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Autore: The Custodian ofthe Doors    30/06/2018    3 recensioni
[ AU!Police| Seguito di Una pista che scotta| II| Detective!Alec| PoliceOfficer!Simon| SemiCriminal!Magnus| AlecSimonMagnus!squad]
Alexander Lightwood è un Tenente della Omicidi di New York City a capo di una squadra a dir poco particolare e se un tempo era famoso per la sua pazienza e la sua calma imperturbabile, oltre che per la sua sfortuna, ora lo è anche per aver risolto il grande Caso Circle a trent'anni dalla sua archiviazione.
Ma i problemi non sono finiti e non arrivano mai da soli.
Dopo il ritrovamento del quaderno del Circolo di Asmodeus vecchi mostri sacri della criminalità risorgono dalle loro ceneri, attirati dalla consapevolezza che il proprio nome risulti su quelle pagine assieme a tutti i loro segreti più grandi.
New York apre il sipario e mette in scena, per l'ultima volta, l'ennesimo atto di uno spettacolo che in troppi temevano di rivedere, in cui troppi saranno costretti a recitare di nuovo o per la prima volta.
I demoni stanno tornando, crimine e giustizia saranno ancora costretti a combattere assieme questa battaglia che nasconde più di quanto non possano credere.
La chiamata è stata fatta e nessuno potrà ignorarla.
Che gli piaccia o meno.
Genere: Azione, Commedia, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Simon Lewis, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo II

I fili


 


 

18 Febbraio.

Spostò il peso da una gamba all'altra, i suoi pantaloni grigi si tendevano ad ogni movimento e se qualcuno non lo avrebbe chiamato entro i prossimi cinque minuti avrebbe dato di testa e preso a pugni il primo che gli sarebbe capitato sotto mano.
Voltò di poco la testa per incontrare il profilo rilassato di Alexander e fece una smorfia frustrato.
No, non avrebbe preso a pugni quel bel viso.
Il giovane se ne stava seduto sugli scomodissimi sedili che si trovavano fuori dall'ufficio di Blackthorn, con le braccia incrociate al petto ampio che tirava il maglione scuro che portava sopra la camicia bianca, le gambe allungate, le caviglie incrociate e gli occhi chiusi. Sembrava che desse per scontato che nessuno sarebbe inciampato in quel chilometro e mezzo di arti inferiori che si ritrovava e Magnus gli dovette dar anche ragione visto che nel corridoio dell'ufficio del Capo della Omicidi non passava anima viva.
Pareva che tutti vi girassero a largo, o per lo meno lo stavano facendo quel giorno, lui non aveva la minima idea di quanto fosse il traffico per quella parte di piano ma poteva ben pensare che tutti lo stessero evitando per via di chi sarebbe passato di lì a breve.

Il Commissario della Polizia nonché Capo supremo degli Affari Interni, la regina di ghiaccio, la Signora di fuoco, la megera che lo aveva guardato con un sopracciglio alzato durante il processo e gli aveva detto quanto fosse ovvio che la gente cercasse sempre di sparargli e ci riuscisse anche visto che si vestiva come una scritta al neon.
Imogen Herondale e lui non è che avevano proprio questo gran ché di bel passato alle spalle, ma Magnus aveva promesso ad Alexander che si sarebbe comportato da persona civile ed educata -Alec gli aveva fatto giurare che lo sarebbe stato per i suoi di standard e non per quelli personali e personalissimi dell'uomo- quindi non avrebbe dato i numeri.
Non se lo avrebbero chiamato entro i restanti- controllò l'orologio- tre minuti.
<< Non ti chiameranno prima se continui a sbuffare e controllare l'orologio in continuazione.>> la voce pacata di Alexander gli arrivò piatta e monocorde alle orecchie come lo era sempre. Quel ragazzo aveva la grandissima capacità di mantenere sempre lo stesso dannatissimo tono di voce, era inquietante e fastidioso, Magnus poteva scommetterci le sue scarpe di Prada che decine e decine di criminali avevano confessato o si erano traditi solo perché esasperati dalla tranquillità e dall'educazione con cui il detective si rivolgeva a tutti.

Tenente.

<< E me lo dici per esperienza o perché ti sto facendo venire il mal di mare?>> chiese sarcastico.
<< Non mi fai venire il mal di mare, ho gli occhi chiusi, non ti vedo.>> gli fece notare.
<< Allora che fastidio ti da?>> rispose subito acido.
<< Avverto il tuo nervosismo oltre che i tuoi movimenti.>> continuò con quel modo così dannatamente lento. << Ti sentiranno sicuramente anche da dentro l'ufficio, penseranno che sei agitato e ti lasceranno più tempo per calmarti sperando che così non te ne uscirai con una cavolata delle tue rovinando tutto.>>
Magnus si bloccò e lo guardò oltraggiato, spalancando la bocca per replicare ma bloccandosi quando Alec aprì finalmente gli occhi e glieli puntò, chiari e accecanti, dritti nei suoi.
<< Farai comunque una cavolata delle tue, abbiamo già messo in conto che risponderai male a qualcuno e questo lo sanno anche gli altri esaminatori. Per questo entro anche io e per questo la Signora non ti porrà domande ma sarà solo presente come osservatrice.>>
<< Perché dai per scontato che risponderò bene a te e che invece a lei avrei risposto male?>>
Alec alzò un sopracciglio. << Magari perché l'ultima volta che vi siete parlati civilmente lei ti ha detto che somigli all'insegna di un Nightclub di quart'ordine e tu che sembra una vecchia falena sotto naftalina?>> chiese retorico.
L'uomo assottigliò lo sguardo fissandolo male. << Grazie per aver specificato che era di quart'ordine.>>
<< Prego.>> rispose secco Lightwood tornando a poggiare la testa contro il muro e a chiudere gli occhi.
Magnus lo guardò quasi oltraggiato, gli ci mancava solo lui che faceva ironia.
<< Avrei dovuto portarmi Sammy, non te. >> gli soffiò contro acido.
<< Così adesso oltre alla tua ansia avresti anche la sua. Puoi sempre chiamarlo e sentirti il suo sproloquio agitato in diretta. >>
<< Magari lo faccio. >>
<< Non sarò io ad impedirtelo.>>
<< Lo sto facendo.>>
<< Sto aspettando.>>
L'uomo continuò a fissare il poliziotto senza però aver il coraggio di tirar fuori il cellulare e chiamare effettivamente Simon. Perché lo sapeva che quel deficiente ora se ne stava a casa sua, o a quella di Clary, a mangiarsi le unghie in attesa che il suo colloquio finisse.

Peccato che non sia neanche iniziato.

