il mio, grazie tante.”
“C’è pur sempre Silente.” Disse Sirius.
Regulus rise, amaramente. “Sei pazzo. Hai letteralmente le rotelle fuori posto se pensi che io mi andrò a fidare di Silente. Ma accomodati pure. Quando Silente dovrà per forza far riferimento agli Auror che dovranno ottenere un mandato per perquisire Casa Lestrange, saremo punto a capo. E se dovesse decidere di fare da solo, andrebbe per vie non legali e perderebbe tutta la stima e la fiducia del Ministero, e Merlino solo sa che Silente è uno dei pochi di cui il Signore Oscuro ha paura. Certo, c’è sempre il suo Ordine del Pollo Arrosto…”
“Il suo cosa?”
“Non importa.” Sospirò Regulus. “No, quello che possiamo fare è solo tenercela in casa. Lei, la sua stupida cotta per il Signore Oscuro, la sua pazzia totale e la sua fottutissima maschera.” Si staccò da Sirius e andò a raccogliere l’oggetto infernale: la guardò un attimo, e poi la rigettò nella borsa. “Non la lascia nemmeno a casa sua. Patetica. Andiamo, Sirius, ho bisogno di nascondere il mio regalo di Natale prima che nostra madre decida di irrompere in camera mia per farmi la paternale.”
 



Bastò la premessa che tutti i parenti fossero andati a dormire nelle rispettive stanze e un Muffliato intorno alla camera di Regulus per far scatenare Walburga.
Regulus era abituato alle urla e agli strepiti di sua madre: seppur non frequenti con lui quando era più giovane, aveva sempre sentito anche da lontano i litigi con Sirius e le poche volte in cui si era arrabbiata anche con lui erano sempre state memorabili. Ma mai aveva gridato infuriata come aveva fatto adesso contro di lui.
Certo, Regulus se ne curò in parte. Incassò la ramanzina su come si fosse rivoltato contro la sua famiglia e su come l’avesse umiliata davanti a tutti quanti, ma ignorò ciò che disse sulle sue “nuove idee filo babbane” e su come avesse mancato di rispetto a Bellatrix e Voldemort: se avesse potuto farlo senza farla infuriare ancora di più o rovinare per sempre i loro rapporti, le avrebbe riso in faccia. Chiese scusa per determinate cose e rimase in silenzio per altre: alla fine, Walburga se ne andò ancora infastidita e infuriata, urlando ad alta voce su come entrambi i suoi figli la stessero deludendo e sbattendo la porta della stanza. Aveva bruciato con la bacchetta, per la rabbia, il regalo di Natale ancora incartato che lei e suo padre gli avevano fatto. Regulus osservò i suoi rimasugli inceneriti sul pavimento in maniera passiva, sospirando.
Poco dopo la litigata, la porta della sua stanza si aprì lievemente. Il volto di Kreacher fece capolino, mentre l’elfo domestico aspettava educatamente che Regulus gli desse il permesso per entrare. Aveva un vassoio fra le braccia. “Padron Regulus, voi vuole una tazza di tè? È alla menta, il preferito del Padron Regulus.”
Un sorriso sincero si palesò sul volto di Regulus, e il ragazzo rilassò le spalle e la schiena. “Ma certo, Kreacher, grazie.”
L’elfo domestico entrò e poggiò il vassoio sul letto, dove Regulus era appollaiato, ma quando fece per andarsene Regulus scosse la testa. “Kreacher, vieni.” Il ragazzo gli fece segno di sedersi accanto a lui. “Hai portato davvero troppi biscotti, aiutami a finirli.”
Kreacher sbiancò. “Padron Regulus, Kreacher… non può!”
“Kreacher può eccome.” Lo corresse lui. “Solo se vuoi, ovviamente, non devi mangiarli se non ti senti a tuo agio o se non hai fame. Non ti sto obbligando o ordinando a farlo. Ma mi servirebbe davvero un amico adesso.” Il ragazzo gli porse un biscotto. “E so che ti piacciono i biscotti.”
