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Autore: x_X_Rapunzel    29/06/2018    2 recensioni
[Ispirato a "Suicide Squad"] La storia di come l'ingenua dottoressa Harleen Quinzel diventò la famigerata Harley Quinn.
***
Harleen guardò la pistola per un secondo e poi alzò lo sguardo, incontrando gli occhi azzurri del Joker.
«Sparami, fallo.» disse, nel suo tono non c’era paura solo disperazione «Non voglio vivere senza di te.»
Il clown alzò gli occhi al cielo, infastidito da tutta questa sua devozione per lui. “Stupida ragazzina!” pensò “Mi stai mettendo i bastoni tra le ruote!”. Avrebbe potuto spararle un colpo, dritto alla testa, e se la sarebbe levata di torno per sempre. Ma lei non aveva paura di morire, no. E che gusto c’era nell’uccidere se la tua vittima non ha paura? Dove sta il divertimento?
«Attenta a quello che dici.» l’avvertì
«Sono disposta a morire per te, perché non lo capisci!» urlò Harleen esasperata «Farei qualsiasi cosa per restare al tuo fianco»
Quelle parole risuonarono nella mente del Joker. “Farei qualsiasi cosa per restare al tuo fianco”. Era veramente disposta a tutto per lui? L’avrebbe scoperto, allora. E forse sarebbe anche riuscito a togliersela dai piedi nel frattempo. “La tua assoluta devozione sarà la tua rovina, Harleen Quinzel.”
Genere: Angst, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Harley Quinn aka Harleen Quinzel, Joker aka Jack Napier
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Method to the Madness


 
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Harleen sospirò profondamente, chiudendo la porta di casa alle spalle. 
Finalmente, dopo un’estenuante giornata di lavoro, era nel suo appartamento.
Dopo essersi tolta il cappotto dalle spalle ed averlo appeso, iniziò a dirigersi verso il soggiorno.
La stanza era buia, l’unica fonte di luce proveniva dalla grande finestra a lato della stanza.
La ragazza si avvicinò ed iniziò ad ammirare il paesaggio davanti ai suoi occhi.
La luna bianca illuminava la città e le strade di Gotham.
Le luci dei lampioni sulla strada, quelle delle case e dei grandi grattacieli e le scie di luce che le automobili lasciavano dietro di sé scorrendo velocemente tra le strade, lasciavano Harleen senza fiato ogni volta.
Gotham City era una città grigia, malinconica e dannata ma di notte sapeva trasformarsi e diventare uno spettacolo di luci e colori.
Ma mai sottovalutarla.
Era una città tanto affascinante di notte, quanto pericolosa.
La gente veniva uccisa ogni giorno, ad ogni ora.
Era un buco infernale, un posto selvaggio e mortale.
Una città abituata a stare da sola.
Qui, come sapevano tutti coloro che ci vivevano, la sicurezza non era un' opzione

Harleen si decise finalmente ad accendere l’interruttore della luce e, quando la stanza fu completamente illuminata, quasi le venne un attacco di cuore.
Sul tavolo da pranzo del soggiorno era appoggiata una rosa rossa e una carta da gioco.
Con molta cautela, la ragazza si avvicinò e prese la carta in mano: raffigurava un jolly.
Sul retro c’era una scritta.
Fai sogni d’oro, Harleen” E sul lato destro della carta, la sua firma, una J.
Un brivido le corse lungo la schiena.
Come avevano fatto la rosa e la carta a finire lì? Chi le aveva portate, intrufolandosi nel suo appartamento?

«C’è qualcuno?» chiese timidamente, guardandosi intorno. L’unica risposta che ricevette, però, fu l’eco della sua voce che risuonava nell’appartamento vuoto.

Forse era stato il Joker, pensò Harleen ma poi scosse la testa.
No, non avrebbe senso.
Sapeva che non avrebbe avuto nessun problema a scappare di nuovo ma ora era in cella di isolamento, controllato a vista da guardie armate ventiquattro ore al giorno.