Sospirò sconfitto e si avvicinò ad Alec, lasciandosi cadere sul sedile vicino al suo.
Fece una smorfia cercando una posizione comoda.
<< Come cavolo fai a star seduto qui da quando siamo arrivati? Sono scomodissimi. >>
<< Non hai neanche idea di quante ore ho passato su questi sedili e neanche le condizioni in cui ero tutte le volte.>> sospirò Alec con calma. Respirava lentamente, con una scadenza precisa e regolare, Magnus si domandò se non stesse contando i respiri, perché gli ricordava tanto la tecnica che gli aveva insegnato lo psicologo per calmarsi dopo un risveglio turbolento o dopo un malore.
Si stava sentendo male?
<< Ti stai sentendo male?>> chiese a bruciapelo, ignorando per una volta l'accenno a quella vita passata di cui non conosceva praticamente nulla.
Alec alzò un sopracciglio, le palpebre che si tirarono sottili e quasi trasparenti sull'occhio, facendo fremere le ciglia scure.
<< Come?>>
<< Respiri strano.>> disse solo.
<< No, non sto male e non respiro strano.>> aprì gli occhi e lo guardò con attenzione. << Tu ti senti male? >> ritorse.
Magnus scosse la testa. Fece una smorfia e poi la scosse ancora.
<< Mi sto solo facendo mangiare dall'ansia temo. Sai che non sono mai stato nell'ufficio di un poliziotto senza aver fatto qualcosa di male o esser accusato di averlo fatto?>> domandò retorico con disarmante sincerità.
Alexander lo fisso per un breve momento battendo un paio di volte le palpebre, poi abbassò la testa, i capelli a coprirgli il volto, le spalle che si alzavano e abbassavano velocemente, a singhiozzi, ed automaticamente Magnus sentì le proprie labbra tendersi in un sorriso.
<< Sei uno stronzo, stai ridendo?>> fece ridendo a sua volta.
Alec scosse la tesa ma non l'alzò, un suono strozzato, troppo simile ad un singulto divertito, che gli scappava dalla gola.
<< Stia proprio ridendo! Che bastardo che sei, altro che Fiorellino! Stai ridendo di me?>> cercò miseramente di fingersi oltraggiato ma la verità era che quell'attesa, mescolata alla tensione e all'aspettativa di quel dannato incontro gli resero impossibile fingersi serio.
Si ritrovarono come due adolescenti in attesa di esser ricevuti dal preside per qualche bravata, lì, un po' preoccupati dalla lavata di capo che si sarebbero beccati ed un po' divertiti da quella situazione, una risata a metà tra l'isterico ed il divertito che cominciò a diffondersi per l'aria.
Il poliziotto ritirò le gambe, poggiando i gomiti sulle ginocchia e abbassando ancora di più la testa, nascondendosi così come Magnus cercava di fare voltandosi verso il muro.
<< Ti giuro che è la verità. >> proruppe allora l'uomo ridendo più apertamente.
Alec voltò il capo e lo scrutò tra le ciocche scure. << E io ti giuro che non fatico minimamente a crederci.>>
Si fissarono in silenzio e poi ricominciarono a sghignazzare.
<< Anche tu sei in ansia come me!>> lo accusò Magnus dandogli uno schiaffo sulla spalla.
<< Oh no, >> fece alzandosi e poggiandosi di nuovo contro lo schienale, << ho paura che tu faccia qualcosa di stupido e che sarò costretto ad atterrare sei uomini prima che ti prendano e ti picchino a sangue. Sai Mags, non so se ne sarò in grado, sappilo.>> lo avvertì sorridendogli con quella sua piega storta delle labbra.
<< Sei persone? Oh, suvvia dolcezza, sono sicuro che hai tutti i muscoli per farlo. E posso dirlo con cognizione di causa.>> ammiccò verso il moro che si tirò di colpo a sedere dritto ed impettito, guardandolo con gli occhi sgranati per quello che aveva appena detto.
Magnus ghignò felice di averlo colto nel vivo, pronto a rincarare la dose e dirgli che-
<< Perché Signor Bane? Il Tenente Lightwood ha dovuto proteggerla da sei individui armati e addestrati che volevano picchiarla a sangue o è stato lei quello che il detective ha picchiato?>>
L'uomo si sentì congelare dalla testa ai piedi, bloccato girato verso Alexander che si era ricomposto a tempo record, alzandosi di slancio e dandogli una pacca sulla spalla per farlo smuovere.
<< Buon giorno Signora.>>
Imogen Herondale se ne stava ferma sulla porta dell'ufficio del Capo Blackthorn, il completo grigio senza la minima piega, dritto come se fosse completamente inamidato. Fissava i due con sguardo serio e tagliente, ma Magnus notò comunque una nota soddisfatta quando scrutò Alexander in piedi e sull'attenti, vestito con il suo abbigliamento sobrio e quasi informale.
Solo in quel momento infatti l'uomo si rese conto che il suo amico non portava il solito completo nero e si accigliò.
<< Perché non hai la giacca e la cravatta?>> chiese ignorando palesemente la donna.
Alec lo guardò come se fosse stupido, alternando lo sguardo da lui alla Herondale in un palese ordine di salutarla.
<< Perché se si fosse presentato in quel modo sarebbe risultato più intimidatorio e questo incontro sarebbe sembrato un interrogatorio ufficiale e non un colloquio. Non so se lo ha notato, signor Bane, ma il suo collega ha una certa reputazione, compresa quella messa in giro dai suoi amici sul fatto che sia un Man in Balck.>> alzò un sopracciglio fine e sbiadito e poi esaminò con attenzione il vestiario di Magnus. << Ah, vedo che oggi è vestito come una persona normale e non come un quadro di Pollock.>>
Alec chiuse gli occhi e alzò la testa verso il soffitto.
No, non poteva mettercisi anche lei, già doveva tenere a bada Magnus, non poteva fare lo stesso con la Herondale.
<< Signora… >> disse quasi implorante, alzando la mano per bloccare l'amico che aveva già fatto un passo avanti, pronto a replicare.
<< Mi dica. >> fece lei con tranquillità.
Alexander le lanciò uno sguardo più che significativo, un “ ma davvero?” che la donna ebbe il buon senso di cogliere anche se un po' infastidita.
<< Bene, direi che è un abbigliamento appropriato, ottima scelta. >> concesse più per Alec che per Magnus stesso.
Lui le fece un cenno di ringraziamento con la testa e poi sospinse gentilmente Magnus verso la fine del corridoio.
<< Possiamo accomodarci? >> chiese educatamente pur già indirizzando l'altro alla sala conferenze del piano.
La Signora annuì. << Sì, accomodatevi, i commissari sono già dentro, manchiamo solo noi.>>
Magnus li guardò senza capire. << Dove dobbiamo andare? Credevo che saremmo stati nell'ufficio di Blackthorn. >>
Alec scosse la testa. << Non è un colloquio di quel tipo, Magnus. Dobbiamo rispettare delle direttive precise, devono esserci dei verbali e anche una registrazione. Il tuo avvocato non te lo ha spiegato?>>
Si incamminarono verso il fondo del corridoio, allontanandosi ancor di più dalla zona degli uffici.
<< Mi ha detto che l'accordo era il più vantaggioso che poteva offrirmi e che non dovevo preoccuparmi di nulla perché c'avresti pensato tu. Ah, a proposito di questo, sei simpatico a Cristiano Santiago, io questa cosa me la farei incidere come epitaffio sulla tomba.>> sorrise e drizzò la schiena, gonfiando il petto ed enunciando con voce solenne. << “Alexander Lightwood, servitore della patria, amato figlio, adorato fratello, fidato amico e Fiorellino. Simpatico a Cristiano Santiago.” . Farebbe il suo bell'effetto.>> annuì cercando di concentrarsi su quello e non sulla stanza dalle pareti trasparenti che vedeva avvicinarsi sempre di più.
<< Certo, ti sei dimenticato anche “coinquilino di Church, gatto indipendente. Portatore di pazienza e di grande sfiga… >> borbottò a mezza voce, cercando di nascondere l'imbarazzo e di non farsi vedere dalla Herondale inutilmente.
La donna alzò un sopracciglio. << Magari evitiamo nomignoli e soprannomi confidenziali e palesemente inadeguati alla situazione. >> fece spiccia superandoli e ponendo una mano sulla maniglia della stanza. Li scrutò con sguardo serio, la faccia una maschera di cera.
<< Non faccia stupidaggini, Bane. >> abbassò la maniglia ma poi ci ripensò, voltandosi di nuovo.
<< Risponda solo alle domande che le pongono e non svaghi. E non renda più difficile di quando già non sarà il lavoro al Tenente Lightwood. Non lo chiami per nome, non lo faccia in nessun modo strano. Dia del lei a tutti. >>
Si voltò definitivamente ed aprì la porta per farlo entrare, esortandolo con un cenno della testa.
Magnus prese un respiro profondo ed entrò indossando la sua miglior espressione rilassata e compiacente, concentrandosi sul salutare educatamente i commissari e il Capo Blackthorn che gli andò incontro per farlo sentire almeno meno accerchiato.
La Signora bloccò Alec sulla soglia, lo guardò con uno sguardo esplicativo.
<< Fiorellino?>> domandò solo.
Alexander divenne in brave rosso come un pomodoro. << Mi creda, è quello più accettabile.>> fece imbarazzato come poche volte nella sua vita.
Lei alzò un sopracciglio e poi scosse la testa. << Se non ti faranno santo Lightwood, ti ci farò io. >>


 


 



14 Novembre.

Si spostò sulla sedia un poco a disagio, non era la prima volta che si presentava in un'aula di tribunale, ma ciò non significava che si sentisse tranquilla. Questa volta, c'era da dire, non doveva difendere strenuamente nessuno, solo dire la verità, solo riportare i fatti che la vedevano coinvolta.
Pose una mano sulla Bibbia e attese che l'agente davanti a lei finisse di elencare tutti i giuramenti da fare.
Annuì brevemente e mormorò un basso “Lo giuro”, poi si riaccomodò.
<< Signorina Loss, grazie per essersi presentata. >> cominciò la donna davanti a lei.
Era alta e dal fisico morbido ma in forma, stretto in un completo scuro e formale, come l'acconciatura e l'espressione concentrata.
Somigliava tantissimo ad Alexander, non ci avrebbe messo molto a definirla sua madre, questo era certo, ma non era neanche lontanamente simile quanto il padre, seduto in prima fila dietro al banco dell'accusa.
Maryse Troublood in Lightwood era decisamente la copia adulta di Isabelle, eppure nello sguardo ardente e serioso Catarina riusciva a scorgere gli occhi dorati di Jace così come la sua stessa determinazione. Quella donna era il modello da cui i figli minori avevano ripreso la forza e la testardaggine e quello da cui il maggiore aveva colto quell'aspetto intimidatorio.
Effettivamente Alec aveva ripreso la figura autoritaria e spaventosa di entrambi i genitori, Catarina ricordò con un brivido le maschere di puro odio che avevano indossato entrambi quando al banco dei testimoni era salito il loro vecchio amico, quello Starkqualcosa che non si ricordava mai.
<< Dovere. >> disse con lo stesso tono basso e un poco apprensivo.
La donna sembrò accorgersene perché le lanciò un'occhiata quasi d'incoraggiamento.
Ma certo, era uno dei testimoni chiave di quel processo, in un modo poi, che neanche lei riusciva ancora a comprendere.
Era la persona che aveva impedito a Valentine Morgenstern di trovare il quaderno del Circolo di Asmodeus.

Un palese colpo di fortuna.