Kreacher lo accettò con mani tremanti. Non si sedette accanto a Regulus, ma si arrampicò comunque sul letto, dalla parte opposta, e cominciò a mangiucchiare il suo biscotto in maniera insicura.
Regulus sorrise. Quella giornata non sarebbe stata completamente da dimenticare.


 
 
Era avvolto dall’oscurità. Ovunque posasse il suo sguardo trovava solo buio, come se fosse stato accecato. Si ritrovò a sbattere più volte gli occhi, per controllare se fossero ancora lì, al loro posto, perché non riusciva a sentirli. Non riusciva a sentire nessuna parte del proprio corpo.
In qualche modo riuscì a cominciare a camminare e poi a correre verso una meta ignota, in una direzione qualsiasi di quel buio opprimente. Come se stesse cercando qualcosa, o scappando da qualcuno. I suoi passi echeggiavano sordamente intorno a lui.
Vieni vieni vieni vieni vieni vieni vieni
Si sarebbe portato una mano alla testa se avesse potuto, per sostenerla mentre voci diverse, sconosciute, di uomini e donne in ugual misura penetrarono nella sua mente in un canto ininterrotto. Rallentò, arrancò, si ritrovò a cadere in ginocchio in preda al dolore. Preferiva l’assenza di prima, il trovarsi dentro un abisso, tutto, tranne questo.
Vieni vieni vieni vieni vieni vieni vieni
Vide una luce, poco lontano. Si rialzò con determinazione e cominciò a correre verso di essa. L’oscurità si avvolse intorno ai suoi piedi come catrame e melassa, cercando di rallentarlo e di fermarlo ma lui continuò ad andare in avanti, senza essersi reso conto di aver alzato una mano verso quella luce che, alla fine, rivelò essere una figura lontana. Ma prima che potesse raggiungerla, sentì un ringhio poco dietro di sé: voltò la testa e si trovò davanti a due occhi, luminosi come fari. E poi, la bestia si avventò su di lui e afferrò la sua gamba fra le fauci, trascinandolo giù. E quando toccò terra, il ragazzo si rese conto che a trascinarlo via erano mani di Inferi…

 


Si ritrovò a dimenarsi fra braccia sconosciute, urlando. Qualcuno stava chiamando forte il suo nome, ma Regulus cominciò a colpire alla cieca intorno a sé, fino a quando il suo gomito non andò a incontrare qualcosa e sentì un lamento. Sgusciò dalle braccia in panico e si ritrovò a cadere dal letto: solo quando toccò il pavimento il dolore sembrò risvegliarlo.
“Regulus!” Il ragazzino alzò lo sguardo, notando come Sirius era sul suo letto, e si stesse tenendo il fianco in un evidente gesto di dolore. “Ma che diamine?”
“Io…” Per un attimo gli mancò il fiato, e osservò in silenzio il fratello. Sentiva il pigiama attaccato alla schiena per il sudore, e aveva voglia di vomitare. “È… stato solo un incubo.”
“Un incubo? Sembrava ti stessero sgozzando, Reggie!” Sirius scese dal letto e lo aiutò a rialzarsi, porgendogli una mano. “Non hai svegliato tutta la casa solo perché siamo su un piano isolato, fratellino.”
“Sembrava così reale…” Mormorò lui, e si rese conto di stare tremando solo quando Sirius gli strinse più forte la mano. Suo fratello lo stava guardando con occhi preoccupati.
“Vuoi che resti qui con te stanotte?”
Per favore.” Sbottò, indignato, Regulus. “Non ho undici… cioè, non ho otto anni.”
Sirius non sembrava convinto. Fece spallucce, e lasciò la sua mano. Si diresse fino alla porta e, prima di uscire, si voltò di nuovo verso di lui. Sembrò voler dire qualcosa, ma poi scosse la testa e se ne andò.
