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Autore: DewoftheGalaxy    02/07/2018    3 recensioni
Un omaggio a Wolfgang Amadeus Mozart, genio assoluto della musica universale, musicista della poesia e poeta della musica, autore di quelle note che ancora oggi ci fanno emozionare.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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Eri un ragazzino pallido e malaticcio, tanto che alla nascita i tuoi genitori temettero che non saresti sopravvissuto.
Ma già da allora stupisti tutti e ribaltasti le regole come avresti fatto in seguito.

 

Non volevi seguire i tuoi cinque fratellini e sorelline nella tomba Wolfgang, volevi vivere e scoprire la musica del mondo.
Sì, perché il mondo è intriso di musica in ogni dove e solo pochi fortunati riescono a capirla e rimodellarla, solo a pochi eletti è concesso di essere Modellatori di un meraviglioso vaso pieno di note.

 

E tu, Wolfie, eri uno di quelli.

 

Nascesti il 27 gennaio 1756 alle ore 20.00 al numero 9 di Getreidegasse a Salisburgo, da Leopold Mozart, violinista alla corte arcivescovile, e da Anna Maria Petrl.
Tu e tua sorella maggiore Maria Anna, Nannerl, eravate gli unici sopravvissuti dei loro sette figli.

 

Al battesimo ti imposero i nomi di Joannes Chrysostomus Wolfgangus Theophilus. Fanno timore tutti questi nomi non è vero Wolfie?

 

Quando tua sorella compì sette anni tuo padre cominciò a darle lezioni di musica e anche tu volevi partecipare ma eri troppo piccolo.
La musica ti incantava già da allora e quel mondo fatto di spartiti e note d’inchiostro era il tuo regno.

 

A tre anni suonavi al clavicembalo.
A quattro suonavi brevi pezzi.
A cinque ne componevi di tuoi.

 

Eri un enfant prodige, un bambino prodigio che Leopold portò in giro per tutta Europa insieme alla sorella per suonare alle corti reali.
Amadeus, cominciarono a chiamarti, “Amato da Dio”.
Tu, nelle tue lettere, lo abbreviavi in Amadè.

 

Ma una volta diventato adolescente l’enfant prodige, il bambino dolce ed educato, sparì per sempre.
Non volevi essere trattato come un servo Amadeus, come ti trattava il nuovo principe arcivescovo di Salisburgo Colloredo.
La tua musica non era fatta per le cucine e i servitori.

 

La tua musica doveva spiccare il volo e raggiungere le vette più alte dell’umana comprensione.

 

Andasti a Mannheim, dove incontrasti Aloysia Weber, giovane cantante lirica, che ti incantò subito con la sua voce, e poi a Parigi, dove tua madre, che ti aveva accompagnato, morì e dove non trovasti lavoro.

 

Fu allora che decidesti di andartene da Salisburgo, di non essere più un servitore, di non sottostare più a tuo padre, nonostante gli volessi un bene dell’anima.

 

Dovevi, volevi, essere libero, Amadeus.

 

Dopotutto, la musica può essere per caso tenuta chiusa a chiave? Può essere per caso domata come una bestia da circo?
No.
La musica scorre, rompe gli argini come un fiume in piena e non ha regole. E tu eri la musica: ribelle e senza regole.

 

Ti licenziasti dal servizio presso Colloredo il quale ti fece dare letteralmente un calcio nel sedere dal conte Argo.
Mai prima di allora un musicista si era svincolato dalla nobiltà feudale. Ma chissene importava! Avevi 25 anni, una vita davanti e tante melodie nella mente.

 

Senza il consenso di tuo padre sposasti Costanze Weber, sorella minore di Aloysia, di cui eri innamorato e ricambiato e lo avvisasti solo a cose fatte.
I rapporti con lui si erano rotti per sempre.

 

Andaste a vivere a Vienna ed in nove anni di matrimonio aveste sei figli, quattro maschi e due femmine, di cui sopravvissero solo due maschietti.
Tu componevi opere come “Il ratto del Serraglio” e “il Don Giovanni” e passavi da un’opera ad una sinfonia ad un concerto e a una lezione. La libertà era arrivata finalmente.

 

Libertà nella musica, che ti accendeva un indomabile fuoco d’entro, un fuoco che doveva essere alimentato continuamente suonando, suonando e suonando.

 

Ma forse questa tua libertà non era adatta a quei tempi, a quei tempi dove tutto era un maschera. Perché tu non avevi maschere Wolfie, eri libero, eri te stesso, fanciullesco e gioioso, e l’essere se stessi non andava bene nella società della menzogna.

 

Tuo padre morì e la tua salute, da sempre traballante, iniziò a declinare.
La mattina bevevi champagne e punch e passavi tutta la notte a lavorare.
Ti logoravi ma non smettevi.

 

Una sera venne da te un uomo mascherato di nero che ti commissiono un Requiem.
Una messa da morto.
Un oscuro presentimento ti fece pensare che fosse per te ma accettasti.

 

Quell’uomo era un messaggero dell’aldilà, un incubo oscuro entrato improvvisamente nei tuoi dolci sogni dorati di bambino mai cresciuto.

 

Il suo solo pensiero ti faceva rabbrividire. 

 

La tua ultima opera fu “Il Flauto Magico”, favola meravigliosa che il pubblico adorò. Quella la completasti, ma il Requiem di quel misterioso uomo oscuro mai.

 

Moristi il 5 dicembre 1791, a 35 anni, cinque minuti prima della mezzanotte.
Ancora oggi il tuo trapasso è un mistero.

 

Sei stato avvelenato per gelosia da Antonio Salieiri? Te ne sei andato perché ti sforzavi troppo nel lavoro? Non lo sapremo mai.

 

Ma conosceremo sempre la tua musica, la voce di Dio scesa tra gli uomini, un pezzo di immortalità nel mondo mortale.
 

Sei stato il musicista della poesia ed il poeta della musica.
 

Sei stato il genio per eccellenza: giovane e ribelle, perché il genio va sempre oltre i muri del normale.
Il genio irrompe e cambia, fa casino.

 

Però Amadeus, “Amato da Dio” come veramente fosti, forse dentro di noi sappiamo perché l’Onnipotente ti riprese in così giovane età.

 

Sei morto semplicemente perché avevano bisogno di un Maestro di Cappella in Paradiso.

   
 
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