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Autore: mikimac    29/06/2018    3 recensioni
Potrebbe sembrare impossibile, ma due anime gemelle riescono sempre a stare insieme, perché l'Universo non permette che ciò che è stato creato per essere unito sia diviso e incompleto.
Soulmate.
Genere: Angst, Commedia, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sebastian Moran, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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Colazione da Globe Tavern
Baker Street era una strada tranquilla, prevalentemente residenziale, che non attirava i turisti. Vicino c’era un grande parco, ma era abbastanza lontana dalle attrazioni turistiche principali di Londra, da essere frequentata soprattutto dai londinesi. Martha Hudson era una signora che aveva superato la sessantina. Probabilmente anche la settantina, ma chiedere l’età a una signora era da sempre considerato disdicevole,  una grave mancanza di educazione e di rispetto. La signora Hudson, qualunque fosse la sua età, era una donna ancora affascinante, curata e sempre impeccabilmente in ordine. Il suo carattere vivace, allegro e altruista la facevano amare da chiunque la conoscesse. Era anche profondamente paziente, dote fondamentale per interagire con il suo giovane affittuario. Martha Hudson viveva al 221A di Baker Street. Aveva scelto di abitare in quella casa, fra le sue molte proprietà, perché qui aveva vissuto un periodo felice con il suo sventurato marito. Solo perché si era assicurata che fosse condannato a morte, non voleva dire che volesse dimenticare gli anni felici che avevano trascorso insieme. La signora Hudson aveva affittato il 221B al giovane uomo che la aveva liberata dal marito. La donna provava un profondo affetto per Sherlock Holmes e non solo perché aveva trovato le prove che incastrassero definitivamente il consorte. Martha Hudson considerava Sherlock Holmes come il figlio che non aveva mai avuto. Per quanto brontolasse e gli ricordasse che lei non era la sua governante, l’anziana signora non perdeva occasione per prendersi cura del giovane uomo, assicurandosi che mangiasse e ripulendo l’appartamento. Oppure preparando il tea per gli ospiti del suo inquilino. Come in quel momento. La signora stava salendo le scale che portavano al 221B, sorreggendo un vassoio con sopra teiera, tazze, zucchero, latte e un piattino con qualche biscotto. Aveva usato il servizio che le aveva regalato sua sorella Margareth. Alla signora Hudson non piaceva, quindi non le sarebbe importato molto se fosse andato in pezzi, qualora Sherlock avesse litigato con il suo attuale ospite. Già. Era sempre meglio essere previdenti. Non si poteva mai sapere come andasse a finire quando Mycroft Holmes faceva visita al fratello minore.