Regulus si ritrovò ad osservare la porta chiusa per quelle che sembrarono ore, appoggiandosi con la schiena al letto. Quel sogno non era stato come gli altri, non era stato come quando aveva ricordato la sua morte più e più volte o come quando aveva letteralmente rivissuto attimi della sua vita, incubi riguardanti il suo periodo a Hogwarts o fra i Mangiamorte. No, era stato così reale, e quasi sentiva ancora l’oscurità intorno a sé, o il dolore delle fauci di quell’animale…
Un momento.
Corse ad alzarsi il pantalone del pigiama, portandoselo fino al ginocchio.
Proprio all’altezza della caviglia, ancora lievemente sanguinanti, spiccavano segnacci rossi a forma di denti.
 
 


Le notti successive, Regulus le passò a cercare di rimanere sveglio. Quando la stanchezza lo faceva crollare, tuttavia, gli incubi che accompagnavano il suo sonno erano normali, semplici, e il ragazzino si ritrovò ad aspettarli felice in confronto a… quello. Durante il giorno era decisamente troppo stanco per litigare con i parenti, ma sua madre l’aveva comunque relegato in camera sua quindi in un modo o nell’altro, riuscì ad evitare tutti quanti. Nessuno sembrò curarsi di lui tranne Narcissa che, poco dopo il primo giorno dell’anno, salì a controllare se stesse bene. Regulus non le aprì la porta.
Il giorno prima del ritorno a Hogwarts, i suoi genitori lo presero da parte per una ramanzina. O meglio: mentre Orion osservava seduto sul divano, in silenzio, Walburga cominciò ad avvertirlo su cosa doveva e non doveva fare a scuola, sulle persone da cui avrebbe dovuto allontanarsi e quelle che avrebbe dovuto, invece, avvicinare.  Nonostante parlasse solo la madre, Regulus sapeva che anche suo padre la pensava allo stesso modo di lei sui Nati Babbani, eppure non si esprimeva mai sull’argomento. Si ritrovò a fissare lui piuttosto che lei durante tutta la ramanzina.
“E ascoltami, quando ti parlo! Non so proprio che cosa ti sia successo in questi mesi!” Strepitò Walburga, quando lo vide distratto. “Prima smistato nella maledetta Corvonero, poi fraternizzante con quegli schifosi Sanguemarcio, e poi…! Oh, ma scommetto che è tutta colpa di Sirius, piccolo ingrato che non è altro, ti ha messo in testa delle strane idee approfittando della lontananza da casa! Le cose qui cambieranno o giuro su tutta la discendenza della nostra nobile, perfetta famiglia, Regulus Arcturus, che le farò cambiare io.”
“Ho capito, madre.” Mormorò lui.
Per forse una delle prime volte in vita sua, Regulus si ritrovò ad essere felice di andare via da Grimmauld Place e tornare a Hogwarts. Narcissa e Lucius erano tornati alle proprie case per prepararsi al nuovo anno scolastico pochi giorni prima, quindi ad accompagnare alla stazione Sirius e Regulus fu soltanto Orion.
“Sirius.” Mormorò Regulus mentre spingevano i carelli con i loro bauli, ricordandosi della lettera di Stuart e del fatto che avrebbe dovuto regalargli qualcosa in cambio. “Cos’è un mangiacassette?”
Il ragazzo sembrò essere confuso. “Un mangiacosa?”
“Non lo so.” Regulus fece spallucce. “Pensavo che tu fossi l’esperto di oggetti babbani.”
“Da quando?” Oh, era vero, Sirius era ancora troppo piccolo e non aveva iniziato la sua campagna di babbanizzazione della sua camera, ad esempio. “E comunque anche se fosse, mica posso conoscere tutti gli oggetti Babbani che ci sono! È già tanto che abbia capito cosa sia quel felefono che usano tanto e solo grazie a Remus.”
“Non ho idea di cosa tu stia parlando, ma adesso non so proprio cosa fare.” Regulus si guardò intorno: se fosse stato a Diagon Alley, avrebbe potuto comprare qualcosa che conosceva, ma erano in una stazione Babbana e a pochi metri al Binario 9 e ¾. Si ritrovò a osservare un negozietto attorniato da Babbani, ma si rese conto che probabilmente non avrebbe potuto pagare, non con i suoi Galeoni. Sospirò: forse avrebbe potuto prendere a Stuart qualcosa sul treno. Forse il ragazzo non si sarebbe aspettato di avere un regalo di Natale, ma Regulus considerava educazione almeno ricambiare in qualche modo.