Ci doveva essere qualcun altro: Harleen ne era sicura.
Qualcuno molto vicino al Joker, che lavorava per lui, una sorta di braccio destro. La ragazza posò la carta sul tavolo ed annusò la rosa. Aveva un buon odore, quasi intossicante.

Come Mr. J...” pensò ridacchiando.
Avrebbe trovato chi aveva portato il regalo di Mr. J nel suo appartamento, era determinata a scoprire chi fosse e niente l’avrebbe fermata.


 
***


La mattina seguente Harleen uscì dal suo ufficio per dirigersi nei sotterranei dell’Asylum, dove il Joker era tenuto sottochiave.
Dopo gli avvenimenti del giorno precedente, finalmente l’avrebbe rivisto e questa volta sarebbe stata attenta a non portare a galla qualcosa che avrebbe potuto farlo irritare di nuovo.
L’aveva risparmiata e lei non voleva certo rischiare di rimetterci la pelle ancora.
Arrivata alla porta blindata della cella, Harleen sorrise cordialmente alle guardie e mostrò il suo ID come era solita fare all’inizio di ogni seduta con un paziente.
Un rumore proveniente dal buio corridoio alla sua destra attirò la sua attenzione e la fece voltare.

Un uomo moro, alto e muscoloso era intento a lavare il pavimento del corridoio.
Harleen corrugò la fronte: non l’aveva mai visto prima e lei conosceva praticamente qualsiasi persona lavorasse ad Arkham. Probabilmente era un nuovo inserviente, appena assunto.
Ma c’era qualcosa di talmente “insolito” in lui, pensò Harleen.
Forse perché non era il classico inserviente che le capitava di vedere di solito ad Arkham, qualcosa di lui non la convinceva affatto.

«Dottoressa Quinzel, si sente bene?» le chiese una guardia, riportandola alla realtà.
«S-sì, mi scusi» balbettò la ragazza, scuotendo la testa e rivolgendogli uno dei suoi migliori falsi sorrisi.
La guardia annuì e procedette ad aprire la porta per la dottoressa. Prima di entrare, Harleen rivolse ancora una veloce occhiata all’inserviente che ora era di spalle e poi si girò, addentrandosi nella buia e fredda cella del clown.

«Dottoressa…» la voce del clown era alta, come quella di un bambino «La stavo aspettando. Ha ricevuto il mio regalo?»
Harleen lo guardò «Sì, l’ho ricevuto e-»

«L’è piaciuto?» la interruppe il clown, sporgendosi sopra al tavolo e verso di lei. Le sue griglie di metallo risplendevano nel buio della cella.

La ragazza annuì «Certamente, ma vorrei sapere come ha fatto ad arrivare proprio nel mio appartamento…»

«Uh…» Il Joker si rilassò sulla sedia, la schiena contro il sedile «Un mago non rivela mai i suoi trucchi, Harleen, questo lo dovresti sapere…»

«E lei, Mr. J, dovrebbe essere al corrente che irrompere a casa di qualcuno è illegale.» la ragazza sospirò «Magari anche le guardie sarebbero interessate a sapere del regalo che mi ha fatto.»

Il clown rise, tirando la testa indietro «Molto divertente, dottoressa…ma se avessi voluto informare quei due scimmioni là fuori, l’avresti già fatto. Non è forse così?»

Aveva ragione” pensò Harleen.
Se avesse voluto chiedere aiuto a qualcuno, o semplicemente informare il personale dell’Arkham Asylum del regalo che le aveva fatto il Joker e quindi di una sua possibile fuga dal manicomio, avrebbe potuto farlo senza alcun problema.
Le avrebbero creduto certamente. Perché allora non ne aveva parlato con nessuno?
Semplice, Harleen non avrebbe mai tradito il Joker. Mai e poi mai. Lo amava troppo per fargli questo.

«Hai ragione!» esclamò la ragazza, ridendo assieme al clown.
Che idiozia.
Come aveva fatto solamente a pensare, anche solo per un secondo, di fare una cosa del genere al suo Mr. J?