<< Bene. >> fece quella con modo pratico. << Le dispiacerebbe dire alla giuria e a tutti i presenti che rapporto la lega al Signor Bane e come ciò l'abbia coinvolta negli eventi del Caso Fell e poi del Caso Circle?>>
Catarina prese un respiro profondo ed annuì. Prima di entrare in aula aveva parlato con Alexander, seduto ancora su quella maledetta sedia a rotelle, con la bombola d'ossigeno dietro, per colpa di quel frammento che era riuscito quell'Ottobre, neanche tre settimane prima della data d'appello. Sapeva cosa doveva raccontare, cosa interessasse alla giuria e cosa non fosse altro che chiacchiere inutili. Le aveva assicurato che in ogni caso sua madre l'avrebbe guidata ma che se fosse riuscita da sola ad andare al punto cruciale sarebbe stata reputata un testimone ancor più attendibile e sicura. Parlare a vuoto l'avrebbe invece identificata come una persona indecisa e tentennante che cercava di nascondere qualcosa.
<< Certo. Io e Magnus siamo amici d'infanzia, lo conosco da quando sono piccola e così Ragnor. >> sospirò nel pronunciare il nome dell'amico morto, mantenendo però il contegno e continuando tentando di essere più chiara possibile. << Sono stata interrogata su Ragnor dal Detective Lightwood questo Giugno, poco tempo dopo che gli era stato assegnato il suo Caso. Ho apprezzato infinitamente il modo in cui si è approcciato alla vicenda, si è interessato a Ragnor come
vittima malgrado la maggior parte delle persone pensasse che fosse solo un criminale in meno sulla faccia della terra. È stato gentile ed educato, ha cercato di capire il più possibile su come fosse Ragnor e non di trovare un modo per dimostrare che si è meritato quella fine. >>
Maryse si concesse solo di addolcire un poco lo sguardo ma Catarina sapeva che sentirle dire quelle cose la rendeva orgogliosa del figlio. Così come poneva Alec sotto una luce professionale ma anche umana.
<< Dopo quella volta non ho avuto contatti per molto tempo né con lui né con la vicenda.
Mi chiese un parere medico per rivedere dei referti ed avere qualche delucidazione, a me e alla Dottoressa Lightwood, sua sorella. >> fece un cenno verso la ragazza che sedeva tra il padre ed il fratello minore. Di fianco a Max Jace parlava a bassa voce con Alec, seduto sulla sue sedia a rotelle, posto nel corridoio tra i banchi.
<< Perché il Detective ha chiesto proprio a lei?>> domandò Maryse.
<< Voleva un parere professionale, sono un'infermiera, ho lavorato in molti ospedali e in condizioni diverse, ho una buona esperienza.>>
<< Ma perché proprio lei.>> insistette.
Catarina sospirò. << Da qualche giorno, non saprei dire quanti di preciso, il Detective aveva cominciato ad indagare su più fronti. So che aveva il sospetto che ci fosse una talpa nel Dipartimento e non sapeva come mettere al sicuro il Dottor Lewis che lo aiutava nel caso. Così lo portò da Magnus, che si era dimostrato più fidato di quanto non potesse sospettare, credo. >>
<< Mi sta dicendo che un Detective ha portato un tecnico informatico del Dipartimento di Polizia, che poteva accedere a tutte le informazioni dei nostri server, a casa di un noto criminale?>> chiese sibillina.
Per un attimo Catarina si chiese da che parte stava, ma poi si riscosse.
<< No. Alexan- il Detective Lightwood ha capito che Magnus non sarebbe stato di nessun intralcio in questa indagine ma che invece gli sarebbe stato di grande aiuto. Volevamo solo giustizia per il nostro amico, volevamo trovare il colpevole, Alexander lo ha capito e ha capito anche che l'unico posto in cui Lewis sarebbe stato al sicuro era a casa di Magnus, l'ultimo posto in cui una possibile talpa lo avrebbe cercato. Aveva ragione per altro. Si è fidato di noi come persone, non per chi la gente pensava che fossimo.>>
La donna le annuì e poi le domandò cosa avesse trovato in quei referti e Catarina si impegnò a dire nei termini più semplici ma professionali cosa ci fosse che non andava, lasciando tutti i presenti a bocca aperta per ciò che erano riusciti a scoprire.
No, per ciò che
Alexander era riuscito a scoprire. Ciò che trent'anni prima la gente aveva ignorato o era stato degnamente nascosto.
<< Lei ha avuto anche un altro ruolo estremamente importante, giusto?>>
Catarina annuì. << Credo, ma non avevo la minima idea di ciò che stavo facendo.>>
<< Ci spieghi. >> Allargò le braccia, in un gesto ampio che stava ad indicare tanto lei e la giuria, quanto tutti i presenti.
<< Ero a casa di Magnus, dopo la prima sparatoria in cui è rimasto coinvolto. C'era anche il Dottor Lewis con me, eravamo in comunicazione video con l'ospedale dove si trovavano Magnus e il Detective Lightwood. >>
<< Succedeva spesso? >> la interruppe.
<< Cosa? Le telefonate?>>
<< Il fatto che il Detective si trovasse in ospedale.>> precisò.
<< Oh, sì questo sì. Era stata assegnata una scorta a Magnus, ma- >> si fermò, posò lo sguardo sull'amico, su Raphael al suo fianco, su Quinn nascosta nelle ultime file vicino a Meliorn.
<< Sì, Signorina Loss?>> Il Procuratore la richiamò all'ordine e lei si riscosse.
<< Molti dei nostri amici sono… un po' reticenti verso la polizia. Alexander spesso sostituiva le guardie nel piantonamento per permettergli di far visita a Magnus con più… tranquillità. È stato un gesto di gentilezza, l'ennesimo che il Detective ha fatto verso tutti noi. >>
Ci fu un mormori d'assenso da parte del pubblico e anche della giuria, poi Maryse continuò.
<< Il Detective Lighwood era quindi in ospedale con il Signor Bane, lei a casa di questo con il Dottor Lewis, cosa è successo?>>
<< Stavamo cercando di convincere Magnus a non portarsi troppe cose nella casa sicura, non sarebbe certo andato in vacanza e solo Alexander è riuscito a fargli capire bene la cosa.
Mentre loro discutevano io stavo sistemando un po' di cose lasciate in disordine da quando Magnus aveva lasciato casa e ho trovato degli appunti per alcuni ordini da fare per il suo locale. Gli ho sempre rimproverato di essere disordinato e così ho iniziato a racimolare tutto i documenti per metterglieli a posto. A quel punto ho visto un vecchio scatolone in cui erano riposti tutti quegli oggetti che una volta si trovavano nella cassaforte a muro a casa di Ragnor. >>

<< Quella che il Signor Bane ha svuotato perché contenente oggetti privati del Signor Fell, perché aveva paura che la polizia li rovinasse o perdesse, giusto?>> domandò più per spiegare ai giurati di cosa stessero parlando piuttosto che per saperlo.
<< Esatto. Noi...come ho detto siamo sempre stati un po' reticenti verso la polizia. Dalle nostre parti non era mai un bene vedere un uomo in divisa, siamo prevenuti ma non sempre inutilmente. >> ci tenne a precisare. << In ogni caso, erano album di fotografie, dei vecchi quaderni di appunti di Ragnor, di quando era al liceo, del suo periodo all'Accademia d'arte, cose così. >>
<< Ma c'erano anche degli appunti sui suoi lavori, sulle opere che comprava e vendeva. >>
Deglutì e annuì. << Sì, c'erano anche quelli. >>
<< Anche i più vecchi. >>
<< Sì, uno in particolare aveva attirato la mia attenzione.>>
<< E come mai Signorina Loss, perché di tutti quei quaderni d'appunti ha scelto proprio quello.>>
<< Ragonor era una persona molto precisa. >> cominciò faticando ancora ad usare il passato per riferirsi all'amico. << Quando cominciava a fare qualcosa manteneva lo stesso “stile” per così dire, i quaderni erano quelli classici che può avere ogni studente, monocromatici e lisci, plastificati. Quello che vidi io era ruvido, opaco, in pelle avrei quasi detto. Lo sfogliai e dentro lessi un paio di nomi che ricordavo vagamente, di persone che avevano avuto a che fare con gli affari di Asmodeus e così… per paura che durante l'assenza di Magnus qualcuno entrasse in casa e rovistasse tra le sue cose… ho preso quel quaderno e tutti gli altri, nascondendoli nella borsa e portandoli a casa mia.>>
Terminò chiudendo per un attimo gli occhi. Aveva omesso un bel po' di cose, aveva indorato la pillola più di quanto non potesse fare e ora sperava davvero che quella stupida deposizione finisse.
Valentine Morgenstern era morto, Hodge Starweater aveva firmato un accordo, dovevano solo definire i dettagli e dimostrare che Magnus non era coinvolto, per una volta, in quella vicenda come criminale.
Il Procuratore annuì con vigore e poi si voltò verso la giuria.
<< La Signorna Loss temeva a giusto avviso che qualcuno potesse entrare abusivamente in casa del Signor Bane e “rovistare”. In modo gentile la Signorina Loss ci ha detto che la paura, il sospetto del Detective Lightwood, che fosse un uomo di legge il vero colpevole, fosse poi giusto. La testimone aveva paura che la polizia potesse entrare in casa del suo amico e mettervi delle prove contro di lui. Perché non dobbiamo dimenticarci che il colpevole, l'assassino di ben due vite coraggiose e cadute ingiustamente, era un poliziotto, era il Vice Commissario.
Il suo timore si è rivelato corretto ed è proprio quello che è successo: nel disperato tentativo di dimostrare che suo padre era innocente, con la cieca fiducia che ogni figlio ha verso il proprio padre, Jonathan Morgenstern si è introdotto in casa di Magnus Bane sotto ordine del padre e ha cercato il famose Quaderno del Circolo di Asmodeus.
Sappiamo come è andata. Il Detective Lightwood ed il Signor Bane sono arrivati al loft quando il Detective Morgenstern era già all'interno e Lightwood ha cercato di spiegargli cosa fosse successo, cosa avesse capito. Nel frattempo è arrivato anche Valentine Morgenstern ed ha cercato, a sua volta, di convincere il figlio della sua innocenza.
Ma cosa sarebbe successo se quel quaderno fosse stato in quella casa?
Non potremmo mai immaginarlo: magari il Vice Commissario sarebbe stato ancora più determinato ad eliminare tutti i testimoni, magari suo figlio avrebbe letto quel quaderno e trovato il nome del padre e allora Morgenstern avrebbe cercato di eliminare anche lui. >>
A quelle parole Jocelyn sobbalzò, voltando la testa di scatto per cercare Jonathan seduto in fondo all'aula e lo vide più bianco che mai, fermo lì a rimuginare sulle parole, sulle insinuazione del Procuratore Generale.
<< Il Detective Lightwood ha saputo gestire la cosa, ha convinto il Detective Morgenstern che suo padre fosse il vero colpevole e lui gli ha creduto, è arrivato a sparare a suo padre per salvare delle vite innocenti. Sappiamo che anche il Detective Lightwood ha sparato al Vice Commissario e lo ha ucciso con un colpo alla testa, malgrado fosse gravemente ferito. Sappiamo come il Detective Morgenstern gli abbia prestato soccorso finché non sono arrivate le ambulanze. Ma ancora, signori, cosa sarebbe successo se invece avessero trovato quel quaderno?
La Signorina Loss, per proteggere il suo amico, i suoi amici, ha portato via il quaderno del Circolo di Asmodeus, ha tolto dalle mani di un
vero criminale ciò che cercava da anni e che è costato la vita a tante persone innocenti. Se oggi siamo in possesso di un reperto così importante è solo grazie alla fedeltà che questa donna ha dimostrato verso i suoi più cari amici. >>
Si girò di nuovo verso Catarina e le sorrise apertamente.
<< Quindi lo Stato di New York City le deve i suoi più sinceri ringraziamenti, Signorina Loss.>>