Quando attraversarono la barriera del Binario, trovarono Lucius e Narcissa ad aspettarli. E, accanto a loro c’erano anche Evan Rosier, Albert Avery e, ugh, Rabastan Lestrange, il cognato di Bellatrix. Quand’è che si sarebbe diplomato e levato fuori dalle scatole…?
“Adesso ho anche la scorta, padre?” Si ritrovò a sbottare. Orion, invece, sospirò.
“Regulus.” Disse, seriamente. “Siamo solo preoccupati per te.”
“Che parli con qualche Sanguemarcio sul treno e mi insozzi ancora di più le idee? Padre, per favore, vi credevo più intelligente. Dovrò comunque andare nel mio dormitorio, prima o poi, e lì le guardie del corpo non potranno comunque seguirmi, no?” Superò Narcissa e Lucius senza guardarli. “Non sono diventato un Filobabbano, ma non posso nemmeno isolarmi dai miei compagni di classe per stare con gli idioti approvati da mia madre!”
“Regulus.” Chiamò nuovamente Orion, pericolosamente. “Modera i toni.”
“Ci vediamo quest’estate, padre.” Disse lui, prima di salire sul treno e andare in panico subito dopo. Ecco, lo aveva fatto. Aveva risposto nuovamente male alla sua famiglia. Questa volta a suo padre! Lui non rispondeva mai male a suo padre, persino Sirius nel suo “periodo d’oro” si concentrava soprattutto su sua madre! Si appoggiò contro la porta di uno scompartimento e sospirò. La mancanza di sonno lo aveva reso troppo nervoso, era l’unica spiegazione. Ma suo padre era una persona intelligente, avrebbero potuto chiarire in seguito via gufo…
“Chi sei tu, e cosa ne hai fatto di mio fratello Regulus?” Chiese Sirius, che a quanto pare lo aveva seguito. Sorridendo, gli diede una gomitata amichevole. “Felice di sapere che nostra madre non urlerà soltanto contro di me, quest’estate. Vai a cercare gli altri primini?”
“Non credo.” Sospirò Regulus. Doveva ancora comprare il regalo e a questo punto, l’unica soluzione prima di incrociare Stuart era comprare dei dolci. La Strega del Carrello faceva confezioni regalo…? “Non so bene dove andrò.” Sperando che la piccola scorta di Lucius non lo seguisse…
Non l’avesse mai detto. Sul volto di Sirius si aprì un ghigno cagnesco, predatore, e il ragazzo afferrò la mano del fratello minore in una presa ferrea. “Oh, allora non hai scuse!” Esclamò, prima di cominciare a trascinarlo.
“Sirius, Sirius fermati, Sirius per l’amor di Merlino stiamo travolgendo tutti con i bauli, Sirius non osare- “
Raggiunsero presto la fine del treno, con Sirius che continuava a guardarsi intorno. “James, James, James… oh, eccoci qui! Ci siamo proprio nascosti, questa volta!” E aprì le porte di uno scompartimento. Regulus si ritrovò a mugolare, sconsolato, quando Potter si alzò in piedi dal sedile su cui si era stravaccato.
“Sirius!” Esclamò ridendo, e gli lanciò al volo un pacchetto. “Sei in ritardo, vecchio idiota!”
“E tu ancora non hai capito come impacchettare qualcosa.” Disse lui, felice, prima di spingere Regulus dentro lo scompartimento. “Natale è stato interessante. Reggie qui ha avuto l’onore di mettersi contro ogni singolo membro della mia famiglia e di urlare in faccia a Bellatrix!”
Potter fischiò, impressionato. “E quindi sei stato troppo impegnato per fare un regalo al tuo caro amico James?”