«Ah, Harleen!» disse il clown con il fiato corto per le risa «Adoro una ragazza con il senso dell’umorismo!»

Iniziarono a ridere assieme di nuovo finché non ne ebbero abbastanza e, poco a poco, il silenzio invase nuovamente la cella. Il Joker era tornato serio improvvisamente, il sorriso rosso che indossava sempre non c’era più.
I suoi occhi chiari ora fissavano Harleen che lo guardava in attesa di una sua qualsiasi mossa.

«Ho una piccolissima richiesta da farle…» la voce del Joker era bassa, aveva assunto un tono quasi pericolosa «Vorrei che facesse qualcosa per me, dottoressa»

«Qualsias- cioè, sì» s’affrettò a rispondere la ragazza, spostando una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio.

«Voglio un mitragliatore.» le parole uscirono dalla sua bocca velocemente ed Harleen sgranò gli occhi.
Aveva sentito bene?

«Un mitragliatore?» chiese la ragazza incredula «E come diavolo me ne procuro uno?»

Il Joker rise «Oh, non ti devi affatto preoccupare di questo Harleen. Del lavoro sporco me ne occupo io, tu devi solo fare da tramite.»

La dottoressa scosse la testa «Fare da tramite?» ripeté

«Devi portare il mitragliatore qui, ad Arkham. Sono stato chiaro?» lo sguardo del clown era fisso su di lei, i suoi occhi di ghiaccio la scrutavano con attenzione per vedere la sua reazione.
In quel momento ad Harleen il criminale sembrava ancora più pazzo di quanto non lo fosse già stato.

«Non sono sicura di poterlo fare, Mr. J…» mormorò la ragazza guardando in basso «E se mi scoprissero? Rischierei di perdere il lavoro…»

Oh, il lavoro sarà l’ultima cosa di cui ti vorrai preoccupare dopo che avrò finito con te” pensò il clown.
Non avrebbe lasciato mai e poi mai che quella ragazzina gli mettesse i bastoni tra le ruote. Questa era l’ultima possibilità che gli era rimasta per evadere da Arkham e non sarebbe stata certo l’ingenua dottoressa Quinzel a rovinargliela.
No!” pensò “Ora non è proprio il momento di tirarti indietro, ragazzina”.

«Oh, no…no no no…» ringhiò il Joker «Non ci pensare neanche Harleen, ci sei dentro quanto me ora. Devi farlo. Per me
Harleen aprii la bocca per rispondere, ma poi la richiuse immediatamente. Non aveva idea di cosa dire. Stava esitando.
Per Mr. J avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche lanciarsi sotto un treno in corsa, ma questo…questo avrebbe potuto costarle la carriera che tanto duramente aveva conquistato, con anni e anni di duro lavoro.
Una parte di lei voleva digli di sì, che subito avrebbe obbedito ad ogni suo ordine…ma l’altra, le diceva solo “Vacci piano, stai giocando con il fuoco Harleen. E potresti rimanere bruciata.”

«Coraggio, Harleen! Non mi dirai mica che te la stai facendo sotto, vero? Perché se così fosse sarebbe una vera delusione…» continuò il Joker.

Harleen alzò lo sguardo verso di lui «No, non ho paura» disse solo

«Bene, perfetto…allora che ne dici? Mi ascolterai e farai la brava bambina, hm?»

In quel momento, tutti i suoi dubbi svanirono.
Era incredibile come qualche parolina dolce l’avesse incantata in quel modo. Harleen aveva capito che avrebbe fatto di tutto per il suo Mr. J, anche rischiare grosso. E dopo la sua fuga, l’avrebbe portata con sé e lei avrebbe detto addio alla sua vecchia e noiosa vita, così monotona, così triste e vuota.

«Sì…» sospirò la ragazza senza smettere di guardarlo.

