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Autore: Hotaru_Key22    29/06/2018    0 recensioni
Fan fiction che si rifà al mito di Orfeo ed Euridice.
Dal testo:
"Elliot divenne così bravo che la sua musica riusciva ad acquietare ogni animale, a creare forti sentimenti nel cuore di ogni uomo e a commuovere anche le rocce e le montagne. Divenne tanto bravo che, durante la spedizione degli Argonauti, con il solo suono del suo pianoforte, riuscì a sfuggire dal canto delle sirene e a proteggere l’intera nave e la sua ciurma da esso."
[Fan fiction partecipante al contest "E se le opere classiche fossero degli anime?" indetto da eleCorti sul forum di EFP]
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Elliot Nightray, Leo Baskerville
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Morirono felici e contenti

Elliot Nightray, il più famoso poeta e musicista che la storia abbia mai avuto, che non aveva eguali tra uomini e dei, era figlio di Bernard, re della Tracia, e della musa Bernice.
Un giorno, mentre si esercitava sotto le fronde di una vecchia e grande quercia, Oswald, dio della musica, della poesia e delle arti in genere, gli donò uno strumento bizzarro, molto simile a quello che oggi chiameremmo un pianoforte. Questo strano oggetto era bianco e, come Elliot notò, doveva essere suonato da seduti, premendo con le dita i molteplici tasti. Furono le ninfe ad aiutarlo a comprendere a pieno quale fosse l’utilizzo di quel buffo ed ingombrante marchingegno.
Elliot divenne così bravo che la sua musica riusciva ad acquietare ogni animale, a creare forti sentimenti nel cuore di ogni uomo e a commuovere anche le rocce e le montagne. Divenne tanto bravo che, durante la spedizione degli Argonauti, con il solo suono del suo pianoforte, riuscì a sfuggire dal canto delle sirene e a proteggere l’intera nave e la sua ciurma da esso.
Elliot fece innamorare di sé e della sua musica ogni donna, ogni uomo e ogni creatura del mondo, ma c’era una persona in particolare che gli aveva strappato il cuore dal petto e lo custodiva per bene, senza lasciarlo mai andare. Si chiamava Leo Baskerville ed aveva lunghi capelli neri che gli coprivano il volto, incorniciando al contempo un sorriso borioso e tracotante.
La cosa che probabilmente distingueva Leo da tutti gli altri era che lui amava Elliot da molto prima che questo divenisse così famoso e così desiderato, lo amava da quando era solo un irriverente e fastidioso ragazzino con quegli sbarazzini capelli color del grano e i suoi occhi azzurri come il limpido cielo estivo.
«Lascia che ti insegni una canzone…» sussurrò Leo una mattina che erano soli, sedendosi di fianco ad Elliot sullo sgabello che stava dinnanzi al pianoforte e adagiando delicatamente le dita lattee sui tasti.
Una melodia carezzevole ed al tempo stesso incalzante si diffuse nell’aria, mentre il musicista più bravo di tutta la Tracia, lo stesso musicista che aveva fatto piangere le montagne, schiudeva le labbra in un’espressione di stupore e si perdeva nel viso puro e candido dell’uomo al suo fianco.
«Come si chiama?» chiese, non appena la composizione fu terminata.
«Lacie»
«È bellissima…»
Leo si voltò per nascondere il suo viso imbarazzato, ma Elliot gli sfiorò con due dita della mano sinistra il mento e lo costrinse a guardarlo nuovamente negli occhi. Rimasero così per infiniti istanti di dolce e sereno trascorrere del tempo, poi si avvicinarono l’uno all’altro e fecero sì che le loro labbra combaciassero perfettamente, protagoniste di un bacio delicato e appassionato al contempo.
Passati alcuni mesi, i due decisero di sposarsi e la loro era una storia che sarebbe benissimo potuta finire con un “vissero per sempre felici e contenti”.