Colazione da Globe Tavern


Il salotto era nel caos più totale, come sempre. Carte, libri, giornali erano sparsi in quello che molti avrebbero definito solo disordine. Per Sherlock Holmes era ordine. Non era colpa sua se gli altri non lo capivano. Il due fratelli erano seduti uno di fronte all’altro, nelle poltrone poste davanti al camino. Mycroft indossava uno dei suoi usuali completi neri a tre pezzi, con camicia bianca e cravatta nera.
“È morto qualcuno di importante?” Lo aveva apostrofato Sherlock, vedendolo entrare in salotto alle otto del mattino.
Mycroft aveva sospirato, ignorando il commento del fratello, e si era andato a sedere nella poltrona di solito utilizzata dai clienti di Sherlock. Aveva appoggiato l’immancabile ombrello nero al bracciolo e deposto un fascicolo sul tavolino, che si trovava fra le due poltrone. Senza dire una parola. Sherlock aveva alzato un sopracciglio, in modo interrogativo.
“Qui ci sono tutte le informazioni che i miei uomini hanno trovato su John Rowling. Stanno ancora indagando. Ti porterò ulteriori notizie quanto prima. Intanto, questo potrebbe aiutarti, quando oggi vi incontrerete. Non ti ho portato il fascicolo su Sebastian Moran perché credo che persino tu sappia chi sia e quanto possa essere pericoloso,” rispose Mycroft alla domanda muta del fratello.
I lineamenti di Sherlock si indurirono. Non aveva bisogno di chiedere come facesse Mycroft a sapere che si sarebbe incontrato con John. Per quanto esitasse ad ammetterlo, Sherlock sapeva benissimo quanto fosse intelligente il fratello maggiore e come gli fosse semplice dedurre le persone. In questo, era persino più bravo di lui. Ad ogni modo, Sherlock non voleva che Mycroft si intromettesse nella sua vita, che cercasse di controllarla, che lo obbligasse a fare quello che voleva lui, a comportarsi in modo adeguato, adattandosi alle noiose e banali regole comuni. Sherlock si era sempre considerato uno spirito libero, alieno alle restrizioni imposte dalla cosiddetta società civile. In fondo, lui avrebbe voluto essere un pirata e scorrazzare per l’oceano con i capelli scompigliati dal vento e la pelle abbrustolita dal sole e dalla salsedine. Negare l’appuntamento era inutile. Avrebbe solo tediosamente prolungato la discussione e lui non aveva tempo: “Non potrai dire o fare nulla per impedirmi di incontrare John,” ribatté invece.
“Ti sembro uno che stia cercando di impedirti di fare qualcosa?” Domandò Mycroft.
La signora Hudson entrò nel salotto in quel momento: “Yoohoo. Ho pensato che gradiste un tea. Non è mai troppo tardi o presto per una buona tazza di tea.”
“Lei è sempre gentile, signora Hudson. Mi dispiace che si sia disturbata per niente. Nulla mi farebbe più felice che sorseggiare il suo tea, mangiando uno dei suoi squisiti biscotti, ma non posso proprio. Sono atteso a una riunione molto importante,” si scusò Mycroft, alzandosi e prendendo l’ombrello. Fece un sorriso al fratello e si diresse verso la porta.
“Non hai proprio nulla da dirmi?” Chiese Sherlock, interdetto e sospettoso.
Mycroft si fermò in mezzo alla stanza, come se stesse riflettendo su che cosa dire. Si voltò lentamente verso il fratello e lo fissò negli occhi, in modo serio: “Ho sempre desiderato che tu incontrassi la tua anima gemella, perché speravo che fosse una persona che si prendesse cura di te. Questo John Rowling sembra un brav’uomo. È un peccato per quel contratto. Mi auguro che ci sia un modo per annullarlo e che voi due possiate vivere insieme. Nel fascicolo ci sono anche i nomi di alcuni avvocati che potrebbero aiutarvi.”
I due fratelli si fissarono negli occhi, senza aggiungere altro. Mycroft se ne andò. Sherlock guardò la porta chiusa per qualche secondo.
“Non è poi così cattivo,” sorrise la signora Hudson, porgendo a Sherlock una tazza di tea.
“Dipende. Mai fidarsi di Mycroft. Ha sempre un proprio fine,” borbottò il giovane Holmes, ma lui stesso non era pienamente convinto delle parole che stava dicendo.
La signora Hudson lo lasciò solo. Sherlock studiò il fascicolo di John. Non conteneva nulla di straordinario. Una famiglia comune, con qualche disgrazia di troppo. John era stato un artificiere, congedato dall’esercito con onore a seguito delle ferite riportate in un agguato, in cui era caduta la sua unità. Mentre viaggiava verso Londra, era rimasto coinvolto in un incidente ferroviario. Sherlock ricordava di avere letto qualcosa sull’incidente. Erano morte alcune persone. Un ex medico militare e una vecchia signora. Una coppia in viaggio di nozze. In quel fascicolo non c’era nulla che lui non avrebbe potuto dedurre personalmente. Sherlock lo gettò sul tavolino quasi con disgusto. Congiunse le mani sotto il mento, riflettendo sulla visita del fratello. Perché Mycroft si era preso il disturbo di portargli quell’inutile fascicolo? Che cosa voleva da lui? Non gli aveva chiesto nulla. Nemmeno di stare alla larga da John. Voleva dimostrargli che John era solo un uomo comune, per cui non valesse la pena mettersi contro un uomo potente come Sebastian Moran? Non poteva essere questo. Mycroft non aveva detto nulla contro John. Voleva solo metterlo in guardia contro Moran? Sherlock sapeva che avrebbero dovuto lottare contro un serpente, non aveva bisogno che il fratello maggiore si scomodasse tanto per avvisarlo. Che Mycroft avesse voluto fargli sapere che sarebbe stato dalla sua parte e che lo avrebbe aiutato in ogni modo possibile a unirsi a John? Senza volere nulla in cambio? Mycroft? No. Non poteva essere. Mycroft non era così altruista. Nemmeno con lui. Sherlock sbuffò e si alzò di scatto. Non aveva tempo per tentare di comprendere i reconditi fini che si nascondevano dietro le azioni del suo ambiguo fratello maggiore. Era arrivato il momento di andare da John. Era giunto il tempo di incontrare il proprio futuro.


