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Autore: Altair13Sirio    29/06/2018    3 recensioni
Salta a bordo di un'avventura totalmente disorganizzata con Giuseppe, Angelo e Francesca, alla ricerca di qualche giorno di divertimento, un po' di svago e distrazione dagli esami incombenti e, soprattutto, ricordi da portare sempre con sé piacevolmente nel cuore!
Due giorni da vivere appieno nella Città Eterna, raccontati in un resoconto ironico e dai toni allegri che cercherà di strapparti un sorriso e darti qualche emozione in più! Un diario di viaggio che cercherà di raccontare tutti i particolari di questa avventura, fino al suo epilogo dove i tre impavidi viaggiatori torneranno nelle loro case con nuovi ricordi da custodire per sempre.
Che cosa aspetti allora? Entra subito a scoprire quali avventure vivranno i protagonisti di "Cronaca di un viaggio improvvisato!"
Genere: Avventura, Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DOMENICA 28 MAGGIO
04:58

CAPITOLO 6: RITORNO A CASA

Dopo aver mangiato qualcosa in un bar, cambiato qualche bus e presi due taxi, io, Angelo e Francesca siamo tornati al nostro appartamento…
 

10:00

Orario di una sveglia sofferta. Tecnicamente questo sarebbe l’orario del check-out, ma tutti e tre non dovremmo metterci molto a prepararci a uscire, anche se sembriamo dei cadaveri…
 

12:00

Mentre nel bar va in onda il TG, io e Francesca aspettiamo l’uscita di Angelo, che è andato a prendere una pizza per Kekka.

Abbiamo fatto “colazione” solo ora, dopo aver raggiunto la stazione di Trastevere. Da qui prenderemo un treno per Tiburtina; da lì partirà l’autobus che ci riporterà a casa. La vera casa.
 

12:20

Non c’è molta gente ad attendere il treno qui. Abbiamo rischiato di perderlo, per poi scoprire che era in ritardo. Ora ne aspettiamo un altro che arriva un po’ più in anticipo: eccolo!
 

12:28

Eccomi sul treno, in fondo all’ultima carrozza; non vale nemmeno la pena di sedersi. Angelo è con me, in piedi davanti a uno degli sportelli con la sua valigia e quella di Francesca sotto gli occhi mentre io mi tengo la mia in mezzo alle gambe, come un pinguino che cova l’uovo.

Altre due fermate per arrivare a Tiburtina e un’attesa di un’ora e mezza prima di partire… Spero vivamente che ci siano posti all’ombra.

Francesca è seduta a pochi metri da noi, ascolta la musica negli auricolari e guarda fuori dal finestrino, gli occhiali da sole addosso come se fossero parte integrante di lei; sembra non rimanere mai a corto di energie…

Ultima fermata! Ora mi fermo anche io, perché appena scesi dovremo girare un po’ alla ricerca della fermata dell’autobus.
 

13:05

Stazione di Roma Tiburtina, Angelo e Francesca stanno mangiando mentre io scrivo. Ho trovato finalmente un temperamatite, ciò significa che non dovrò più scorticare il legno della matita attorno alla mina per poter continuare a scrivere; mina che, a furia di scrivere, ha preso la forma di una sferetta di acciaio, levigata e scintillante.

Tra un po’ mangerò anche io e, appena avrò un attimo di calma, racconterò come si è svolto il nostro – traumatico – risveglio questa mattina; non è particolarmente rilevante, mi va di raccontarlo e basta.
 

13:20

Ci sono due piccioni che si arruffano le piume uno accanto all’altro.

Si fanno belli.
 

13:44

Appena saliti sull’autobus; l’aria condizionata è come una manna dal cielo, con il caldo che fa fuori.

Non appena mi sono seduto, ho deciso di levarmi la fascia per capelli dalla fronte – con mio grande sollievo – e ravvivandomi la chioma l’ho sentita secca e crespa: ecco cosa succede a lavarsi i capelli con il bagnoschiuma!