Un giorno, però, mentre Elliot dilettava i presenti con la sua dolce musica, Leo venne infastidito da un pastore, un tale Oz, che si era invaghito di lui. Nel modo di fuggire dai suoi corteggiamenti, correndo scalzo per il prato verde, fresco, e pieno di fiori colorati, venne morso da un serpente il cui veleno era molto potente.
«Leo!» lo chiamò e richiamò Elliot, sostenendo il suo esile corpo con le sue forti e tremanti braccia, ma non ci fu niente da fare.
Leo morì, gettando Elliot nella disperazione.
Le sue canzoni divennero strazianti, piene di dolore e di lacrime, ma non era uno che si arrendeva facilmente lui.
Infatti, il musicista decise di compiere un viaggio da cui pochi avevano fatto ritorno: un viaggio negli Inferi.
Avrebbe riportato con sé il suo Leo. Con la sua musica riuscì a convincere Cheshire a traghettarlo da una sponda dello Stige all’altra, il cane Bandersnatch e i giudici dei morti a lasciarlo passare e giungere così al cospetto di Jack, padrone di quel regno, e della sua consorte Lacie.
Elliot cantò anche per loro e la sua preghiera fu così straziante e lacerante che tutte le anime e i demoni presenti negli Inferi conobbero per la prima volta la pietà.
Fu deciso di dare la possibilità al musicista di riportare la sua musa, il suo Leo, nel regno dei vivi, ma ad una condizione: non avrebbe dovuto mai guardarlo durante il tragitto verso la luce.
Elliot lo prese per mano e s’incamminò.
«Elliot…» lo chiamò Leo «Mi dispiace…»
Il musicista però non si voltava e non proferiva parola, concentrato sui suoi passi, riuscendo quasi a vedere la luce.
«Elliot» disse ancora il moro, con un tono più fermo e deciso «Elliot, non mi ami più?»
Come poteva non amarlo? Era sceso fin lì proprio perché lo amava!
«Elliot, ti prego, guardami…»
Ormai mancavano pochi passi e sarebbero stati fuori. Quel “vissero felici e contenti” sarebbe finalmente stato loro.
«Elliot…»
«Ti prego, sta zitto!» ordinò con il suo solito caratteraccio, voltandosi per lanciargli uno sguardo tagliente e severo.
E allora vide Leo sorridergli così felice che forse non l’aveva mai visto. I capelli erano scompigliati dal vento e i suoi meravigliosi occhi viola risplendevano alla luce che proveniva dall’uscita degli Inferi.
Sarebbe stato bellissimo se non fosse stato evanescente. Lentamente scompariva per la seconda volta davanti agli occhi di Elliot ed era solo colpa sua.
Il musicista, il migliore di tutta la Tracia, si gettò in avanti piangendo, quasi a volerlo trattenere, e si ritrovò a stringersi le braccia intorno al petto, solo e disperatissimo.
Tentò invano per lunghi sette giorni di convincere Cheshire a traghettarlo nuovamente dall’altro lato dello Stige, ma questo, stanco, lo ricacciò alla luce.
Elliot, che aveva visto il buio di quel luogo, iniziò a venerare Oswald, dio del sole, ed ogni giorno si alzava per assistere ed inneggiare al sorgere della luce. Il dio Vincent, furioso per non essere più venerato dal giovane musicista, istigò le Baccanti perché lo uccidessero ed esse eseguirono, squartando il giovane in più parti, il loro crudele compito.
Tutte le creature del mondo piansero la sua morte, le ninfe si vestirono di nero e le muse recuperarono i suoi resti per seppellirli ai piedi del monte Olimpo, dove si dice gli usignoli ancora cantino le melodie più dolci e belle di tutta la terra.
Elliot però morì con il sorriso, invocando il nome del suo Leo, consapevole che, finalmente, sarebbero stati riuniti.
Non vissero per sempre, ma morirono felici e contenti.  
   
 
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