 


 



18 Febbraio.

Catarina si poggiò con la schiena contro il muro del corridoio che portava agli spogliatoi dell'Ospedale. Le faceva terribilmente male la schiena ma forse il fatto che il suo turno durasse da ormai 36 ore non aiutava per niente.
Si stropicciò gli occhi con le mani, passandole poi sul volto stanco e sbadigliando sfinita. Non vedeva l'ora di togliersi quel camice ed andare a casa a dormire.
Gettò un'occhiata al cerca-persone e rimase imbambolata a fissare la data che la macchinetta riportava: quel giorno Magnus aveva l'incontro con la commissione che l'avrebbe reputato idoneo o meno per fare il consulente.
Visti i suoi precedenti Catarina c'avrebbe contato poco, ma si rivedeva nella mente lo sguardo determinato di Alexander che le diceva che sarebbe andato tutto bene e lei, con una facilità quasi disarmante, gli credeva ciecamente.
Se solo pensava a tutto ciò che era successo nella seconda metà dello scorso anno le venivano i brividi e la voglia di nascondersi da qualche parte, al buio e al silenzio, e non uscirvi più. Alexander Lightwood era stato probabilmente l'unica cosa buona capitatagli, a tutti loro per inciso, non solo a lei o a Magnus. Persino Raphael era rimasto colpito da quell'uomo ed era anche simpatico a Cristiano! E lo sapevano tutti che Raph e Chris erano più difficili da accontentare.
Chissà quando avrebbero finito, poteva già chiamarli o era meglio di no?
Si staccò dalla parete con uno sforzo sovrumano e andò finalmente a cambiarsi.
Avrebbe aspettato notizie direttamente da Magnus, sdraiata sul suo letto a dormire magari, rintanata sotto strati e strati di coperte, sì, era il suo piano quello.
Avrebbe staccato la spina dal lavoro e anche da tutta la tragedia che le aveva rubato l'estate, l'autunno ed il suo migliore amico. Doveva solo pensare che ormai era finita, che Ragnor aveva ricevuto giustizia ed ora era in pace.
Magari era proprio giunto il momento che in pace c'andasse anche lei, possibilmente non definitivamente. O forse sì...il necessario che bastasse per riprendersi da quegli eventi catastrofici, gli stessi eventi in cui Magnus si stava ricacciando.
Scosse la testa e si disse di no, non era la stessa cosa, questa volta -la prima- Magnus sarebbe stato dalla parte giusta e nessuno gli avrebbe fatto del male.
A meno che non se ne uscisse con qualche sparata micidiale al colloquio, in quel caso era spacciato.
Chiuse gli occhi e poi il suo armadietto.
Magnus era grande e grosso e vaccinato, poteva cavarsela da solo.
Gettò un'ultima occhiata all'orologio appeso nella sala.
Al limine gli avrebbe curato tutte quelle ferite causate dalla quantità, sicuramente giusta, di pugni che Alexander stesso gli avrebbe rifilato.


 


 




 

Lesse le ultime righe del rapporto che aveva stilato e poi sorrise soddisfatto firmando il foglio.
Anche per quel giorno le scartoffie erano terminate e poteva tornarsene a casa, il suo turno sarebbe finito a breve e a meno che non ci fosse stata qualche emergenza poteva andare a farsi una doccia, che decisamente gli serviva, e poi magari andare a rompere le scatole a qualcuno.
Alzò lo sguardo verso l'alto, trapassando il soffitto e tutti i piani che lo dividevano da quello in cui in quel momento Alec stava portando avanti il colloquio con Magnus e la commissione per l'approvazione della consulenza temporanea.
Diamine, potevano sceglierlo un nome un po' più corto?
Si passò una mano tra i capelli chiari e si domandò se non potesse andare a sbirciare, a vedere attraverso gli spiragli delle tende che sicuramente avevano tirato, cosa stesse combinando Magnus Bane e se il Tenente lo avesse già preso a pugni.
O se lo avesse già fatto la Signora.
Sbadigliò, magari poteva andare a trovare la sorella, o sua madre, era da un po' che non la vedeva, tra un caso e l'altro. Sì, avrebbe fatto così, casa, doccia e poi dritto al vecchio ovile.
Mise in ordine i documenti battendone il taglio sulla scrivania e poi si alzò, tenendoli stretti in mano alla ricerca della spillatrice che, ne era sicuro, doveva essere da quelle parti.
<< Ehi, biondo!>>
La voce del Capo Crouz lo fece saltare sul posto, così impegnato alla ricerca di quella dannata spillatrice che poi, con disappunto, individuò sulla postazione di Mendoza.
<< Sì, capo?>> si voltò verso di lui ed una smorfia gli si aprì sul volto non appena incontrò quello dell'uomo.
Il Capo Crouz era ormai sulla cinquantina abbondante, l'aspetto massiccio ed intimidatorio, le spalle larghe e la postura di un comandante. Teneva i capelli corti, dal taglio militare, ormai di un marrone sbiadito e pieno di fili argentei. Ce lo prendevano spesso in giro, lo paragonavano a tanti altri uomini della sua età lì presenti che avevano ancora tutti i capelli del colore giusto, e l'uomo ci rideva di gusto dicendogli che avrebbe ricordato loro tutto ciò quando sarebbe arrivato il momento, quando i loro di capelli sarebbero sbiaditi e caduti.
La sua espressione seria, sul volto marcato e deciso, però non gli fece venir da ridere, anzi, a fissare quegli occhi scuri e puntati su di lui l'unica cosa che gli venne in mente fu che forse non sarebbe passato da sua madre. E neanche a farsi una doccia.
<< Non fare quella faccia da cerbiatto su un'autostrada, Scheggia, che stia facendo?>>

Mi preparavo per andare a casa, Capo. Cosa che evidentemente non farò.

<< Aspettavo lei per farmi dare una nuova mansione? >> domandò già con le spalle basse.
L'uomo sogghignò davanti a quella scena. << Cosa c'è? Mi è capitato il figlio scansafatiche? Blackthorn si è sempre vantato di quanto tuo fratello sia inarrestabile e tu invece non vedi l'ora di scappare a riposarti? >> lo sfidò certo che avrebbe raccolto la provocazione.
Ed in effetti così fece. << Alec non è un agente della SWAT!>>
Jace incrociò le braccia la petto e fissò male il suo superiore, diviso tra il fastidio di quella precisazione e l'orgoglio verso suo fratello che, sì: era decisamente infaticabile.
Il Capo Crouz si strinse nelle spalle. << Bene, quindi devo chiedere a lui per seguire una pista su uno dei nostri blitz?>>
Lo stava sfidando ancora a dirgli di sì, che doveva chiedere ad un detective e non a lui, ma Jace era tanto orgoglioso dei suoi fratelli quanto lo era di sé stesso e pur sapendo che lo aveva appena incastrato a fare degli straordinari, assottigliò lo sguardo e alzò la testa con fierezza.
<< Solo perché buttiamo giù porte non vuol dire che siamo degli trogloditi che non sanno indagare.>>