La disposizione dei posti sull’autobus questa volta è leggermente diversa dal viaggio di andata: adesso io siedo al penultimo posto, accanto alla finestra e con le bocchette che mi sparano aria fresca addosso, mentre Angelo e Francesca stanno in fondo, divisi da un paio di posti per avere più spazio. Stiamo in silenzio; loro guardano i cellulari e poi Francesca chiede ad Angelo come fare per abbassare lo schienale del sedile ma, non riuscendoci, convengono che per dormire comodi bisognerà stendersi in orizzontalmente.

Sull’autobus sale un ragazzo dalla pelle nera come il carbone; ma non è il colore della sua pelle a incuriosirmi, bensì il cappellino che porta in testa, decorato con motivi geometrici e con un pon-pon di sopra. Spero per lui che non sia pesante come sembra…
 

13:59

Partiti! L’autobus scorre lungo la strada rimbalzando goffamente rendendo spesso difficile la scrittura; questa volta però ho deciso di fare uso del poggiapiedi del sedile per poter sfruttare meglio il piano delle mie ginocchia senza dover accavallare le gambe.

Ciao Roma! E’ stata una bella esperienza, anche se faticosa.
 

14:06

Un uomo passa tra i sedili e mi offre una mini bottiglietta d’acqua, poi torna e si mette a distribuire taralli. Grazie, anche se avevo già entrambi…

Bevo dalla mia acqua, ancora abbastanza fresca, e ripenso all’appartamento dove l’ho presa… In questi giorni ho bevuto solo acqua di lavandino, fresca e a portata di mano – tanto non può essere peggio dell’acqua di Vibo…

Questa mattina l’appartamento sembrava un girone infernale; io camminavo a stenti dopo essere sceso dal letto grazie alla sveglia di Angelo. Sono stato il primo a svegliarmi e sono andato in bagno… Dopo un po’ di tempo abbiamo cominciato a muoverci, ancora parecchio intontiti dalla nottata insonne; è strano come, sia io che Angelo, fossimo più confusi e stanchi oggi rispetto a ieri mattina, quando siamo tornati a casa brilli – brilli, non ubriachi – e reduci da una lunga camminata per il centro di Roma…

Io ho provato il caffè preparato la mattina prima, rimasto sulla cucina per tutto il giorno; era freddo, ma comunque apprezzabile…

Ho passato un abbondante quarto d’ora a cercare di chiudere la valigia, che con i nuovi acquisti di ieri e la mia pessima organizzazione dello spazio era diventata un bombolone strabordante di crema – ma che razza di metafora è? Spero che non esploda durante il viaggio…

All’arrivo della proprietaria eravamo pronti per un pelo! Abbiamo chiacchierato amabilmente e ci ha chiesto cosa avessimo fatto in questi giorni… Dopo i saluti le abbiamo lasciato le chiavi e ce ne siamo andati, consapevoli di averle lasciato un mucchio di lavoro da fare per rimettere in ordine l’appartamento – povera signora Marzia!

Perlomeno siamo riusciti a buttare i cartoni delle pizze di due sere fa, giusto per non sembrare dei “lordazzi”. Ovviamente il presentimento di aver dimenticato qualcosa è onnipresente…
 

15:26

Passando accanto a dei colli ripidi e dal colore giallino, poco popolati in quanto a vegetazione, non posso fare a meno di soffermarmi sulle nuvole che, a macchie, portano ombra a queste terre facendole somigliare alla schiena di un dalmata. Non sono bravo con le proporzioni, ma potrebbero essere al massimo seicento metri di altezza… Per qualche motivo sento che non farei alcuna fatica a scalarli…

Francesca alle mie spalle riposa distesa lungo i suoi sedili, mentre Angelo dall’altro lato ascolta la musica con la testa reclinata da un lato e lo sguardo basso. Tutti ascoltiamo la musica, anche io che scrivo; la musica è quella compagna di vita che ti resterà sempre accanto e troverà sempre un modo per farti stare meglio anche nei momenti più bui… Anche se la si dovesse abbandonare, lei non abbandonerà mai noi e un giorno tornerà prepotentemente con il suo carico di emozioni che ci faranno piangere il cuore.