“Tieni, brutto idiota.” Sirius gli lanciò un pacchetto decisamente incartato meglio rispetto a quello che gli aveva dato James, e poi si mise a caricare i bauli al loro posto. “E sei costretto ad apprezzarlo, perché ci ho messo un sacco a trovarlo. Dove diamine sono Remus e Peter?”
“Peter è a Hogwarts. Remus non è ancora arrivato, probabilmente.” Sbuffò Potter, e poi fece segno a Regulus di sedersi davanti a lui. Regulus, che fino a quel momento era rimasto in silenzio urlando mentalmente Merlino, perché? ci si accomodò incerto. Almeno non avrebbe passato tutto il tempo del viaggio a guardare male Minus, una magra consolazione, ma era bloccato con Sirius e Potter contemporaneamente. Qualcuno mi uccida. Di nuovo.
Il treno partì in quel momento, e dopo qualche minuto la porta dello scompartimento si aprì, e Remus Lupin ci fece capolino stancamente, salutando sorridente Potter e Sirius. Si accasciò accanto a Regulus, per poi notarlo confuso. “Ciao?”
Regulus fece spallucce.
“Reg non è stato molto un buon Black a Natale e i Serpeverde hanno organizzato una piccola squadra di “recupero” per lui, a quanto pare.” Spiegò Sirius. “Quindi bacchette alla mano se si presenteranno qui.”
Regulus sospirò, seccato. “Adesso non esagerare.”
“Ogni scusa è buona per tirare una fattura a un Serpeverde.” Disse Potter. “Tipo a Mocciosus. Tu l’hai visto, Sirius? Perché io non l’ho ancora visto.”
Sirius sghignazzò. “Sarà rimasto a Hogwarts, dove può accedere a una doccia. Non che lo faccia comunque…”
Mi disgustate.  Avrebbe voluto dire Regulus, ma si ritrovò a cercare di ignorarli, guardando fuori dal finestrino.
Qualche ora dopo arrivò la Strega del Carrello, e Potter e Sirius comprarono praticamente la maggior parte delle caramelle Tutti Gusti + 1. Regulus si ritrovò a guardare fra i dolci, deluso. Ovviamente, non c’era nessun dolce in confezione regalo, solo sfusi o in piccole confezioni commerciali.
“C’è qualche problema?” Chiese Lupin, educatamente. Sì, era decisamente il più sopportabile del trio, anzi del quartetto. “Posso aiutarti?”
Regulus sospirò, facendo spallucce. “A meno che tu non possa tirare fuori dal baule una carta regalo, temo di no.”
Lupin aggrottò le sopracciglia. “In realtà, sì.” Regulus lo guardò come se fosse Merlino stesso, arrivato a salvarlo dalla tomba. “All’incirca.”
Con la bacchetta, fece uscire dal suo baule dei fogli di pergamena, semplici e bianchi. “Presentus.” Esclamò, e i fogli andarono a unirsi e a formare una scatola, legandosi fra di loro: quando si fermarono, sul grembo di Regulus andò a cadere una vera e propria scatola regalo, certamente non commerciale ma decisamente resistente.
“Ma che cazzo!” Esclamò Regulus, incredulo. “Nemmeno sapevo che esistesse, un incantesimo del genere. Di certo non è del secondo anno.”
“Beh, Remus è davvero bravo in incantesimi!” Esclamò Potter. A Lupin diventarono rosse le guance.
“Beh, voi siete certamente più bravi di me in Trasfigurazione…” Cominciò a dire, ma gli altri due Malandrini cominciarono a spintonarlo amichevolmente, lodandolo per le sue qualità. Regulus si ritrovò un attimo a fissarli, confuso, prima di correre appresso alla Strega del Carrello, che intanto se ne era andata.
Comprò vari dolci diversi e si divertì a riempirne la scatola. Potter gli porse un nastro mal ridotto e Regulus lo aggiustò con un veloce incantesimo, prima di richiudere il regalo. “È un po’ ingombrante.” Mormorò, tenendolo sulle gambe.
“È pieno di dolci.” Esclamò Potter. “Fidati, nessuno lo considererà ingombrante!”