The Globe Tavern era un locale molto frequentato, sia per la sua posizione sia per la sua cucina. Si trovava in Bedale Street, nel cuore di Borough Market, e aveva un menù ricco e vario, che poteva soddisfare i gusti sia dei turisti sia dei londinesi. John e Sherlock si erano seduti in un tavolo appartato del piano superiore, posto in un angolo interno del locale, lontano da porte e vetrate, da cui entrava una strana luce bianca. Prima di sera sarebbe sicuramente nevicato, per la gioia di chiunque desiderasse un bianco Natale. Sherlock era arrivato per primo e aveva fissato la porta quasi con ansia, fino a quando una testa di capelli biondi era entrata e un paio di profondi occhi blu aveva scandagliato il locale in cerca di lui.
“Sono qui in fondo,” aveva detto Sherlock, senza aprire bocca, solo per John.
“Ti ho visto,” aveva risposto John, prontamente, dirigendosi verso di lui.
Sherlock adorava la telepatia. Era qualcosa di intimo e riservato. Nessuno poteva condividerla con loro. Avrebbero potuto raccontarsi tutto ciò che avessero voluto, senza che qualcuno potesse sentirli.
Gli occhi di John erano circondati da profonde occhiaie nere. “Stai bene?” Sussurrò Sherlock, preoccupato.
“Sì, certo. La festa è finita molto tardi. Mi sono alzato presto per cercare il contratto prematrimoniale. Ho controllato fra le mie cose e ne ho trovata una copia in un cassetto. Ne ho fatto una fotocopia, così nessuno si accorgerà che lo ho portato fuori.”
Sherlock sentiva che c’era dell’altro. Era strano percepire i pensieri e i sentimenti di un’altra persona. Lui aveva sempre fatto fatica a comprendere che cosa provasse la gente intorno a lui, ma con John era facile. Anche troppo. Sentiva tutto come se fosse lui stesso a provare quelle sensazioni: “Che cosa c’è che non va?” Domandò, prendendo i fogli che John di allungava.
La cameriera arrivò in quel momento e prese le loro ordinazioni. Sherlock l’aveva ignorata, impegnato nella lettura del contratto prematrimoniale, così John aveva ordinato una colazione inglese tradizionale per entrambi. Quando la ragazza se ne andò, John rispose con un sospiro: “Temo che non ci sia nulla da fare per evitare il matrimonio.”
“Perché? Non hai bisogno di essere mantenuto da Moran. Potremmo lavorare insieme. È da un po’ che sto pensando di cercare un socio. Tu sei un ex militare e saresti perfetto.”
“Se dovessi pensare solo a me stesso, non direi nemmeno di no. Però, ci sono anche mia madre e i miei fratellastri. Se io non sposerò Moran, loro perderanno tutto.”
“Il tuo patrigno…”
“Dopo l’incidente ferroviario ho perso la memoria e non ricordo nulla del mio passato. Non mi ci è voluto molto, però, per comprendere Trent Davemport. È un poco di buono. Lavora per Moran, certo, ma è solo un impiego di facciata, per giustificare i soldi che Sebastian gli passa per mantenere la famiglia. Se io non rispettassi la mia parola, Moran avrebbe ogni motivo per cacciarlo e la mia famiglia sarebbe sul lastrico.”
Sherlock sbatté una mano sul tavolo, facendo voltare i vicini, che fissarono i due giovani uomini con sguardo preoccupato. John sorrise rassicurante e mise una mano su una di quelle di Sherlock: “Mi dispiace molto,” mormorò, avvilito.
Sherlock prese la mano e la strinse fra le sue: “Non è colpa tua. Quell’uomo sta approfittando del tuo buon cuore. È con lui che sono arrabbiato, non con te. Per quanto i miei rapporti con la mia famiglia non siano molto convenzionali, capisco che tu sia preoccupato per la tua e che voglia prenderti cura di tua madre e dei tuoi fratelli. Solo… avevo fatto tanti piani per il nostro futuro… non mi sembra giusto doverci rinunciare perché il tuo patrigno è un bastardo egoista.”
“Non dobbiamo rinunciare per tutta la vita. I gemelli fra qualche anno saranno maggiorenni e potranno mantenersi da soli. A quel punto, io potrò divorziare da Moran e venire da te. Dovremo solo avere pazienza. Inoltre… se davvero vuoi che lavoriamo insieme, potremmo farlo da subito. Nel contratto non c’è nessuna clausola che mi impedisca di lavorare con qualcuno. Anche se Moran capisse che siamo anime gemelle, non cambierebbe nulla, fino a quando io starò sposato con lui e non lo tradirò.”
Sherlock allontanò lo sguardo da John. Non voleva dividerlo con nessuno. Lui voleva averlo tutto per sé. Da subito. Senza attendere anni. Era la sua anima gemella! Aveva il diritto di trascorrere ogni secondo con lui. E di amarlo, se questo era il loro destino. John mise due dita sotto il mento di Sherlock, costringendolo dolcemente a guardarlo in viso: “Anche a me farebbe molto piacere trascorrere ogni secondo della mia vita con te, correndo dietro a ladri e assassini per le strade di Londra. Sono sicuro che ci divertiremmo moltissimo. E sarà così. Solo che dovremo avere pazienza,” sorrise.
“La pazienza non è esattamente la migliore delle mie virtù,” sbuffò Sherlock.
“Chissà perché, ma lo avevo sospettato!” Ridacchiò John.
Un urlo improvviso interruppe la loro conversazione. Entrambi si girarono di scatto e videro una donna in piedi accanto al marito, che non riusciva a respirare. La donna chiamava disperata il nome del marito. Senza pensarci, John si alzò di scatto e si diresse verso la coppia: “Che cosa è successo?” Domandò, prendendo il volto dell’uomo fra le mani.
“Stava mangiando del pollo, quando ha iniziato a tossire convulsamente,” rispose la donna.
John visitò rapidamente l’uomo: “Ha qualcosa che ostruisce le vie respiratorie. State indietro. Ho bisogno di spazio,” ordinò, alzandolo di peso e posizionandolo con la schiena contro il proprio petto. Strinse le mani a pugno in una morsa ferrea, circondando il corpo dell’uomo. Con un paio di colpi secchi sotto lo sterno, John gli liberò le vie respiratorie. Provato, ma capace di respirare in modo autonomo, l’uomo si accasciò fra le braccia di John, che lo aiutò a sdraiarsi sul pavimento, mettendolo su un fianco.
Un cameriere si avvicinò, solerte: “Sta arrivando l’ambulanza,” informò.
“Perfetto. Dovrebbe essere tutto passato, ma è il caso che si faccia visitare in pronto soccorso. Il pezzo che ha ostruito la gola potrebbe avere fatto qualche danno,” disse John alla donna.
“Grazie. Grazie dottore. Non so che cosa avremmo fatto, se non ci fosse stato lei,” lo ringraziò la donna.
John sorrise, imbarazzato. Non riuscì a spiegare che non fosse un medico, perché gli infermieri entrarono nel locale e si presero cura dell’uomo che era stato male.