Ho provato una cosa del genere quando, dopo tanto tempo, ripresi a suonare quella chitarra che ai tempi delle medie mi dava tante emozioni, tante soddisfazioni… Anche qualche figuraccia! Ma ci sono poche cose che nella vita riusciranno a farmi sentire così libero e felice.
 

16:57

Vedo una grande croce bianca in cima a una montagna alla mia sinistra. Questa sarebbe più difficile da scalare, ma non posso fare a meno di chiedermi come ci si senta da lassù…
 

17:20

Sulla destra dell’autobus è comparso un enorme monte dalla forma eloquentemente familiare; non vorrei dire idiozie, ma credo di essere al cospetto del grande Vesuvio. Un cartello mi dà la conferma delle mie supposizioni: Salerno più avanti e l’uscita di Sarno sulla destra. Tuttavia sono incredibilmente pessimo a orientarmi e la geografia mi dà non pochi problemi, quando approfondita nei particolari.

Vedo una bandiera tricolore sventolare fiera su di un tetto e penso alla doppietta ottenuta dalla Ferrari nel Gran Premio del Principato di Monaco, poche ore fa… Chissà se anche io potrò sventolare la mia bandiera dal terrazzo di casa, quest’anno…

Angelo e Francesca sono entrambi svegli, io invece non sono riuscito a dormire. La giornata è ancora lunga…
 

17:34

Adocchio il cappellino del ragazzo della partenza, seduto a sei posti più avanti di me, e comincio a pensare…

Penso e rammento tutte le persone che abbiamo incontrato nel nostro viaggio: il tipo dal sonno pesante e le mille suonerie al telefono, la signora Marzia e la sua simpatia, che ci ha permesso di lasciare i bagagli a casa sua nell’attesa di prendere possesso dell’abitazione; il nostro primo tassista, che prima di essere avvicinato da noi stava lavando il suo taxi ed è stato il primo a scambiarci per siciliani, il ragazzo delle bici, che per poco non mi noleggiava una bicicletta rosa e che, tristemente, sembrava essere sul punto di chiudere la sua attività, e un venditore ambulante che è riuscito ad affibbiarmi un suo braccialetto colorato con troppa facilità.

Il barista del “Nyji” che ha conquistato l’ammirazione di Angelo con la sua maestria e i suoi cocktail; Pino e Martino, che pur non avendoci dato le indicazioni esatte per raggiungere la Fontana di Trevi, sono stati una compagnia piacevole, anche se Francesca è stata veramente destabilizzata dalle loro affermazioni…

La ragazza silenziosa del treno, con il suo zainetto rosso e il suo quaderno, che non ho rivisto e non rivedrò mai più… Una guardia all’entrata dell’Università della Sapienza; tipo gioviale e simpatico che è riuscito a conquistare Francesca e che, molto probabilmente, la rivedrà un giorno come studentessa. Un uomo ubriaco che ieri sera è salito sul nostro autobus esordendo con un bel << Vaffanculo!!! >> Anche troppo entusiasta… Assieme a lui, anche i due sconosciuti che hanno cercato di calmarlo in due modi molto diversi: il primo lo ha afferrato – gesto che ha provocato l’istintiva caduta dell’ubriaco, forse per paura o dovuta al suo poco equilibrio sull’autobus – mentre il secondo lo ho guardato dritto negli occhi e gli ha continuato a sussurrare parole rassicuranti. << Perché tu sei bravo… >> Gli diceva…

I fan sfegatati di Emma Marrone, che con i loro cori improvvisati e scombussolati sono riusciti a strapparci qualche sorriso nonostante la stanchezza, e la ragazza solitaria con il fiore e la borsa rossa. Il cameriere che ci ha spiegato come arrivare alla Sapienza – in un modo tutto suo – e il tipo dell’acqua e dei taralli, che poco fa è venuto a chiederci se l’aria condizionata funzionasse.

