Disclaimer: Questa
storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. Le
ambientazioni e in generale l’intero universo in cui si
muovono i personaggi non mi appartengono, così come la
maggior parte dei cognomi che troverete nella storia. Tuttavia, i
personaggi sono tutti di mia creazione e di questi rivendico la
proprietà nonché l’uso esclusivo.
Capitolo 1
Giochi di bambini
Lucille Nott sedette
sull’erba senza preoccuparsi del vestitino bianco che avrebbe
potuto sporcare; in quel momento aveva problemi più urgenti
da risolvere e le lacrime che solcavano il suo visetto le impedivano di
concentrarsi a dovere.
Non capiva
perché suo fratello Oliver l’avesse scacciata in
malo modo, impedendole di giocare con lui e i suoi amici; cosa
significava che era troppo piccola? Aveva compiuto sei anni la
settimana scorsa e lui ne aveva solo sette.
Lucille
posò la testa sulle braccia e singhiozzò con
forza. Aveva pensato che a quella festa in giardino si sarebbe
divertita, libera di correre e giocare, invece le sue aspettative erano
state deluse: non aveva amici con cui scherzare, il caldo soffocante
non le dava tregua neanche all’ombra e gli adulti non si
curavano di lei, intenti a discorrere di argomenti che Lucille non
capiva.
«Perché
piangi?»
Una voce sconosciuta
si fece strada fra i pensieri di Lucille, che sussultò
sorpresa; era certa che, in quell’angolino nascosto del
cortile, nessuno l’avrebbe vista né sentita.
Davanti a lei
c’era un bambinetto paffuto che doveva avere
all’incirca la sua età. Aveva i capelli neri e gli
occhi azzurri, e in mano teneva un dolce mangiato per metà.
Il lato destro della sua giacchetta era pieno di briciole e
istintivamente Lucille arricciò il nasino davanti a quella
mancanza di buone maniere.
«Ti stai
sporcando i vestiti» replicò infine, scacciando le
lacrime ormai secche che ancora le rigavano le guance. «Non
sta bene mangiare in quel modo, avresti dovuto procurarti un
piattino».
Il bambino
abbassò lo sguardo, ma l’ispezione dei propri
vestiti non dovette turbarlo più di tanto perché
sorrise e scrollò le piccole spalle con noncuranza. Forse,
pensò Lucille, aveva una mamma meno severa della sua.
«Allora,
perché piangevi?» insistette il bimbo.
«Perché
mio fratello dice che sono troppo piccola per giocare con lui e con i
suoi amici, ma lui ha solo un anno in più di me!»
confessò Lucille con la voce resa acuta
dall’indignazione. «E un suo amico ha aggiunto che
non volevano una femmina nel gruppo».
Ripensando a quelle
offese, un broncio di disappunto si fece strada sul viso di Lucille; a
casa Oliver giocava sempre con lei e Meryl perché gli altri
fratelli Nott erano troppo piccoli per essere inclusi in tutti i loro
giochi, specie nelle esplorazioni delle soffitte.
«Puoi
giocare con me e mio cugino» disse ancora quel bambino
curioso. «Abbiamo appena fatto amicizia con Marcus».
«Ma io non
ti conosco!» esclamò Lucille, chiedendosi anche
chi fosse questo Marcus.
La mamma e il
papà erano stati molto chiari con lei e i suoi fratelli,
asserendo di non volere che i propri figli facessero amicizia con
bambini che non fossero Purosangue. Lucille non sapeva bene cosa quel
termine significasse, ma la nonna le aveva spiegato che i Purosangue
avevano entrambi i genitori dotati di poteri magici.
«Sono
Nathaniel Greengrass» si presentò il bambino,
allungando verso di lei una manina paffuta e coperta di briciole.
L’espressione
disgustata di Lucille parlava da sé e Nathaniel, resosi
conto della situazione, strofinò con noncuranza la mano sul
lato pulito della giacca. Lucille tese la sua manina con circospezione
e mormorò il proprio nome.
«Non
conosci nessuno qui, a parte tuo fratello?» chiese Nathaniel
osservandola con la stessa curiosità di cui lei
l’aveva fatto oggetto poco prima.
«No;
sarebbe dovuta venire anche mia sorella maggiore, ma stamattina non si
è sentita bene ed è rimasta a casa assieme ai
più piccoli» spiegò Lucille velocemente.
«Hai altri
fratellini a casa?»
«Ho due
sorelle gemelle, un fratello di tre anni e una sorellina di
uno» disse Lucille tenendo il conto con le dita.