Pochi attimi dopo, Sirius gli passò una confezione di Rospi alla menta. Regulus lo guardò perplesso. “Ho già chiuso il pacco.”
“Sì, ma questi sono per te.” Sghignazzò Sirius. “Te li avevo promessi, no?”
 



Quella sera, a cena, Regulus non vide Stuart. Seduti poco più in là rispetto a lui c’erano Lerman e Austen, ma erano impegnati a parlottare fra di loro felici e Regulus non aveva intenzione di disturbarli. In realtà non aveva nemmeno fame: il viaggio lo aveva sfinito, soprattutto avendolo passato insieme ai maledetti Malandrini, che anche se lo avevano aiutato erano comunque, beh, i Malandrini. Stava ponderando se alzarsi o meno quando accanto a lui si sedette una ragazza, seguita subito dopo da un elfo domestico.
“Ciao.” Esclamò lei, e Regulus la riconobbe come Sera Pace, la ragazza cieca di cui era stato geloso qualche mese prima per via del Lumaclub. Ora che ci pensava, era stato abbastanza squallido ad esserlo. “Non ci siamo mai parlati davvero prima, vero?”
“No.” Borbottò lui. “Direi proprio di no.”
Lei sorrise. “Il Professor Lumacorno darà una specie di festicciola per il ritorno a scuola.” Disse. “E possiamo tutti portare un accompagnatore… vuoi venire con me?”
“Cosa?” Regulus aggrottò la fronte, confuso. “Non ci conosciamo nemmeno. Perché io?”
“Dwayne mi ha detto di no. Ha detto che queste cose non gli interessano.” La ragazzina sospirò. “E non posso portare un’amica femmina, altrimenti avrei invitato Saamiya. Non conosco gli altri del nostro anno, ma tu sembri gentile.”
“Gentile.” Ripeté Regulus, incredulo. “Gentile… uh, sì, certo. Va bene.”
“Okay!” Sera Pace si rialzò e, aiutata dal suo elfo domestico si allontanò dal tavolo. Si avvicinò a un’altra primina di Corvonero, Saamiya Alam, e cominciarono a ridacchiare.
“Awwwwww, i primi amori!” Esclamò Elizabeth Clark, che seduta davanti a lui era intenta a ingozzarsi con la cena. “Siete un po’ – gulp – precoci ormai, eh!”
“Dubito fortemente che si parli di cotte, qui, Clark. Ha undici anni e non ero nemmeno la sua prima scelta.” Disse Regulus, semplicemente perplesso. Anche se fosse così, a Regulus non erano mai interessate le ragazze – non aveva mai pensato nemmeno a una relazione. Gli anni della sua adolescenza erano stati caratterizzati prima dalla repressione più totale, per concentrarsi sullo studio e sul Quidditch, e poi dalla vita da Mangiamorte. Non aveva nemmeno avuto il tempo di pensarci, alle cotte. Ne aveva mai avuto una? Non ricordava minimamente. “Gentile.” Ripeté. “Come fa a considerarmi gentile?” Come se non si fosse inimicato mezza scuola pochi mesi prima. Bah. Non li capiva proprio, questi Corvonero. Non erano i Tassorosso, quelli che secondo la gente andavano in giro a fare amicizia a caso?
 
 

Nonostante l’assenza della fame, Regulus si ritrovò a languire nella Sala Grande fino a quando non vide che quasi tutti se ne stavano andando, e anche in quel caso invece di dirigersi verso la Torre si mise a girare per la scuola, ignorando volontariamente il fatto che ci fosse un Coprifuoco. Il pensiero di affrontare un’altra notte con il rischio di ritrovarsi nuovamente in quel “sogno” gli impediva di dirigersi a letto. La ferita alla caviglia stava cicatrizzando ma era sempre lì, un monito che quello che aveva vissuto era reale, non un’illusione della notte. E più Regulus cercava di capire, più si scervellava per comprendere di che cosa si trattasse, più non arrivavano risposte. L’unica cosa che aveva compreso, era che la bestia gli aveva impedito di raggiungere la figura umanoide che aveva intravisto nella luce. Non sapeva nient’altro.