<< O mio Dio! Lightwood ha appena usato una parola difficile! Troglodita… sono fiero di te Scheggia!>>
Un uomo di circa trent'anni, massiccio e con una zazzera di capelli corti e ricci, la pelle rosea e punteggiata di lentiggini, entrò nella stanza battendo una mano sulla spalla del Capo e poi allargando le braccia verso Jace che prontamente gli rifilò un dito medio.
<< Fottiti Mendoza, come hai fatto con la mia spillatrice.>>
Quello scoppiò a ridere e abbracciò comunque il biondo, pur contro tutte le sue proteste divertite.
<< Su, non fate i bambini. Capo? Il verbale della scorsa sera. >>
<< Grazie Hoogans. >>
La Hoogans invece era una donna alta e dalla corporatura atletica, tipica di chi è abituato a portare grandi pesi e a combattere tutti i giorni. Malgrado ciò conservava un volto piacevole come la sua intera figura. La pelle mulatta era in perfetto accordo con i capelli neri e gli occhi marroni scuro, privi di qualunque tipo di trucco esattamente come il resto del volto se non fosse stato per le labbra umide di una patina vagamente lucida.
Si avvicinò ai due colleghi e rifilò uno schiaffo in testa ad entrambi, che si divisero e la guardarono offesi da quel gesto.
<< Ehi!>>
<< Lasciate perdere Hoogans. Mendoza, tu molla Lightwood, ha un compito da svolgere! >> La voce di Crouz tuonò nell'aria e tutti si voltarono verso di lui, sull'attenti.
<< Come? Ma se abbiamo appena finito il turno! Che dobbiamo fare ora?>> si lamentò Lorenz Mendoza poggiandosi con un braccio alla spalla di Jace, cosa che risultò vagamente difficile visto che il biondo era più alto di lui e si alzò persino sulle punte per non farsi usare come comò.
<< Smettetela di fare i poppanti, metti i piedi a terra Lightwood e tu, Mendoza, toglitici dai piedi e vattene a casa, è Scheggia che ha qualcosa da fare, non voi.>>
<< Ma se siamo in due facciamo prima, no? >> domandò l'uomo eseguendo comunque gli ordini del Capo.
Lorenz era un rompipalle di prima categoria, forse per questo lui e Jace andavano tanto d'accordo e si stuzzicavano su ogni fronte, dai più importanti ai più stupidi, ma questo non influiva in nessun modo sul suo senso di responsabilità verso il suo distintivo, verso la sua città e verso i suoi compagni. Lasciare che Jace se ne andasse da solo a fare qualcosa accumulando straordinari che non aveva chiesto di fare rientrava tra i suoi doveri verso gli amici, perciò offrirsi di aiutarlo, dar per scontato che sarebbe andato con lui, era la cosa più naturale che potesse fare.
Il Capo però scosse la testa. << No, di questo giro dovrai restare in panchina, va solo lui.>>
<< Se è per il suo caratteraccio posso andare anche io con Lightwood, signore. >> si propose Valerie poggiandosi contro la scrivania di Jace.
Ma di nuovo Crouz scosse la testa. << Deve andare a parlare con qualcuno che non gradirebbe di certo l'arrivo in massa di una squadra SWAT. >> poi cercò tra i fogli che aveva in mano, togliendo quelli che gli aveva consegnato Hoogans e porgendo un piccolo plico a Jace.
<< L'altro ieri l'Alpha Red ha fatto irruzione in una casa in cui si nascondeva uno spacciatore assieme al suo carico di coca. Il tipo era strafatto, non si è accorto neanche che gli hanno buttato giù la porta. L'antidroga lo ha interrogato e Manchester poi si è presentato alla mia porta dicendomi che gli “serviva un Lightwood”. >>
Jace alzò un sopracciglio senza capire.
Manchester? Il Capo dell'Antidroga di New York? Che diavolo significava che gli “serviva un Lightwood”?
<< In che senso? Si sono dimenticati come si svolge un caso? >>
<< Con tutti i fumi di quella robaccia che si respirano… >> borbottò Mendoza sporgendosi per leggere cosa c'era scritto nel file.
<< Il tipo, Scoot o qualcosa del genere, si è messo a sbraitare sul fatto che erano arrivati troppo tardi, che lui la scomparsa del suo amico l'aveva denunciata mesi fa e che non servivano più a niente ormai. >> L'uomo fece un passo indietro per poggiarsi allo stipite della porta a vetri, le braccia incrociate sul petto ampio.
<< Aveva denunciato la scomparsa del suo amico Trevor Potter, ma era anche lui un drogato ed uno spacciatore e la polizia ha pensato che si stesse nascondendo da qualcuno.>> lesse Hoogans superando entrambi i suoi colleghi in altezza. << La sparizione risale allo scorso Luglio- >>
<< Il periodo in cui hanno sparato a Bane. >> disse Jace aggrottando le sopracciglia. << Pensa che la cosa sia collegata? Il giorno della denuncia è di due giorni successivi alla sparatoria. >>
Crouz si strinse nelle spalle. << Non ne ho la più pallida idea, Lightwood, questo devono dircelo i detective. Hanno una pista ma per il momento l'unico che può andare a parlare con questa fonte e ricevere risposte sincere è impegnato ad impedire alla Signora di sbranare vivo un deficiente che dovremmo assumere come consulente e contemporaneamente ad impedire a quel deficiente di dare motivazioni valide per metterlo alla berlina e fucilarlo per le grandissime stronzate che potrebbe sparare. >>
<< Diamine, le voci girano in fretta… >> sospirò Jace pensando a quanto fosse vero e a come fosse quasi ridicolo che tutto il Dipartimento sapesse già che la Herondale e Bane non andassero d'accordo per niente.
<< Quindi ci serve un altro Lightwood che potrebbe ricevere delle risposte degne di questo nome.>>
<< Ma chi bisogna interrogare?>> chiese curiosa Hoogans.
Crouz sorrise. << Interrogare? Nessuno ovviamente o avremmo già provveduto ad una comunicazione ufficiale. >> si staccò dalla porta e diede loro le spalle. << Nel fascicolo troverai le domande da fare al nostro amico. Buona fortuna Scheggia e portagli i saluti del Dipartimento.>>
Se ne andò senza aggiungere altro, con un sorriso beffardo in volto.
I tre lo guardarono andare via e Mendoza sbuffò. << Arrivederci Capo, eh. >>
<< Smettila, lo sai che non saluta mai nessuno.>> lo riprese Valerie.
<< Il Capitano lo saluta. >>
<< Tu non sei il capitano.>>
<< Andate a discutere lontano dai miei bellissimi capelli? Il vostro fiato li danneggia.>> Jace diede una spallata a Mednoza e poi una a Hoogans, facendoli a mala pena ibarcollare entrambi, che per altro tornarono subito su di lui per leggere ancora il fascicolo.
<< Ma chi devi andare a interrogare?>>
<< Ma non lo hai sentito il Capo? Non è un interrogatorio. >>
<< Okay, come ti pare! Con chi devi andare a scambiare due chiacchiere in allegria?>>
Jace lesse i fogli velocemente, ma già il semplice elenco delle domande gli aveva fatto venire qualche idea. Quando poi trovò l'indirizzo del luogo, a Manhattan, East Harlem, sulla centosedicesima, non ebbe neanche bisogno di leggere il nome del suo obbiettivo.

<< E che cazzo! >>


 


 



 


 

Raphael si rigirò l'anello che portava all'anulare della mano destra. Seduto comodamente sulla sua poltrona di velluto rossa, con lo schienale alto e i braccioli imbottiti, sembrava un boss di qualche film dai tratti gotici, forse perché gotico era anche, a grandi linee, lo stile dell'intero palazzo.
Fissò senza vederlo il piano di legno scuro su cui facevano bella mostra di sé un porta documenti, un grande quaderno di pelle con una targhetta dorata con su il nome del suo Hotel ed il computer di ultima generazione che stazionava sull'angolo destro della scrivania.
C'era un portapenne di pelle alla sua sinistra, delle costose stilografiche infilate negli opportuni alloggi ed un bicchiere di cristallo ricolmo di liquido rosso poggiato su un cerchio d'oro.
Alle sue spalle la finestra era coperta da pesanti tendaggi vermigli, dalla trama così fitta da non lasciar trapelare neanche la minima lama di luce. A vederli così parevano talmente spessi che Jace si domandò quanto dovessero pesare e come facevano le stecche di ferro a reggerli senza crollare.
Lanciò uno sguardo sul mobiletto basso che si trovava sul lato destro della stanza, dover erano poste delle bottiglie dall'aria costosa e dei calici così lucidi e fini che ci si sarebbe potuta suonare un'omelia religiosa. C'era anche un vaso ricolmo d'acqua, con dei lunghi giunchi che vi uscivano fuori, abbelliti con quelli che forse erano fiori o forse foglie, degli strani ovali gonfi con delle spine tutte attorno al margine.
Quel luogo era tetro ed incredibilmente lussuoso, ma anche la ricchezza dei materiali e degli oggetti non impediva ai visitatori di sentire un certo disagio.
Il quadro alla parete, che mostrava sicuramente una scena biblica, pareva suggerire che tra quelle mura potesse avvenire qualche strano rito satanico.

Quindi chiamarlo Hotel Dumort è stato del tutto azzeccato.

<< Cosa dovrei saperne io di tutto ciò? >>
La voce di Raphael era tranquilla e bassa, lenta e quasi annoiata. Sembrava esser lì a parlare con lui solo per fargli un favore, unicamente perché si conoscevano e quindi gli aveva concesso l'onore di rispondere alle sue domande.
Domande che Jace era andato a fargli senza distintivo e senza pistola perché, ufficialmente, quella non era una visita di lavoro ma solo di cortesia. Era andato a chiedere informazioni su qualcosa che non lo riguardava direttamente facendo leva sul fatto che potesse, invece, riguardare Magnus.
<< Se non lo sai tu non posso certo dirtelo io. Il tipo che hanno arrestato dice che il suo amico è scomparso due giorni dopo la prima sparatoria a Bane, che era uscito perché doveva fare una commissione importante per una persona importante. L'amico gli ha detto che rischiava di finire nei guai e quello gli ha risposto che aveva le spalle parate da “un uomo in alto e intoccabile”. >>
<< E pensi che quest'uomo fosse Morgenstern e che la commissione fosse uccidere Magnus. >> concluse piatto Santiago, inclinando leggermente la testa di lato.
<< Non sarò un genio in matematica ma qui mi pare proprio che sia un semplice far due più due, non credi anche tu?>> lo sfidò con il suo sorriso beffardo il biondo, sapendo perfettamente di aver ragione. Più si ripeteva quella storia in testa e più gli sembrava estremamente logico.
L'altro uomo annuì. << Sì, sembra abbastanza sensato anche a me. Ciò che continua a sfuggirmi è come io dovrei rientrare in questa faccenda.>> unì le mani e si accomodò contro lo schienale della poltrona imbottita da lord medievale.
<< Perché sai molte cose.>> disse serio Jace.
<< Concesso. Ma non so tutto. Per di più, Lightwood, pensi davvero che se avessi conosciuto l'identità dell'uomo che ha cercato di uccidere Magnus, questo sarebbe ancora vivo? >> domandò allargando le mani in un gesto interrogativo per poi ricongiungerle. Sembrava quasi stesse pregando. << Spero tu non voglia insultare la mia intelligenza e sperare che io ti dia conferma di qualcosa che, primariamente, non ho fatto, e secondariamente, non verrei certo a dire a te. >>
Jace scosse la testa e si sporse verso la scrivania. << Non me ne frega niente di che fine a fatto quel verme. Era un drogato, era uno spacciatore e si faceva pagare per ammazzare la gente, per me puoi anche averlo scuoiato vivo, anche se so per certo che non lo hai fatto.>>
<< Ammirevole, ti fidi così tanto di me?>> il ghigno scintillante che si aprì sul volto di Raphael gli ricordò per un attimo il suo fascicolo, l'accenno al fatto che fosse stato alle dipendenze di un certo Dracula: il suo sorriso era così affilato che Jace non avrebbe faticato a credere che quel giovane uomo fosse a sua volta un vampiro.
<< Non ti allargare Santiago. >> replicò ghignando anche lui, l'espressione furbesca e pericolosa che fece concorrenza a quella del direttore dell'hotel. << So che non lo hai ucciso tu perché sono convinto che ci avresti fatto ritrovare il cadavere, per far saper non tanto a Magnus e a Catarina, quanto ad Alec che quel bastardo era fuori dalla circolazione. >> si passò una mano tra i capelli con un gesto consumato e affascinante che non impressionò minimamente l'altro.
<< È la tua opinione e io non sono nessuno per contraddirla, ognuno ha la propria. >> rispose riprendendo la sua espressione neutra ed il suo tono piatto.
<< Proprio così, sei una persona ben educata vedo. >> lo sfotté beffardo.
<< Mama ha sempre tenuto molto all'educazione, ha fatto un buon lavoro. Lo stesso che la tua ha fatto con i tuoi fratelli, peccato si sia persa poi con te e con Isabelle. >>
La frecciata arrivò dritta dove doveva arrivare ma Jace sorrise lo stesso: aveva tirato in ballo la sua famiglia con semplicità e senza il minimo scherno, rispondendo alla sua battuta con pacatezza non sembrando minimamente infastidito. Voleva forse dire che i toni della conversazione si stavano spostando su un fronte più confidenziale?
<< Cosa vuoi che ti dica? Sono bello da far schifo, non posso essere anche educato. >>
<< Immagino. >> replicò con un sopracciglio alzato e l'espressione schifata. << Allora se non è per questo, perché sei qui a rompermi le palle, Lightwood? >>
Sì, decisamente toni confidenziali.