«Bravissima, dolcezza» mormorò il clown, avvicinandosi a lei cautamente «Ascoltami bene: nella tasca della mia uniforme c’è un biglietto. Su quel biglietto c’è l’indirizzo al quale, tu, stasera, ti dovrai recare per prendere quello che mi serve.»

Harleen annuì ed infilò la mano nella tasca dei pantaloni dell’uniforme del clown, estraendo il biglietto di carta.
Lesse velocemente l’indirizzo e poi se l’infilò nella tasca del camice con molta attenzione.
«Quando sarai lì…» continuò il Joker «Troverai qualcuno che ti aspetta, Harleen. Lui ti spiegherà tutto il resto che c’è da sapere…»

«Sì, Mr. J» disse la ragazza «M-mi prometti che…che ci rivedremo, quando tutto questo sarà finito? Non mi abbandonerai, vero?»

Il Joker rise di nuovo. “Oh, piccola stupida!” pensò “Sei tanto bella quanto ingenua, così fastidiosamente devota a me…”. Ma questo non gliel’avrebbe detto, almeno per ora. Aveva bisogna della sua assoluta fiducia e collaborazione per portare a termine il suo piano. Lei era la pedina fondamentale che avrebbe determinato l’esito del gioco.
Non poteva sbagliare. Non dopo tutto il suo duro lavoro, non dopo tutto quello che aveva fatto per arrivare a questo preciso momento.

Le sorrise. Uno di quegli ampi sorrisi inquietanti che facevano gelare il sangue a chiunque lo vedesse.
«Te lo prometto.» rispose quasi meccanicamente, senza emozione.
Ma ad Harleen questo bastò e gli rivolse un sorriso di ritorno.
L’unica cosa che le importava sapere era che il suo Mr. J sarebbe restato al suo fianco per tutta la durata del suo piano, e anche oltre. Sarebbe fuggita da quella vita ordinaria che tanto odiava e che ora stava iniziando a starle stretta, con lui.

Sì, lui l’avrebbe salvata da un’esistenza monotona e noiosa. Insieme avrebbero riso del mondo intero, guardandolo bruciare sotto i loro occhi.
Con lui, finalmente avrebbe potuto essere sé stessa, libera e spericolata.

Dopo aver detto “addio” al Joker (un addio solo momentaneo perché presto l’avrebbe rivisto), Harleen uscì dalla cella.
E, non appena varcò la soglia, si rese conto che quella appena terminata, molto probabilmente, sarebbe stata la sua ultima sessione con il Joker.
Per sempre.
Non sarebbe più stata la sua psichiatra.

Non appena svoltò l’angolo, i suoi occhi blu si posarono sull’uomo che aveva visto prima di entrare nella cella del clown.
La stava guardando insistentemente e Harleen si chiedeva che diavolo volesse da lei.
Chi era veramente quell’uomo? Qualcosa nel suo istinto le suggeriva che non aveva nulla a che fare con l’Asylum e la gente che ci lavorava.

«Dottoressa Quinzel» la salutò l’uomo non appena Harleen gli passò accanto, intenta a ritornarsene nel suo ufficio. La ragazza gli rivolse un veloce cenno con il capo, prima di accelerare il passo verso la sua destinazione.
Come diavolo faceva a sapere il suo nome?


 
***


Alle otto di sera Harleen era all’indirizzo contenuto nel biglietto che le aveva dato il Joker.
Era ansiosa, incerta.
Si guardava intorno alla ricerca di qualcuno o qualcosa che le desse anche un minimo indizio di dove potesse essere la persona che stava cercando.
L’indirizzo era a pochi isolati dal suo appartamento e la cosa non le era sembrata affatto casuale.
Sbuffando, la ragazza si appoggiò sulla portiera della sua auto bianca ed iniziò a contemplare il cielo scuro e nuvoloso che sovrastava Gotham.

Il rumore della chiusura di una portiera le fece distogliere lo sguardo dal cielo e, con un sussulto, la ragazza si allontanò istintivamente dalla portiera su cui prima poggiava.
Da una grossa auto nera, pochi metri più avanti, uscì un uomo vestito elegante, alto e muscoloso. Harleen lo osservò per un istante e subito lo riconobbe: era l’inserviente che aveva visto questa mattina ad Arkham.
Era lui quel "qualcuno" di cui parlava Mr. J?” si chiese.