Quando si rese conto che se avesse continuato a vagare probabilmente si sarebbe trovato dinanzi a un insegnante, Regulus sospirò e si fece strada fino alla Torre di Corvonero. Arrivato di fronte alla porta cercò di ricordare la parola d’ordine, prima di spostare il suo sguardo sulla maniglia a forma di testa d’aquila e bloccarsi. Oh.
In tutti quei mesi, non si era mai trovato da solo davanti alla porta del dormitorio di Corvonero. Forse perché era sempre in orario, o perché c’era sempre qualche Corvonero intorno: c’era sempre qualcun altro a risolvere l’indovinello. Ad alcuni, Regulus avrebbe dato facilmente la risposta, ma altri erano impossibili. Deglutendo, bussò contro la porta, sperando con tutto il cuore che l’aquila avesse pietà di lui. O che qualche altro studente fuori dal letto decidesse di tornare.
“Che cosa sta per arrivare sempre, ma non giunge mai?” Chiese l’aquila, con la sua voce musicale, e Regulus imprecò mentalmente.
“Non… lo so?” Cominciò a riflettere, cercò di trovare la risposta, ma non gli veniva in mente nulla. Nulla. “Un incantesimo lanciato da… no, no. Il treno in ritardo? No, non avrebbe senso. Una buona idea da parte di Sirius? Non lo so!” L’uccello rimase in silenzio, e Regulus emise un verso di fastidio. “Non lo so! Andiamo, va bene tutto durante il giorno, ma non puoi lasciarmi qui fuori durante la notte, dai- “
“Il domani.” Disse una voce dietro di lui. L’Aquila trillò felice, complimentandosi, e si sentì il rumore della serratura che scattava. Regulus si voltò, trovandosi dietro Jason Stuart che lo guardava.
“Il domani perché… beh, quando poi arriva non è più il futuro, ma è l’oggi, no?” Sembrava essere imbarazzato. “Tranquillo, ho difficoltà anche io con molti indovinelli.”
“Che ci fai qui?” Chiese, confuso, Regulus. “È tardissimo.”
Stuart inarcò un sopracciglio. “Per me e non per te?” Poi, sospirò. “Una delle scale si è mossa e sono finito in una zona completamente diversa del castello, e i suggerimenti dei quadri non sono stati d’aiuto.”
“Dopo quattro mesi dovresti essere stato abbastanza furbo da memorizzare l’intera scuola.”
“Non tutti possono essere Regulus Arcturus Black.” Esclamò Stuart, per poi strabuzzare gli occhi quando Regulus gli schiaffò fra le braccia il pacco regalo che gli aveva fatto sul treno. “Ma che- “
Regulus si ritrovò a mettersi le mani in tasca, distogliendo lo sguardo. “Tu mi hai dato il libro.”
“Wow, allora anche tu hai un cuore!” Ridacchio Stuart, per poi aprire il pacco. “Tutti questi dolci mi basteranno per tutti gli anni di Hogwarts!”
“Sì, sì, probabilmente ti verrà la carie.” Borbottò lui. “Non so come facciate tutti a mangiare certi dolci. Sono… troppo dolci.”
“Secondo te perché si chiamano così?” Stuart richiuse il pacco e lo mise nella sua borsa, prima di alzare lo sguardo e sorridere a Regulus. “Sono avvelenati?”
Lui lo spinse via, senza metterci troppa forza, e Stuart scoppiò a ridere. Regulus scosse la testa, incredulo, prima di afferrare la maniglia della porta e provare ad aprirla.
Non ci riuscì.
Che cos’ha un occhio, ma non può vedere?”
“Oh, andiamo!”
                                                 
 

“Hey!” Regulus fu svegliato in maniera brusca, da quello che sembrò essere un calcio assestato al suo fianco. Sobbalzò, confuso, guardandosi intorno sbattendo le palpebre. Dove diamine…
Accanto a lui, qualcuno si mosse. “Ancora cinque minuti…” Biascicò Stuart. Regulus rimase a fissarlo per qualche secondo, non capendo come potesse essere poss… oh. Si erano addormentati vicini, seduti per terra, probabilmente cercando di risolvere l’indovinello. Regulus doveva essergli scivolato addosso durante la notte.