Nathaniel
sgranò gli occhi ed esclamò, sorpreso:
«Siete in sette? Dev’essere meraviglioso!»
Lucille sorrise con
gentilezza, limitandosi ad annuire con un educato cenno del capo. Aveva
visto la mamma farlo tante volte ed era felice di aver trovato
un’occasione in cui poterla imitare.
Nathaniel la
guidò fino a un piccolo gazebo attorno al quale si
rincorrevano bambini di tutte le età, raccontandole in
continuazione della sua famiglia e di quello che succedeva a casa sua.
A Lucille era stato proibito di discutere della famiglia con gli
estranei e non si capacitava di come facesse il ragazzino a parlarne
come se niente fosse.
«Lui
è mio cugino, Vincent Baston» disse Nathaniel
quando raggiunsero due bambini intenti a rincorrere un Boccino
d’Oro che svolazzava al di sopra delle loro teste.
«E questo qui è Marcus Potter, lo abbiamo
conosciuto oggi».
Lucille tese
nuovamente la manina, quasi aspettandosi di essere respinta. I due
bambini invece la salutarono con un sorriso e la coinvolsero subito nel
gioco, incitandola ad acchiappare il Boccino.
Il tempo
passò velocemente e, con la semplicità tipica
della loro giovane età, la maggior parte dei bambini
presenti alla festa finì col fare amicizia. Lucille non
aveva mai avuto tanti compagni di gioco come in quel giorno
né si era mai divertita tanto; impiegò poco a
dimenticare tutte le regole sul buoncostume che aveva faticato a
imparare, ridendo spensieratamente e rotolandosi sull’erba
verde del prato.
«Guarda
come ti sei ridotto, pasticcione che non sei altro!»
esclamò una voce all’improvviso, facendo prendere
uno spavento a Lucille.
Un ragazzo
più grande con lunghi capelli neri e vivaci occhi azzurri si
era avvicinato di soppiatto, sollevando Nathaniel fra le braccia e
facendolo ridere. Assomigliava molto a Nathaniel e Lucille si
ricordò che in precedenza il bambino aveva affermato
più volte di avere un fratello maggiore con cui, stando a
quanto diceva, ne combinava di tutti i colori.
«Mettimi
giù, Michael!»
«Dovremo
rimettere a posto i tuoi vestiti prima che la mamma li veda»
affermò Michael con un sorriso, salutando Vincent che si era
subito unito a loro. «Avete fatto amicizia con tutti i
bambini presenti, a quanto vedo».
Lo sguardo di
Michael abbracciò i presenti e il giovane annuì,
apparentemente compiaciuto. Subito dopo tirò fuori la
bacchetta e borbottò ‘Gratta
e netta!’ svariate
volte, fino a quando la maggior parte delle briciole sulla giacca di
Nathaniel non furono svanite.
«Dov’è
finita la tua giacchetta, Vincent?» chiese afferrando il
cuginetto per un braccio e cominciando a rimuovere le macchie di cibo
sulla sua camicia.
«L’avevo
poggiata laggiù» disse Vincent indicando col dito
una panchina poco lontana. «Avevo caldo e non riuscivo a
prendere il Boccino».
«Volete
che vi aiuti a sistemarvi?» disse infine Michael Greengrass
facendo cenno di avvicinarsi a Lucille e a un altro bambino al suo
fianco, Livius Malfoy.
Livius si era unito
al loro gruppo poco dopo Lucille, trascinandosi dietro la sorellina
più piccola che non aveva spiccicato una parola. Lucille
credeva che non si fosse veramente divertito, impegnato
com’era a rialzare la sorella ogni volta che finiva a terra;
quest’ultima, che Livius aveva presentato come Georgiana, lo
allontanava ogni volta con un gesto impaziente della manina,
determinata a farcela da sola.
Mentre Michael
faceva sparire le macchie d’erba più grandi che
imbrattavano il vestitino di Lucille, lei fissava con una punta
d’invidia la piccola Georgiana che, nonostante fosse caduta
più volte, era riuscita in qualche modo a far rimanere
inamidato il suo abitino bianco.
«Grazie,
sei stato molto gentile» trillò Lucille a lavoro
finito, osservando il suo vestito con soddisfazione; adesso la mamma
non avrebbe potuto sgridarla, pensò, ignara delle macchie
verdi sul retro.
«È
stato un piacere» disse Michael con un sorriso che ricordava
molto quello del fratello minore. «Finché non
cambieranno la legge e ci sarà consentito fare magie fuori
dalla scuola sono pronto a venire in vostro soccorso».