Tutte queste persone sono rimaste in un angolino del mio cuore e, anche se un giorno le dimenticherò, gli rimarrò sempre riconoscente per quello – quel poco – che mi hanno dato in questo viaggio.
 

17:56

Ci siamo fermati una ventina di minuti a una stazione di servizio, esattamente la stessa dove abbiamo incontrato l’autobus di Reggio Calabria; scendiamo e compriamo qualcosa da mangiare: Angelo e Francesca prendono qualcosa di salato mentre io mi oriento sul dolce.

Parliamo: l’argomento sono i libri. Angelo dice di odiare la lettura, ma si è appassionato a un libro che sta leggendo in questi giorni. Anche Francesca parla di un libro che l’ha appassionata molto e che ci consiglia di leggere.

Io, invece, i libri preferisco scriverli…

Intanto ho scoperto che il ragazzo del cappellino col pon-pon è in realtà un uomo che avrà almeno una cinquantina d’anni…
 

19:39

Un improvviso colpo di sonno mi butta in stato catatonico e io non muovo un muscolo fino a che non mi rendo conto di essere letteralmente svenuto. Siamo a Cosenza, a circa un’ora dalla nostra destinazione.

Alle mie spalle sento sgranocchiare: non è Angelo, come ci si aspetterebbe conoscendo la sua insaziabile fame, ma Francesca, probabilmente alle prese con le patatine che prima non ha finito…

Ci fermiamo mentre il disco solare continua a scendere verso la terra e la sua aura dorata si riflette sulle finestre di alcuni palazzi; tra questi ne spunta uno in particolare con i balconi di vetro di colore diverso per ogni piano. Prima i colori venivano esaltati da quella luce dorata, ma ora già è sparita, in parte coperta da una nuvola e in parte perché scesa ancora di più.

Dall’autobus scendono alcune persone e poi ripartiamo: addio, compagni di viaggio anonimi; non rivedrò più nemmeno voi.

Francesca ora si stiracchia e distende le gambe fino a poggiare i talloni sul bordo di un sedile davanti mentre Angelo legge ancora il libro di cui ci parlava, sul telefono; accidenti Lino, ti piace davvero quel libro!
 

19:54

In fondo a una valle piena di alberi e vegetazione, in mezzo ai quali passano diverse stradine sterrate che collegano alcuni piccoli fabbricati, se ne sta solitaria una casa di pietra di un paio di piani di altezza; ha un aspetto antico, probabilmente sarà abbandonata da tempo. Che tristezza… Avrebbe potuto essere la casa di un contadino in passato, oppure una stalla, o magari qualcosa di meno modesto come una villetta… Ma adesso è solo un “rudere” per i più, indipendentemente dalla sua storia.
 

20:20

In mezzo a due montagne spunta il mare. Il mio mare! L’orizzonte è indistinguibile dati i colori tenui del cielo, tinto ancora di un dolce rosa pesca, ma una sagoma sfocata viene in mio aiuto e tutto diventa più chiaro e familiare: è lo Stromboli, che per tutta la mia vita mi ha osservato dall'orizzonte e che adesso mi saluta con una delle sue solite nuvolette di fumo. Davanti a noi si vede bene l’altro lato del golfo, con le luci delle città che cominciano ad accendersi per contrastare l’oscurità della notte.

Ci siamo quasi…
 

20:38

Fermata a Lamezia Terme, la prossima sarà l’ultima… Guarda caso, la canzone che era partita proprio ora è “Torno Subito”.
 

20:49

Francesca canta sottovoce e Angelo, che ha finito di leggere, balla con la parte superiore del corpo ruotando il busto e facendo scivolare ritmicamente le braccia davanti a sé.

Ormai è buio, ho bisogno della luce per scrivere, ma il viaggio è anche quasi finito…
 

21:00

Adesso il cielo è grigio con qualche macchia arancione all’orizzonte sopra a una grossa nube nera che nasconde l’orizzonte. Vedo il porto di Vibo Marina da qui, le luci della città si irradiano tutte insieme verso il cielo.

Usciamo dall’autostrada; “casa” è là!

   
 
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