Batti il cinque bellissimo, quando lo diremo agli altri ci fanno un ovazione.

E sorvolando sul fatto che parlasse di sé con sé stesso si affrettò a rispondere alla domanda, prima di perdere il treno e ritrovarsi di nuovo di fronte quel signorotto gotico che era morto ma non se ne era reso conto.
<< Il tipo ha detto che il suo amico non si preoccupava di niente perché aveva le spalle coperte da uno in alto, quindi noi pensiamo fosse Valentine o al massimo Hodge. >>
<< Il tecnico che ha ucciso il padre di Lewis e tutta quella gente?>> domandò per comprensione.
Jace fece un cenno affermativo con la testa. << Uno dei due, in ogni caso, se non entrambi. E qui entri in gioco tu. Quel tizio diceva di potersi nascondere da qualche parte e non esser mai più ritrovato e qualcuno, ad Agosto, fece una soffiata alla polizia e gli disse che “un uomo in blu” aveva richiesto i suoi servigi per far sparire una persona. >> si fermò e fissò Raphael dritto negli occhi, un contrasto ben abbinato tra quel marrone caldo e scuro e l'oro luminoso dei suoi.
Santiago lo fissò di rimando e ponderò attentamente ciò che gli era stato detto.
Prese un respiro e si staccò dallo schienale.
<< Cominciamo con il dire che se quell'individuo fosse venuto a chiedermi una camera qui in hotel non ne sarebbe più uscito, ma probabilmente neanche ne sarebbe entrato.
Quando ricevo una prenotazione sono solito raccogliere informazioni sul mio cliente, quelle che lui mi fornisce e quelle che vorrebbe nascondere ad ogni coso. Non mi sarebbe servito poi molto per scoprire che era un assassino e che aveva cercato di sparare alla persona sbagliata. Quindi no, non è mai venuto qui a chiedere i miei servigi, così come non li hanno chiesti terzi per lui.
In quel momento non si sapeva ancora chi fosse la talpa al Dipartimento di Polizia, lo avrebbe scoperto Alexander qualche settimana dopo, e quando un uomo in blu è venuto a chiedermi una suite per una persona, ho pensato fosse opportuno informare chi di dovere.>>
<< E non avevi fatto indagini su di lui? >>
<< Certamente, per questo vi ho avvertiti.>> Raphael lo scrutò per un po' e poi lo guardò quasi con accondiscendenza. << Il brutto di voi poliziotti è che credete che tutti abbiano la vostra stessa morale. Se siete entrati nell'arma per proteggere le persone pensate che tutti lo abbiano fatto per lo stesso motivo, credete che lo abbiano fatto per la patria, per la gloria, per la famiglia. Non pensate che non sia così, non lo fate volontariamente, certo, ma non pensate che ci sia chi è entrato in polizia per scappare al suo quartiere popolare, per non finire in una gang, perché non aveva altra scelta. E non pensate neanche che quelle persone possano essere corruttibili perché voi non lo siete e loro sono vostri compagni.
Purtroppo non c'è mai solo una talpa. Non c'è mai un'unica persona che ha le mani in qualcosa che non dovrebbe avere, che le ha sporche o che ha l'anima sporca.
Siamo umani e non lo capiamo finché non veniamo messi davanti alla realtà dei fatti.
Avete trovato due “cattivi” tra di voi e avete dato per scontato che ci fossero solo loro, che nessun altro fa soffiate in cambio di bustarelle, che nessuno abbia problemi di droga, di alcol, di gioco, che picchi la moglie o che abbia commesso qualche crimine. >> sospirò e chiuse un attimo gli occhi, scuotendo la testa come un adulto che spiega un concetto difficile ad un bambino.
<< Valentine Morgenstern non era, non è e non sarà mai, l'unico poliziotto che è venuto o verrà a chiedere il mio aiuto per i motivi più disparati. Non potete prenderli tutti, penseranno sempre di potercela fare e qualcuno lo farà davvero, è la vita.>>
Jace serrò la mascella, serio e colpito a fondo dalle parole del giovane.
<< Mi stai dicendo che il mio dipartimento è tutto corrotto? Che non c'è neanche una brava persona tra di noi? >> lo accusò con la voglia di alzarsi in piedi e prenderlo a pugni.
Lui non li conosceva, non conosceva nessuno di loro, non poteva dirlo, non ne aveva il diritto.
Ma Santiago lo guardò con aria persa, con lo sguardo di qualcuno che ricordava, che sapeva cose che lui non poteva neanche immaginare.
<< Non siamo tutti santi e non siamo tutti demoni. Siamo peccatori che cercando di sopravvivere, Jace, che cercano di andare a vanti. Non giudicherò mai le azioni una persona, le sue decisioni, perché non conosco la sua storia e neanche le motivazioni che l'hanno spina a fare ciò che ha fatto. Posso non essere d'accordo o posso esserlo. Ma non sono cieco e non sono neanche un utopista.
Anche voi uomini di legge siete umani, anche voi avete i vostri difetti e anche voi fate i vostri errori. C'è chi è reticente e chi si pente, questo te lo concedo, ma non credere che ha portare la tua divisa siano solo persone giuste.>>
<< Cosa ne sai tu?>>
<< Cosa ne so? >> sbuffò una risata senza gioia e scosse la testa. << Il semplice fatto che ci sia voluto tuo fratello, contro tutte le opinioni pubbliche, a scovare l'assassino di Ragnor, che tutti avrebbero volentieri dato la colpa a Magnus e avrebbero archiviato il caso, felici che “ce ne fosse uno in meno” e che finalmente Mags fosse dietro le sbarre, anche se per un crimine che non aveva fatto, dovrebbe farti capire che i poliziotti, gli avvocati, il sistema e la giustizia stessa non sono sempre giusti. Solo Dio lo è e ci giudicherà per ciò che abbiamo fatto quando lo incontreremo.>>
Parlò con voce atona, alzando una mano per impedire al biondo di replicare.
<< Non è stato nessuno dei tuoi “demoni” a chiedere il mio aiuto, è stato un altro uomo e non sarò io a dirti chi e perché. Su questo non ci sono dubbi. >>
Jace lo guardò attentamente, studiando la posa eretta delle spalle che nascondeva tutta la stanchezza che vi era dietro. Santiago aveva solo un anno in più di Alec, ma proprio come suo fratello i suoi occhi sembravano nascondere più di quanto non fosse giusto che nascondessero.
Quell'uomo doveva aver vissuto cose che Jace non avrebbe mai vissuto, il peso di una vita faticosa tra criminalità, paura di morire e voglia di vivere; così come Raphael non avrebbe mai compreso il bisogno di rivalsa che aveva animato lui e tutti i suoi fratelli, il peso del loro nome, delle figure perfette ed importanti dei loro genitori. Ciò che forse li accomunava più di ogni altra cose era il senso di impotenza che per tanti, troppi anni avevano dovuto sopportare e che ogni tanto ancora oggi si affacciava alle loro vite.
In quella stanza, in quel momento, c'erano due persone che si mostravano forti ed intoccabili, incrollabili e sfrontate al resto del mondo, ma che come ogni essere umano avevano i loro difetti, i loro dolori, i loro rammarichi e le loro cicatrici.
Il silenzio che si addensò tra di loro fu carico di parole non dette, di discussioni e idee completamente diverse. Jace annuì un paio di volte, come a darsi la forza per far altro, poi si alzò e allungò la mano verso Raphael.
<< Grazie comunque, l'ho apprezzato molto. >> disse sincero seppur adombrato.
Anche Raphael si alzò e gli strinse la mano. << Potrei dirti che è un dovere, ma preferisco dire che dare una mano ad un amico lo è. >> rispose tranquillo, completamente ripresosi dalle sue stesse parole.
<< Come farai ora che Magnus entrerà in polizia? >> chiese poi a bruciapelo.
Santiago si strinse nelle spalle. << Non cambierà nulla, se non l'oggetto delle sue inutili e pedanti lamentele. Il problema è tutto vostro. E poi non ho nulla da nascondere io, sono solo un onesto alberghiere. >> Si concesse un ghigno sarcastico a cui Jace rispose prontamente con uno dei suoi.
<< Continua a ripetertelo, Santiago, magari ci credi poi. Oh! Il Dipartimento ti saluta! >>


 



Si salutarono così, con molto ma nulla di detto e Raphael sprofondò di nuovo nella sua poltrona, afferrando stancamente il bicchiere e mandando giù un sorso abbondante del liquidi denso e rosso.
Osservò la porta chiudersi dietro le spalle del biondo e ascoltò i suoi passi pesanti sul corridoio tirato a lucido.
Gli ci mancava solo un poliziotto convinto che il Vice Commissario fosse l'unico corrotto in quel mondo, con tutti i problemi che aveva in quel momento la visita del Lightwood era stata proprio la ciliegina sulla torta.
Posò la bevanda sul poggia bicchiere e allungò una mano per aprire il cassetto ancora socchiuso della scrivania.
Ne tirò fuori una busta da lettere, sembrava quasi una bolletta a vederla così, bianca e liscia, con su il suo nome scritto sopra, sarebbe stata una busta qualunque se solo al suo interno non ce ne fossero state altre che, come una matriosca, ne contenevano altre ancora sino ad arrivare al messaggio vero e proprio.
I nomi scritti su ognuna di queste si alternavano in una digressione vecchia più di lui, un susseguirsi di proprietari di quel messaggio che si erano alternati, forse per ereditarietà, forse per forza di cose, per esser subentrati con la forza a chi 'cera stato prima di loro.
Il suo di nome era l'ultimo, l'indirizzo quello dell'Hotel Dumort, ma sotto al primo strato c'era una lettera indirizzata ad un vecchio boss di una gang che Raphael aveva provveduto ad eliminare anni prima. Dentro a quella una indirizzata al vecchio capo del tipo, poi una indirizzata ad un altro uomo e così sino a giungere a quella per una persona che Raphael avrebbe preferito non rivedere mai più.