«Dottoressa Quinzel, buona sera» la salutò l’uomo quando fu a pochi passi da lei. Ora tutto aveva un senso.

«Buona sera…» rispose Harleen incerta, guardandosi intorno «È lei il collaboratore del…Joker?»

L’uomo le sorrise «Sì, sono Jonny Frost. Piacere di conoscerla.» Harleen ricambiò la stretta di mano anche se era ancora incerta, a Gotham non ci si può fidare di nessuno.

«Cos’è quella valigia?» chiese, notando la grossa valigia in metallo che l’uomo teneva nella mano sinistra.

«Questo, dottoressa, è il mitragliatore che le ha richiesto il Joker. Quello che ci servirà per il colpo di domani.» rispose l’uomo.

Domani?” pensò Harleen “È troppo presto

«E cosa dovrei farci io con quello? Non ho idea di come usarlo…» rispose la ragazza allarmata. Jonny le rivolse un sorrisetto, prima di aprire la portiera della sua auto e infilare la valigia sul sedile posteriore.

«Non è per lei…» disse «L’unica cosa che deve fare, dottoressa Quinzel, è assicurarsi che la valigia con il mitragliatore dentro arrivi sana e salva all’Arkham Asylum domani mattina, chiaro?»

Harleen annuii anche se ancora un po’ confusa. «Non capisco perché devo portarla io…»

«Lei è una dottoressa, lavora là da un po’ di tempo ormai e per lei e tutti i suoi colleghi non ci sono controlli all’esterno.» rispose «Ma io sono un semplice inserviente, mi controllano ogni giorno per assicurarsi che non porti nulla in quel manicomio. Di lei si fidano, di me no

Questo era vero. I controlli erano calati molto negl’ultimi anni, come le aveva riferito la dottoressa Leland. Gli unici sottoposti a controlli prima di entrare nell’edificio erano inservienti e parte dello Staff di Arkham di cui nessuno si fidava.
«D’accordo.» sospirò Harleen «Questo è tutto?»

«Dovrà lasciare la valigia nel corridoio vicino alla cella del Joker, domani mattina quando ancora non ci sono le guardie. Io sarò lì ad aspettarla. Da quel momento in poi, avrà terminato il suo compito e  sarà libera di andare.»

«Okay» sussurrò Harleen, aprendo la portiera dell’auto e salendo al suo interno.

«Buona fortuna, dottoressa.» le rispose Jonny Frost prima di salutarla e sparire dalla sua vista così come era arrivato.

«Ne avrò bisogno…» mormorò Harleen mettendo in moto l’auto, per tornare finalmente nel suo appartamento.









Note dell' autrice:
Siamo arrivati al capitolo numero 6. Questo significa che ci rimangono ancora due capitoli prima della fine della storia.
E succederanno moltissime cose in quei due capitoli, ve l'assicuro.
In questo capitolo, abbiamo fatto la conoscenza di Jonny Frost, fidato braccio destro del Joker.
Se questo capitolo vi è piaciuto, lasciatemi delle recensioni. Mi piacerebbe tanto sentire le vostre opinioni riguardo al capitolo e alla storia.
Scriverlo non è stato troppo facile, perché mi sono dovuta attenere alla "storia" dataci da Suicide Squad e quindi inventarmi qualcosa su quello stupido mitragliatore. E questa è l'unica cosa che mi è venuta in mente, ovviamente. Anche se non è originale, perché l'ho anche letta in molte altre storie. Ma va beh.
Per quanto riguarda la storia della carta e della rosa, ovviamente mi sono ispirata al cartone animato di Batman (anche se ho cambiato il contesto).
In ogni caso, grazie di essere arrivati fin qui e grazie se deciderete di lasciare una recensione :)
A presto ♥
  
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