Dwayne Turner tirò un altro calcetto al suo fianco, controllando la sua forza in modo da non fargli male, e Regulus si stropicciò gli occhi. “Smettetela di fare i piccioncini e alzatevi, che riprendono le lezioni oggi. Avete dormito qui fuori?”
“Uh…” Riuscì solo a dire Regulus, ancora assonnato. Si staccò da Stuart che perse l’equilibrio e cadde di lato, svegliandosi di soprassalto. “Eh!? Che c’è!? Chi è stato!?”
“Abbiamo dormito qui, idiota…” Mormorò Regulus. La sua schiena doleva come se se la fosse spezzata, e gli si era addormentato il braccio destro. “È già mattina.”
“Stupido corvo.” Borbottò Stuart.
“È un’aquila.”
“Quello che è.” Stuart si stropicciò gli occhi. “Non è normale che non si possa accedere di notte alla Torre solo per via di uno stupido indovinello! E se uno sta male, che succede?”
“La porta è incantata in modo da ammettere gli studenti di Corvonero, e solo gli studenti di Corvonero, se sono in pericolo e devono rifugiarsi nella Torre.” Spiegò una studentessa più grande che era appena uscita dal Dormitorio, sicuramente per andare anche lei a fare colazione. “Nessun’altra eccezione. E poi, beh, è colpa vostra che eravate fuori dopo il Coprifuoco.”
“Mhhhh…” Stuart si rispalmò di nuovo contro Regulus, afferrandogli un braccio. “Ancora cinque minuti…?”
“A meno che tu non voglia vederti cadere quelle manine che ti ritrovi, ti consiglio di staccarti da me, Stuart.”
Il ragazzino rise, stringendosi di più a Regulus prima di staccarsi. “Dopo aver dormito praticamente appiccicati, credo che dovremmo superare i “Black” e “Stuart”, eh?” Chiese, sorridendo. Dopo qualche attimo, Regulus sospirò e ricambiò il sorriso, per poi rialzarsi. Appena la studentessa più grande e Turner si furono allontanati, mosse la bacchetta verso di loro: la divisa di Jason e la sua si raddrizzarono, le pieghe sparirono, e l’evidente odore della notte si acquietò.
“Non è una sostituzione per una bella doccia.” Spiegò. “Ma per ora può andar bene.”
Jason lo guardò per un attimo confuso. “Wow.” Mormorò. “Altro che ciò che stiamo imparando a scuola. Dove hai imparato una cosa del genere? Se io saprei farla- “
“Sapessi, ti prego, sapessi, posso sopportare il tuo sangue o le stronzate che spari spesso e volentieri, ma non la tua grammatica!” Sbottò Regulus. “E comunque ho… letto molto, prima di arrivare a Hogwarts, e ho avuto insegnamenti da parte di mio padre. Non è difficile, dopo.”
“Devi totalmente insegnarli anche a me, amico. Non è giusto che te li tieni tutti per te. Anche perché poi a Incantesimi devi limitarti a…” E Jason agitò una bacchetta in maniera appositamente goffa, facendo un’espressione facciale da tonto. Regulus scoppiò a ridergli in faccia.
“Smettila di pensare alle stronzate e corri a lezione, Jason, che abbiamo Difesa Contro le Arti Oscure.” Disse, e Jason sbiancò, prima di correre via.
“Oh no. Ci ammazzerà. Ci ammazzerà del tutto. Ci squarterà. Ci toglierà le clavicole e le userà per suonare lo xilofono sulla nostra colonna vertebrale!”
“Jason Stuart.” Esclamò Regulus, seguendolo. “Ti ho già detto che sei pazzo, vero?”











Questo capitolo si chiama anche: l'autore non sa dare nomi ai capitoli e la sua Beta piangeva perché voleva andare a dormire ma doveva lavorare al capitolo.
 
  
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