Valdimir Mondscoija”.

Vladimir il Massacratore. Dracula. Il suo primo e più vecchio capo.
Raphael fissò quell'ultima busta che ancora non aveva avuto il coraggio di aprire.
Aveva una vaga idea di chi poteva avergliela mandata e sapere che dopo tutte quelle persone, tutti quei nomi, quei criminali più o meno pericolosi, l'ultimo, quello che era stato designato come il loro erede, era proprio lui, gli fece scivolare un brivido lungo la schiena.
Sapeva dov'era, sapeva cosa faceva e cosa aveva fatto in passato, il mittente di quella lettera sapeva tutto questo di lui e Raphael non si era mai reso conto di nulla.
Si sforzò di ripescare nella memoria tutte quelle volte in cui qualcuno gli aveva fatto una domanda indiscreta, tutte le volte che qualcuno aveva chiesto di lui o che si era sentito osservato, ma in quel momento il suo cervello era impegnato a capre altro.
Era l'ultimo anello di quella lunghissima catena, a lui l'onere e l'onore di ricevere la lettera.
L'aprì con un gesto secco, senza preoccuparsi di aver strappato quel nome che tanto aveva odiato e da lì tirò fuori un cartoncino bianco e anonimo come lo era la busta, se non fosse stato per quella calligrafia corsiva e rotonda, fatta di alte gobbe e occhielli stretti. Conteneva solo una frase ma ebbe il potere di fargli gelare il sangue nelle vene come se fosse davvero un vampiro senza più un briciolo di calore in corpo.

Chiamato all'ordine.”

La chiamata…
Chiuse gli occhi e si lasciò scivolare malamente sulla poltrona, sprofondando dell'imbottitura pregiata. In che cazzo di guaio si era messo? Anzi, no, in che cazzo di guaio lo avevano messo?
Era stato felice di vedere che quel pazzo di Vladimir era uno dei tanti a cui aveva “rubato” il posto, ma ora come ora avrebbe voluto che non fosse mai successo.
A lui l'onore e l'onere di riceve la lettera.
A lui l'onore e l'onere di rispondervi.

La chiamata era ormai stata fatta


 





 

Clary sbuffò annoiata, aspettando con pazienza che Simon uscisse dallo spogliatoio della palestra così da poter finalmente tornare a casa e riposarsi un po'.
L'amico era stato in ansia tutta la mattina per via del colloquio di Magnus, che per altro ormai doveva essere finito o in procinto di finire visto che erano quasi le quattro del pomeriggio. Forse il fatto che né lui, né Alec avessero telefonato per far sapere com'era andata la diceva lunga sulla situazione, o forse erano così impegnati a non far uccidere Magnus che non ne avevano avuto tempo. Almeno non le aveva telefonato Luke, in preda alle risate, raccontandole che pezzo aveva fatto quel matto di Bane.
Voltò la testa la suono della porta che conduceva nella zona riservata ai clienti, Clary ancora non capiva perché non si allenasse in quella della polizia, insomma, va bene che c'era rischio che lo prendessero in giro dalla mattina alla sera, questo sì, ma ormai era stato promosso ad agente operativo, era un detective adesso, quasi… lo sarebbe diventato l'anno dopo se avesse superato brillantemente il periodo di prova, ma questi erano dettagli.
<< Dimmi che ti hanno chiamato.>> fece speranzoso Simon avvicinandolesi con il borsone sulla spalla.
Clary alzò gli occhi al cielo ma non riuscì a non sorridere quando si rese conto che il suo amico stava mettendo su muscoli.
<< Stai diventato un palestrato, questa estate ti ritroverò a fare a gare con Jace a chi ha il bicipite più grande.>>
Simon fece una smorfia. << Mi pare ovvio che vincerebbe lui. Io sono un agente assegnato ad una squadra investigativa mentre lui corre tutti i giorni a sfondare porte e liberare ostaggi. >> si tirò su gli occhiali e poi cercò di farle un sorriso. << Non ti hanno chiamata vero? Neanche a me...>>
<< Sim, è più probabile che chiamino te piuttosto che me.>> gli fece notare sistemandogli il risvolto del giaccone e voltandosi verso l'uscita.
<< No invece. Alec sa che potrei andare nel panico e che lui ha quasi il tatto di Jace e Izzy, se è incazzato poi ne ha ancor meno di loro due, quindi chiamerebbe te, ti direbbe brutalmente che è andata uno schifo e poi ti chiederebbe di dirmelo in modo che non mi faccia prendere da un infarto qui, seduta stante. >> Spinse la porta e la lasciò passare, continuando a borbottare su come sarebbe rovinosamente caduto a terra, come si sarebbe rotto naso, denti, zigomi, labbra, sopraccigli, fronte e pure gli occhiali, di come il suo oculista, in tutto ciò, si sarebbe lamentato del fatto che era il quarto paio che si faceva nel giro di quattro mesi.
La ragazza non lo sentì quasi, registrando solo in sottofondo le sue chiacchiere melodrammatiche.
<< Passi troppo tempo con Magnus, cominci a prendere la sua stessa vena tragica.>> gli fece notare avvertendo una leggera vibrazione nel cappotto e cercando il telefono.
<< Non è vero! Ho sempre avuto una bellissima vena drammatica di mio! Ti ricordi cosa diceva il Rabbino Pope? Diceva che- >>
<< Che se mai avresti voluta fare una vita più agiata e meno pericolosa ti sarebbe bastato andare a lavorare in qualche teatro e scrivere sceneggiature degne di tutte le tue uscite di matto più strane, sì, me lo ricordo. Possiamo discutere su quanto sia ironico il fatto che il tuo Rabbino si chiami “Pope”? >> Gli sorrise al broncio che aveva messo su e poi chiuse con un colpo la chat di una sua amica che si congratulava con lei.
<< Chi è?>> chiese lui allungando il collo per scorgere lo schermo ed ignorando palesemente l'ultima domanda.
<< Davina. >> sorrise Clary, << Si congratula per il lavoro.>>
Anche Simon le sorrise e le mise un braccio attorno alle spalle. << Beh, te li meriti tutti questi complimenti e te ne meriterai ancora di più quando comincerai.>>
<< Sì, è davvero una grande opportunità e la cosa più sorprendente è che l'accademia d'arte abbia dato il mio nome tra quelli di centinaia di altri studenti!>>
<< E che la Lingood Interprice è una delle aziende più grandi che ci siano qui in America! Cavolo Clar! Ti immagini quanto soldi potresti fare? >> le chiese tutto eccitato, anche più di lei.
La ragazza rise di gusto e gli si poggiò contro spingendolo leggermente con fare giocoso.
<< Pensi subito ai soldi tu! >>
<< Ehi! Non sono io quello che sta per andare a vivere con il suo fidanzato e che ha bisogno di soldi!>>
Clary sogghignò. << Ah si? Mi devi dire qualcosa? Tipo chi è il tuo fidanzato?>>
Simon la guardò per un attimo senza capire, poi scoppiò a ridere. << La verità è che io e Jace siamo innamorarti da una vita ma ti usiamo come copertura!>>
La ragazza gli rifilò un pizzicotto che non ebbe lo stesso effetto per colpa degli strati di vestiario che proteggevano i fianchi dell'amico, ma rise con lui fingendosi oltraggiata.
<< Bene! È così che mi trattate voi due? Lo sapevo di aver scelto il Lightwood sbagliato!>>
<< Da piccola avevi più buon gusto in effetti. >> annuì lui.
<< Mi stai dicendo che preferisci Alec a Jace? Già lo tradisci? >> gli domandò alzando un sopracciglio.
Simon si bloccò in mezzo alla strada e spalancò le braccia con fare ovvio.
<< Assolutamente sì! Se fossi stato gay avrei avuto la cotta più colossale del mondo per Alec, penso che avrei anche avuto una cartella piena di sue foto, sarei stato uno stalker!>>
Clary si portò una mano davanti alla bocca, scioccata neanche la metà di quanto non volesse sembrare.
<< Oddio! Devo assolutamente dire al Tenente che ha un pazzo che lo perseguita!>>
<< Un pazzo che tu conosci da una vita e che hai ingaggiato tantissime volte per i tuoi loschi traffici! Sì, sì fingi di essere una brava persona Clary Fray, ma lo sappiamo tutti che in verità sei un boss mafioso nanerottolo e rosso!>>
<< Chi sarebbe il nanerottolo?!>> lo prese a borsate e rise con lui mentre si proteggeva blandamente con le mani.
<< Non io!>>
Risero ancora rincorrendosi come quando erano due bambini e non come i ventenni suonati che sarebbero dovuti essere, fermandosi poi sulla prima panchina libera che ancora ridacchiavano.
<< Senti, >> iniziò poi di punto in bianco Clary. << a te come va a casa con Jordan? Ho sentito Luke dire che Maia si vuole trasferire da lui. >>
Simon annuì. << Sì, vorrebbero andare a vivere insieme anche loro. >> fece una smorfia. << Temo che presto dovrò cercarmi anche io un'altra casa o sarò costretto a fare il terzo incomodo. Jordan ha detto che non devo andarmene, che non è giusto e che non mi daranno fastidio, ma fino ad ora siamo sempre stati solo noi due, come all'università, e so perfettamente che non sarà tutto uguale, che sarò io quello che non dovrà dar loro fastidio poi. >>
<< Kyle è un bravo ragazzo, ma no, non può certo dirti apertamente che te ne devi andare, l'appartamento lo avete affittato assieme. Però forse una soluzione ce l'ho per il momento. >>
Il ragazzo si voltò a guardarla con aria accigliata. << Ovvero?>>
<< Beh, io e Jace non possiamo vivere nel mio appartamento e a Jace tra un po' scade il contratto con il suo. Non sappiamo se riprenderemo l'affitto lì o se ci cercheremo un altra casa ma… sì, insomma, casa mia poi rimarrà vuota, potresti trasferirti lì per il momento e non dovresti pagare nient'altro se non le bollette visto che è casa dei miei.>>
Simon ci pensò un attimo, lo sguardo concentrato. << Sarebbe un po' come tornare a vivere con mia madre, no?>> chiese retorico, ma l'amica scosse la testa.
<< No, io ho un'entrata indipendente e mamma e Luke non ti disturberebbero però… ho solo pensato che per questi primi tempi da agente operativo ti avrebbe fatto comodo aver vicino qualcuno di fidato.>>
Glielo disse con sincera preoccupazione e Simon sorrise abbracciandola.
<< Va bene, ci penserò, te lo prometto. Per il momento però ho ancora casa mia e nessuno me l'ha ancora invasa di reggiseni, trucchi ed elastici per capelli. Quando succederà la tua piccola casetta sarà il primo luogo in cui penserò di rifugiarmi, giuro.>>
Anche Clary gli sorrise e restituì l'abbraccio. Poi sospirò.
<< Pensi che potremmo chiamare Alec o rischiamo di sentirlo tirar giù tutti i santi del paradiso?>> chiese con la voce soffocata contro la sciarpa dell'amico.
<< Beh, potrebbe succedere, ma la cosa importante è non dirlo a Raphael, se no ce lo affoga nell'acqua santa.>>
<< Naa, neanche lui sarebbe così pazzo da uccidere l'unica persona che riesce a tenere Magnus fuori dai guai anche se ci si è tuffato a bomba. >>
<< Vero. Chiamiamo?>>
<< Ma sì, sentiamoci l'esaurimento nervoso di Alexander Lightwood in diretta.>>