Sentendo quelle
affermazioni Nathaniel scoppiò a ridere, mentre Lucille si
limitò a sorridere educatamente; non era certa di aver
capito a cosa si riferisse il ragazzo e il papà le aveva
raccomandato più volte di non intervenire quando gli adulti
menzionavano questioni che lei non poteva comprendere, evitando
così di fare una brutta figura.
«A te non
serve aiuto?» si informò Michael gentilmente,
sorridendo alla piccola Malfoy.
Georgiana lo
guardò per qualche momento con quei suoi grandi occhi grigi
che sembravano troppo adulti per appartenere a una bambina, poi scosse
il capo e riprese a fissare il sole che si abbassava
sull’orizzonte.
«Georgiana
non ha mai parlato» spiegò Lucille con aria
d’importanza, felice di avere finalmente qualcosa da dire.
«Ha giocato con noi ma non ci ha mai rivolto la parola.
È stato suo fratello a dirci il suo nome».
Michael
annuì lentamente dopo che Lucille ebbe terminato il suo
discorsetto, trattenendosi dal ridere apertamente dei modi pomposi
della bambina.
«Tu invece
ti chiami…?»
«Lucille
Nott» rispose subito la bimba tendendo la manina con fare
elegante.
«Lucille
è stata bravissima» disse Nathaniel guardandola
con ammirazione. «È riuscita a prendere il Boccino
per tre volte!»
«Ti
ringrazio» replicò Lucille educatamente, non
mancando però di scoccare un lieve sguardo di biasimo al
ragazzino per il modo un po’ brusco con cui si era inserito
nella conversazione. Nathaniel naturalmente non se ne accorse e
continuò a osservarla con un sorriso beato impresso sul
volto.
«Bene,
sono certo che sentiremo parlare molto di te in futuro,
Lucille» disse infine Michael, prendendo per mano sia Vincent
che Nathaniel per condurli dai loro genitori, pronti ad andarsene.
Anche la mamma di
Lucille si stava avvicinando al gazebo, trascinandosi dietro un
imbronciato Oliver, e la bambina salutò con allegria i suoi
nuovi amici.
«Ci
vediamo presto, Lucille!» esclamò Nathaniel,
agitando freneticamente la mano. «Puoi venire a casa mia a
giocare a Quidditch. La mia nuova scopa si alza di un metro!»
«Chi
è quel bambino, Lucille?» domandò la
mamma con voce imperiosa, sistemando alcune ciocche di capelli che
erano sfuggite al fiocco con cui li aveva acconciati quel pomeriggio.
«Un nuovo
amico» mormorò la bambina, sperando che i suoi
genitori non avessero nulla in contrario verso quella famiglia.
«Si chiama Nathaniel Greengrass».
La mamma
approvò con voce bassa e calma la sua nuova conoscenza, ma
non ritenne appropriato concedere a Lucille il permesso di giocare a
Quidditch.
«Ne
riparleremo quando sarai più grande»
spiegò tacitando le proteste della bambina. «Per
ora è meglio che giochiate mantenendo i piedi per
terra».
Lucille non aggiunse
altro perché sapeva che altrimenti sarebbe finita in
punizione, ma scambiò uno sguardo complice con Oliver che
aveva seguito la conversazione in silenzio. C’era quella
vecchia scopa che avevano scovato nella soffitta insieme a Meryl la
settimana scorsa e, se non si fossero fatti scoprire né dai
loro genitori né dalla loro Elfa ormai troppo anziana per
seguirli, avrebbero potuto giocare quanto volevano, in attesa di
diventare grandi.
Note
dell’autrice.
Questa
storia nasce come spin-off de “Il Leone e la
Fenice” per coinvolgere maggiormente una coppia di
personaggi, Nathaniel e Lucille, che lì si trovano in
secondo piano. Per la comprensione della storia è necessario
leggere quella principale, perché naturalmente molte cose
qui verranno date per scontate e perché non verrano
descritti gli epidosi già narrati nella storia principale.
Cercherò
di aggiornare la storia il più frequentemente possibile,
almeno per quanto riguarda i primi capitoli pensati più come
una sorta di lunga introduzione, ma tutto dipenderà dai
turni che mi assegneranno col nuovo lavoro.
Sarei
felice di leggere qualche parere su questo primo capitolo e di
conoscere le vostre impressioni, qualora abbiate qualche minuto di
tempo da dedicarmi.
A
presto,
Selena