Sherlock aveva osservato la scena attentamente. John si era comportato in modo sicuro e deciso, come se non avesse fatto altro nella propria vita che curare le persone. La manovra di Heimlich era insegnata in molti corsi di primo soccorso, ma la gente comune era restia a eseguirla e non così precisa e diretta nell’individuare il punto esatto su cui fare pressione. John, invece, non aveva avuto esitazioni. Aveva dato pochi ordini diretti e secchi, cui tutti si erano prontamente attenuti. Non c’era da meravigliarsi che quella donna lo avesse scambiato per un medico. Se non avesse saputo che era un artificiere, vedendolo in azione, Sherlock stesso avrebbe pensato che John fosse un dottore. Persino il modo in cui aveva dato gli ordini, faceva supporre che nell’esercito avesse avuto un grado più alto di sergente.
Qualcosa non quadrava. C’erano tante cose che facevano supporre che John potesse non essere chi gli avevano raccontato che fosse. Doveva indagare. Scoprire qualcosa di più sulla propria anima gemella. Risolvere il mistero che avvolgeva John Rowling poteva essere la strada che li avrebbe portati a trascorrere la loro vita insieme.



Angolo dell’autrice

C’è qualcuno che condivide i sospetti di Sherlock? C’è qualcuno che pensa che John non sia chi gli hanno detto di essere? Direi proprio tutti.

Grazie a chi stia leggendo la storia. Grazie a 1234ok e a CreepyDoll per il commento allo scorso capitolo.

The Globe Tavern è un locale che esiste veramente a Londra. Google aiuta sempre tantissimo, in questo tipo di ricerche.

A domani.

Ciao!




   
 
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