 


 


 





La parete a vetri della suite del Bellagio era così tirata a lucido da sembrare inesistente. Se non fosse stato per i riflessi che le luci proiettavano sulla superficie trasparente avrebbe giurato di poter sentire l'aria fredda dell'inverno del Nevada invadere la stanza.
Quel luogo era così luminoso e rumoroso che non credeva ne potesse esistere al mondo uno migliore per tutti loro.
La città del peccato si srotolava attorno all'Hotel come una bestia viva che respira e si muovo di continuo, un grande formicaio in cui tutti i suoi cittadini percorrevano sempre le stesse gallerie e gli stessi snodi, che vivessero lì da una vita o che vi fossero solo di passaggio.
L'animo umano in fine era così semplice, così scontato.
Si spostò dalla vetrata camminando silenziosamente sul tappeto pregiato che attutiva ogni passo, tutti quei suoni secchi che il tacco della scarpa avrebbe scandito sul pavimento di fredda pietra lucida. I suoi colleghi probabilmente a quella stessa ora dovevano aver ricevuto la stessa chiamata che aveva ricevuto lei, indipendentemente dal luogo in cui si trovavano in quel vasto mondo che era il loro parco giochi. Poteva esser stata una telefonata su un vecchio cerca persone mai dimenticato, caricato ogni settimana con paziente calma, o una lettera anonima arrivata sigillata dentro a tante altre. Qualcuno aveva ricevuto un segno, un oggetto, una foto, una firma, ma ognuna di queste “chiamate” erano sorelle e avevano il medesimo compito: richiamarli tutti all'ordine.
Ed un ordine del genere non si poteva ignorare o far finta di non averlo visto.
Arrivò davanti al gigantesco tavolo di vetro che faceva bella mostra di sé al centro della stanza, ai suoi lati erano schierate poltrone comode e dall'aria costosa come ogni cosa in quel Casinò, ma non aveva alcun interesse nel sedersi quanto nell'esaminare per l'ennesima volta quei documenti che erano arrivati direttamente dalla capitale.
I federali si erano già messi in movimento, chissà perché non lo trovava per nulla sorprendente, forse la cosa più fastidiosa di tutti era stato il tempo completamente sbagliato in cui l'informazione era giunta a tutti loro. Troppo tardi per porvi rimedio.
Ma cosa doveva aspettarsi? Quello sciocco, che si credeva tanto grande e furbo, potente ed intoccabile, aveva avuto la fortuna sfacciata e tremenda di beccare l'unico uomo che sarebbe stato in grado di ritrovare la Coppa Mortale e il suo preziosissimo contenuto. Nessuno di loro si era accorto che stavano cercando proprio quella statua e quando l'avevano capito era ormai troppo tardi.
Quantico aveva il quaderno ora e con lui tutti i segreti che il Principe nascondeva, lui e la sua corte.
Sfogliò un plico e arrivò a delle foto, lo riconosceva l'uomo nella prima, doveva aver quasi trent'anni ormai, se lo ricordava a mala pena piccolo e lagnante, ma ormai Magnus Bane era cresciuto e somigliava incredibilmente a suo padre tanto quanto a sua madre. Era lui l'unico in grado di decifrare il codice di Asmodeus, l'unico capace di trovare un minimo di chiarezza in simboli tratteggiati con finta casualità e ripetuti troppe volte su troppi nomi diversi.
Le carte dicevano che stava per entrare a far parte di una squadra investigativa come consulente esterno, che aveva stretto rapporti solidi con gli altri due membri di quella squadra, che uno di loro era quasi morto per salvargli la vita e se quel ragazzo somigliava anche solo vagamente a suo padre ciò poteva solo significare che prima o poi, a sua volta, avrebbe cercato di dare la vita per proteggere quel poliziotto.
Tolse la foto del figlio di Asmodeus e trovò quella dei suoi amici. Una donna con i capelli bianchi, un uomo alto e massiccio su cui era stato fatto un segno nero, ad indicare che era morto. C'era un ragazzo dai tratti del sud che riconobbe e assieme a lui una ragazza dai tratti asiatici di cui ignorava il nome. Ve ne erano altri, alcuni fin troppo noti e altri che aveva visto solo di sfuggita.
Poi la foto di una ragazza con una massa enorme di capelli rossi, affiancata da un biondino e da una giovane molto bella con la chioma nera ed il fisico di una modella.
In una foto tutta per lui spiccava un ragazzo comune, con i capelli ricci e gli occhiali, sapeva che lui era il tecnico informatico che sarebbe stato in squadra con Bane, uno dei suoi nuovi amici.
Superò le foto dei capi della polizia, di quella vecchia strega delle Herondale, cercando l'ultimo tassello mancante, ciò che più importava tra tutti quei volti, l'artefice della risoluzione del Caso Circle e del ritrovamento del Quaderno.
Per ultima, neanche lo avessero fatto apposta, una foto ritraeva a figura intera un giovane di circa venticinque anni. Aveva i capelli scuri e gli occhi chiari, il volto vagamente famigliare era di una bellezza sorprendente, i tratti decisi non distruggevano quell'aria da angelo vendicatore pronto al combattimento e lasciavano trasparire la risolutezza del suo sguardo e la fermezza della sua postura.
Quello era il giovane che li aveva costretti tutti a tornare in superficie, a lasciare il loro bel mondo fatto di gironi infernali e portarli a riveder le stelle.
Osservandolo con attenzione si disse che non sarebbe servito a nulla intimidirlo, minacciarlo, lui o la sua famiglia. Sarebbe stato solo peggio, lo avrebbero colto sul vivo e come una belva si sarebbe girato per morderli e sbranarli. Sarebbe morto pur di proteggere chi amava, lo aveva dimostrato con Bane e di sicuro lo avrebbe dimostrato altre mille volte. Neanche seppellirlo avrebbe fermato ciò che ormai quel ragazzo aveva messo in moto.
Qualcuno una volta le aveva detto che le anime più forti, quelle dei veri guerrieri, non periscono assieme al loro corpo, che tornano sulla terra come angeli di fuoco, incendiati del furore di Dio, pronti a vendicare i torti subiti e a finire ciò per cui erano caduti.
Fu un brivido freddo come la morte stessa a sussurrarle che Alexander Lightwood sarebbe stato proprio questo.
Lasciò i fogli e tornò indietro sui suoi stessi passi, per ammirare ancora quel paesaggio mutevole e colorato.
Il paragone che aveva appena prodotto la sua mente aveva acceso il collegamento verso un ricordo che credeva ormai perduto e che non ebbe altro potere se non quello di scaturir pensieri ancora più tetri. Sperava di sbagliarsi, che non somigliasse proprio a quella persona, altrimenti tutti loro sarebbero stati davvero spacciati.
Avevano atteso per anni nell'ombra, muovendo le fila di un mondo che li credeva scomparsi dalla sua faccia, ma in fine era arrivato il momento di tornare in campo.
Il Diario era stato ritrovato, la chiamata fatta, i giochi si erano aperti.
La prima mossa, spettava al banco.










 









 





Salve
In questo capitolo si ritrovano alcuni di personaggi lasciati nella storia precedente, così come si spiegano un po’ le dinamiche passate, come il motivo per cui Jonathan non riuscì a trovare il quaderno quando ispezionò la casa, chi chiamò il Dipartimento per dire che c’era un poliziotto che voleva sparire e cosa sia successo all’uomo che cercò di uccidere Magnus.
Sono stati presentati altri personaggi che faranno da cornice a questa storia. Manchester (pronunciato con l’accetto sulla prima ‘e’, Manchéster) appare per la prima volta, seppur di sfuggita, nella OS “Tendere una mano”, , piccola fic per nulla impegnativa e non necessaria per la comprensione della storia o del personaggio.

TCotD.

   
 
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